16 ■ CRITICAsociale 3-4 / 2012 ■ ALCUNI RECENTI INTERVENTI DEI LEADER HELMUT SCHMIDT, FRANCOIS HOLLANDE, FELIPE GONZALEZ, ANDREA NAHLES I SOCIALISTI E LA CRISI DELL’EUROPA Pubblichiamo di seguito alcuni stralci del programma economico del neo presidente socialista francese Francois Holland FRANCOIS HOLLAND “Voglio rilanciare la produzione, l’occupazione e crescita. Creerò una banca pubblica di investimenti. Attraverso i suoi fondi regionali, promuoverò lo sviluppo delle PMI, il sostegno ai percorsi futuri e la conversione ecologica ed energetica dell’industria. Consentirò alle regioni fulcro dell’economia nazionale di acquisire partecipazioni in società strategiche per lo sviluppo locale e la competitività della Francia. Parte dei fondi saranno indirizzati verso l’economia sociale e la solidarietà. Promuoverò la produzione e l’occupazione in Francia, dirigendo i finanziamenti, gli aiuti pubblici e gli sgravi fiscali alle aziende che investono nel nostro territorio, che vi localizzano le loro attività e che si rivolgono all’esportazione. A tal fine, modulerò la tassazione delle imprese locali sulla base degli investimenti realizzati. In parallelo, mi impegnerò con le imprese francesi di grandi dimensioni nell’opera di rilocalizzazione delle loro fabbriche nell’ambito di un contratto specifico. Instaurerò, per le aziende che delocalizzano, il rimborso degli aiuti pubblici ricevuti. Verrà fatta una distinzione tra gli utili reinvestiti e quelli distribuiti agli azionisti. Metterò tre diverse aliquote fiscali sulle società: 35% per le grandi, 30% per le piccole e medie imprese, 15% per le molto piccole. Voglio mettere le banche al servizio dell’economia. Separerò le attività delle banche che sono utili per gli investimenti e l’occupazione, dalla loro azione speculativa. Proibirò alle banche francesi di agire nei paradisi fiscali. Ciò metterà fine ai prodotti finanziari tossici che arricchiscono gli speculatori e minacciano l’economia. Eliminerò le stock options, ad eccezione che per le start-up, e inquadrerò i bonus. Tasserò i profitti delle banche, aumentando l’imposizione del 15%. Proporrò l’istituzione di una tassa su tutte le transazioni finanziarie, nonché una agenzia pubblica europea di rating. Garantirò i risparmi della gente mediante remunerazioni che tengano conto dell’inflazione e dell’evoluzione della crescita. Per abbassare le spese bancarie, una legge bloccherà i costi di servizio applicati dalle banche. Per combattere l’eccessivo indebitamento, il credito al consumo verrà inquadrato. Voglio riequilibrare le finanze pubbliche. Il deficit sarà ridotto al 3% del PIL nel 2013. Ripristinerò l’equilibrio di bilancio alla fine del mio mandato. Per raggiungere questo obiettivo, ritornerò sulle agevolazioni fiscali e le tante “scappatoie fiscali” accordate da dieci anni alle famiglie più ricche e al grande business. Questa riforma di giustizia aggiungerà 29 miliardi di euro di entrate supplementari. Una battuta d’arresto sarà portata al procedimento di revisione generale delle politiche pubbliche e all’applicazione meccanica di non sostituzione di un funzionario su due. A partire dal 2012, aprirò un ciclo di consultazioni con le organizzazioni sindacali della funzione pub- blica su una serie di questioni: le prospettive salariali; la lotta contro la insicurezza; le modalità di nomina delle posizioni apicali del servizio civile; lo sviluppo della carriera. Voglio reindirizzare la costruzione Europea. Proporrò ai nostri partner un patto di responsabilità, di governance e di crescita e per superare la spirale di austerità che aggrava la crisi. Rinegozierò il trattato europeo derivante dall’accordo del 9 dicembre 2011, privilegiando la crescita e l’occupazione, e riorientando il ruolo della Banca centrale europea in questa direzione. Propongo di creare gli Eurobond. Difenderò un’adesione piena dei parlamenti nazionali a queste decisioni europee. Cinquanta anni dopo il trattato dell’Eliseo, proporrò al nostro partner lo sviluppo di un nuovo trattato franco-tedesco. Difenderò un bilancio UE (2014-2020) al servizio dei grandi piani per il futuro. Sosterrò la creazione di nuovi strumenti finanziari per lanciare innovativi programmi industriali, in particolare nei settori della tecnologia verde e del trasporto merci su rotaia. E collaborerò con i nostri partner per un’Europa dell’energia. Vorrei anche proporre una nuova politica commerciale per ostacolare qualsiasi forma di concorrenza sleale e per impostare rigide regole di reciprocità in materia sociale e ambientale. Una contribuzione clima-énergia ai confini economici dell’Europa sarà complemento di questa strategia. Agirò, nel quadro del G20, per una parità più equilibrata dell’euro vis-àvis al dollaro e allo yuan cinese, proponendo un nuovo ordine monetario internazionale. Voglio impegnarmi in una grande riforma fiscale. La contribuzione di tutti sarà resa più equa, consentendo una grande riforma che permetterà la fusione dell’imposta sul reddito e della CSG (tassa per l’assistenza pubblica che colpisce le rendite da patrimonio) nel quadro di una procedura sui redditi. Una parte di questa tassa sarà assegnata alle agenzie di sicurezza sociale. I redditi da capitale saranno tassati come quelli da lavoro. Farò sì che il più ricco contribuisca allo sforzo nazionale francese, con la creazione di una tranche fiscale ulteriore del 45% per i redditi più elevati di 150.000 euro per azione. Inoltre, nessuno dovrà essere in grado di usufruire di “scappatoie fiscali” al di là di una somma di 10.000 euro di sgravio per anno fiscale. Manterrò tutte le risorse assegnate alla politica familiare. Aumenterò del 25% gli stanziamenti per il rientro scolare nel prossimo anno scolastico. Renderò il quoziente familiare più equo, abbassando il massimale per le famiglie più agiate. Ritornerò sugli sgravi fiscali istituiti dalla destra nel 201, ri-aumentando le aliquote fiscali delle maggiori aziende. La riduzione sull’imposta di successione sarà portata a 100 000 euro per bambino e l’esenzione per il coniuge superstite