CAMERA DI COMMERCIO DI ANCONA Le pratiche commerciali scorrette Vol. 6 I Quaderni del Consumatore Si ringrazia per la collaborazione l’Avv. Giulia Fesce del Foro di Ancona L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 1 INDICE Presentazione________________________________________________________________p. 3 1- Riferimenti normativi_________________________________________________________p. 4 2- Definizioni e ambito di applicazione_____________________________________________ p. 6 3- Divieto generale di pratiche commerciali scorrette _________________________________ p. 7 4-Pratiche commerciali ingannevoli_______________________________________________ p. 9 5- Pratiche commerciali aggressive______________________________________________ p. 16 6- L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato _______________________________p. 19 7- Codici di condotta e Autodisciplina_____________________________________________p. 23 8- Particolari modalità di comunicazione pubblicitaria: le televendite ____________________p. 24 9- Pubblicità occulta__________________________________________________________p. 30 10- Come segnalare una pratica commerciale scorretta ______________________________ p.31 L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 2 Presentazione Il Servizio di Tutela del Consumatore è attivo presso l’Ente camerale nell’ambito delle c.d. funzioni di Regolazione del Mercato, funzioni che si sono affiancate a quelle più tradizionali, innovando profondamente la soggettività politica degli Enti camerali. Queste funzioni e più in generale la nuova mission affidata alle Camere di Commercio collocano gli Enti camerali super partes, cioè come fornitori di servizi utili non solo al sistema imprenditoriale ma anche ai consumatori/utenti, contribuendo alla rimozione di fattori di disturbo ad un trasparente sviluppo del mercato. Imprese, professionisti, operatori economici e consumatori infatti non agiscono su fronti opposti; tra essi vi deve essere sintonia e scambio proficuo, verso la direzione di un mercato trasparente dove possa attuarsi una libera e leale concorrenza. In questa prospettiva, il Servizio di Tutela del Consumatore ha lavorato intensamente focalizzando la propria attenzione nella realizzazione di iniziative volte a favorire e a sostenere il dialogo tra imprese e consumatori ed in particolare nella organizzazione di numerose attività di carattere divulgativo, finalizzate ad approfondire i principali aspetti della complessa legislazione sul consumo: un'adeguata conoscenza delle disposizioni applicabili costituisce, infatti, uno strumento fondamentale per la realizzazione di un sistema economico caratterizzato da un maggior equilibrio tra imprese e consumatori, ma soprattutto per fare sì che i consumatori acquistino con consapevolezza beni e servizi. Questa pubblicazione si inserisce, dunque, nel quadro delle iniziative realizzate con l’obiettivo di educare i consumatori sulle tutele ad essi riconosciute dall’ordinamento, fornendo loro gli strumenti necessari per agire a difesa dei propri diritti. Il volume, il sesto all'interno della collana “I Quaderni del Consumatore, intende aiutare a riconoscere una pratica commerciale scorretta e indicare cosa fare per segnalarla alle autorità competenti. Ancona, dicembre 2012 Il Presidente Rodolfo Giampieri L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 3 1- Riferimenti normativi Il Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206 recante il “Codice del Consumo a norma dell'art. 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229”, nella Parte II, Titolo III, si occupa delle pratiche commerciali poste in essere dal professionista nel momento in cui entra in contatto con il consumatore e che possono rivelarsi di pregiudizio per quest’ultimo. La tutela che si intende approntare con questo insieme di norme trae la sua origine nella Direttiva CE 2005/29 del Parlamento e del Consiglio dell’11 maggio 2005, attuata in Italia con i Decreti Legislativi n. 145/2007 e n. 146/2007, a loro volta confluiti nel Codice del Consumo, dall’art. 18 all’art. 32. Quadro normativo di riferimento Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206 - Codice del consumo a norma dell'art. 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229 Decreto Legislativo 2 agosto 2007, n. 145 - Attuazione dell'articolo 14 della direttiva 2005/29/CE che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicita' ingannevole Decreto Legislativo 2 agosto 2007, n. 146 - Attuazione della direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica le direttive 84/450/CEE, 97/7/CE, 98/27/CE, 2002/65/CE, e il Regolamento (CE) n. 2006/2004. Delibera AGCM 15 novembre 2007, n. 17589 - Pratiche commerciali scorrette: regolamento sulle procedure istruttorie Delibera AGCM 15 novembre 2007, n. 17590 - Pubblicità ingannevole e comparativa: regolamento sulle procedure istruttorie Gli interessi che la normativa intende tutelare sono gli interessi economici del consumatore (inteso come qualunque persona fisica che agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale) relativi alla sua libertà di scelta e/o alle decisioni riguardanti i suoi diritti. Questi interessi sorgono prima, durante o dopo l’operazione commerciale riguardante un prodotto. Rimangono escluse dall’ambito di protezione perseguito le pratiche sleali, lesive esclusivamente degli interessi dei concorrenti di imprenditori e professionisti in genere, come l’imitazione dei prodotti o la denigrazione dei concorrenti. Il comportamento economico del consumatore su cui può incidere la pratica commerciale scorretta L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 4 del professionista riguarda qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni. La pratica commerciale è intesa come qualunque azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale, compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto (marketing) posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un bene o servizio ai consumatori. Come verrà poi meglio illustrato, in via generale le pratiche commerciali sono considerate scorrette (secondo quanto richiesto in origine dalla normativa europea) quando si può riscontrare la compresenza di due criteri: la contrarietà della pratica alla “diligenza professionale” e quello della “falsità” o idoneità della pratica a falsare, in misura rilevante o apprezzabile, in relazione al prodotto, il comportamento economico del consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta. Fulcro delle pratiche commerciali scorrette è l’uso illegittimo della promozione pubblicitaria, che