BISMUTHUM Appunti da Medline. La letteratura sul

BISMUTHUM
Appunti da Medline. La letteratura sul bismuto si riferisce, essenzialmente, ai sali nitrati, i cui effetti potrebbero essere
ben diversi da quelli descritti da Hahnemann, a proposito dell’ossido. Per questo motivo, può essere più utile verificare
la letteratura moderna, in modo da estrapolare gli aspetti tossicologici analoghi a quelli sperimentali della Materia
Medica Pura. Alcuni preparati, si vedrà, sono a base di salicilati, ma questo non pregiudica, almeno apparentemente, la
comprensione degli effetti specifici del bismuto (conoscendo quelli dell’acido salicilico). Si vedrà, che il bismuto è
stato (e tuttora è) utilizzato in modo omeopatico, per diverse condizioni patologiche. Tra queste, la cosiddetta colite
microscopica, la cui patogenesi è ancora, per molti versi, sconosciuta. Molti autori, tuttavia, riferiscono il ruolo
determinante rivestito da alcuni batteri nello sviluppo di uno stato autoimmune. Le proprietà antibatteriche del bismuto
subsalicilato apparterrebbero al metallo, così come quelle anti-diarroiche. In questi casi, il trattamento specifico per 8
settimane sarebbe efficace e risolutivo1. La colite microscopica si manifesta con una forma di diarrea cronica ed è
caratterizzata da linfocitosi intraepiteliale, espansione della lamina propria, con infiltrato di cellule infiammatorie della
fase acuta e cronica e architettura conservata delle cripte. Quando tali alterazioni si associano a una banda di collagene
subepiteliale densa si parla di colite collagenosa, altrimenti di colite linfocitica. Più frequentemente, questa forma
patologica viene diagnosticata nelle donne di mezza età e in quelle anziane. Sebbene il disturbo riduca sensibilmente la
qualità della vita, tuttavia, non si evidenzia un aumento del rischio di carcinoma colorettale. La guarigione si ottiene
con una terapia a base di bismuto2. La colite microscopica fu descritta, per la prima volta, negli anni ’70 del XX secolo
e costituisce una delle più comuni forme di diarrea cronica della popolazione adulta. All’endoscopia la mucosa
intestinale risulta indenne, anche se la diarrea si associa a crampi e gonfiore addominali. Lo stato infiammatorio è
dimostrato, all’esame istologico, dall’infiltrato di linfociti e si può associare a malattia celiaca, diabete, artrite e
tiroidite, anche se il meccanismo patogenetico non è stato chiarito3. Nelle forme più evolute, i sintomi comprendono:
evacuazioni notturne, anche impellenti, perdita di peso e incontinenza fecale4. Nella maggior parte dei casi, comunque,
si ottiene una remissione spontanea della sintomatologia in pochi anni dall’esordio e il decorso, come accennato, è
benigno. Molti dati suggeriscono che il disturbo dipenda dalla risposta intraepiteliale dei linfociti a uno o più antigeni
del lume. L’efficacia del bismuto, anche in forma colloidale, è ormai una osservazione accettata e consolidata5.
L’indicazione chirurgica è riservata solo ai casi refrattari e consiste in una colectomia e ileostomia6. La colite
pseudomembranosa, così come la diarrea che insorge in corso di trattamento antibiotico, è dovuta, nella gran parte dei
casi all’azione patogena del clostridium difficile. Il bismuto, in tali forme patologiche, sembra avere un’ottima attività
antimicrobica7. L’efficacia del bismuto potrebbe essere sfruttata nelle complicazioni diarroiche del trattamento
chemioterapico di eradicazione di Helicobacter pilori, nelle quali è stato dimostrato ancora il ruolo determinante di
clostridium difficile8. In effetti, gli studi in vitro confermano che il metallo esprime la migliore attività antibatterica
proprio nei confronti di clostridium, con una concentrazione inibitoria minima di 128 microgrammi/ml, nel 90% dei
ceppi (MIC90)9. Tale osservazione è stata confermata in vivo, nei topi hamster, somministrando 15 mg due volte al
giorno10.
