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Alcuni frequenti quesiti
sul trattamento della malattia
da reflusso gastroesofageo
SPED 14 16
Depositato presso AIFA in data 17/10/2014
Licensed by Vivus Inc. and Mitsubishi Tanabe Pharma Corporation
WILLIAM D. ANDERSON III, SCOTT M. STRAYER, SHANE R. MULL
University of South Carolina School of Medicine, USA
Il trattamento della malattia da reflusso gastroesofageo pone frequentemente alcuni quesiti: Quali farmaci
sono più efficaci? Quando è indicato l’intervento chirurgico? Quali pazienti vanno sottoposti ad esami di screening per la ricerca di un esofago di Barrett e di un’infezione da Helicobacter pylori? Quali effetti collaterali si
associano ai farmaci utilizzati? La terapia medica più efficace è rappresentata dai farmaci inibitori della pompa
protonica; tutti i farmaci di questa categoria forniscono lo stesso sollievo sintomatologico. Per quanto riguarda
l’opportunità di procedere alla ricerca dell’infezione da H. pylori le evidenze disponibili sono insufficienti. In
assenza di sintomi di allarme, per porre una diagnosi iniziale di malattia da reflusso gastroesofageo non è necessaria l’endoscopia. I pazienti con sintomi di allarme vanno invece sottoposti ad endoscopia. Gli esami di
screening per l’esofago di Barrett non vanno condotti di routine, ma vanno presi in considerazione in soggetti
di razza bianca, di età superiore a 50 anni, e che riferiscono sintomi presenti per almeno 5 anni. Nei pazienti
con malattia da reflusso gastroesofageo cronica trattati con terapia chirurgica o con terapia medica i tassi di
remissione dei sintomi sono simili. La terapia con farmaci inibitori della pompa protonica è stata associata a
un aumento del rischio di fratture dell’anca, ipomagnesemia, polmoniti contratte in ambiente extraospedaliero, deficit di vitamina B12, infezione da Clostridium difficile. (Am Fam Physician. 2015; 91 (10): 692-697.
Copyright© 2015 American Academy of Family Physicians).
egli Stati Uniti più di 60 milioni di persone
riferiscono sintomi da malattia da reflusso
gastroesofageo almeno una volta la settimana, ed un tipico medico di base deve diagnosticare e trattare in media 40-60 pazienti con la malattia ogni mese.1 Per il trattamento della malattia
da reflusso gastroesofageo sono disponibili 3 classi
di farmaci, ottenibili su prescrizione medica o come
farmaci da banco: inibitori della pompa protonica,
inibitori dei recettori dell’istamina H2, antiacidi.2
Nella maggior parte dei casi la diagnosi della malattia da reflusso gastroesofageo non necessita di un
esame endoscopico. In presenza di sintomi di allarme (calo ponderale involontario, anemia, evidenze di emorragie o di ostruzione, disfagia, persistenza dei sintomi malgrado una terapia medica
adeguata), oppure in pazienti di età superiore o
uguale a 50 anni è indicato uno screening endoscopico alla ricerca di complicanze.3,4 Il presente articolo discuterà di alcuni quesiti che vengono frequentemente sollevati nel trattamento di pazienti
con malattia da reflusso gastroesofageo.
I diversi farmaci inibitori della pompa protonica
disponibili sono egualmente efficaci nell’alleviare
i sintomi della malattia da reflusso gastroesofageo?
Quale è l’efficacia di questi farmaci rispetto (o in
associazione) ad altri trattamenti?
I farmaci inibitori della pompa protonica, da banco
o su prescrizione medica, sono egualmente efficaci nel-
N
l’ottenere un sollievo dei sintomi della malattia da reflusso gastroesofageo; il medico deve pertanto scegliere il trattamento più appropriato in base a fattori come costo economico, disponibilità dei farmaci,
risposte del paziente.2,5 Gli inibitori della pompa protonica sono più efficaci degli inibitori dei recettori H2
nell’alleviare i sintomi della malattia, e rispetto ad
una terapia “a gradini” presentano un rapporto costi/benefici più favorevole. In uno studio randomizzato e controllato l’associazione di domperidone (farmaco non disponibile negli Stati Uniti) e di omeprazolo è risultata più efficace rispetto alla somministrazione di omeprazolo da solo6; complessivamente,
tuttavia, le evidenze in favore della somministrazione
di farmaci pro-cinetici in associazione ad inibitori
della pompa protonica non sono conclusive.