sarà mantenuta. Rafforzerò i mezzi per combattere l’evasione fiscale. Voglio negoziare una nuova riforma delle pensioni. Farò in modo che tutti coloro che hanno 60 anni e che hanno pagato i loro contributi abbiano il pieno diritto di andare in pensione a CRITICAsociale ■ 17 3-4 / 2012 tariffa intera per quella età: questo principio sarà attuato immediatamente. Una trattativa globale partirà nell’estate del 2012 con le parti sociali per definire, in una maniera sostenibile e finanziariamente equilibrata, l’età legale di pensione, tenendo conto delle difficoltà, dell’importo delle pensioni e dell’evoluzione delle entrate necessarie per la sopravvivenza del nostro sistema pensionistico e di solidarietà sociale. Avvierò anche una riforma per accompagnare meglio la perdita di autonomia personale. Voglio combattere la disoccupazione, che colpisce soprattutto i giovani e gli anziani. Proporrò un contratto generazionale per consentire l’assunzione da parte delle imprese, con contratto a tempo indeterminato, di giovani, accompagnati da un dipendente più esperto, che a sua volta potrà rimanere al lavoro fino al raggiungimento della sua età pensionabile. Questo “tutorato” manterrà il know-how e integrerà, in maniera sostenibile, i giovani nella vita professionale. Creerò 150.000 posti di lavoro per facilitare l’integrazione dei giovani nel mondo del lavoro e per sostenere l’opera delle associazioni, soprattutto nei quartieri. Ritornerò sulle defiscalizzazione e sulle esenzioni fiscali sugli straordinari, ad eccezione che per le imprese molto piccole. Stabilirò, in consultazione con le parti sociali, la formalizzazione dei percorsi di carriera, in modo che ogni dipendente possa rimanere in azienda, o avere accesso all’occupazione e alla formazione professionale. Finanziamenti per la formazione saranno concentrati sulle fasce più fragili, i meno istruiti e i disoccupati. Rafforzerò i mezzi dei centri per l’impiego. Per evitare i licenziamenti, ne alzeremo il costo per le aziende che pagano dividendi o riscattano le proprie azioni, e daremo l’opportunità agli operai e agli impiegati che ne sono vittima di rivolgersi a un tribunale nei casi di licenziamento palesemente contrari all’interesse dell’impresa. s hower, Kennedy, Churchill, Jean Monnet, Adenauer ,De Gaulle, De Gasperi e Henri Spaak) non hanno agito in base ad un idealismo europeo, ma sono stati spinti dalla conoscenza della storia del continente. Hanno agito in una visione realistica, nella necessità di evitare la continuazione della lotta tra la periferia e il centro. Tutto questo è ancora un elemento portante per l’integrazione europea e chi non lo ha compreso manca di un presupposto essenziale per la soluzione della crisi attuale in Europa. Quanto più nel corso dagli anni 60 agli ‘80, l’allora Repubblica Federale aumentava il proprio peso economico e politico, tanto più agli occhi degli statisti dell’Europa occidentale l’integrazione europea è apparsa come una polizza assicurativa. La resistenza iniziale di Margaret Thatcher, Mitterand o Andreotti - era il 1989/90 – contro l’unificazione tedesca era chiaramente giustificata dal timore di una forte Germania, al centro del piccolo continente europeo. II. L’Unione europea è necessaria De Gaulle e Pompidou negli anni ‘60 e fino ai primi anni ‘70 hanno continuato l’integrazione europea, per integrare la Germania – ma hanno anche voluto incorporare il proprio stato in meglio o in peggio. Dopo di che, la buona intesa tra me e Giscard d’Estaing ha portato ad cese, di una potente Germania e - più precisamente- di un Marco super potente. Da quegli anni l’euro è diventato la seconda valuta più importante nell’economia mondiale. Questa moneta europea sia internamente che nelle relazioni esterne è di gran lunga più stabile rispetto al dollaro americano – ed è stato più stabile del marco nei suoi ultimi 10 anni. Tutti parlano e straparlano di una presunta “crisi dell’euro”, ma è un frivolo chiacchiericcio di giornalisti e politici. A partire da Maastricht il mondo è cambiato enormemente. Siamo stati testimoni della liberazione delle nazioni dell’Europa orientale e l’implosione dell’Unione Sovietica. Stiamo assistendo lo sviluppo prodigioso della Cina, India, Brasile e altri “mercati emergenti” che sono stati precedentemente chiamati “terzo mondo”. Allo stesso tempo la parte reale delle maggiori economie della terra, si è ”globalizzata: quasi tutti i paesi del mondo dipendono l’uno dall’altro. E soprattutto è accaduto che gli attori sui mercati finanziari globali abbiano acquisito un potere del tutto incontrollato. Ma al tempo stesso – e quasi inosservata – la razza umana si è moltiplicata e ha superato i 7 miliardi di persone. Quando sono nato, ce n’erano appena 2 miliardi. Tutti questi cambiamenti hanno un impatto enorme sui popoli d’Europa, sui loro stati e le loro ricchezze. D’altra parte tutte le nazioni europee stanno HELMUT SCHMIDT I. Motivazioni e origini dell’integrazione europea Anche se in alcuni dei 40 stati d’Europa, la coscienza nazionale si è sviluppata tardi – come in Italia, Grecia e Germania – ci sonno sempre state guerre sanguinose. E qui, nel cuore del continente, questa tragica storia, questa infinita serie di scontri fra centro e periferia è sempre stato il campo di battaglia decisivo. E la memoria va alle due guerre mondiali del ventesimo Secolo, perché l’occupazione tedesca gioca ancora un ruolo dominante, anche se latente. Quasi tutti i vicini della Germania – e anche quasi tutti gli ebrei di tutto il mondo – ricordano l’Olocausto e le atrocità che sono avvenute durante l’occupazione tedesca nei paesi periferici. Noi tedeschi non siamo sufficientemente consapevoli del fatto che probabilmente quasi tutti i nostri vicini hanno ancora sfiducia nei tedeschi: un fardello storico con il quale dovranno convivere le nostre generazioni. E non dimentichiamo che c’era sospetto circa lo sviluppo futuro della Germania anche quando nel 1950 ha avuto inizio l’integrazione europea. Del resto questa si è realizzata in una visione realistica di sviluppo