prodi sulla via della seta

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PRODI SULLA VIA DELLA SETA
Sabato 10 Febbraio 2007 01:09
di Elena Ferrara
L’Italia di Prodi va all’attacco del continente “Cindia”: ora sbarca in India dopo l’ultima tappa
cinese del settembre scorso che lo aveva portato all’incontro con il presidente Hu Jintao. Al
quale aveva detto: “La vostra economia corre veloce e sarebbero per noi guai seri perdere
ancora un altro treno. E comunque arriviamo tardi e dobbiamo correre. Può esserci stato ritardo
ma prima di tutto, quando c'è uno sviluppo così multiplo, i treni sono tanti e guai a ritardare
ancora”. E così, concluso positivamente quel blitz oltre la grande muraglia, l’attenzione si
sposta sull’altra grande metà asiatica dove - dall’11 a 14 febbraio – va in scena il grande spot
italiano in una regione che è ormai considerata come la “Silicon Valley” dell’avvenire. Con
Prodi ci sono gli uomini della Confindustria (oltre 400 imprenditori) che aspirano al dominio del
grande mercato indiano. Hanno come obiettivo quello di raggiungere nel 2010 un flusso di
commercio bilaterale di 10 miliardi, contro gli attuali 4,4 e un livello di investimenti pari a circa
200 milioni all'anno contro i 50 milioni di oggi. E così l’avventura indiana è non solo una sorta di
esplorazione salgariana (le città in programma sono Chennai ex Madras, Kolkata ex Calcutta,
Bangalore, Mumbai che è poi Bombay e Delhi) ma rappresenta anche una scommessa di
strategia geoeconomica perché tutti i dati stanno a dimostrare che l’India crescerà più della
Cina. E che, nel 2050, supererà l'economia americana.
Mercato, quindi, da raggiungere subito e con tutti i mezzi. In particolare si tende a suggellare
un rapporto generale con il subcontinente asiatico che quest'anno, in almeno un trimestre,
potrebbe crescere addirittura più della Cina. Il Pil nell'anno fiscale terminato a settembre è,
infatti, cresciuto del 9,2% dopo che negli ultimi quattro anni è salito a una media dell'8% e il
governo, nel suo piano quinquennale al 2011-2012, punta per i prossimi anni a una crescita
media del 9%.
Per l’Italia le occasioni non mancano. Perché quelle aperture introdotte all’inizio degli anni '90
dall'attuale primo ministro Manmohan Singh (laurea a Cambridge e dottorato a Oxford, autore
nel 1964 di un testo molto critico verso la tendenza all'isolazionismo del suo paese) hanno già
portato frutti sostanziali: il commercio in beni e servizi è passato dal 17% del Pil del 1990
all'attuale 45%. Intanto prende corpo un programma economico bilaterale che prevede la
creazione in tempi rapidi di un'area di libero scambio tenendo conto che all’interno della Unione
Europea, in termini di esportazioni, l'Italia è già al quarto posto preceduta dalla Gran Bretagna
(l'ex potenza coloniale) e dalla Germania (colosso che macina un terzo del Pil del Vecchio
Continente) ma anche dal piccolo Belgio. E proprio per superare gli ultimi ostacoli di natura
economica la missione italiana si è dotata di una speciale task-force formata dai massimi
esponenti di 16 banche.
Ma nella strategia italiana l’India ha anche un ruolo particolare, geostrategico. Il Paese, infatti,
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ha una fortissima proiezione su Bangladesh, Cina, Birmania, Cambogia, Malesia ed Indonesia.
Si tratta di tutte realtà economiche con le quali l’Italia punta ad avere rapporti sempre più
intensi. Il gioco è, comunque, complesso e la diplomazia italiana dovrà pur sempre tener conto
che nel continente “Cindia” va sempre più prendendo corpo quella strategia russa che tende ad
allinearsi con India e Cina per difendere i propri interessi nello spazio postsovietico. Ed è per
questo che la Farnesina dovrà muoversi - sul terreno indiano - con molta attenzione. Proprio
perché in questi ultimi tempi Delhi, Pechino e Mosca hanno rivelato una seria propensione ad
avviare la realizzazione di un triangolo geostrategico.
La missione di Prodi è così destinata ad assumere un significato particolare anche nel quadro
di un rapporto – presente e futuro – con gli stessi americani. Sempre preoccupati di perdere il
controllo dei propri alleati.
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