Riassunto delle evidenze disponibili
Una recente review Cochrane ha identificato 3 studi
riguardanti il trattamento della malattia da reflusso
gastroesofageo non-erosiva.7 Tali studi hanno messo
a confronto dosaggi equivalenti di 4 farmaci inibitori della pompa protonica: esomeprazolo 20 mg,
omeprazolo 20 mg, pantoprazolo 20 mg e rabeprazolo 10 mg. Il tempo per l’ottenimento di un
sollievo sintomatologico iniziale è risultato simile
per tutti i farmaci; tutti i farmaci hanno ottenuto
un sollievo sintomatologico completo entro 4 settimane. Secondo una meta-analisi l’esomeprazolo
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Sistema SORT (Strength of Recommendation Taxonomy, Tassonomia della forza delle evidenze):
Indicazioni per la pratica clinica
Indicazione clinica
Livello di Referenze
evidenza bibliografiche
Non esistono differenze significative tra dosaggi equivalenti di farmaci inibitori della pompa proA
2
tonica utilizzati nel trattamento di una malattia da reflusso gastroesofageo non-erosiva
C
15
La chirurgia anti-reflusso andrebbe in genere riservata ai pazienti con controindicazioni alla somministrazione di farmaci inibitori della pompa protonica, oppure quando la somministrazione di
tali farmaci da soli non è sufficiente al controllo dei sintomi
I pazienti con malattia da reflusso gastroesofageo non vanno sottoposti di routine a esami di screening
C
4, 16
per la ricerca di un esofago di Barrett; lo screening va preso in considerazione in pazienti maschi
di età superiore o uguale a 50 anni che presentano sintomi da malattia da reflusso gastroesofageo
per almeno 5 anni
L’endoscopia va riservata ai pazienti con sintomi di allarme oppure con sintomi da malattia da
C
31
reflusso gastroesofageo che persistono dopo un ciclo terapeutico adeguato con farmaci inibitori
della pompa protonica
Nei pazienti con malattia da reflusso gastroesofageo non sono consigliabili esami per la ricerca
C
40, 41
dell’infezione da H. pylori
A = Evidenza coerente, di buona qualità ed orientata sul paziente; B = evidenza orientata sul paziente, scarsamente coerente o di qualità limitata; C = opinione generale, evidenza orientata sulla malattia, pratica clinica usuale, opinione di esperti, serie di casi clinici.
Per informazioni sul sistema SORT di valutazione delle evidenze, si veda al sito http://www.aafp.org/afpsort.xml
a dosaggi elevati sarebbe leggermente più efficace
degli altri farmaci nell’ottenere, entro 8 settimane,
la guarigione di una malattia da reflusso gastroesofageo erosiva (riduzione del rischio assoluto =
4%; numero di pazienti da trattare per ottenere una
guarigione = 25);8 occorre tuttavia ricordare che
l’esofagite erosiva è presente solo in una minoranza
dei pazienti (nel 23% secondo uno studio) che si
sottopongono ad endoscopia per una malattia da
reflusso gastroesofageo.1
Uno studio clinico randomizzato e controllato suggerisce di passare ad un farmaco diverso quando un
primo inibitore della pompa protonica non risulta
efficace.9 Secondo una review Cochrane gli inibitori della pompa protonica sono più efficaci degli
inibitori dei recettori H2 nell’alleviare i sintomi
da malattia da reflusso gastroesofageo.7 Un altro
studio clinico randomizzato e controllato ha individuato una superiorità (sia in termini di efficacia
clinica sia in termini di costi) dell’approccio che
consiglia di iniziare il trattamento dell’esofagite da
reflusso con un inibitore della pompa protonica, rispetto ad un approccio “a gradini” con la somministrazione iniziale di un inibitore dei recettori H2.10
In pazienti con malattia da reflusso gastroesofageo cronica l’aggiunta di farmaci procinetici ad un
trattamento con inibitori della pompa protonica
potrebbe costituire una valida opzione terapeutica.