va riconosciuto, segnalato e da cui l’utente deve sapersi difendere. Due sono le categorie di pratiche scorrette indicate dal Codice: le pratiche commerciali ingannevoli (sia attive, sia omissive) e quelle aggressive che si traducono in molestie o indebito condizionamento. Il Codice offre poi gli strumenti per la tutela dei diritti riconosciuti attraverso la figura dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (comunemente detta “Antitrust”). Pratiche commerciali scorrette Azioni Pratiche Ingannevoli Omissioni Pratiche aggressive Lista nera Il legislatore ha poi previsto forme di tutela rafforzate per le pratiche rivolte ai minori o ad altri soggetti deboli (come gli anziani, i diversamente abili, etc.) e per la promozione di prodotti pericolosi al fine di punire e scongiurare omissioni informative che possano essere fonte di danni alla salute dei potenziali acquirenti. L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 5 2- Definizioni e ambito di applicazione Come per ogni altro argomento trattato e disciplinato dal Codice del Consumo, anche in questo caso la disciplina si apre con una serie di definizioni, che devono essere di primo chiarimento per il consumatore. L’art. 18 raggruppa quindi un elenco di concetti e di figure che caratterizzano la disciplina in esame e la cui esatta definizione aiuta a definirne gli ambiti di applicazione: consumatore: qualsiasi persona fisica che agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale; professionista: qualsiasi persona fisica o giuridica che agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista; prodotto: qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni; pratiche commerciali tra professionisti e consumatori (di seguito denominate: “pratiche commerciali”): qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto (marketing), posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori; falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori : l'impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso; codice di condotta: un accordo o una normativa che non è imposta dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di uno Stato membro e che definisce il comportamento dei professionisti che si impegnano a rispettare tale codice in relazione a una o più pratiche commerciali o ad uno o più settori imprenditoriali specifici; responsabile del codice: qualsiasi soggetto, compresi un professionista o un gruppo di professionisti, responsabile della formulazione e revisione di un codice di condotta ovvero del controllo del rispetto del codice da parte di coloro che si sono impegnati a rispettarlo; diligenza professionale: il normale grado della specifica competenza ed attenzione che ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro confronti rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede nel settore di attività del professionista; invito all’acquisto: una comunicazione commerciale indicante le caratteristiche e il prezzo del prodotto in forme appropriate rispetto al mezzo impiegato per la comunicazione commerciale e pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare un acquisto; L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 6 indebito condizionamento: lo sfruttamento di una posizione di potere rispetto al consumatore per esercitare una pressione, anche senza il ricorso alla forza fisica o la minaccia di tale ricorso, in modo da limitare notevolmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole; decisione di natura commerciale: la decisione presa da un consumatore relativa a se acquistare o meno un prodotto, in che modo farlo e a quali condizioni, se pagare integralmente o parzialmente, se tenere un prodotto o disfarsene o se esercitare un diritto contrattuale in relazione al prodotto; tale decisione può portare il consumatore a compiere un’azione o all’astenersi dal compierla; professione regolamentata: attività professionale, o insieme di attività professionali, l’accesso alle quali e il cui esercizio o una delle cui modalità di esercizio è subordinata direttamente o indirettamente, in base a disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, al possesso di determinate qualifiche professionali. 3- Divieto generale di pratiche commerciali scorrette L’art. 20 sancisce il divieto generale delle pratiche commerciali scorrette. Il concetto di pratica commerciale deve essere inteso in senso molto ampio, comprendendo non solo azioni od omissioni del professionista, ma anche dichiarazioni o comunicazioni di qualsiasi tipo interessanti il rapporto professionista-consumatore; e non solo eventi relativi al contratto o rapporto contrattuale fra le parti, ma anche esterni ad essi (ad esempio, fra le pratiche che si verificano all’esterno di un rapporto contrattuale rientrano quelle dirette alla promozione commerciale, inclusa la pubblicità). La norma specifica la nozione di pratica commerciale scorretta, che viene identificata attraverso due criteri, entrambi necessari. Il primo è quello della contrarietà alla correttezza professionale o c.d. difetto di diligenza professionale; in questo concetto confluiscono sia la diligenza professionale, come definita all’art. 18, sia la correttezza e la buona fede oggettiva, sia la correttezza professionale, secondo le modalità in cui normalmente è valutata l’attività degli operatori concorrenti nel mercato. Si tratta certamente di un criterio che assorbe molteplici aspetti, tanto che la clausola ha sollevato dubbi e perplessità in merito alla possibilità che, vista la sua matrice europea, venga applicata in modo difforme nei vari Paesi membri. Secondo criterio costitutivo della scorrettezza della pratica commerciale è la falsità della pratica o la sua idoneità a falsare in modo rilevante il comportamento economico del consumatore. Vale a dire che la pratica è scorretta se, in sua assenza, il consumatore avrebbe posto in essere una scelta differente da quella invece compiuta; sono tutte quelle situazioni in cui viene alterata e L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 7 ridotta la autonoma capacità di prendere una decisione di tipo commerciale consapevole; l’incidenza può essere sia in senso positivo, cioè il consumatore viene spinto a concludere un contratto che altrimenti non avrebbe concluso o a sciogliersi da un rapporto dal quale altrimenti non si sarebbe sciolto, sia in negativo, nel senso di pratiche idonee a dissuadere il consumatore dal concludere un contratto che altrimenti avrebbe concluso. Rientrano in questa ipotesi tutti i casi di pubblicità ingannevole (vedi paragrafo seguente). Tutti questi parametri e criteri