TERZA CONFERENZA INTERNAZIONALE SULLA GESTIONE DEI RIFIUTI La gestione dei rifiuti urbani e speciali nel processo di realizzazione di una economia circolare Scuola Superiore Sant'Anna, Pisa 18/19 Giugno 2015 Autorità, professori, illustri convenuti, la Scuola Superiore Sant'Anna e Geofor si ritrovano ancora insieme nella promozione della conferenza internazionale sulla gestione dei rifiuti a cui abbiamo dato cadenza biennale. Questa terza edizione abbiamo pensato di dedicarla al tema di fondo e di prospettiva dell'economia circolare e, in questo quadro, alla gestione dei rifiuti urbani e quest'anno, in special modo, ai rifiuti speciali. Per questo ai promotori si è aggiunta l'Ecofor, l'azienda del territorio che si occupa di rifiuti speciali. Come si vede da questo quadro, pur approssimativo, i rifiuti speciali sopravanzano di gran lunga i rifiuti urbani. E non sono solo un argomento che può essere inserito nella cornice del malaffare che non va sottovalutato, tutt'altro va invece aspramente combattuto. Però ciò rappresenta una parte minoritaria nel settore dei rifiuti speciali (non pericolosi e pericolosi) che in Italia sono tutti i rifiuti provenienti dalle attività di impresa. Noi siamo abituati a trattare e sviscerare l'argomento dei rifiuti urbani, che sono una quantità di gran lunga inferiore e sono regolati da leggi, tasse e tariffe e rischiamo di perdere di vista la più grande quantità dei rifiuti speciali che sono regolati solo dal mercato. Una breve presentazione di Geofor. La nostra società opera nella raccolta dei rifiuti e in tutte le fasi del trattamento e del conferimento: gestiamo le varie piattaforme di differenziazione, l'impianto di compostaggio di Pontedera e il termovalorizzatore di Pisa. Questi i risultati del biennio 2013/2014 Oggi le 27 (fin troppo numerose) aziende dei rifiuti nei tre Ambiti Territoriali Ottimali (Ato) in cui è divisa la Regione Toscana sono interessate dal percorso di definizione, tramite gara, del gestore unico in base ai dettami legislativi regionali, nazionali ed europei: per migliorare il servizio, attuare i necessari investimenti e contenere costi e tariffe, occorre infatti imprimere una politica di concentrazione, rafforzamento, modernizzazione e industrializzazione dei servizi pubblici locali anche nel settore dei rifiuti, fin qui troppo frammentati e piegati a logiche municipalistiche. La Regione Toscana ha approvato il Piano Regionale dei Rifiuti che prevede il raggiungimento del 70% di RD entro il 2020 con il 60% di riciclo effettivo, il 20% di indifferenziata da termovalorizzare e il 10% da smaltire in discarica (+ il 10 % dei sovvalli). Per quanto riguarda la riorganizzazione dei gestori nei tre Ato della Toscana, nell'Ato Sud la gara si è svolta ed il gestore unico è operativo, l'Ato Centro è in fase di gara e tra pochi mesi sceglierà il gestore. L'Ato Costa, che comprende il nostro territorio e la nostra azienda, è più in ritardo, ma ha finalmente approvato il piano straordinario: la scelta degli amministratori pubblici è quello di selezionare tramite un percorso di gara una società mista (a maggioranza pubblica) che sarà il nuovo gestore. Sarà successivamente auspicabile concentrare i tre Ato dei rifiuti in un unico Ato Regionale e, in questo quadro, accorpare i tre gestori in una sola società di gestione dei rifiuti della Toscana. La sostenibilità dello sviluppo è il perseguimento di una crescita economica che garantisca la rigenerazione delle risorse. Ciò che non si rigenera non può essere considerato sostenibile. Il tema della sostenibilità, cioè della crescita sostenibile, e quello del corretto trattamento dei rifiuti sono correlati. Il corretto uso delle risorse e dei flussi di materia e di energia rimanda alle ragioni della gerarchia europea: prevenire, riutilizzare, differenziare e recuperare materia ed energia, infine disporre in discarica. Da notare, in margine, che in