Uno studio clinico randomizzato e controllato ha
messo a confronto un trattamento con 20 mg di
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omeprazolo 2 volte al giorno, associato a 10 mg di
domperidone 3 volte al giorno, rispetto ad un trattamento che prevedeva solo omeprazolo; lo studio ha descritto un miglior controllo dei sintomi
(miglioramento medio, definito utilizzando una
scala di validazione di dimostrata efficacia [Frequency Scale for Frequency of GERD p=0,02] con la
terapia di associazione.6 Secondo una meta-analisi di 12 studi clinici randomizzati e controllati,
d’altro canto, l’associazione di un farmaco procinetico ad un inibitore della pompa protonica non
migliora il controllo sintomatologico, e risulta associata ad effetti collaterali più significativi rispetto
alla somministrazione di inibitori della pompa protonica da soli.11
Quando indirizzare all’intervento chirurgico il paziente con malattia da reflusso gastroesofageo?
La terapia chirurgica andrebbe riservata ai pazienti
con controindicazioni al trattamento con farmaci
inibitori della pompa protonica, oppure ai casi in
cui i sintomi continuano ad essere scarsamente controllati malgrado l’adozione di appropriate modificazioni delle abitudini di vita e la somministrazione
di dosaggi massimi di inibitori della pompa protonica. Nella valutazione delle opzioni terapeutiche
disponibili occorre ottimizzare il trattamento medico, occorre valutare l’aderenza del paziente alle
prescrizioni terapeutiche, ed occorre infine considerare attentamente i rischi associati all’intervento chirurgico.
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Riassunto delle evidenze disponibili
Nel trattamento della malattia da reflusso gastroesofageo le opzioni chirurgiche disponibili comprendono la fundoplicazione di Nissen per via laparoscopica o a cielo aperto. Uno studio randomizzato durato 5 anni, aperto e condotto utilizzando un protocollo a gruppi paralleli, ha messo a
confronto un trattamento cronico con esomeprazolo ed una terapia chirurgica anti-reflusso per via
laparoscopica. Gli autori hanno descritto differenze
statisticamente significative dei tassi di remissione
dei sintomi (92% [intervallo di confidenza al 90%
compreso tra 89% e 96%] nel gruppo trattato
con esomeprazolo, rispetto a 85% [intervallo di
confidenza al 95% tra 81% e 90%] nel gruppo sottoposto a terapia chirurgica; numero di pazienti da
trattare per un evento = 14; P = 0,048).12,13 L’intervento chirurgico viene in genere riservato ai
pazienti che non possono o non intendono assumere farmaci inibitori della pompa protonica, ed
ai pazienti con un controllo dei sintomi inadeguato
pur in presenza della somministrazione di un dosaggio massimo e di una buona compliance al trattamento.10 In questa popolazione di pazienti l’approccio chirurgico presenta un rapporto favorevole
tra costi e benefici, ed è associato ad una qualità
di vita elevata; dopo 3 anni di trattamento è stata
ad esempio descritta una diminuzione del numero
di giorni in cui il paziente lamenta pirosi.14
I pazienti che non rispondono alla somministrazione di farmaci inibitori della pompa protonica
presentano in genere outcome chirurgici scarsi.3 Frequenti complicanze della chirurgia anti-reflusso
sono disfagia post-operatoria, sensazione di gonfiore addominale, aumento dei tassi di mortalità a
breve termine.3 Non esistono evidenze sufficienti
per definire se la terapia chirurgica anti-reflusso migliora o meno gli outcome dei pazienti con esofago
di Barrett.15 Sono state studiate diverse alternative
endoscopiche e laparoscopiche all’intervento di fundoplicazione, che sono risultate tuttavia associate
ad un’efficacia limitata.
Quali pazienti con malattia da reflusso gastroesofageo vanno sottoposti ad esami di screening per
l’esofago di Barrett?