hanno come punto di riferimento il c.d. “consumatore medio”, un soggetto normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, tenuto conto di fattori sociali, culturali e linguistici, ma tenuto anche conto della tecnica di contratto utilizzata o del settore di riferimento. Vale a dire che occorre operare riferimento al membro medio del gruppo, correlato al settore produttivo in cui si colloca la pratica in discussione, perché, ad esempio, il consumatoreinvestitore sarà ragionevolmente avveduto solo se ed in quanto il professionista abbia adempiuto agli obblighi informativi aggiuntivi a suo carico; oppure, per fare un altro esempio, dovrà essere considerata la particolare vulnerabilità di categorie di consumatori quali i destinatari di prodotti per la salute, gli adolescenti, i destinatari di prodotti dietetici o alimentari. L’art. 20 fa esplicito riferimento “a gruppi di consumatori particolarmente vulnerabili“ a motivo della loro infermità mentale o fisica, della loro età o ingenuità”. Il medesimo articolo rende esplicita la legittimità di quelle pratiche commerciali consistenti in semplici dichiarazioni esagerate o non destinate comunque ad essere prese alla lettera, la c.d. “pubblicità superlativa” o “iperbolica”. Si tratta di quelle forme di enfatizzazione delle caratteristiche di un prodotto e che, per la loro manifesta innocua vanteria, non vanno considerate come una forma di pubblicità ingannevole, poiché non destinate ad essere prese alla lettera, così da poter essere considerate lecite. Sono quindi accettabili espressioni che definiscono un prodotto come “il migliore” o “il vero e solo degno del nome”, poiché si ritiene che il consumatore sia fornito del senso critico sufficiente per non accettare supinamente simili affermazioni pubblicitarie; ciò purché non vi siano apprezzamenti denigratori o discreditanti nei confronti dei concorrenti. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha confermato questo orientamento, stabilendo che la magnificazione del proprio prodotto presentato come leader di settore a livello mondiale, se priva di riferimenti a dati di fatto specifici, è “sufficientemente generica da potersi qualificare alla stregua di pubblicità iperbolica, inidonea, come tale, a trarre in inganno i fruitori del messaggio pubblicitario e a pregiudicarne il comportamento economico”. L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 8 4- Pratiche commerciali ingannevoli La prima grande categoria di pratiche commerciali scorrette è costituita dalla pratiche commerciali ingannevoli, disciplinate dall’art. 21 Codice del consumo. Secondo la norma “E’ considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non corrispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad uno o più dei seguenti elementi e, in ogni caso, lo induce o è idoneo ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso: a) l’esistenza o la natura del prodotto; b) le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilità, i vantaggi, i rischi, l’esecuzione, la composizione, gli accessori, l’assistenza post-vendita al consumatore e il trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la consegna, l’idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l’origine geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sul prodotto; Qualche esempio: Sono stati sanzionate confezioni di acquavite su cui vi erano messaggi diretti ad accreditare il prodotto come tipico sardo, attraverso indicazioni che affermavano come il liquore fosse “prodotto e imbottigliato secondo la tradizione di Sardegna”, laddove la distillazione avveniva fuori dalla suddetta Regione (:caso in cui la falsità ha investito l’indicazione dell’origine geografica o commerciale del prodotto,); molti interventi dell’Autorità hanno riguardato prodotti dimagranti o estetici che non garantivano i risultati promessi (casi in cui la falsità ha riguardato i risultati che si possono attendere dal prodotto); c) la portata degli impegni del professionista, i motivi della pratica commerciale e la natura del processo di vendita, qualsiasi dichiarazione o simbolo relativi alla sponsorizzazione o all’approvazione dirette o indirette del professionista o del prodotto; d) il prezzo o il modo in cui questo è calcolato o l’esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo; Qualche esempio: Sono stati considerati ingannevoli numeri telefonici denominati come “numero verde” quando in realtà il servizio risultava a pagamento; E’ stato considerato ingannevole l’utilizzo da parte di compagnie telefoniche del termine “gratis” riferito alla possibilità di effettuare telefonate, quando invece si era in presenza di fatto di un credito tariffario utilizzabile solo entro un dato termine; L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 9 Nel settore del trasporto aereo sono stati dichiarati ingannevoli una serie di messaggi che enfatizzavano la gratuità di un servizio, quando in realtà tale gratuità riguardava solo una componente del prezzo finale del biglietto; e) la necessità di una manutenzione, ricambio, sostituzione o riparazione; f) la natura, le qualifiche e i diritti del professionista o del suo agente, quali l’identità, il patrimonio, le capacità, lo status, il riconoscimento, l’affiliazione o i collegamenti e i diritti di proprietà industriale, commerciale o intellettuale o i premi e i riconoscimenti; Qualche esempio: Sono stati considerati ingannevoli messaggi che pubblicizzavano agenzie di guardie del corpo per scorte o sicurezze nei locali aperti al pubblico, allorché le stesse risultavano invece sprovviste delle autorizzazioni di legge ai sensi della disciplina sulla pubblica sicurezza; Sono stati considerati ingannevoli affittacamere che hanno utilizzato indebitamente termini quali albergo o hotel; g) i diritti del consumatore, incluso il diritto di sostituzione o di rimborso ai sensi dell’art. 130 del Codice del Consumo. Siamo di fronte alle c.d. pratiche di tipo commissivo, che derivano, cioè, da comportamenti attivi o dichiarazioni del professionista, le quali, sia perché contengono informazioni non vere, sia perché, seppure corrette nel loro contenuto letterale, in relazione alla loro presentazione complessiva inducono o sono idonee a indurre in errore il consumatore medio destinatario. Proprio l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha da sempre infatti rilevato che l’idoneità ad indurre in errore l’utente finale implica una valutazione omnicomprensiva della pratica, che si focalizzi sulla presentazione del messaggio, sul contesto della comunicazione, sulle sue modalità di diffusione, sulla veste grafica; si