27 APRILE 2015 multi media 25 [ LA PROPOSTA DI IAB ] Quella “nativa” è il nuovo, ma deve essere regolata L 300 MILIONI Gli utenti attivi su Instagram, il social network delle foto E’ del gruppo Facebook, che intanto ha raggiunto 1,3 miliardi di utenti a nuova frontiera è la pubblicità “nativa”: è l’ultimo effetto della tendenza a legare in modo sempre più stretto e coerente un messaggio pubblicitario agli interessi dell’utente a cui è destinato. Questo principio, in sé assolutamente chiaro e trasparente, nasconde però un rischio. Quello che il messaggio sia così simile e coerente con il contenuto internet in cui è inserito che potrebbe arrivare a confondersi con il contenuto stesso. Un rischio grosso nel caso di contenuti informativi, ma non certo minore anche nel caso dell’intrattenimento: basta pensare alle regole che indirizzano e contengono l’uso di strumenti come il product placement nei prodotti video. Per questo Iab ha lanciato un’iniziativa per creare uno standard condiviso di regole sulla pubblicità nativa. Un insieme di condizioni a cui pubblicitari, investitori ed editori, ossia i tre soggetti che concretizzano tutti i giorni il mercato della pubblicità, accettano di assoggettarsi per garantire la correttezza dell’informazione verso utenti e consumatori. E il primo punto è la “trasparenza”. Che un contenuto sia un’informazione pubblicitaria deve essere sempre e immediatamente chiaro e percepito. (s.car.) © RIPRODUZIONE RISERVATA Nei grafici, l’andamento dei mercati italiano e Usa della pubblicità online nel 2014 nelle elaborazioni di Iab Nelle foto a sinistra in basso, il vicepresidente di Iab Italia e ceo di Zanox Italia Michele Marzan (1) e Paolo Portioli (2) consigliere Iab e responsabile marketing Seat 1 2 Pubblicità online a due velocità ora corrono solo social e mobile L’ERA 2.0 COLPISCE ANCHE IL MERCATO DELL’ADVERTISING: PROFILAZIONE E NUOVI FORMATI CAMBIANO LE STRATEGIE DI INVESTITORI E AGENZIE. ORA SI VA VERSO MICRO AUDIENCE E MICRO CAMPAGNE. FRENANO I BANNER. SCOMPARE LA MAIL. I RISULTATI IN ITALIA E USA Stefano Carli L’ ultima rilevazione Nielsen su gennaio-febbraio 2015 dice che il mercato pubblicitario italiano, tanto per cambiare, va giù ancora del 5,2%. Cresce solo la radio (5,2%), calano quotidiani (8,9%), periodici (6,2%), la tv, che vale da sola poco meno dei due terzi, cala del 4,9. Ma la notizia “apparente” è che perfino internet cala: non è la prima volta in questi anni di crisi in cui l’advertising italiano ha perso molto più del resto d’Europa (salvo la Spagna, che è però già tornata a crescere) ma quel -5,3% vuol dire che ha perso più della tv. Ma è un dato “apparente”, appunto: la stessa Nielsen spiega che quel calo è a parità di perimetro monitorato e che se si aggiungono le stime sulla parte non monitorata, il calo del 5,3% diventa una crescita del 7%. E questo fa risalire il calo del totale del mercato da -5,2 ad appena un -2%. E’ dunque successo che l’esattezza degli statistici nel riportare i confronti ha fatto emergere che la pubblicità su internet è un mondo a due velocità. Anche la pubblicità online ha insomma la sua versione 2.0: e se video, social network e tutto ciò che arriva sui terminali mobili (e quindi personali) dei potenziali acqui- renti di beni di consumo - dalle auto ai saponi, dall’abbigliamento ai servizi - crescono a rotta di collo, i formati che già per il web possono essere definiti più tradizionali, come i banner e le directory, battono la fiacca. Le e-mail negli Usa dall’anno scorso non vengono nemmeno più rilevate: non sono più un veicolo di comunicazione pubblicitaria. E’ un dato che emerge anche dalle stime sul mercato italiano condotte da Iab, l’associazione che raccoglie tutti i protagonisti italiani della pubblicità online e che rielabora i dati in collaborazione con la stessa Nielsen e con il Politecnico di Milano. I dati 2014, che hanno visto una crescita del 12,7%, registrano la corsa a doppia cifra della pubblicità sui motori di ricerca, dei social network e dei video, mentre rallentano e estano sotto la media i banner e le directory. Ma in Italia il mercato viaggia con qualche anno di ritardo rispetto alle altre economie avanzate: al resto d’Europa e so- prattutto agli Usa. «I dati di Iab Usa, usciti mercoledì scorso parlano di una crescita impressionante: quasi 50 miliardi di dollari e un più 17% commenta Michele Marzan, vicepresidente Iab Italia e ceo di Zanox Italia, il network europeo di “performance adverstising” che fa capo al gruppo Springer - Ma ancora più interessanti sono le dinamiche interne. Mentre la search cresce del 3%, segno di una raggiunta maturità del segmento, anche perché vale ormai poco meno della metà del mercato, fanno impressione il più 57% dei social media e soprattutto il più 76% del mobile. Due dati che vogliono dire una cosa sola: gli investitori sono disposti a credere alla pubblicità online quanto più vengono loro offerti strumenti per indirizzare nel modo più preciso possibile i loro messaggi. I social media e i terminali personali, tablet ma soprattutto smartphone, entrambi arricchiti dal geoposizionamento danno loro queste garanzie. E questa dinamica sta innescando una nuova tendenza: il rialzo dei prezzi su questi