Sulla base dei risultati di studi osservazionali di qualità variabile, le attuali linee-guida consigliano programmi individualizzati di screening in alcune popolazioni esposte ad un rischio più elevato di esofago
di Barrett. Lo screening della malattia presenta un
rapporto favorevole tra costi e benefici tra gli uomini
di razza bianca di età superiore o pari a 50 anni con
sintomi da malattia da reflusso gastroesofageo presenti
per almeno 5 anni.4,16
Tabella 1.
Fattori di rischio per l’esofago di Barrett
nei pazienti con sintomi
da malattia da reflusso gastroesofageo
Fattore di rischio
Odds ratio
51,4
Fumo e reflusso acido ogni settimana, in base a
quanto riferito dal paziente*
34,4
Indice di massa corporea >30 kg/m2 e reflusso
acido ogni settimana, in base a quanto riferito dal paziente*
29,7
Reflusso acido ogni settimana, in base a quanto riferito dal paziente*
6,4
Malattia da reflusso gastroesofageo presente da
più di 10 anni§
Malattia da reflusso gastroesofageo presente da
5,0
5-10 anni§
4,9
Età superiore a 40 anni#
2#
4,0
Indice di massa corporea superiore a 30 kg/m
**
3,9
Ernia iatale
Sesso maschile
3,7
Malattia da reflusso gastroesofageo presente da
3,0
1-5 anni§
2,4
Fumo (in passato o attualmente)*
1,0
Malattia da reflusso gastroesofageo presente da
meno di un anno§
0,7
Razza asiatica (rispetto a caucasici)§§
§§
Razza ispanica (rispetto a caucasici)
0,5
*
Studio casi-controlli condotto in Australia su 428 pazienti
identificati in un’area metropolitana da parte di 2 laboratori di
anatomia patologica.26
§
Studio osservazionale prospettivo condotto negli Stati Uniti su
662 pazienti seguiti presso ambulatori di gastroenterologia extraospedalieri.27
#
Studio casi-controlli condotto su 211 pazienti visti negli Stati
Uniti presso un Veterans Medical Center.28
**
Studio multicentrico casi-controlli condotto in Italia su 600
pazienti visti presso 8 dipartimenti di gastroenterologia.19
§§
Studio osservazionale prospettivo condotto su 517 pazienti visti
negli Stati Uniti presso un Veterans Medical Center.29
Informazioni tratte dalle referenze bibliografiche 19 e 26-29
Riassunto delle evidenze disponibili
Una percentuale pari fino al 10% dei pazienti con
sintomi cronici da reflusso gastroesofageo presenta
un esofago di Barrett17; ciò nonostante, il rischio
annuale di progressione a carcinoma dell’esofago è
basso (circa 0,18-0,33% per anno).18 La scelta di
eseguire esami di screening per l’esofago di Barrett
prendendo in considerazione solo i sintomi da malattia da reflusso gastroesofageo consente di individuare la condizione premaligna solo nel 50% dei
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pazienti affetti.17 Due studi prospettivi di grosse dimensioni, che avevano l’obiettivo di valutare i programmi di sorveglianza di pazienti con esofago di
Barrett, non hanno descritto effetti benefici, in termini di sopravvivenza, associati a tali programmi.19,20
I pazienti esposti al rischio più elevato di esofago di
Barrett comprendono coloro che riferiscono sintomi da malattia da reflusso gastroesofageo con frequenza settimanale e fumatori (odds ratio [OR] =
51,4) o con indice di massa corporea superiore a 30
kg/m2 (OR = 34,4). Altri importanti fattori di rischio sono una storia familiare di esofago di Barrett21,22 ed una storia di esofagite erosiva grave23-25;
la presenza di tali fattori di rischio deve indurre
all’esecuzione tempestiva di esami di screening per
l’esofago di Barrett (Tabella 119,26-29).
Come porre la diagnosi di malattia da reflusso gastroesofageo?
