Panoramica trimestrale - 3o trimestre 2011

Milano, 14 Ottobre 2011
Panoramica del 3° trimestre 2011
Nel corso dell’ estate le prospettive dell’economia mondiale sono bruscamente
peggiorate portando gli investitori a prendere atto del fatto che lo scenario sul
quale avevano riposto le speranze era illusorio, e nascondeva una realtà molto
meno piacevole. Al posto di una progressiva accelerazione della crescita
americana siamo di fronte a una crescita che, nel migliore dei casi, sarà
debole. Al posto di una crisi del debito sovrano circoscritta alle economie «
minori » dei paesi dell’Europa periferica, i dirigenti europei devono affrontare
una crisi profonda dell’intera zona euro. Cosa che - per inciso - ha avuto
l’effetto di paralizzarli piuttosto che spronarli a reagire. Infine, in questo
contesto generale, la speranza che i problemi di indebitamento e di crescita
possano essere risolti, come nell’ultimo ventennio, da una dose ancora più
massiccia di misure di allentamento delle condizioni monetarie e di bilancio
sono state deluse. Le ha sostituite d’un colpo una
dura
realtà:
gli
adeguamenti necessari (disindebitamento del settore pubblico in Europa e
delle famiglie
negli Stati Uniti, aumento della produttività nei paesi
dell’Europa periferica) peseranno a lungo sull’attività.
L’estate ha quindi coinciso con l’inizio di un massiccio movimento di fuga
verso la qualità che ha causato la caduta del prezzo di tutti gli attivi legati,
anche lontanamente, alla crescita mondiale, a vantaggio dei pochi valori
ancora considerati beni rifugio.
ECONOMIA
Stati Uniti
La percezione dell’economia americana alla fine del terzo trimestre è
radicalmente diversa da quella che se ne poteva avere alla fine del
trimestre precedente. Per di più, due avvenimenti sono venuti a modificare
profondamente il quadro generale: la forte correzione al ribasso dei dati sul
PIL americano degli ultimi quattro anni, che ha rivelato che la recessione è
stata molto più forte e la ripresa meno vigorosa di quanto precedentemente
annunciato; l’incapacità dei repubblicani e dei democratici di mettersi d’accordo
su un piano, fosse anche di minima, a medio termine per il risanamento delle
finanze pubbliche, che ha provocato il taglio della tripla A degli Stati Uniti da
parte di S&P.
Il colpo inferto al morale delle famiglie e degli imprenditori è bastato a
provocare una netta caduta della fiducia e degli indicatori d’attività,
spingendone buona parte verso livelli che indicano la stagnazione o la
recessione economica.
La stessa Riserva Federale ha preso atto del deterioramento delle condizioni
macro- economiche, facendo riferimento anche ai rischi legati alla comparsa
di tensioni sui mercati finanziari. Ma dopo tre anni di politica del tasso zero e
due programmi di quantitative easing, la sua capacità di reazione è ormai
limitata. Ha dovuto quindi « inventare » nuove strade per allentare ancora le
condizioni monetarie: l’impegno a mantenere il tasso guida allo 0.25%
almeno fino a metà del 2013 e l’allungamento delle scadenze del suo
portafoglio di obbligazioni.
Zona euro
Sull’altra sponda dell’Atlantico, un altro evento ha profondamente scosso la
fiducia nella zona euro: il fatto che l’Italia, terza economia dell’unione
monetaria e primo emittente di debito a livello europeo (1.900 mrd di debito
pubblico) finisca nel vortice della crisi del debito sovrano a fianco della Grecia,
dell’Irlanda, del Portogallo e della Spagna. Dando alla crisi tutt’altro ordine
di grandezza, questo evento ha contribuito a peggiorare notevolmente il
sentiment affossando gli indicatori di attività. Tant’è che in settembre gli
indici PMI del settore manifatturiero e dei servizi sono scesi a livelli che
indicano una contrazione dell’attività, un segnale di cattivo augurio per la
crescita del PIL nel terzo trimestre, dopo un secondo trimestre già segnato da
un evidente rallentamento della crescita.
Nel corso dell’estate la BCE è passata da un estremo all’altro: dapprima,
all’inizio di luglio, ha aumentato il tasso guida, fedele alla linea di condotta
adottata all’inizio dell’anno. Poi, di fronte all’intensificarsi delle tensioni,
all’inizio di agosto ha ammorbidito i toni, decidendosi poi a rilanciare il suo
programma di acquisto di debiti sovrani (italiani e spagnoli questa volta).
All’inizio di settembre ha poi lasciato intendere che di fronte al quadro di
crescente incertezza e ai rischi per la crescita era pronta ad abbassare il tasso
guida. Vista la difficoltà dei governi europei a concordare una linea comune, la
BCE - di fronte a una crisi - è l’unica istituzione in Europa capace di reagire
rapidamente e con una forza d’urto sufficiente.
Europa extra zona euro
Il Regno Unito rappresenta invece un ottimo banco di prova, e una buona
dimostrazione, dell’effetto ottenuto con l’attuazione di una politica di rigore
“pura e dura”, che peraltro - con gradi d’intensità diversi - è la strada scelta
dalla maggior parte delle economie
sviluppate. La crescita che già era
fiacca dalla fine del 2010 è ancora rallentata
durante
l’estate,
la
disoccupazione è salita, la produzione industriale è ferma… Tant’è che gli
obiettivi di riduzione del deficit pubblico rischiano di non essere rispettati per
mancanza di crescita sufficiente. Ancora una volta, la banca centrale rischia di
essere l’ultima ratio e sta valutando - sempre più seriamente – di lanciare una
seconda operazione di quantitative easing.
