160501-CN Oltre il mercato 6 Asparago selvatico Bruni

oltre il mercato
LUIGINO BRUNI
L’economia
dell’asparago
selvatico
Luigino Bruni è docente di
Economia politica all’Università
Lumsa di Roma ed editorialista di
Avvenire. È tra i riscopritori della
tradizione italiana dell’Economia
civile e coordinatore del progetto
Economia di Comunione. Insieme
a Stefano Zamagni, è promotore
e cofondatore della Scuola di
Economia Civile.
Fin dalla mia prima infanzia, la primavera
è anche la stagione della raccolta degli
asparagi selvatici. Una piccola passione
ereditata da mio padre, che mia madre
esaltava con ottime frittate e gustosi risotti.
La campagna della mia residenza attuale
ne dona abbondanti e saporiti, alle pendici
delle rovine di Tuscolo, dove la gioia della
raccolta è amplificata dal paesaggio ricco
di rovine romane, teatro, tombe e i resti
della villa di Cicerone. Uno dei dilemmi
pratici dei raccoglitori è individuare la
misura minima che deve avere l’asparago
giovane per essere colto. Non ci sono norme
che lo stabiliscano, ma esiste una norma
etica tacita di non cogliere gli asparagi
appena spuntati dal suolo. Non esiste una
quantificazione in centimetri, ma anche qui
vale la regola dell’“abbastanza”: per cogliere
l’asparago cucciolo occorre che sia spuntato
abbastanza dal suolo.
Quali sono le ragioni alla base di
questa convenzione o norma etica, che
dall’asparago possiamo estendere ai funghi,
alla pesca, all’erba nei pascoli, e al consumo
e uso dei beni comuni?
Una prima giustificazione potrebbe trovarsi
nel semplice interesse personale: se
lascio crescere l’asparago, tra due giorni
ripassando nello stesso luogo lo troverò
cresciuto, e la mia raccolta sarà più ricca.
Ma nessuno mi può garantire che nel
frattempo non passino altri (soprattutto
nel Tuscolo, dove la popolazione dei
raccoglitori eguaglia in numero quella degli
asparagi) e si approprino di quanto io ho
lasciato maturare. Quindi il solo egoismo
non giustifica la non raccolta dei “boccioli”.
Per lasciare crescere i piccoli asparagi
di oggi occorre introdurre qualche altra
dimensione, più grande del solo interesse
personale. La più naturale è la dimensione
della comunità: se mi sento membro di una
comunità alla quale attribuisco un valore,
posso decidere di lasciar crescere i frutti
perché l’altro che li raccoglierà e consumerà
è qualcuno che mi interessa, perché rientra
in un orizzonte di “noi” che include anche
me. Se, ripassando di lì, mi accorgo che
qualcun altro lo ha raccolto nel frattempo,
non considero questo evento soltanto un
danno o uno spreco, perché una parte del
mio interesse dipende dal benessere dei
membri della mia comunità.
Oggi saremo capaci di salvare il pianeta e
tanti beni comuni che stiamo velocemente
e decisamente deteriorando (dall’acqua
potabile alla pesca degli oceani) se
riscopriamo un interesse più grande di
quello individuale, e ci sentiamo parte di
un Bene comune più grande e concreto
del solo bene privato. Proviamo poi ad
allargare l’appartenenza alla comunità fino
a farci rientrare ogni abitante presente e
futuro del pianeta. Gli asparagi possono
crescere finché restano vivi il bosco, il
sottobosco, le preziose asparagine che li
generano. La generatività di un bosco è una
faccenda complessa e delicata, e richiede un
atteggiamento custode e non predatorio da
parte dell’uomo. Ci sono zone nelle quali da
bambino andavo a cercare asparagi e funghi
che oggi si sono inaridite a causa di incendi,
avvelenamenti industriali, discariche a
cielo aperto, incuria e saccheggiamenti.
Lo spuntare di un asparago è un’azione
collettiva dell’intero bosco e dell’intera
comunità che lo circonda, che lo cura o lo
uccide. C’è bisogno di un accudimento non
predatorio del bosco da parte di tutti che è la
precondizione della possibilità della nascita
e della raccolta individuale degli asparagi. Se
non lasciamo crescere gli asparagi boccioli,
un giorno non ce ne sarà più per nessuno.
Il bosco non genererà più. Generare e
generosità sono due parole gemelle: la
vita ha bisogno di generosità, e quando il
solo registro che ci muove resta quello del
tornaconto personale, la generatività si
spegne per carestia di generosità. Dobbiamo
reimparare a lasciare crescere e maturare i
boccioli, nei boschi e nelle città, educando il
nostro istinto predatorio ad una logica di un
interesse più alto, quello di tutti. E quando
vediamo un bell’asparago maturo pronto ad
essere raccolto, impariamo a vederlo come
un bocciolo al quale qualcun altro ha dato la
chance di poter crescere.