Italia per quanto riguarda i primi due punti della scala gerarchica: "prevenire e riutilizzare" si fa ancora assai poco. Se ne parlerà nella giornata di domani con la presentazione del progetto Prisca. In provincia di Pisa abbiamo ben 28 Centri di Raccolta e nessun Centro di Riuso. Se non vogliamo aderire alla teoria di una decrescita più o meno felice che considera pleonastico e contraddittorio il concetto di crescita sostenibile, l'alternativa consiste in ciò che dice il rapporto "Verso un economia circolare" illustrato nel meeting del WEF (World Economic Forum) tenuto a Davos nel 2014 e riportato da Greenreport. Il rapporto sostiene che occorre passare da un'economia lineare di prodotti monouso: "usa e getta" per cui è stabilita un'obsolescenza programmata ad un economia circolare che preveda un sostanziale miglioramento delle performance delle risorse. Passare cioè al recupero e al riutilizzo delle risorse e quindi anche alla rete del riciclo delle materie prime. Negli ultimi 10 anni i prezzi delle materie prime sono quasi triplicati e l'economia circolare potrebbe ridurre i costi delle industrie manifatturiere attenuando la volatilità dei prezzi: questo approccio sostenibile alle commodities disaccoppia la crescita economica dalle limitate forniture di risorse primarie. Ad esempio, i costi del materiale degli smartphone potrebbero essere ridotti di oltre il 60% ripensando interamente il modo in cui vengono realizzati e smaltiti. "Materia Rinnovabile", la prima rivista interamente dedicata all'economia dei flussi di materia, sottolinea che "la vera strada del futuro è quella segnata dalla circular economy, l'economia che rimette in circuito il 'già utilizzato', convertendo la logica del prelievo a quella del riciclo e riuso. È una vera e propria miniera di materia, parliamo di rifiuti urbani, di scarti di lavorazioni agricole e industriali, di prodotti giunti a fine vita che già esiste ed è pronta all'utilizzo ed è la sola alternativa all'aumento esponenziale del prezzo delle commodities, delle materie prime, cresciuto del 147% nell'ultimo decennio a livello globale". La bioeconomia, basata sull'utilizzazione sostenibile di risorse naturali rinnovabili, in gran parte vegetali, già vale 2000 miliardi di euro e 22 milioni di posti di lavoro. Nell'industria alimentare italiana un terzo della materia trattata non è trasformato in alimenti e finisce in discarica : 12 milioni di tonnellate che vanno perdute. Per non parlare degli scarti alimentari: la FAO calcola che ogni anno si sprechino 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, pari a 1/3 della produzione totale destinata al consumo umano. Il solo spreco di cibo in Italia ha un valore economico che si aggira intorno ai 13 miliardi di euro all’anno. A livello europeo si sprecano in media 180 kg di cibo pro-capite all’anno; il 42% di questo spreco avviene a livello domestico. L’Italia conta 149 kg di cibo sprecato annualmente per persona, pur in presenza di una riduzione di spreco dovuta alla crisi. In Europa usiamo 16 tonnellate di materiali vergini per persona all'anno, di cui 6 tonnellate diventano rifiuti. Nonostante sia migliorata la gestione dei rifiuti, una quantità significativa di potenziali materie "prime seconde" quali metalli, legno, vetro, carta, plastica finiscono in discarica. Solo il 40% dei materiali viene riutilizzato o riciclato e in alcuni paesi oltre l'80% finisce ancora in discarica . All'edizione 2013 di "Hi Tech&Ambiente" è emerso che l'Europa è autosufficiente nella produzione di minerali da costruzione ed è invece fortemente dipendente per le importazioni di metalli industriali e completamente dipendente per le terre rare. "ReMedia" e "Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile" affermano che, per non continuare a essere dipendente dalle importazioni, l'Europa ha bisogno di un cambiamento sistematico nell'uso e nel recupero delle risorse, che