I sali inorganici di bismuto sono poco solubili in acqua. La solubilità è influenzata dalla acidità del mezzo solvente e
dalla presenza di gruppi sulfidrili o idrossidi. La normale concentrazione del metallo nel sangue, compresa tra 1 e 15
microgrammi/litro, aumenta in modo significativo dopo l’assorbimento per somministrazione orale. La concentrazione
nei singoli organi è indipendente dalla via di somministrazione, essendo nei reni più alta che in altri distretti. Proprio
nei reni, il bismuto si lega a una proteina, che permette la sua eliminazione attraverso le urine e le feci. L’emivita
biologica non è comprensibile, in quanto parte da un minimo di 3,5 minuti, per arrivare a un massimo di 22 anni.
Gli effetti tossici, sull’essere umano, sono i seguenti: nefropatia, encefalopatia, osteoartropatia, gengivite, stomatite e
colite. L’encefalopatia da bismuto è stata ben descritta in Francia (circa 30 anni or sono), a seguito di una
intossicazione che ha coinvolto migliaia di persone11. Furono descritti i seguenti sintomi prodromici, nella fase iniziale:
difficoltà nella deambulazione, nella scrittura e nella stazione eretta; deterioramento della memoria; cambiamenti di
umore, insonnia, crampi muscolari e sintomi psichiatrici. La fase di stato si manifestò con: mioclonie, disartria, abasia
fino all’astasia. La terapia, a base lavaggi intestinali, diuresi forzata ed emodialisi, risultò efficace solo se associata
all’antidoto chelante del metallo, ossia il dimercaprol12. Si ritiene che il dosaggio di allarme, per il rischio di
encefalopatia sia di 100 microgrammi/litro, anche se permangono ancora dubbi sull’effettivo significato di tali livelli13.
Mediante il tracciante autometallografico è possibile visualizzare la localizzazione del metallo nel sistema nervoso
centrale delle persone decedute. La metodica dimostra che il bismuto si concentra, in particolare, nei neuroni e nella
glia, soprattutto nella neocorteccia, cerebellum, talamo e ippocampo14.
Una ragazza di 22 anni ingerì 5,4 grammi di bismuto colloidale subcitrato, in un tentativo di suicidio. Dopo l’ingestione
presentò i sintomi della sindrome di Fanconi e di un danno renale, tale da condurla, in capo a 3 giorni all’anuria. In
ottava giornata presentò ulcerazione a entrambe le tonsille. Il caso si risolse con l’agente chelante sopra menzionato e la
emodialisi15.
Una forma simile alla malattia di Creutzfeldt-Jacob è stata riportata nelle intossicazioni da bismuto, analogamente a
quanto si verifica per il litio e per l’uso prolungato di antidepressivi16. Una donna di 58 anni sviluppò una progressiva
demenza, con deficit della memoria, aprassia, anomalie del comportamento e tratti psicotici, tale da suggerire una
diagnosi di sindrome di Alzheimer (poi esclusa, per l’assenza di altri sintomi, ossia, il tremore, la disartria e l’alterata
coordinazione), dopo l’assunzione, per anni, di 0,1-1,5 grammi di polvere di bismuto ogni giorno, per i disturbi gastrici
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notturni. La sospensione del farmaco permise alla donna di tornare a una vita normale, nel giro di 4 mesi e mezzo17. La
possibilità di una encefalopatia da bismuto, pertanto, va sempre tenuta in massima considerazione, nella diagnosi
differenziale con la dementia di Alzheimer18.
Una donna di 45 anni sviluppò i segni e i sintomi clinici della intossicazione da bismuto: psicastenia, seguita da delirio,
atassia, contrazioni miocloniche e coma. Come in altri casi, la possibilità di un recupero completo era legata alla
sospensione del farmaco. Nei casi estremi, l’intossicazione del metallo può comportare un deficit permanente della
memoria19. Dal 1982, per circa 12 anni, il Centro Olandese per le reazioni avverse da farmaci, ha riportato ben 12 casi
di reazione cutanea attribuita all’uso di ossido di bismuto (subcitrato). Erano 6 donne e 6 uomini, con età media di 39
anni, che svilupparono esantema maculo-papulare, angioedema ed eritema, due giorni dopo l’assunzione del farmaco.
