Per l`intero periodo fra il 1958 e il 1963 il Pil, che era aumentato nel

1. Correggere i segni di interpunzione scorretti e integrare quelli mancanti
Per l’intero periodo fra il 1958 e il 1963 il Pil, che era aumentato nel precedente triennio del 7,5%
in media continuò a crescere con un livello elevato del 6,5% l’anno, e giunse a sfiorare l’8%, nel
1961 quando si festeggiò il centenario dell’Unità nazionale. Questo boom altrettanto straordinario,
quanto imprevisto suscitò l’impressione che l’Italia avesse ormai vinto una sfida storica, da quando
era cominciata un secolo prima la sua rincorsa ai paesi europei più sviluppati. E che una volta
portatasi in vista del gruppo di testa, la sua marcia sarebbe proseguita con cadenze ancora più
intense.
In effetti quanto era avvenuto in pochi anni autorizzava le speranze più rosee per il futuro. Fra il
1951 e il 1962 non solo l’industria aveva accresciuto i suoi addetti dal 32 al 40% della popolazione
attiva, superando di quindici punti quella occupata nell’agricoltura ma anche i servizi avevano
ampliato notevolmente le loro file. E nel 1964 rispetto a dieci anni prima, il reddito nazionale netto
avrebbe registrato un aumento di quasi il 50%.
Ancor oggi si ritiene per lo più, che la vigorosa crescita dell’economia italiana, avvenuta in quel
tornante vada attribuita soprattutto alla disponibilità di un vasto serbatoio di manodopera a basso
costo rispetto ai livelli salariali vigenti nelle imprese straniere. In effetti per tutto il decennio fra il
1951 e il 1961 nonostante la ripresa di ingenti flussi migratori verso l’America e i paesi europei, la
disoccupazione rimase elevata, pari, con un milione e mezzo di persone, al 7,3% della forza lavoro
disponibile, contro il 7,8% del 1950, quando negli altri paesi dell’Europa occidentale , la
disoccupazione si aggirava in media intorno al 2%.
(V. Castronovo, L’Italia del miracolo economico)
2. Integrare i segni di interpunzione
I rifiuti sono gli escrementi della civiltà hanno notato in molti come Freud aveva intuito che il
nostro rapporto con le deiezioni è assai istruttivo nell’illuminare i meandri nascosti della nostra
psiche così il modo con cui produciamo e gestiamo i rifiuti ma ancor più il modo con cui ce la
rappresentiamo nel o li rimuoviamo dal nostro vissuto ha moltissimo da raccontare circa il nostro
modello di società i suoi tic e le sue ossessioni nascoste la rifiutologia è considerata una branca
dell’antropologia e non solo perché paleontologi e archeologi trovano preziose tracce esaminando le
discariche del passato o giornalisti a caccia di gossip si dilettano a setacciare l’immondizia dei divi
e carpire qualche segreto sulla loro intimità anche l’arte ha fatto i conti con la spazzatura il trash
come si usa dire vuoi sbattendocela in faccia in modo che quelle deiezioni che volevamo rimuovere
ci ricordino di che materia misera e deperibile siamo fatti quale fondamentale mistificazione si
nasconde dietro al bulimia consumistica ma anche provocatoriamente riusandola e dandole un senso
nuovo e inaspettato trash come sinonimo di qualcosa di oscenamente liberatorio qualcosa che ci
ricorda che non siamo fatti solo di spirito ma anche di puzzolente materia.
(A. Massarutto, I rifiuti)