La diagnosi iniziale di malattia da reflusso gastroesofageo si basa sulla presenza dei tipici sintomi, come pirosi e rigurgito. In assenza di sintomi di allarme non
è necessario eseguire un’endoscopia. La diagnosi va ipotizzata in pazienti non fumatori con tosse cronica di
durata superiore a 3 settimane. Prima di procedere all’esame endoscopico è consigliabile un tentativo terapeutico con la somministrazione per 4-8 settimane di
un farmaco inibitore della pompa protonica. La capacità diagnostica per la malattia da reflusso gastroesofageo può essere migliorata utilizzando alcuni strumenti diagnostici di dimostrata efficacia, come il questionario GerdQ ed un punteggio predittivo, proposto
da autori danesi, riguardante la risposta ai farmaci
inibitori della pompa protonica. Tutti i pazienti con
sintomi di allarme vanno sottoposti ad endoscopia.
Riassunto delle evidenze disponibili
I sintomi tipici di pirosi e rigurgito consentono di
individuare in maniera corretta il 70% dei pazienti
con malattia da reflusso gastroesofageo;30 i pazienti
con questi sintomi vanno sottoposti ad un trattamento empirico di 4-8 settimane con farmaci inibitori della pompa protonica. Tale indicazione si
basa sul basso rischio associato ad una malattia da
reflusso gastroesofageo non complicata, e sull’inefficacia degli interventi di screening e di prevenzione
dell’adenocarcinoma esofageo, che rappresenta la
principale causa di morbilità e di mortalità nei
pazienti affetti dalla malattia da reflusso gastroesofageo. La mortalità complessiva associata alle altre
complicanze della malattia è bassa (nel 2000 pari a
0,46 ogni 100.000 casi).31 Una possibile diagnosi
di malattia da reflusso gastroesofageo va presa in
considerazione in pazienti non fumatori con tosse
cronica di durata pari almeno a 3 settimane; studi
Le migliori pratiche in gastroenterologia –
Indicazioni derivanti
da Choosing Wisely Campaign
Indicazione
Società scientifica
proponente
Nella malattia da reflusso gastroe- American
sofageo una terapia prolungata di Gastroenterological
inibizione della secrezione acida va Association
impostata selezionando il dosaggio
minimo efficace del farmaco
Per maggiori informazioni su Choosing Wisely Campaign si
veda il sito http://www.choosingwisely.org. Per le referenze bibliografiche di supporto e per consultare le indicazioni di Choosing Wisely Campaign specifiche per il medico di base si veda il
sito http://www.aafp.org/afp/recommendations/search.htm
prospettivi di coorte hanno infatti dimostrato che
la malattia è presente in una percentuale pari fino
al 40% dei pazienti con tali caratteristiche.32,33
Tutti i pazienti con sintomi di allarme necessitano
di una valutazione endoscopica. Sintomi singoli
come calo ponderale non intenzionale, disfagia e
anemia sono specifici (specificità pari, rispettivamente, a 84%, 85%, 95%) per complicanze come
carcinomi dell’esofago o dello stomaco, lesioni emorragiche del tratto gastrointestinale superiore, stenosi esofagea o pilorica.34
I pazienti in trattamento con inibitori della pompa
protonica che non rispondono alla somministrazione del farmaco una volta al giorno devono passare ad una somministrazione due volte al giorno,
oppure devono passare ad un farmaco diverso della
stessa classe; il medico deve sottolineare al paziente
la necessità di una buona compliance alle indicazioni
terapeutiche, e l’importanza di assumere il farmaco
30-60 minuti prima dei pasti.3,4 Nei pazienti in cui
la corretta somministrazione temporale dei farmaci
rappresenta un problema va preso in considerazione
il dexlansoprazolo, farmaco caratterizzato della stessa
efficacia indipendentemente dal tempo di somministrazione rispetto al pasto. I pazienti con sintomi
significativi da reflusso durante le ore notturne possono trarre beneficio dalla somministrazione di
omeprazolo/bicarbonato di sodio, efficace nel controllo del pH durante la notte. L’endoscopia va riservata ai pazienti che non rispondono ad un trattamento appropriato con inibitori della pompa protonica.