ritenuta possibile e allo stesso tempo per il timore di una futura forza tedesca. Non si trattava dell’idealismo di Victor Hugo che pensava all’unificazione dell’Europa nel 1849. Gli statisti poi leader in Europa e in America (George Marshall, Eisen- un periodo di cooperazione franco-tedesca e il proseguimento dell’integrazione europea, un periodo che è stato continuato con successo dopo la primavera del 1990 tra Mitterrand e Kohl. Allo stesso tempo, la Comunità europea è gradualmente aumentata raggiungendo nel 1991 i 12 stati membri. Grazie al lavoro di preparazione svolto da Jacques Delors (allora presidente della Commissione europea), Mitterrand e Kohl a Maastricht hanno dato vita all l’Euro. La preoccupazione di fondo era, di nuovo sul fronte fran- riducendo i loro cittadini. A metà del 21 ° Secolo sarà probabile che vivano anche 9 miliardi di persone sulla Terra, mentre le nazioni europee insieme costituiranno solo il 7% della popolazione mondiale. 7% di 9 miliardi . Per due secoli e fino al 1950, gli europei hanno rappresentato più del 20% della popolazione mondiale. Analogamente, l’Europa vedrà scendere il proprio prodotto globale al 10% dal 30 che era nel 1950. Ognuna delle nazioni europee rappresenterà nel 2050 solo una frazione pari all’1% della popolazione mondiale. Vale a dire: se vogliamo sperare di avere un ruolo nel mondo, lo possiamo avere solo congiuntamente. Quindi gli interessi strategici a lungo termine degli stati-nazione europei è nella loro fusione. Questo interesse strategico nella costruzione europea assume sempre maggiore importanza. Anche se la maggior parte degli abitanti non ne è ancora consapevole e i governi non ne parlano. Quindi se non si farà una vera ‘Unione europea nei prossimi decenni ciò significherebbe un’auto marginalizzazione dei singoli Stati del continente e della civiltà europea nel suo complesso. Potrebbe anche accadere. Né si può escludere che in questa situazione riemerga la concorrenza e la lotta per il prestigio tra i diversi Paesi . Il vecchio gioco tra centro e periferia potrebbe tornare ad essere una realtà. Il processo di educazione globale, la diffusione dei diritti individuali e della dignità umana, lo stato di diritto e la costituzione della democratizzazione dell’Europa non potrebbe avere uno stimolo più efficace. Sotto questi aspetti, la Comunità europea è una necessità vitale per gli stati del nostro vecchio continente. Questa esigenza si estende oltre le ragioni di Churchill e de Gaulle. Si estende ben oltre le motivazioni di Monnet e Adenauer . Io aggiungo: certo ma occorre una reale integrazione della Germania. Quindi dobbiamo chiarirci le idee circa la nostra missione tedesca, il nostro ruolo nel contesto dell’integrazione europea. III. La Germania ha la continuità e l’affidabilità necessarie Se alla fine del 2011 si guarda dal di fuori della Germania attraverso gli occhi dei nostri vicini diretti e indiretti, emergono notevoli dubbi e si dissolve l’immagine di una Germania poi dalla Germania dal cammino sicuro: emergono ombre sulla continuità della politica tedesca . E la fiducia nella affidabilità della politica del Paese è sempre meno netta. Qui i dubbi ei timori sono basati sugli errori della politica estera e dei governi. Essi si basano in parte sulla forza sorprendente del mondo economico della Repubblica federale unita. La nostra economia è tecnologicamente e socialmente una delle più potenti del mondo. La nostra forza economica e la nostra pace sociale relativamente stabile, hanno anche innescato invidia – soprattutto per il tasso di disoccupazione inferiore e il rapporto tra debito e Pil tra i migliori. Tuttavia politici e cittadini non sono sufficientemente consapevoli del fatto che la nostra economia è altamente integrata sia con il mercato comune europeo e sia con l’economia globalizzata. Al tempo stesso, però, questo può portare a un grave squilibrio: il nostro surplus commerciale è enorme, per anni le eccedenze hanno costituito circa il 5% del Pil. Sono cifre simili a quelle della Cina, anche se la cosa non emerge con chiarezza per via della sostituzione del marco con l’Euro. Ma sembra che i nostri politici non siano a conoscenza di questo fatto. Le nostre eccedenze sono in realtà i deficit di altri. Le affermazioni che abbiamo sentito sugli altri, sui loro debiti sono fastidiose violazioni di un ideale equilibrio esterno. Non solo questa disturba i nostri partner , ma solleva sospetti ed evoca brutti ricordi. In questa crisi economica nella reazione delle istituzioni dell’Unione europea, la Germania ha avuto ancora una volta in un ruolo centrale. Insieme con il presidente francese, il Cancelliere ha accettato volentieri questo ruolo. Ma ci sono molte capitali europee in cui sta crescendo una preoccupazione crescente di una dominazione tedesca che per ora si esprime nei media. Questa volta non si tratta di potenza militare e politica, ma economica. 18 ■ CRITICAsociale A questo punto, è necessario un promemoria per i politici tedeschi, per i media e la nostra opinione pubblica. Noi tedeschi di sinistra non dobbiamo farci prendere da illusioni o arci confondere da cortine fumogene: se la Germania tenterà di essere il primus inter pares nella politica europea, una crescente percentuale dei nostri vicini penserà di doversi difendere efficacemente da questo tentativo di primato. Tornerebbe la preoccupazione della periferia per un centro troppo forte. E le probabili conseguenze di un tale sviluppo sarebbero paralizzanti per l’UE, mentre la Germania cadrebbe nell’isolamento. In fondo abbiamo bisogno di proteggerci da noi stessi. Quindi nel processo di integrazione europea bisogna partire dall’articolo 23 della Costituzione che impone di di partecipare allo sviluppo dell’Unione Europea. E nell’articolo 23 ci si impegna anche al “principio di sussidiarietà”. L’attuale crisi del funzionamento delle istituzioni dell’UE non cambia questi principi. La nostra posizione geopolitica centrale, in fondo una sfortuna fino alla metà del 20 ° Secolo, richiede un alto grado di empatia per gli