tratta infatti di elementi che possono incidere sull’impatto e sulla percezione del messaggio al di là del contenuto, quindi potenzialmente distorsivi e alterativi della libertà di scelta. La norma poi fornisce, dalla lettera a) alla lettera g), la lunga elencazione degli elementi su cui fondare il giudizio di ingannevolezza; deve ritenersi che tale elencazione non sia completa ed esaustiva, seppur ampia; dunque sarebbe possibile estendere il suddetto giudizio anche su altre e ulteriori indicazioni non ivi ricomprese. Prosegue la norma con due casi particolari di pratiche commerciali ingannevoli. “E’ altresì considerata ingannevole una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, induce o è idonea a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso e comporti: a) una qualsivoglia attività di commercializzazione del prodotto che ingenera confusione con i L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 10 prodotti, i marchi, la denominazione sociale e altri segni distintivi di un concorrente, ivi compresa la pubblicità comparativa illecita; (in questo caso specifico l’ingannevolezza attiene ad un caso di pubblicità comparativa); b) il mancato rispetto da parte del professionista degli impegni contenuti nei codici di condotta che il medesimo si è impegnato a rispettare, ove si tratti di un impegno fermo e verificabile, e il professionista indichi in una pratica commerciale che è vincolato al codice. In questo caso si è in presenza di una fattispecie che implica la violazione di regole deontologiche; la norma sanziona l’inosservanza da parte del professionista di regole di autodisciplina a carattere vincolante, che tutelano anche gli interessi economici dei consumatori. Gli ultimi due commi dell’art. 21 contengono due casi di tutela rafforzata dei consumatori, la prima contro l’ingannevolezza in riferimento ai prodotti pericolosi per la salute e la sicurezza, la seconda per il caso di pratiche rivolte a bambini ed adolescenti. E’ considerata scorretta la pratica commerciale che, riguardando prodotti suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori, omette di darne notizia, in modo da indurre i consumatori a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza. E’ considerata altresì scorretta la pratica commerciale che, in quanto suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti, può, anche indirettamente, minacciare la loro sicurezza. La prima previsione riguarda quei prodotti che offrono delle utilità, benefici e vantaggi alla collettività, ma sono potenzialmente pericolosi per la salute, ad esempio il forno a microonde, il telefonino o altri elettrodomestici. Niente a che fare perciò con prodotti dannosi in re ipsa, come le sigarette, per le quali la pubblicità è del tutto esclusa e vietata dalla legge. Dunque chi pubblicizza il prodotto potenzialmente pericoloso ha l’obbligo contestuale di rendere edotti i consumatori dei rischi connessi per la salute e la sicurezza. Qualche esempio: Sono stati sanzionati dall’Autorità Garante avvertenze inserite solo nella confezione o nel manuale d’uso e non contestuali al messaggio pubblicitario, in modo che il consumatore sia in grado di prenderne atto solo in seguito all’acquisto; dispositivi tecnici commercializzati come conformi a norme di sicurezza quando in realtà non lo erano; prodotti dietetici per i quali non era stato sconsigliato l’uso in gravidanza o per i quali non era stata comunicata l’interazione con farmaci; elettrostimolatore che ometteva di fornire informazioni specifiche in merito all’esistenza di controindicazioni per soggetti portatori di pacemaker o affetti da epilessia. La seconda previsione, a tutela di bambini e adolescenti, è nata per proteggere in modo specifico soggetti considerati particolarmente vulnerabili per età e presunta ingenuità. La fattispecie va L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 11 considerata in modo esteso, riguardando anche pratiche pubblicitarie che non abbiano come diretti destinatari, ad esempio, minori, ma è sufficiente che il messaggio sia suscettibile di raggiungerli (attraverso riviste, televisione, manifesti, ecc…). Può quindi trattarsi anche di pubblicità rivolta ad adulti, ma idonea a stimolare nei minori comportamenti imitativi pericolosi, facendo leva sul loro naturale spirito di emulazione ed atta pertanto ad indurli ad esporsi a situazioni di rischio per l’incolumità fisica o psico-fisica. Qualche esempio: E' stata considerata scorretta la pubblicità di un ciclomotore che irrompendo sulla scena provocava la caduta di cartelli stradali, poiché ritenuta di stimolo alla violazione di norme del Codice della Strada; stata sanzionata la pubblicità che proponeva immagini cruente di mani e piedi mozzati e sanguinanti, in quanto idonei a minare l’equilibrio psico-fisico di bambini e adolescenti. L’art. 22 del Codice del Consumo si occupa delle omissioni ingannevoli, ricomprendendo nel divieto generale quelle pratiche commerciali in cui in concreto sono omesse informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno nel contesto in cui si trova per prendere una decisione consapevole. “1. E' considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. 2.Una pratica commerciale è altresì considerata un'omissione ingannevole quando un professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui al comma 1, tenendo conto degli aspetti di cui al detto comma, o non indica l'intento commerciale della pratica stessa qualora questi non risultino già evidenti dal contesto nonché quando, nell'uno o nell'altro caso, ciò induce o è idoneo a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. 3. Qualora il mezzo di comunicazione impiegato per la pratica commerciale imponga restrizioni in termini di spazio o di tempo, nel decidere se vi sia stata un'omissione di informazioni, si tiene conto di dette restrizioni e di qualunque misura adottata dal professionista per rendere disponibili le informazioni ai consumatori con altri mezzi. 