segmenti». La logica è chiara e può essere spiegata a grandi linee così: la prima internet in qualche modo replicava le logiche di investimenti pubblicitari della tv: spazi sullo schermo. Ma lo schermo di un pc è più piccolo di quello della tv, e il tempo medio speso su una pagina web non è mai comparabile con quello che si passa a guardare un programma tv. Di qui la grande differenza di prezzi. Ora la profilazione sta cambiando le cose. Non si paga più per avere uno spazio su un display a caso: i nuovi strumenti possono ridurre il numero di soggetti a cui inviare un determinato messaggio pubblicitario, ossia solo a quelle persone che possono essere realmente interessate, per età, sesso, per il luogo in cui si trovano. Questo aumenta il valore di quello spazio. Non conta più comprare milioni di contatti, molto meglio poche migliaia ma di quelli “buoni”. L’audience come fenomeno di massa non c’è più. Ci sono le micro-audience, come del resto sta accadendo anche in tv con i canali nativi digitali. E, di conseguenza, si fanno “micro-campagne”. Questo sta facendo entrare nel mercato pubblicitario centinaia di migliaia di nuovi piccoli investitori. «Ci sono 3 milioni di piccole imprese che, per tipologia di prodotti o di servizi che offrono sul mercato, possono fare pubblicità. Già la fanno, in parte, nelle forme più tradizionali. Ma sono un bacino dalle potenzialità enormi per il mercato italiano - spiega Paolo Portioli, consigliere Iab e responsabile marketing di Seat - Un bacino tutto da conquistare perché solo la metà di queste ha un sito internet, e un quarto è su un social network. Ma non lo sa ancora usare per la pubblicità. Lo utilizza come farebbe un utente privato del web. A questi investitori si possono oggi proporre micro-campagne da 500-800 euro, garantendo per esempio di far loro raggiungere 10 mila persone per un mese. Non persone generiche, ma con le caratteristiche adatte ai loro prodotti, che vivono nella loro zona, o che sono proprio in quel momento nel loro territorio. Penso per esempio ai turisti. Questo le piccole imprese lo capiscono. Con Seat abbiamo lanciato a novembre scorso un prodotto di questo tipo in collaborazione con Facebook e abbiamo già realizzato 8 mila campagne per un valore di 6 milioni di euro». Una tendenza confermata dai numeri della pubblicità programmatica, ossia la capacità di riconoscere che cosa sta facendo un determinato utente in rete e di inviargli così messaggi adatti al suo profilo. E’ uno dei nuovi strumenti trasversali che sta in parte rivitalizzando anche i “vecchi” banner: l’anno scorso in Italia valeva 110 milioni di euro. Quest’anno dovrebbe più che raddoppiare. Ennesima prova che internet dopo aver inventato il gloabale, ora sta rivalutando il piccolo: micro-campagne, micro-audience, micro-pagamenti. I grandi numeri indistinti, i milioni e milioni di contatti sono in ribasso. Per questo YouTube non sfonda sulla pubblicità e Facebook invece sì. Non perché ha milioni di utenti, ma perché li conosce ad uno ad uno. LA GAZZETTA DELLO SPOT Gabriele Di Matteo SULLO SCHERMO AGENTE SEGRETO NELLA VITA VERA AMBASCIATORE ONU L’ agente 007 mostra il suo lato pacifista accettando un importante incarico come ambasciatore delle Nazioni Unite per l’eliminazione delle mine antiuomo che provocano ogni anno troppi morti. Daniel Craig, il James Bond ultima edizione, biondo dagli occhi di ghiaccio è stato chiamato (nella realtà) a ricoprire questo incarico da Ban Ki-moon, presidente Onu. «007 aveva la licenza di uccidere, ora la licenza di salvare», ha detto Ban Ki-moon presentando il nuovo ambasciatore di buona volontà. Fineco Bank, che rappresenta 960.000 clienti con 4 miliardi di raccolta netta, torna a fare pubblicità in televisione con un nuovo spot tipicamente “slice of life”. La regia è di Marco Gentile, regista made in Italy, che viene da una lunga carriera pubblicitaria, produzione Filmmaster. Nell’età dei “perché” un bambino chiede al padre di spiegarli la Terra. Operazione facilissima, che però stuzzica le doti pedagogiche del genitore. Usando una spugna da bagno sferica, una serie di costruzioni di legno, riuscirà a dare un’idea molto semplice del tutto. E’ lo stesso linguaggio, dice lo slogan, con cui Fineco Bank risponde ai suoi clienti. Dice Paolo Di Grazia, manager della banca: “Per noi la semplificazione della banca è un valore fondante”. Di qui il posizionamento: “Fineco la banca che semplifica la banca”. Creatività seguita da Bcube, musica “Fishing for a Dream” del gruppo inglese Turin Brakes. La modella russa Irina Shayk, bellezza inarrivabile, attuale amore di Cristiano Ronaldo, recita in un mare piuttosto mosso a Los Angeles, dove indossa i nuovi modelli di grandi occhiali colorati e specchianti firmati Linda Farrow. Il modello che le sguazza accanto su motoscafi oceanici non è Ronaldo bensì Jarrod Scott e lo shooting è stato seguito da Mariano Vivanco. Alessandro Cattelan, conduttore tv e attore, recita nella campagna di Enel Energia, che veicola il concetto “faccio tutto io”. I video sono stati girati a Milano dalla coppia di registi Bosi+Sironiper la casa di produzione Think Cattleya. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA ...........................................