interessi dei nostri partner europei. E la nostra volontà di aiuto sarà fondamentale. Noi tedeschi abbiamo ricostruito la nostra grande potenza, lo abbiamo fatto, certo da soli, ma tutto questo non sarebbe stato possibile senza l’aiuto delle potenze occidentali, senza la nostra integrazione nella Comunità europea, senza l’aiuto dei nostri vicini, senza gli sconvolgimenti politici in Europa Centro-Orientale seguiti alla dissoluzione dell’Urss. Abbiamo molti motivi di essere grati. E abbiamo il dovere di dimostrarci degni della solidarietà ricevuta. Al contrario, la ricerca di un esclusivo ruolo e prestigio nella politica mondiale sarebbe inutile e probabilmente anche dannoso. Sono convinto che è negli interessi strategici a lungo termine della Germania, non isolarsi. Un isolamento all’interno dell’Occidente sarebbe pericoloso. Un isolamento all’interno dell’Unione europea o della zona euro sarebbe catastrofico. I politici e i media tedeschi hanno il dovere e l’obbligo di difendere questo punto di vista e di sostenerlo presso l’opinione pubblica. Ma se qualcuno ci dice o ci fa capire che il futuro d’Europa parla tedesco. Se un ministro degli esteri tedesco ritiene che le apparizioni in Tv mentre è a Tripoli, al Cairo o a Kabul siano più importanti dei contatti politici con Lisbona, Madrid e Varsavia o Praga, con Dublino, L’Aia, Copenaghen ed Helsinki e se un altro pensa di dover impedire trasferimenti di un po’ di sovranità all’Unione, beh tutto questo è solo dannoso. In realtà, la Germania è stata un contributore netto per molti decenni fin dal tempo di Adenauer . E, naturalmente, Grecia, Portogallo e Irlanda sono sempre stati beneficiari netti. Lo abbiamo fatto a lungo e possiamo permettercelo. Il principio si sussidiarietà, anche contrattualmente richiesto da Lisbona prevede che che l’Unione faccia ciò che uno stato da solo non può fare. Konrad Adenauer, a partire dal Piano Schumann, ha tentato di correggere istinti politici e resistenze perché sapeva che l’interesse strategico a lungo termine era questo, anche nel quadro della divisione permanente della Germania. E tutti i successori – compreso Brandt, io stesso, Kohl e Schröder – hanno continuato la politica di integrazione concepita da Adenauer. IV. La situazione attuale richiede l’energia dell’UE Non possiamo in questo momento anticipare un futuro lontano. Correzioni a Maastricht potrebbero solo in parte eliminare errori ed 3-4 / 2012 omisioni, così come mi sembrano inutili le proposte di modificare l’attuale trattato di Lisbona che comunque dovrebbe passare attraverso il vaglio di referendum nazionali. Sono quindi d’accordo con il Presidente della Repubblica Italiana, Napolitano, quando ha detto alla fine di ottobre in un discorso straordinario, che oggi abbiamo bisogno di concentrarsi su ciò che è necessario fare oggi. E che abbiamo bisogno di sfruttare le opportunità che l’attuale trattato UE ci dà – in particolare il rafforzamento delle regole di bilancio e politiche economiche nell’area dell’euro. Con l’eccezione della Banca centrale europea, le istituzioni – il Parlamento europeo, il Consiglio europeo, la Commissione di Bruxelles e il Consiglio dei ministri – hanno concluso loghi socialisti, liberali e verdi, insieme, portiate all’attenzione del pubblico i problemi veri e drammatici. Mostrare che alcune migliaia di persone che operano nella finanza negli Stati Uniti e in Europa, più alcune agenzie di rating hanno preso in ostaggio i governi d’ Europa. E ‘improbabile che Barack Obama farà molto. Lo stesso vale per il governo britannico. I governi del mondo nel 2008/2009, hanno salvato le banche, ma dal 2010, il branco di finanzieri ha ripreso a svolgere il vecchio gioco di nuovo con profitti e bonus. Una scommessa a spese di tutti i non-giocatori. Se nessun altro vuole agire, allora l’eurozona devono agire in valuta euro. Questo è il modo di interpretare l’articolo 20 del trattato UE di Lisbona. Vi è espressamente previsto che essere in una zona di stabilità. Almeno a medio termine. Ma se falliamo qui, allora il peso dell’Europa continuerà a diminuire mentre il mondo si sta evolvendo verso un duumvirato tra Washington e Pechino. Per l’immediato futuro della zona euro continuano ad essere necessari, e certamente tutti i passi precedentemente annunciati. Questi includono il fondo di salvataggio, i limiti del debito e il loro controllo, una politica economica e fiscale comune per avere una estensione di ogni politica fiscale nazionale, la politica della spesa, politiche sociali e le riforme del mercato del lavoro. Ma un debito comune sarà inevitabile. Noi tedeschi non possiamo rifugiarci in una posizione nazional egoistica. Ma non dobbiamo propagare in tutta Europa una politica di deflazione estrema. Occorre avviare progetti e per finanziare la crescita e il miglioramento. Senza crescita, senza lavoro, nessuno Stato può ristrutturare il proprio bilancio. Chi crede che l’Europa possa essere maestra solo nel risparmio, dovrebbe leggere qualcosa sull’impatto fatale della politica deflazionista attuata da Heinrich Brüning nel 1930/32. Ha innescato una depressione e un livello intollerabile di disoccupazione e pertanto avviato alla caduta la prima democrazia tedesca. V. Ai miei amici Infine, cari amici. La socialdemocrazia tedesca è stata per mezzo secolo internazionalista, abbiamo lottato per mantenere la libertà e la dignità di ogni essere umano. Abbiamo inoltre creduto nella rappresentanza della democrazia parlamentare. Questi valori ci impegnano oggi per la solidarietà europea. Certamente l’Europa è formata anche nel 21° Secolo da Stati-nazione, ognuno con una propria lingua e con la propria storia. Pertanto, non è certamente facile trasformare l’Europa in un Unione federale. Ma l’UE non deve degenerare in una semplice confederazione di stati, deve rimanere una rete che si evolve in modo dinamico. Noi socialdemocratici dobbiamo contribuire al dispiegamento graduale di questo progetto. Più si invecchia, più si pensa a lunghissimo termine. Anche da vecchio ho ancora stretti fra le mani i tre