4. Nel caso di un invito all'acquisto sono considerate rilevanti, ai sensi del comma 1, le informazioni seguenti, qualora non risultino già evidenti dal contesto: a) le caratteristiche principali del prodotto in misura adeguata al mezzo di comunicazione e al prodotto stesso; L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 12 b) l'indirizzo geografico e l'identità del professionista, come la sua denominazione sociale e, ove questa informazione sia pertinente, l'indirizzo geografico e l'identità del professionista per conto del quale egli agisce; c) il prezzo comprensivo delle imposte o, se la natura del prodotto comporta l'impossibilità di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo, le modalità di calcolo del prezzo e, se del caso, tutte le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali oppure, qualora tali spese non possano ragionevolmente essere calcolate in anticipo, l'indicazione che tali spese potranno essere addebitate al consumatore; d) le modalità di pagamento, consegna, esecuzione e trattamento dei reclami qualora esse siano difformi dagli obblighi imposti dalla diligenza professionale; e) l'esistenza di un diritto di recesso o scioglimento del contratto per i prodotti e le operazioni commerciali che comportino tale diritto. Sono considerati rilevanti, ai sensi del comma 1, gli obblighi di informazione, previsti dal diritto comunitario, connessi alle comunicazioni commerciali, compresa la pubblicità o la commercializzazione del prodotto. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha emesso numerose pronunce nei confronti di inviti all’acquisto che mancavano di offrire dati essenziali in relazione al prezzo del prodotto o al servizio offerto. Il prezzo dei prodotti offerti, in particolare, deve essere un fattore su cui il venditore fornisce compiute informazioni, infatti l’Autorità ha affermato che “nella presentazione di un elemento così cruciale nella scelta di acquisto dei consumatori, tutte le informazioni fornite nel contesto del messaggio devono risultare di immediata percezione”. Moltissime pronunce ad esempio in materia di telefonia hanno sanzionato comportamenti omissivi da parte di gestori di compagnie telefoniche. La norma contempla poi non solo l’ipotesi di occultamento di informazioni rilevanti, ma anche quella della omessa enunciazione della finalità a cui appare preordinata la pratica commerciale stessa, quando questa non risulti dal contesto. E’ il caso della pubblicità c.d. “non trasparente”, vista come pubblicità camuffata sotto forma di libero pensiero e per questo con maggiore forza persuasiva, in quanto il consumatore non pone in atto le normali autodifese che attiva di fronte ad una comunicazione riconoscibile come messaggio pubblicitario. Sul punto si veda il paragrafo 9. La legge 23 luglio 2009 n. 99 ha introdotto l’art. 22-bis del Codice del consumo, intitolato “Pubblicità ingannevole delle tariffe marittime”, che dispone quanto segue: “ E’ considerata ingannevole la pubblicità che, riguardando le tariffe praticate da compagnie marittime che operano sul territorio italiano direttamente o in code-sharing, reclamizzi il prezzo del biglietto dovuto alla compagna marittima separatamente dagli oneri accessori, dalle tasse portuali e da tutti gli oneri L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 13 comunque destinati a gravare sul consumatore, dovendo la compagnia marittima pubblicizzare un unico prezzo che includa tutte queste voci.” Si tratta di un’altra ipotesi di tutela rafforzata, che viene realizzata mediante l’introduzione di un obbligo espresso a non omettere nella formulazione e nella pubblicizzazione del prezzo informazioni che influiscono sull’importo finale dello stesso. Per quel che riguarda le pratiche commerciali ingannevoli, la disciplina codicistica si completa con l’art. 23 del Codice del consumo, che contiene la c.d. lista nera delle pratiche commerciali considerate in ogni caso ingannevoli. “Sono considerate in ogni caso ingannevoli le seguenti pratiche commerciali: a) affermazione non rispondente al vero, da parte di un professionista, di essere firmatario di un codice di condotta; b) esibire un marchio di fiducia, un marchio di qualità o un marchio equivalente senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione; c) asserire, contrariamente al vero, che un codice di condotta ha l'approvazione di un organismo pubblico o di altra natura; d) asserire, contrariamente al vero, che un professionista, le sue pratiche commerciali o un suo prodotto sono stati autorizzati, accettati o approvati, da un organismo pubblico o privato o che sono state rispettate le condizioni dell'autorizzazione, dell'accettazione o dell'approvazione ricevuta; e) invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza rivelare l'esistenza di ragionevoli motivi che il professionista può avere per ritenere che non sarà in grado di fornire o di far fornire da un altro professionista quei prodotti o prodotti equivalenti a quel prezzo entro un periodo e in quantità ragionevoli in rapporto al prodotto, all'entità della pubblicità fatta del prodotto e al prezzo offerti; f) invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo e successivamente: 1) rifiutare di mostrare l'articolo pubblicizzato ai consumatori, oppure 2) rifiutare di accettare ordini per l'articolo o di consegnarlo entro un periodo di tempo ragionevole, oppure 3) fare la dimostrazione dell'articolo con un campione difettoso, con l'intenzione di promuovere un altro prodotto; g) dichiarare, contrariamente al vero, che il prodotto sarà disponibile solo per un periodo molto limitato o che sarà disponibile solo a condizioni particolari per un periodo di tempo molto limitato, in modo da ottenere una decisione immediata e privare i consumatori della possibilità o del tempo sufficiente per prendere una decisione consapevole; h) impegnarsi a fornire l'assistenza post-vendita a consumatori con i quali il professionista ha comunicato prima dell'operazione commerciale in una lingua diversa dalla lingua ufficiale dello L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 14 Stato membro in cui il professionista è stabilito e poi offrire concretamente tale servizio soltanto in un’altra lingua, senza che questo sia chiaramente comunicato al consumatore prima del suo impegno a concludere l'operazione; i) affermare, contrariamente al vero o generare comunque l'impressione che la vendita del prodotto è lecita; j) presentare i diritti conferiti ai consumatori dalla legge come una caratteristica propria dell'offerta fatta dal professionista; k) salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni, impiegare contenuti redazionali nei mezzi di comunicazione per promuovere un prodotto, qualora i costi di tale promozione siano stati sostenuti dal professionista senza che ciò emerga dai contenuti o da immagini o suoni chiaramente individuabili per il consumatore; l) formulare affermazioni di fatto inesatte per quanto riguarda la natura e la portata dei rischi per la sicurezza personale del consumatore o della sua famiglia se egli non acquistasse il prodotto; m) promuovere un prodotto simile a quello fabbricato da un altro produttore in modo tale da fuorviare deliberatamente il consumatore inducendolo a