servirebbe ad aumentare la competitività e contribuirebbe a costruire un'economia europea sostenibile. Secondo una stima recente, infatti, l'Unione Europea potrebbe ridurre la quantità di materie prime necessarie a far girare l'economia di circa il 25% a parità di produzione entro il 2020. L'economia ne trarrebbe benefici e la crescita del PIL porterebbe anche la creazione di nuovi posti di lavoro tra 1,4 e 2,8 milioni. In media, ogni cittadino dell'Ue consuma l'incredibile cifra di 25 tonnellate all'anno di minerali e metalli. Solo in Italia per avere un'economia sostenibile dovremmo utilizzare 360 milioni di tonnellate di risorse mentre il consumo attuale arriva a 1 miliardo. L'impiego di materie prime nel nostro Paese, quindi, dovrebbe essere ridotto a un terzo. Secondo Alessandro Marangoni, l'AD di Althesis, che ha recentemente pubblicato il report 2014 sul settore dei rifiuti, il raggiungimento degli obiettivi previsti per il 2030 dalle direttive UE (70% di riciclo totale) comporterebbe benefici potenziali netti per l'Italia fino a 15 miliardi di euro circa". L’Ue aveva già pronto un pacchetto per l’economia circolare poi ritirato poco dopo l’insediamento della nuova commissione a guida Juncker: una scelta duramente criticata. Il ritiro delle nuove direttive sul riciclo dei rifiuti e il congelamento del pacchetto sull'economia circolare ha rischiato di far perdere all'Europa una prospettiva e anche al nostro Paese. Ora sembra che la Commissione abbia intenzione di aggiustare il tiro dopo le critiche: ha infatti avviato una consultazione pubblica "per raccogliere pareri sulla strategia da adottare per impostare in modo nuovo e ambizioso la transizione verso l’economia circolare. I contributi dei portatori d’interesse serviranno per preparare il nuovo piano d’azione, che dovrà essere presentato entro la fine del 2015". Avviando la consultazione, il team del presidente della Commissione europea Juncker e del vicepresidente Timmermans, mostra dunque una nuova apertura. La concorrenza per le risorse del pianeta è in aumento e ora la Commissione Ue spiega in una nota ufficiale: «Poiché le risorse, in particolare le materie prime essenziali, sono concentrate al di fuori dell’Unione europea, l’industria e la società europee dipendono dalle importazioni e sono sempre più vulnerabili all’aumento dei prezzi, alla volatilità dei mercati e alla situazione politica dei paesi fornitori. Al tempo stesso in tutto il mondo le risorse naturali vengono spesso utilizzate in maniera non sostenibile, il che provoca ulteriori pressioni sulle materie prime, degrada l’ambiente e mette a repentaglio gli ecosistemi. Questa tendenza rischia di accentuarsi con l’evoluzione della popolazione mondiale e dei modelli di crescita economica». La commissione Europea argomenta ancora «A differenza del modello economico improntato al “prendi, produci e getta” nei sistemi a economia circolare i materiali e l’energia utilizzati per fabbricare i prodotti mantengono il loro valore il più a lungo possibile, i rifiuti sono ridotti al minimo e si utilizzano quante meno risorse possibili. La transizione verso un’economia più circolare in Europa oltre a promuovere la competitività, favorire la crescita e l’occupazione e proteggere l’ambiente, ci offrirà prodotti innovativi e più duraturi grazie ai quali risparmieremo soldi e miglioreremo la nostra qualità di vita. La dimensione economica è strettamente legata a quella ambientale e sociale. Un’economia circolare mira a mantenere per un tempo ottimale il valore dei materiali e dell’energia utilizzati nei prodotti nella catena del valore, riducendo così al minimo i rifiuti e l’uso delle risorse. Impedendo che si verifichino perdite di valore nei flussi delle materie, questo tipo di economia crea opportunità economiche e vantaggi competitivi su base sostenibile. Per poter realizzare il passaggio a un’economia circolare occorre