valori fondamentali del Programma Godesberg: libertà, giustizia, solidarietà. E credo che la giustizia richieda oggi pari opportunità le nuove generazioni. Quando mi trovo a guardare indietro, agli anni bui dal 1933 al 1945 , i progressi che abbiamo realizzato sembrano quasi incredibili. Cerchiamo quindi di lavorare e di combattere, perché l’Unione europea che storicamente è senza precedenti , esca dalla sua attuale debolezza. Dobbiamo essere chiari e fiduciosi. s poco nel superare la grave crisi bancaria del 2008 e soprattutto l’attuale a crisi del debito. Per superare l’attuale crisi di leadership dell’Unione Europea, non esiste una panacea. Si richiedono diversi passaggi, a volte contemporanei a volte successivi e ciò richiederà energia e pazienza. E il contributo tedesco non potrà essere limitato a slogan per il mercato televisivo. In un punto importante sono d’accordo con Jurgen Habermas, che ha recentemente affermato che – cito testualmente – “… Abbiamo fatto l’esperienza per la prima volta nella storia dell’Unione europea di un degrado della democrazia”. Infatti: non solo il Consiglio europeo, compreso il suo presidente, proprio come la Commissione europea, compreso il suo presidente e i vari Consigli dei ministri e tutta la burocrazia di Bruxelles hanno congiuntamente messo da parte il principio democratico. Perciò mi appello a Martin Schulz: E ‘ora che voi e i vostri democristiani, i vostri omo- uno o più Stati membri dell’Unione europea “… instaurarino una cooperazione rafforzata tra di loro.” In ogni caso, i paesi della zona euro devono mettere in atto regolamenti finanziari comuni. Dalla separazione tra normali banche commerciali e di banche di investimento, al divieto di effettuare vendite allo scoperto di titoli in una data futura, dall’ impedire il commercio di prodotti derivati, se non sono approvati ufficialmente dalla Securities and Exchange Commission –fino a un sistema di ritenute efficaci su determinate operazioni finanziarie. Non voglio infastidirvi, onorevoli deputati, con ulteriori dettagli. Naturalmente, la lobby bancaria globalizzata, si è già messa in moto per ostacolare tutto questo ed evitare regolamentazioni comuni. I governi europei sono stati costretti a dover inventare nuovi “paracadute”. E ora di difendersi contro di essa. Quando gli europei avranno il coraggio di applicare una nuova regolamentazione ai mercati finanziari, allora potremo Traduzione curata da Paolo Borioni Traduzione pressoché integrale FELIPE GONZÁLEZ Le riforme che la sinistra deve realizzare Quarto anno di crisi e la prospettiva ci spinge a pensare al famoso decennio perduto dell’America Latina, negli anni ‘80 del secolo scorso. A questi livelli, si tende a dimenticare che l’origine di tutto fu l’implosione di un sistema finanziario sregolato, colmo d’ingegneria finanziaria carica di presunzione, senza alcun rapporto con l’economia produttiva. Tutto ciò causò una recessione mondiale dell’economia reale, particolarmente grave nei Paesi centrali, epicentro di questo assurdo sistema. Oggi, si affronta la situazione dell’enorme debito derivante dalla crisi finanziaria come un problema di solvibilità, che in realtà non CRITICAsociale ■ 19 3-4 / 2012 esiste, benché la cosa più grave sia la mancanza di liquidità e di crescita economica generatrice di lavoro. Grave errore di strategia, in particolare nella zona Euro, che può contrarre drammaticamente l’economia e aggravare la crisi di debito, oltre a farci dimenticare le cause originarie e quindi, non permettere di agire su di esse. Questo approccio, sta mettendo in dubbio la coesione sociale che ha definito l’epoca della ricostruzione e dello sviluppo dell’Europa dalla Seconda Guerra Mondiale. È tutto un gran paradosso: il trionfante modello del neoconservatorismo sregolatore inizia negli anni ’80 del XX secolo e domina la scena della globalizzazione fino al botto del 2008. In risposta, la stessa corrente ideologica, oggi maggioritaria in Europa, si dimentica dell’origine della crisi e concentra la risposta sulle conseguenze della stessa. Le forze rappresentative del centro-sinistra progressista si sentono abbandonate e sulla difensiva nell’Unione Europea e perseguitate dalle pressioni della destra più estrema negli Stati Uniti. Allo stesso tempo, cresce il nazionalismo antieuropeista, il virus distruttore d’Europa del XX secolo. Ed ecco di nuovo il paradosso: le proposte di amministrazione economica europea, imprescindibili affinché funzioni l’Unione Monetaria, fanno accelerare gli impulsi nazionalisti in tutti gli angoli d’Europa. Una miscela esplosiva che comporta maggiore confusione nel dibattito d’idee, rendendo inermi i governi di fronte all’egemonia dei ‘mercati’. In tali circostanze, abbiamo bisogno, come non mai, di una risposta social-democratica ed europeista, che arrivi da un pensiero rinnovato, in grado di comprendere le implicazioni del cambiamento civilizzatore che viviamo a livello globale. Risposte che non si pongano semplicemente in difesa di ciò che si è ottenuto finora in quel modello che Lula ha definito “patrimonio democratico dell’umanità”, per non rischiare di cadere nella denuncia senza alternativa del pensiero neoconservatore che ci condusse alla crisi. L’Europa non possiede un altro cammino verso la globalizzazione che non sia “più Europa”, e in particolare più sovranità condivisa per poter avanzare nell’amministrazione economica dell’Unione e nella sua importante proiezione verso l’esterno. Questo impulso dovrebbe escludere dalla nostra agenda le tentazioni nazionaliste e protezioniste, che ricercano reddito politico a breve termine. Ma questa proposta di “più Europa” non può e non deve essere originata da una strategia sbagliata come quella che domina la realtà attuale, che provoca sconforto di fronte alla contrazione dell’economia, all’aumento della disoccupazione, alla liquidazione delle reti di coesione e solidarietà. Si richiedono sacrifici reali e si offrono speranze incerte. È l’occasione per una possibilità rinnovata social-democratica ed europeista. Abbiamo bisogno