Per la diagnosi della malattia da reflusso gastroesofageo esistono diverse scale di punteggio; l’efficacia
del punteggio diagnostico GerdQ è stata convalidata in studi condotti su popolazioni di pazienti
con sintomi riguardanti il tratto gastrointestinale
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superiore seguiti a livello del medico di base. Una
versione online della scala di punteggio è disponibile al sito web http://www.aafp.org/afp/
2010/0515/p1278/html#afp20100515p1278-tl.
Il metodo migliora l’accuratezza diagnostica escludendo i pazienti con punteggio compreso tra 0 e 2,
ed identifica correttamente la malattia da reflusso
gastroesofageo nell’80% dei pazienti con punteggio superiore o pari a 8.35 Un altro metodo è stato
messo a punto da uno studio multicentrico condotto in Danimarca, e riguardante 471 pazienti.36
La risposta all’omeprazolo risulta accentuata in presenza di fattori come la comparsa di dolore durante
le ore notturne, l’assenza di nausea, l’assunzione di
antiacidi o di H2-antagonisti nel corso del mese precedente da parte di un paziente di peso normale o
in sovrappeso. I metodi menzionati possono migliorare l’accuratezza diagnostica e diminuire i casi
di endoscopie non necessarie.
I pazienti con malattia da reflusso gastroesofageo vanno sottoposti ad esami per H. pylori?
Le evidenze disponibili per consigliare di routine esami
di screening per l’infezione da H. pylori nei pazienti
con malattia da reflusso gastroesofageo sono insufficienti. Benché l’infezione sia a volte presente in questi pazienti, e la sua eradicazione possa migliorare i
sintomi, in un sottogruppo dei pazienti con ulcera peptica il trattamento dell’infezione da H. pylori può essere seguito da un aggravamento dei sintomi della malattia, o dallo sviluppo di nuovi sintomi.37
Riassunto delle evidenze disponibili
Dal momento che i sintomi di malattia da reflusso
gastroesofageo, dispepsia ed ulcera peptica spesso
si sovrappongono, per impostare un trattamento
efficace è necessario distinguere tra queste entità
patologiche. La dispepsia è caratterizzata da dolore
localizzato a livello dei quadranti addominali superiori, oppure da sintomi come sensazione di gonfiore addominale, sensazione di pienezza, distensione addominale, nausea, e può associarsi alla malattia da reflusso gastroesofageo. La distinzione
tra le due patologie è importante, in quanto la strategia test and treat (esami diagnostici e successivo
trattamento in presenza di positività all’infezione
da H. pylori) è indicata nei pazienti con dispepsia,38,39 ma non in tutti i pazienti con malattia da
reflusso gastroesofageo. Una meta-analisi si è espressa
in favore del trattamento dell’infezione da H. pylori nei pazienti con malattia da reflusso gastroesofageo.40 Tale studio non ha descritto un aggravamento dei sintomi o evidenze endoscopiche di esofagite da reflusso in seguito al trattamento dell’infezione; secondo una analisi di sottogruppi, ri-
guardante 5 studi clinici, l’eradicazione dell’infezione da H. pylori è associata ad un significativo miglioramento dei sintomi da malattia da reflusso gastroesofageo (OR = 0,55; IC al 95% tra 0,35 e
0,87).40 Un’altra meta-analisi, d’altro canto, ha descritto, in pazienti con ulcera peptica, un rischio
2 volte più elevato di sviluppo di una malattia da
reflusso gastroesofageo erosiva in seguito ad eradicazione dell’infezione da H. pylori (OR = 2,04; IC
al 95% tra 1,08 e 3,85); questi dati rafforzano i timori riguardanti l’esecuzione di routine di esami
per H. pylori ed il successivo trattamento dei pazienti con sintomi da malattia da reflusso gastroesofageo.41
Quali sono le complicanze di una terapia prolungata con farmaci inibitori della pompa protonica?
Il trattamento con farmaci inibitori della pompa protonica aumenta il rischio di ipomagnesemia, fratture dell’anca, infezioni da C. difficile, deficit di vitamina B12, polmoniti contratte a livello extraospedaliero. I farmaci devono essere pertanto utilizzati solo
in presenza di una diagnosi appropriata, al dosaggio
minimo efficace e per la durata minore possibile.