intervenire in tutte le fasi della catena del valore: dall’estrazione delle materie prime alla progettazione dei materiali e dei prodotti, dalla produzione alla distribuzione e al consumo dei beni, dai regimi di riparazione, rifabbricazione e riutilizzo alla gestione e al riciclaggio dei rifiuti». Il futuro pacchetto di misure dovrà adottare un approccio coerente che tenga pienamente conto delle interazioni e dell’interdipendenza delle attività lungo la catena del valore e conterrà una proposta legislativa riveduta sui rifiuti e una comunicazione che delinea un piano d’azione sull’economia circolare. Non a caso le nuove proposte sono elaborate da un gruppo interdisciplinare europeo guidato dal primo vicepresidente Frans Timmermans, responsabile della qualità della legislazione, delle relazioni interistituzionali e dei diritti e comprende il commissario per l'occupazione, la crescita e la competitività, il commissario per l'ambiente e il commissario per l'industria ed il mercato interno. Noi cittadini europei dobbiamo essere attenti a questo percorso. Concludendo, personalmente non sono convinto della giustezza, da un punto di vista fisico e politico, della teorizzazione dei “rifiuti 0”, sia perché i sovvalli esistono nella misura del 10 o 20% quando va bene, sia perché niente si crea e niente si distrugge: infatti chi lavora sui rifiuti anche per differenziarli o per produrre dai rifiuti altra materia, produce esso stesso rifiuti. Sia anche perché rendere assoluto il principio che i rifiuti possano e debbano scomparire può risultare un'equazione semplicistica per un problema assai più complesso. Assai meglio sarebbe porsi l'obiettivo della discarica 0 o della riduzione graduale dell'uso delle discariche (ancora utilizzate per il 42% circa dei rifiuti in Italia) e avere come fine l'incremento del recupero di materia, di energia e la realizzazione dei necessari impianti tecnologici. Bisogna invece tematizzare ancora molto la differenza esistente tra differenziare e riciclare e finalizzare la quantità della raccolta differenziata al conseguimento della qualità del riciclo effettivo: differenziare è un mezzo e una logistica, riciclare è il fine ed è un processo industriale. Penso infine che rendere più efficienti le risorse materiali secondo i principi di economia circolare, ottimizzando le politiche dei rifiuti per ottenere il più alto recupero e la più alta produzione possibile di nuova materia -e anche di energia- con progetti innovativi di sostenibilità ambientale ed economica sia il miglior investimento per la green economy ed il futuro. Occorre stabilire in sostanza un parallelismo tra "energia rinnovabile" e "materia rinnovabile". Se una minima parte delle risorse economiche europee e nazionali che sono state, giustamente, disposte per incentivare l'avvento e l'utilizzo delle energie rinnovabili o il semplice recupero energetico da rifiuti, fosse dispiegato per incentivare "la rinnovabilità della materia" con contributi in fase di start up o sostegno alla ricerca e al trasferimento tecnologico, allora anche il riciclo di materia (pensiamo al Plasmix di Revet ad esempio) troverebbe un'economicità che ora è più critica. Daniele Fortini, ex presidente di Federambiente e ora presidente e AD di Ama Roma, nel suo libro "La Raccolta Differenziata" non ha avuto parole tenere nei confronti del ciclo di recupero delle plastiche eterogenee, ma, in considerazione di quanto precedentemente affermato, vogliamo concludere citando proprio lui, ribadendo che occorre superare gli ideologismi astratti, ma anche il conservatorismo delle lobbies e guardare avanti per relazionarsi, come lui scrive, "alle potenzialità che il nostro paese può dispiegare nel concorrere alla creazione di quella «economa circolare» che non díssipa le risorse del pianeta, ma le recupera, le reintegra e le rigenera". E speriamo bene, grazie. Paolo Marconcini Presidente Geofor Spa