di riordinare i conti pubblici, di controllare gli esorbitanti deficit e l’aumento del debito. Ma non necessitiamo di una terapia brutale che dimentichi l’esigenza di crescita e di generazione del lavoro. Abbiamo un problema di debito, ma non di solvibilità. Servono liquidità affinché il credito arrivi all’economia produttiva e generi crescita e lavoro. Possiamo e dobbiamo attivare la Banca e il Fondo Europeo d’Investimento, invitando coloro che vogliono parteciparvi con i loro risparmi in eccesso - come nel caso della Cina e di altri Paesi emergenti – in un grande fondo che serva ad investire in infrastrutture energetiche, di rete, in autostrade del mare..., che diano impulso alla modernizzazione e alla crescita, generando lavoro in Europa. Ma non dobbiamo dimenticare l’origine della crisi. L’abilità neo-conservatrice, quella de- gli attori finanziari, delle agenzie di rating, consiste nel farci dimenticare le correzioni di base che necessita il modello di economia finanziaria senza regolazioni e piena di presunzione che ci ha condotti alla castrofe. I governi sono condizionati in maniera ossessiva dai “premi di rischio”, dalle valutazioni – senza alcuna legittimità, né di origine né di esercizio-, schiacciati giorno dopo giorno da una sorta di lotta per la sopravvivenza, che non permette loro di affrontare le cause di fondo della situazione attuale. Non si raggiunge nemmeno il consenso minimo per imporre una tassa sulle transazioni finanziarie. La resistenza non è dovuta agli effetti di riscossione di tale tassa, ma piuttosto agli effetti regolatori che permetterebbero di gioritaria di sinistra, che includa il centro dello spettro sociale e politico, tutti, i giovani e gli adulti, dobbiamo utilizzare i nostri valori per applicarli alla nuova realtà. Noi socialisti spagnoli, lo facemmo negli anni ’80, prima che altri parlassero della “terza via” della socialdemocrazia. La società ci capì e ci appoggiò. Ancora una volta devo ricordare che la sinistra non può commettere l’errore di confondere gli strumenti con i fini, né l’ideologia con la veste delle idee inconsistenti che usiamo per difenderci. E, in ogni epoca storica, bisogna saper rinnovare le idee e gli strumenti per essere fedeli ai valori che ci motivano: la solidarietà e la libertà. s Felipe Gonzàlez Primo ministro spagnolo dall’82 al ’96 importante attualmente é l’Europa, la stabilità dei mercati finanziari in Europa, i posti di lavoro in tutti i paesi dell’Europa,le opportunità per i giovani in Europa, ed è corretto affermare che noi saremmo disposti a impegnarci per un anno per una soluzione buona e professionale/competente nel Bundestag e che l’SPD non si tirerebbe indietro per trovare una soluzione per l’Europa; questa è la nostra linea principale. Non significa però che siamo soddisfatti della gestione della crisi della Sig.ra Merkel, che agisce solo in vista delle due settimane a venire e poi non si sa come si andrá avanti. Al momento accade che le persone si sentono sempre piú insicure ogni volta che viene annunciato un nuovo vertice; la situazione è molto preoccupante, ma noi siamo disposti a tendere la mano dove è necessario per raggiungere una maggiore stabilità in Europa”. All’inzio l’opinione tra economisti conservatori e liberali era quella di respingere fortemente l’idea degli Eurobond, ora peró si fa avanti un esperto dopo l’altro che si dichiara a favore, dicendo che potrebbe essere una o addirittura l’unica soluzione. Forse tu ci potresti spiegare quale sia il vantaggio e lo scopo degli Eurobonds? controllare i movimenti speculativi di breve e brevissimo termine, che colpiscono in modo drammatico il valore delle imprese e sconvolgono il funzionamento normale dell’economia reale. E la sinistra deve proporre, senza timore, le riforme strutturali necessarie per avanzare verso un’economia altamente competitiva, che premi la produttività oraria del lavoro, l’eccellenza del prodotto finale, l’innovazione e lo spirito imprenditoriale. Un modello sostenibile dal punto di vista economico e medioambientale, per competere in un’economia globalizzata che ci sta emarginando. Solo così potremo raggiungere il valore sufficiente per difendere, sull’offensiva, la coesione sociale che ci identifica, migliorando il sistema sanitario pubblico, l’educazione e la formazione professionale di qualità, arrivando a tutti, uniformando le opportunità e competendo in maniera vantaggiosa. Se vogliamo che ci sia un’alternativa mag- ANDREA NAHLES Andrea Nahles è esponente dal 1988 del Partito Socialdemocratico Tedesco, leader dal 1995 al 1999 del suo movimento giovanile (Jusos), ne ricopre dal 13 novembre 2009 la carica diSegretario Generale. L’Intervista ad Andrea Nahles ripresa dal blog della SPD. La discussione sulla crisi finanziaria è al momento sulla bocca di tutti e sembra quasi che la Merkel adotti gli argomenti e le idee politiche dell’ SPD. Perché il partito SPD sta costantemente fornendo degli argomenti che salvano il “di dietro” di Angela Merkel, per usare un linguaggio informale? “La questione al momento non riguarda né la Merkel né i vantaggi strategici che potremmo trarre per le prossime elezioni politiche, che peraltro sono ancora lontane. La cosa più “La situazione attuale è che i paesi che hanno già difficoltà stanno pagando interessi sempre più alti per i crediti che contraggono dai mercati finanziarie questo genera nuovi problemi. Finché esisteranno molteplici/diversi prestiti statali, ci sará sempre speculazione e alla fine la crisi continuerá solo ad aggravarsi. Abbiamo visto un vertice d’emergenza dopo l’altro senza che ne sia uscita una soluzione valida; questo sta sgretolando la fiducia dei cittadini, sopratutto in Germania. Per questo motivo sarebbe importante ora che si agisse uniti, che ci fosse un’azione congiunta. “Eurobond” significa semplicemente che tutti i paesi pagano gli stessi tassi di interesse. E questo è il vero grande vantaggio: si mette fine alle speculazioni, si crea maggiore sicurezza per la pianificazione dei paesi che si trovano in difficoltà, ma anche