Tali manifestazioni scomparirono alla sospensione20. L’encefalopatia da bismuto si associa, in alcuni casi, a lesioni
articolari, limitate esclusivamente alle vertebre toraciche e all’omero. Questo aspetto è stato ben evidenziato in uno
studio condotto su 59 intossicati: 8 di costoro mostravano fratture del collo omerale (due pazienti), frattura della
colonna (tre casi) e osteonecrosi della testa dell’omero (cinque casi). Tali lesioni si osservavano nei casi in cui le forme
convulsive e miocloniche di intossicazione erano predominanti21. L’encefalopatia da bismuto si può manifestare anche
con fenomeni epilettici. Di 70 pazienti ammessi al ricovero, tutti con mioclonie, 22 esibivano crisi epilettiche, anche se
le alterazioni EEG apparivano solo quando il livello di metallo, nel sangue, superava i 1500 microgrammi/litro22. Alla
tomodensitometria, nei casi di encefalopatia da bismuto, si osserva una anormale iperdensità in determinate zone del
cervello, soprattutto nei nuclei caudati e nella corteccia. Possono coesistere dilatazioni dei ventricoli e delle cisterne23.
In un elegante lavoro sperimentale, condotto su ratti, è stato dimostrato che, a concentrazioni micromolari, il bismuto
esercita un’azione citotossica sui timociti24. Importante è anche la nefrotossicità del metallo, che ad alte dosi induce
morte delle cellule tubulari, per destabilizzazione della membrana cellulare25. Sembra che sia coinvolto, sotto questo
aspetto, il segmento prossimale dei tubuli, come dimostrato nei rati Wistar26.
Hahnemann (dal VI volume, 2° edizione, 1827)
I pochi sintomi sotto riportati, degli effetti puri del bismuto sul corpo umano sano, che mi piacerebbe vedere aumentati,
ci erudiranno sull’utile impiego omeopatico in alcuni importanti stati morbosi. Tra gli altri - ad esempio, i sintomi 32 e
53 - mostrano come le raccomandazioni sull’ossido di bismuto in una forma di mal di stomaco e gastralgia, da parte di
Odier, Carminati, Bonnat e altri, siano basate soltanto sull’omeopatia, sebbene questa fosse a loro sconosciuta, e anche
che il potere dell’ossido di bismuto nelle palpitazioni, garantito da Odier, si basi solo sulla peculiare proprietà,
posseduta da questo farmaco, di eccitare forti e particolari palpitazioni in condizioni di salute (vedi il sintoma 56).
Come si è detto, e molte accurate osservazioni lo provano, dove il bismuto è indicato in simili e altri casi, una singola
dose della parte più piccola possibile di una attenuazione decimillesimale, preparata alla maniera sopra descritta,
soddisfa pienamente l’oggetto in questione.
Comparazione dei sintomi tossicologici, con quelli sperimentali (riportati con numeri arabi, tra parentesi)
diarrea, crampi (38, 39, 40) e gonfiore addominali (34, 36, 33); evacuazioni notturne, anche impellenti e incontinenza
fecale (40)
nefropatia, sindrome di Fanconi (42), anuria
osteoartropatia: lesioni articolari, limitate esclusivamente alle vertebre toraciche (53, 51) e all’omero (68, 69); crampi
muscolari, mioclonie (65, 64)
encefalopatia: difficoltà nella deambulazione, nella scrittura (72, 78, 82, 83, 75, 76) e nella stazione eretta (3, 2);
cambiamenti di umore (106, 107, 108)
insonnia (96, 98, 102) e sintomi psichiatrici (tratti psicotici) (4)
sintomi citati da Hahnemann:
32. Pressione nello stomaco, sentita particolarmente dopo un pasto;
53. Dolore pressivo stringente nella regione del diaframma, attraverso tutto il torace, camminando (dopo 2 ore)
56. Forte battito del cuore
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