In Svizzera il continuo apprezzamento della moneta si è protratto al punto
di rischiare di far cadere l’economia in recessione a dispetto dei fondamentali
(troppo ?) sani. La Banca nazionale Svizzera ha dovuto usare le maniere
forti, dapprima con l’iniezione massiccia di liquidità nel sistema bancario, e in
seguito annunciando un cambio limite, oltre il quale non lascerà salire il franco
nei confronti dell’euro (1.20 EUR/CHF). Secondo la BNS, questa misura, dopo
un primo semestre di crescita ancora solida, nel secondo semestre 2011
permetterà all’economia Svizzera di stabilizzarsi.
Giappone
Il Giappone ha messo a segno un lieve rimbalzo dovuto al progressivo riavvio
dell’economia dopo il terremoto di marzo. Alla fine del trimestre, il
peggioramento
delle
prospettive
mondiali
di crescita, insieme alla
persistente forza dello yen, hanno tuttavia pesato sul sentiment e sugli indici di
attività
a
causa
della
forte
dipendenza dell’economia
giapponese
dall’esportazione di prodotti industriali.
Economie emergenti
Mentre finora il rischio principale per le economie emergenti era quello
derivante dall’inflazione - che ha dato luogo a una generale contrazione delle
politiche monetarie - il brusco peggioramento delle prospettive di
crescita
mondiali ha duramente colpito queste economie che ancora sono fortemente
dipendenti dalle esportazioni. Uno sviluppo che ha portato la Banca Centrale
del Brasile a ribaltare la sua politica monetaria con la decisione di tagliare
il tasso guida.
MERCATI
Azionari
Dopo essersi stabilizzati nella prima metà del mese di luglio, i mercati azionari
alla fine del mese hanno puntato verso il basso, entrando in territorio
ampiamente negativo fin dai primi giorni di agosto. Il morale dei mercati ha
ceduto di fronte alla raffica di notizie deludenti sul fronte economico, alla
paralisi di Washington sull’innalzamento del debito pubblico e ai timori per la
crisi del debito sovrano europeo. La decisione a sorpresa di declassare il
debito americano ha contribuito a dare fuoco alle polveri. Si teme che
sullo sfondo dei piani di austerità di bilancio l’economia ricada in recessione,
tanto più che l’arsenale delle misure di rilancio ormai è esaurito e i tassi
d’interesse sono già vicini ai minimi, il tutto - tra l’altro - in un clima di
conflittualità politica. Tutto ciò si è tradotto in una forte ondata di
avversione al rischio che si manifesta con la sovra-performance dei titoli più
difensivi.
Nel terzo trimestre l’MSCI World in monete locali ha ceduto il 15.3%. Ancora
una volta, i titoli americani si sono dimostrati più resistenti. Lo S&P 500 e il
DJ Stoxx 600 hanno chiuso il periodo rispettivamente a -14.3% e -17.1%.
Sullo sfondo del rallentamento economico generale, le
borse
dei
paesi
emergenti continuano a deludere con l’MSCI Emerging markets che nel corso
del trimestre ha ceduto il 15.7%. Il mercato giapponese (Topix) se la cava
tutto sommato meglio degli altri, e limita la perdita del trimestre a un -10.4%
in monete locali.
Obbligazionari
La forte ondata di avversione al rischio ha provocato una caduta dei tassi
d’interesse a lungo termine degli emittenti ancora percepiti come sicuri, che il
nuovo allentamento della politica monetaria della Fed ha rafforzato. I tassi dei
titoli decennali hanno raggiunto livelli minimi storici
negli
Stati
Uniti
(1.72%), in Germania (1.67%) e nel Regno Unito (2.19%). Il movimento è
stato ancora più spettacolare sulle scadenze molto lunghe: il titolo trentennale
americano è passato dal 4.39% al 2.80%. La performance trimestrale
delle
obbligazioni governative con scadenza superiore a 10 anni è stata
spettacolare: +23% negli Stati Uniti, +14% nel Regno Unito. Nella zona euro, i
tassi italiani e spagnoli sono stati in un primo tempo sostenuti dall’intervento
della BCE sui tassi, ma con l’aggravarsi delle tensioni sulla situazione
europea hanno poi ripreso a salire. Anche le obbligazioni societarie finanziarie
sono state penalizzate dai timori circa la solidità del sistema bancario europeo.
Valutari
Come tutte le volte che la tensione cresce sui mercati, il dollaro ha ritrovato
il suo status di valore rifugio ed ha recuperato terreno. Dal canto suo l’euro si è
indebolito, ma più per il cambio di orientamento della BCE che per l’aggravarsi
della crisi, che finora non aveva pesantemente penalizzato la moneta unica. Il
franco svizzero - che aveva sfiorato la parità con l’euro (1.0073 nella seduta
del 10 agosto!) - si è stabilizzato dopo la decisione della BNS di fissare il
cambio minimo contro l’euro a 1.20.
Banca Albertini Syz & C. S.p.A