per quelli che sono attualmente ancora forti, ma che potrebbero ancora essere trascinati nella spirale, come ad esempio Francia e Germania. Significa cioè portare più sicurezza nella pianificazione e maggiore stabilitá per tutti, tassi di interessi più bassi per i paesi piú deboli senza, a mio parere, aumentare i tassi per i cittadini tedeschi. Alla fine sarebbe una soluzione buona e sicura. Il problema che viene avvertito da alcuni è che i paesi a cui vengono imposti tassi inferiori attraverso gli Eurobond potrebbero fraintendere la situazione come carta bianca per fare nuovi debiti. Io credo che sia possibile prevenire questo comportamento; l’SPD propone che vengano emanate direttive volte ad impedire un tale comportamento. Sono inoltre convinta che si siano resi conto in Italia, in Spagna e ovunque che sia necessario agire in modo responsabile, perchè noi tutti ci troveremmo nei pasticci se non lavorassimo insieme. Gli Eurobond ci porteranno il progresso necessario. Il ministro delle finanze Rösler si rifiuta con tutta la forza, l’intero FDP si rifiuta, ci sono delle liti nel Bundestag, ma adesso è davvero arrivato il momento in cui la Cancelliera si mostri determinata e prenda le sue decisioni con saggezza, per il nostro futuro. Gli Eurobond verranno introdotti,la questione di quando accadrá in Europa dipende dalla Merkel, e io posso solo consigliare che ciò accada il più presto possibile perchè altrimenti vedremo un inasprimento della crisi invece di un sollievo”. 20 ■ CRITICAsociale Ma anche in casa CDU si alzano voci critiche. Mentre la giovane segretaria generale della SPD trova controproducente per la stessa Germania la politica da borgomastro della Merkel, a poche ore dall’incontro parigino con Sarkozy, anche in casa CDU si alzano voci critiche. Johann Wadephul, parlamentare dei Cristiano democratici (Cdu), aveva affermato di nonconsiderare gli eurobond “opera del diavolo”. A sua volta, Armin Laschet, membro del board esecutivo del partito della Merkel, aveva chiesto un dibattito aperto sulla questione. Infine, l’europarlamentare conservatore, Burkhard Balz, aveva definito ingiustificabile il categorico rifiuto opposto agli eurbond da molti suoi colleghi di partito e di coalizione. I critici della Merkel insistono perché si impegni con maggiore energia per ricostruire la fiducia dei mercati nell’euro e placare i venti di crisi che scuotono il Vecchio Continente. Le rimproverano insomma una mancanza di leadership. “La Merkel prima tasta gli umori dell’opinione pubblica, poi agisce”, nota Irwin Collier, professore di Economia all’Università Libera di Berlino. “Come la gran parte dei leader europei, la Cancelliera sta seguendo le impressioni e le paure della pubblica opinione nazionale e dei suoi colleghi in parlamento e nell’esecutivo. Dovrebbe invece dirigerli. Consideriamo per un attimo il peso della Germania e la sua enorme influenza nella Ue; è chiaro che se Berlino (come sembra in queste settimane) decide di allontanarsi dal progetto europeo, le fondamenta stesse dell’Unione rischiano il tracollo”, aggiunge Charles A. Kupchan, professore di Relazioni Internazionali alla Georgetown University. “La Merkel deve bilanciare le responsabilità tedesche verso il resto d’Europa con le esigenze domestiche, e lo deve fare con grande attenzione”, avverte Jan Techau, direttore di Carnegie Europe, think tank con sede a Bruxelles. Impressioni raccolte da Judy Dempsey e Nicholas Kulish, che per l’International Herald Tribune (Iht) indagano le dinamiche interne di un Paese, la Germania, chiamato nei mesi a venire a dare un contributo fondamentale per la salvaguar- 3-4 / 2012 dia dell’eurozona. Ne avrà la volontà? Per certo, nell’estate tedesca non si vivono le tensioni registrate altrove e questo spiega, in parte, la cautela che la Merkel mostra a fronte del senso di urgenza avvertito da molti in Europa. La Germania è l’unica nazione europea in grado di “coprire” il debito dei suoi pericolanti vicini, ma i suoi cittadini sono riluttanti a pagare per il salvataggio delle economie di altri Stati. Mentre le piazze greche, spagnole e persino britanniche sono in subbuglio e in gran parte del Continente (Italia in testa) si propongono dure misure di austerità, a Berlino si discute di tagli fiscali. Contraddizioni e incongruenze che fanno sì che la Merkel si trovi tra due fuochi. Da un lato, le sollecitazioni esterne di coloro che, in Europa e nel mondo, la accusano di bloccare incisive misure anti-crisi (come gli eurobond) e di mettere così a rischio la stabilità finanziaria internazionale e la stessa sopravvivenza dell’eurozona; dall’altro, le pressioni interne di buona parte delle forze politiche e sociali tedesche, che non vogliono pagare un prezzo eccessivo per il salvataggio dei vicini in difficoltà. Evidentemente, le pressioni contrastanti a cui è sottoposta devono avere indotto la Cancelliera all’attendismo, notano i commentatori del Iht, ma è altrettanto evidente che, proseguono, più la Merkel tarderà a prendere una decisione netta sulla questione e più la sua leadership verrà fiaccata, sia dagli sbandamenti della sua coalizione di governo che dagli scricchiolii di un’Europa sempre più fragile. Berlino negli ultimi tempi ha rimarcato la sua posizione di contrarietà agli eurobond. Sia la Merkel che il ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble lo hanno ripetuto ufficialmente. Inoltre, i liberali, partner di coalizione dei cristiano democratici, non perdono occasione per minacciare la loro uscita dal governo nel caso in cui la Cancelliera desse il suo assenso all’emissione degli eurobond. A poco erano sinora servite le prese di posizione di diverse autorevoli personalità europee,convinte dell’efficacia degli eurobond come strumento di difesa dagli attacchi speculativi diretti contro i paesi a elevato debito. Oltre a Giuliano Amato e a Giulio Tremonti, si sono infatti espressi in tal senso il presidente dell’Eurogruppo, JeanClaude Juncker e il commissario Ue per gli Affari Economici e Monetari, Olli Rehn. E’ lecito attendersi un segnale