ritenere, contrariamente al vero, che il prodotto è fabbricato dallo stesso produttore; n) avviare, gestire o promuovere un sistema di promozione a carattere piramidale nel quale il consumatore fornisce un contributo in cambio della possibilità di ricevere un corrispettivo derivante principalmente dall'entrata di altri consumatori nel sistema piuttosto che dalla vendita o dal consumo di prodotti; o) affermare, contrariamente al vero, che il professionista e' in procinto di cessare l'attività o traslocare; p) affermare che alcuni prodotti possono facilitare la vincita in giochi basati sulla sorte; q) affermare, contrariamente al vero, che un prodotto ha la capacità di curare malattie, disfunzioni o malformazioni; r) comunicare informazioni inesatte sulle condizioni di mercato o sulla possibilità di ottenere il prodotto allo scopo d'indurre il consumatore all'acquisto a condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato; s) affermare in una pratica commerciale che si organizzano concorsi o promozioni a premi senza attribuire i premi descritti o un equivalente ragionevole; t) descrivere un prodotto come gratuito o senza alcun onere se il consumatore deve pagare un supplemento di prezzo rispetto al normale costo necessario per rispondere alla pratica commerciale e ritirare o farsi recapitare il prodotto; L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 15 u) includere nel materiale promozionale una fattura o analoga richiesta di pagamento che lasci intendere, contrariamente al vero, al consumatore di aver già ordinato il prodotto; v) dichiarare o lasciare intendere, contrariamente al vero, che il professionista non agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, o presentarsi, contrariamente al vero, come consumatore; w) lasciare intendere, contrariamente al vero, che i servizi post-vendita relativi a un prodotto siano disponibili in uno Stato membro diverso da quello in cui e' venduto il prodotto. Ciascuna delle pratiche sopra indicate va considerata sempre e comunque scorretta e come tale sanzionabile dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, a prescindere dalla valutazione sulla presenza dei requisiti o criteri dell’ingannevolezza esaminati per gli articoli 21 e 22 del Codice del Consumo. Siamo in presenza di una elencazione tassativa che semplifica e accelera il giudizio dell’Antitrust, che, una volta accertato che il caso sottoposto rientra in una delle ipotesi elencate dall’art. 23, dovrà emettere il provvedimento inibitorio della pratica senza alcuna altra valutazione. 5- Pratiche commerciali aggressive La seconda grande categoria di pratiche commerciali scorrette è costituita dalle pratiche commerciali aggressive, cui il Codice del Cnsumo dedica gli artt. 24, 25 e 26. Secondo la norma (art. 24): “È considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce o è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.” Anche per la pratica aggressiva il legislatore si è preoccupato di evitare comportamenti da parte del professionista che abbiano il risultato di alterare la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole; ma mentre per le pratiche ingannevoli vi è la mancanza di messa a disposizione del consumatore di informazioni adeguate, veritiere e sufficienti, tanto da provocare un effetto distorsivo e fuorviante nella sua scelta, in questo caso vi è una riduzione forzata della libertà del consumatore di autodeterminarsi e di prendere in via autonoma e liberamente la decisione che sente sua. Viene così protetta dall’ordinamento la libertà di comportamento dell’utente, in modo che egli non possa essere sottoposto ad indebiti condizionamenti e compressioni della sua volontà, da parte di un professionista che sfruttando debolezze emotive, caratteriali e culturali può spingerlo a prendere decisioni positive o negative che altrimenti non L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 16 avrebbe mai adottato. La norma differenzia le pratiche aggressive a seconda che si integrino in molestie, coercizione o indebito condizionamento, fattispecie diverse per diversa gradazione di aggressività: le pratiche aggressive per molestie ricomprendono quei comportamenti di fronte ai quali il consumatore a un certo punto è indotto a cedere per non essere magari ulteriormente disturbato, ad esempio: telefonate, fax o email non richiesti e martellanti; le pratiche aggressive per coercizione sono le più gravi, poiché implicano una violenza morale (minacce) e addirittura una violenza fisica; le pratiche aggressive per indebito condizionamento si collocano in una posizione intermedia come gravità, dato che per indebito condizionamento, il Codice del Consumo, sulla scorta di quanto individuato dalla Direttiva, intende: “lo sfruttamento di una posizione di potere rispetto al consumatore per esercitare una pressione, anche senza il ricorso alla forza fisica o la minaccia di tale ricorso, in modo da limitare notevolmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole”. Mentre per individuare in una fattispecie concreta la presenza di un eventuale indebito condizionamento l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è aiutata dalla presenza della definizione appena fornita, per il caso delle molestie e della coercizione dovranno essere valutati una serie di elementi, alcuni dei quali sono specificati all’art. 25 Codice del Consumo. Tale norma, come si è detto, specifica meglio le circostanze che debbono essere prese in considerazione per accertare la presenza di una pratica aggressiva; viene infatti chiarito che l'indagine deve focalizzarsi su una serie di elementi, che sono: a) i tempi, il luogo, la natura o la persistenza della pratica commerciale; b) il ricorso alla minaccia fisica o verbale; c) lo sfruttamento da parte del professionista di qualsivoglia evento tragico o circostanza specifica di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del consumatore, al fine di influenzarne la decisione relativa al prodotto; d) qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto dal professionista qualora un consumatore intenda esercitare diritti contrattuali, compresi il diritto di risolvere un contratto o quello di cambiare prodotto o rivolgersi ad un altro professionista; e) qualsiasi minaccia di promuovere un’azione legale ove tale azione sia manifestamente temeraria o infondata. Parallelamente a quanto già visto per le pratiche commerciali considerate in ogni caso ingannevoli, l’art. 26 del Codice del Consumo elenca le pratiche commerciali considerate in ogni caso aggressive. Appartengono a questa “lista nera” le seguenti pratiche commerciali: a) creare