Riassunto delle evidenze disponibili
Un articolo precedente pubblicato su American Family Physician ha analizzato gli effetti collaterali associati alla somministrazione prolungata di farmaci
inibitori della pompa protonica, condotta per diverse indicazioni.42
Ipomagnesemia. Uno studio trasversale, retrospettivo, di grosse dimensioni, condotto su pazienti seguiti a livello ambulatoriale, ha descritto un’aumentata incidenza di ipomagnesemia, ed ha identificato alcuni casi di ipomagnesemia grave in pazienti che erano in trattamento da 4 mesi con inibitori della pompa protonica (OR = 3,79; IC al
95% tra 2,99 e 4,82).43 Il significato clinico di queste osservazioni è peraltro incerto.
Fratture dell’anca. Numerosi studi hanno descritto
un’associazione tra un trattamento prolungato con
farmaci inibitori della pompa protonica ed un aumento del rischio di fratture dell’anca.44 Secondo
un recente studio casi-controlli, peraltro, i pazienti
a rischio di fratture dell’anca erano trattati con i dosaggi più elevati dei farmaci; l’aumento del rischio,
inoltre, sarebbe limitato ai pazienti con almeno un
altro fattore di rischio (OR = 1,41; IC al 95% tra
1,21 e 1,64).44
Infezione da C. difficile. La somministrazione di farmaci inibitori della pompa protonica aumenta la
predisposizione alle infezioni da C. difficile. Nell’ambito di una review sistematica, 17 studi su 27
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hanno evidenziato un aumento del rischio (rischio
relativo compreso tra 1,2 e 5,0). I dati riguardanti
il rischio di infezioni ricorrenti da C. difficile non
sono invece univoci. In uno studio retrospettivo di
coorte condotto negli Stati Uniti su dati della Veterans Administration, il rischio di infezioni ricorrenti dopo un trattamento iniziale è risultato aumentare del 42% (OR = 1,42; IC al 95% tra 1,11
e 1,82).46 Un altro studio randomizzato e controllato, riguardante il trattamento intraospedaliero di
infezioni da C. difficile, non ha invece descritto un
aumento del rischio di recidive (OR = 0,82; IC al
95% tra 0,58 e 1,16).47
Deficit di vitamina B12. Uno studio casi-controlli
di grosse dimensioni ha indicato un aumento del
rischio di deficit di vitamina B12 in pazienti trattati
con farmaci inibitori della pompa protonica (OR
= 1,65; IC al 95% tra 1,58 e 1,73).48 I pazienti con
sintomi sospetti devono pertanto sottoporsi alla determinazione dei livelli della vitamina.
Polmoniti contratte in ambiente extraospedaliero. Due
studi hanno descritto un aumento del rischio (compreso tra il 29% ed il 39%) di polmoniti contratte
in ambiente extraospedaliero in pazienti in trattamento con farmaci inibitori della pompa protonica.
Un trattamento di breve periodo (inferiore o pari a
30 giorni) potrebbe essere associato ad un rischio
più elevato rispetto a quanto descritto per trattamenti prolungati.49
Fonti dei dati: È stata condotta una ricerca bibliografica sui database Essential Evidence Plus, PubMed, Cochrane Database of Systematic Reviews, utilizzando le seguenti parole chiave: PPI and GERD
treatment, Barrett’s esophagus treatment, Barrett’s esophagus management, surgical options for GERD, surgery versus PPI for GERD, pneumonia and PPI use,
hip fractures and PPI use, hypomagnesemia and PPI
use, C. difficile and PPI use, H. pylori and GERD.
Date di esecuzione delle ricerche: da maggio a luglio 2014.
Gli autori
I Dr. William D. Anderson III, Scott M. Strayer,
Shane R. Mull sono, rispettivamente, Associate Professor, Professor e Assistant Professor of Family and
Preventive Medicine, University of South Carolina
School of Medicine, di Columbia, South Carolina
(Stati Uniti).
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