della disponibilità tedesca ad assumersi le proprie responsabilità davanti alla crisi che investe l’Europa? Presto per dirlo. Tuttavia, i sorprendenti dati Eurostat sulla stagnazione dell’economia tedesca nell’ultimo trimestre e i crescenti dissensi interni sulla linea dat enere rispetto agli eurobond dovrebbero far riflettere la coalizione giallo-nera che regge il Paese. La Germania ha tutto l’interesse, quantomeno nel lungo periodo, a impedire che l’architettura finanziaria europea crolli. Le ripercussioni economiche e politiche per l’Occidente tutto sarebbero devastanti. I socialdemocratici tedeschi ne hanno preso atto e la stessa convinzione va diffondendosi nella Cdu. Aldilà della resistenza ideologica del junior partner liberale, gli umori della coalizione che regge il governo della Merkel stanno lentamente cambiando in senso favorevole agli eurobond. La Cancelliera dovrà tenerne conto. L’Europa attende. s (A cura di Fabio Lucchini) ■ I CONTI CONTRADDICONO LE DICHIARAZIONI PUBBLICHE EURO, PREAVVISO DI SFRATTO? Marco Della Luna I l FMI ha ultimamente pubblicato numeri che danno la certezza matematica che l’Italia non può essere risanata e portata nei parametri dell’Eurosistema: è vero che dal 2008 al 2017 sarà leader nell’avanzo primario, ma questo conta ben poco rispetto al fatto che il suo pil, in quel periodo, calerà dell’1,7%, mentre quello USA aumenterà del 20,3, quello francese del 10, quello tedesco dell’8,8, quello cinese del 116. Il rapporto debito/pil italiano peggiora del 13,2%. Ciò basta a porre l’Italia fuori del circolo dei paesi del Primo Mondo (già nella precedente fase di crescita era rimasta indietro di molti punti dall’Eurozona e dall’America) e ad escludere che possa rispettare il Fiscal Compact (riduzione del 20% all’anno della quota di debito pubblico eccedente il 60% del pil). Quindi, a breve termine, l’Italia sarà o fuori dall’Euro, oppure governata direttamente dai finanzieri del Meccanismo Europeo di Stabilità, cioè di Berlino, con costi, reazioni sociali, controreazioni repressive, potenzialmente estremi. Anche in Spagna e Grecia le ricette “europee” (cioè quelle dettate dalla Germania a tutela del suo c.d. “modello economico renano”), stanno portando l’economia al disastro. E continuano a venire imposte. Le richieste di tasse e sacrifici da parte di un governo sono legittime se il governo dimostra che sono necessarie e idonee a un programma realistico e utile al paese. Quelle del governo Monti non sono necessarie, perché il governo dovrebbe prima tagliare spese pubbliche parassitarie e gonfiate, e non lo fa; non sono idonee, perché, conti alla mano, non risolvono la crisi ma paiono aggravarla con l’avvitamento fiscale; inoltre non rientrano in un programma di interesse nazionale, anzi non si capisce nemmeno che fine stia perseguendo il governo, date le grandezze sopra riportate. I tagli previsti alla spesa pubblica indebita per beni e servizi sono di 4,2 miliardi su un totale di 147, quindi è chiaro che non si liberano risorse per investimenti produttivi né per alleggerimenti fiscali, ma rimane intatto il sistema di produzione di consenso e profitto partitico e mafioso mediante scialo e appalti gonfiati. Item per le opere pubbliche, sistematicamente gonfiate. E per la spesa per un personale elefantiaco e poco efficiente. Tagliare la spesa pubblica parassitaria significherebbe peraltro eliminare quel sistema e i suoi titolari, e ciò è impossibile per un governo che dipenda dai partiti. Dato quanto sopra, ciò a cui sta lavorando il governo e chi lo appoggia, con tanti tagli e tan- te tasse, non è, non può essere, un piano di risanamento e rilancio del paese, che essi sanno benissimo essere irrealizzabile; dunque è un piano con un fine diverso. Probabilmente è un piano di liquidazione del paese (ossia di raccolta e distribuzione tra potentati esterni ed esterni dei valori in esso presenti: risparmio, proprietà private e pubbliche) e al contempo di sua collocazione, in posizione subalterna, entro una nuova architettura “europea” di poteri reali e formali, con un ampio haircut dei diritti e delle garanzie civili, politici, fiscali, sindacali; e con forte compressione fiscale e bancaria delle piccole imprese italiana, onde far posto nel mercato italiano ad imprese straniere. Remunerando l’appoggio parlamentare dei partiti politici con la conservazione dei loro privilegi e feudi, si tiene insieme il paese per il tempo necessario a liquidare i suoi assets e a completare il lavoro di ingegneria sociale. Poi, quando il paese salta, lo si fa cadere in una gabbia appositamente predisposta. Questo mi pare lo scenario più verosimile, anche se spero di sbagliarmi. In tale scenario, è ovvio che i cittadini ritengano che le tasse siano non solo eccessive, ma anche contrarie agli interessi della nazione, perché esse vanno a sostenere un’operazione di quel tipo. Se uscire dall’Eurosistema è inevitabile, tanto vale uscire al più presto, prima che il processo di demolizione dell’economia nazionale produca ulteriori danni, e con ancora qualche soldo in tasca. Se ci lasciamo portar via le ultime risorse, dopo saremo in balia del capitale dominante sostanzialmente tedesco, mentre anticipando i tempi potremmo ripartire i danni con i paesi amici. Il popolo e le imprese hanno quindi interesse ad attivarsi per sventare il disegno di liquidazione del paese, rovesciando il tavolo. E a ricordare alla Germania che il Nazismo e la II GM sono conseguenza dell’austerità imposta ad essa stessa per il pagamento dei suoi debiti. In ogni caso, conviene prepararsi a un cambiamento valutario, quindi alla probabilità che i depositi bancari e gli altri crediti denominati in Euro siano convertiti in Lire o altra valuta, con una forte svalutazione rispetto all’Euro e con una perdita di potere d’acquisto. Contromisure preventive, oltre all’emigrazione, sono a)spostare i depositi in un idoneo paese estero (Svizzera, per esempio); b)convertire i depositi da Euro a valute forti, con scarso debito pubblico; c)investire in valori sganciati dalla valuta italiana. s