l’impressione che il consumatore non possa lasciare i locali commerciali fino alla L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 17 conclusione del contratto; Qualche esempio: offerta di sottoscrizione di un abbonamento ADSL in un centro commerciale, con continui inviti a considerare attentamente l’offerta, aggiunte di omaggi, indicazione di altre persone che hanno appena sottoscritto il contratto, offerta insistita e reiterata di cibo e bevande, cosicché il consumatore si senta quasi “in dovere” di sottoscrivere il contratto; b) effettuare visite presso l’abitazione del consumatore, ignorando gli inviti del consumatore a lasciare la sua residenza o a non ritornarvi, fuorché nelle circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini dell’esecuzione di un’obbligazione contrattuale; è il caso delle vendite aggressive a domicilio. Qualche esempio: il venditore suona alla porta del consumatore, viene fatto entrare, ma quando il consumatore si mostra non interessato al suo prodotto e gli chiede di uscire, il venditore non lo fa e si intrattiene insistendo per l’acquisto, oppure si ripresenta il giorno dopo; c) effettuare ripetute e non richieste sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza, fuorché nelle circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini dell’esecuzione di un’obbligazione contrattuale; Qualche esempio: ripetute telefonate promozionali di una società di telefonia per proporre nuove offerte di abbonamento o nuove opzioni tariffarie; d) imporre al consumatore che intenda presentare una richiesta di risarcimento del danno in virtù di una polizza di assicurazione di esibire documenti che non possono ragionevolmente essere considerati pertinenti per stabilire la fondatezza della richiesta o omettere sistematicamente di rispondere alla relativa corrispondenza, al fine di dissuadere un consumatore dall’esercizio dei suoi diritti contrattuali; Qualche esempio: richiesta di risarcimento del danno per incendio all’interno di una casa di campagna assicurata in cui l’assicurazione chiede certificazioni relative alle caratteristiche idro-geologiche della zona o non risponde a più richieste avanzate dall’assicurato a mezzo lettera o fax; e) salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni, includere in un messaggio pubblicitario un’esortazione diretta ai bambini affinché acquistino o convincano i genitori o altri adulti ad acquistare loro i prodotti reclamizzati; non sono ammissibili appunto esortazioni dirette ai bambini, del tipo: “Bambini, dite alla mamma di comperarvi il nuovo gioco XYZW: non potete restare senza!”; f) esigere il pagamento immediato o differito o la restituzione o la custodia di prodotti che il L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 18 professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha richiesto, salvo quanto previsto dall'articolo 54, comma 2, secondo periodo; Qualche esempio arriva presso il domicilio del consumatore un pacco mai ordinato e viene richiesto il relativo pagamento, oppure si richiede di restituire il pacco non ordinato a spese del consumatore; g) informare esplicitamente il consumatore che, se non acquista il prodotto o il servizio saranno in pericolo il lavoro o la sussistenza del professionista; non sono ammissibili frasi come “Se non acquista questo nostro prodotto, temo che alla fine del mese la mia azienda sarà costretta a chiudere”; h) lasciare intendere, contrariamente al vero, che il consumatore abbia già vinto, vincerà o potrà vincere compiendo una determinata azione un premio o una vincita equivalente, mentre in effetti non esiste alcun premio né vincita equivalente oppure che qualsiasi azione volta a reclamare il premio o altra vincita equivalente è subordinata al versamento di denaro o al sostenimento di costi da parte del consumatore; ciò accade quando ad esempio si fa credere che all’acquisto di un bene o alla sottoscrizione di un contratto sia associata automaticamente la vincita di un premio, mentre tale vincita è in realtà soggetta ad una estrazione o se ne può usufruire fino ad esaurimento scorte, perché i premi sono numericamente limitati. Ciascuna di queste pratiche, individuate tassativamente dal legislatore, va considerata sempre e comunque scorretta e come tale censurata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella sua attività di controllo delle pratiche commerciali. Nell’esercizio del suo ruolo di controllo l’Autorità dovrà quindi come prima valutazione esaminare il caso per verificare se esso rientri tra le ipotesi tipizzate dalla norma in esame e in caso di esito positivo dovrà emettere il provvedimento inibitorio; il giudizio in questi casi risulterà quindi rapido e semplificato. 6 - L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Gli artt. 27-27 quater del Codice del Consumo contengono le regole fissate dall’ordinamento per rendere effettiva e concreta la tutela del consumatore nei confronti di un professionista che ponga in essere pratiche commerciali scorrette. Il legislatore italiano ha istituito un sistema di controllo di tipo amministrativo, creando un apposito organo: l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, affiancando altresì a questo strumento la possibilità di un controllo contrattualistico di autodisciplina e regolando poi il coordinamento tra le due possibili procedure. La legittimazione ad agire davanti all’Autorità viene attribuita ad ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse; è prevista anche un’iniziativa d’ufficio dell’organo di controllo. L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 19 Per quel che riguarda i soggetti potenzialmente interessati all’azione, rientrano in questa categoria sia i consumatori, sia i concorrenti (in particolare i concorrenti “leali” del professionista che ponga in essere, appunto, la pratica sleale). Parallelamente, nella nozione di “organizzazione” non rientreranno solo le associazioni dei consumatori, ma anche quelle associazioni o organizzazioni rappresentative dei professionisti che operano nel settore di competenza di colui che ha posto in essere una pratica commerciale sleale. La richiesta rivolta all’Autorità deve avere un contenuto minimo costituito da: individuazione del richiedente, identificazione della pratica commerciale di cui si chiede il controllo, identificazione del professionista che l’ha posta in essere e, infine, indicazione di ogni ulteriore elemento utile alla valutazione da parte dell’Autorità. Una volta instauratosi il procedimento questo verrà comunicato dall’Autorità al professionista interessato. La procedura può essere suddivisa in più fasi: Fase preistruttoria: diretta a verificare la regolarità della richiesta e la presenza di tutti i requisiti; se dovesse risultare un’incompletezza degli elementi, il richiedente potrà integrare e sanare la situazione; in questa fase l’Autorità può altresì invitare per iscritto il professionista a rimuovere i profili di possibile scorrettezza; Fase istruttoria: in cui l’Autorità deve raccogliere gli elementi necessari alla propria valutazione; in questa fase vige un principio di inversione dell’onere della prova, dovendo essere il professionista, in ogni caso, a dover dimostrare all’Autorità deputata al controllo che egli non poteva ragionevolmente prevedere l’impatto della pratica commerciale sui consumatori. L’Autorità può altresì disporre che sia ancora una volta il professionista a fornire prova dell’esattezza dei dati di fatto connessi alla pratica commerciale in oggetto, se essa valuta inesatti i dati di cui non venisse fornita prova o questa fosse ritenuta non sufficiente. In sede di istruttoria all’Autorità sono forniti ampi poteri, tra cui quelli rivolti all’individuazione del committente, se non conosciuto, e i poteri di richiedere informazioni ai soggetti terzi (imprese, enti o persone) e documenti rilevanti al fine dell’accertamento della violazione; un esempio è costituito dalla possibilità di richiedere informazioni a società di registrazione di nomi a dominio, laddove, per le pratiche poste in essere via internet, sia necessario individuare il titolare del domain name del sito internet segnalato. Se si è in presenza di un messaggio distribuito via stampa, radio o televisione (o altro mezzo di comunicazione, come internet o sms) è prevista nella fase istruttoria la richiesta di un parere non vincolante all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni; per parere “non vincolante” si intende che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato può tranquillamente discostarsi da esso in sede decisionale. Completata la fase istruttoria l’Autorità può assumere il provvedimento decisorio finale. L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 20 Fase decisoria. E’ previsto che il procedimento si concluda entro dei termini prestabiliti: 180 giorni decorrenti dalla data di protocollo del procedimento di avvio e 210 giorni quando sia necessario richiedere il parere all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni di cui sopra: tali termini non hanno natura perentoria, ma meramente sollecitatoria e possono inoltre essere prorogati di 30 giorni in presenza di particolari esigenze istruttorie (disposizione di perizie, analisi economiche o altre prove richieste al professionista). Il termine può anche essere sospeso in due ipotesi. La prima causa di sospensione ricorre quando è richiesto il parere dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni di cui sopra e la sospensione dura fino al ricevimento del suddetto parere o fino alla scadenza del previsto termine per renderlo, di 30 giorni. La seconda causa ricorre quando l’Autorità sospenda il giudizio per la pendenza di un procedimento di autodisciplina (cfr. infra paragrafo 7). L'Autorità emette un provvedimento definitivo di merito motivato con cui accerta e dichiara la scorrettezza o meno della pratica. Se la pratica viene ritenuta effettivamente scorretta l’Autorità emette provvedimenti che hanno carattere inibitorio, proibendo la diffusione della pratica stessa qualora non sia stata ancora portata a conoscenza del pubblico oppure vietandone la continuazione qualora la pratica sia già stata diffusa. Il provvedimento inibitorio prescinde dalla intenzionalità del professionista, come dalla sua negligenza; in altre parole il rimedio inibitorio può comunque essere esperito verso il professionista indipendentemente dalla prova del danno concretamente subito dai consumatori e/o dalla prova della colpa del professionista stesso. Con il provvedimento in questione l’Autorità può anche disporre che a cura e spese del professionista venga pubblicata la delibera, anche per estratto, ovvero un’apposita dichiarazione rettificativa, in modo da impedire che le pratiche commerciali ritenute scorrette continuino a produrre effetti. Se la comunicazione commerciale oggetto del provvedimento è inserita nelle confezioni o etichette del prodotto, il provvedimento conterrà altresì un termine per permettere al professionista di adeguare i prodotti alle nuove determinazioni. Con il provvedimento che accerta la scorrettezza della pratica l’Autorità dispone anche sanzioni amministrative pecuniarie variabili in ragione della gravità e della durata della violazione da 5.000 a 500.000 euro. Per graduare l’entità della sanzione, per esempio, l’Autorità si è ispirata a criteri quali la particolare debolezza o vulnerabilità del destinatario, soprattutto in riferimento a particolari settori come quello dei prodotti o servizi sanitari dietetici o estetici; la capacità di penetrazione del mezzo di diffusione; l’ampiezza della diffusione; l’importanza dell’operatore pubblicitario o, in genere, del professionista; l’entità dell’eventuale pregiudizio per i consumatori o utenti. Nei casi di tutela c.d. rafforzata contro le pratiche L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 21 commerciali scorrette perché relative a prodotti suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori, ovvero, di pratiche scorrette perché suscettibili di raggiungere bambini o adolescenti e minacciare, anche indirettamente, la loro sicurezza, si prevede una sanzione minima più consistente, non inferiore a 50.000 euro. Inoltre nel caso di inottemperanza da parte del professionista ai provvedimenti di urgenza e a quelli inibitori o a quelli di rimozione degli effetti o di mancato rispetto degli impegni assunti può essere comminata una sanzione variabile da 10.000 a 150.000 euro; infine in caso di reiterata inottemperanza l’Autorità può addirittura disporre la sospensione dell’attività di impresa fino ad un periodo massimo di 30 giorni. In caso di urgenza l’Autorità può emanare sia su iniziativa di parte, sia d’ufficio, provvedimenti cautelari con efficacia provvisoria con cui dispone la sospensione provvisoria della pratica commerciale scorretta, in attesa di avere la pronuncia definitiva di merito. E’ il caso tipico dei messaggi pubblicitari. Qualche esempio: è stato sospeso il messaggio che pubblicizzava una bevanda destinata principalmente a contrastare gli effetti di sostanze alcoliche ingerite, comportando un implicito invito all’assunzione indiscriminata di alcool in particolari situazioni; è stato sospeso il messaggio che ometteva di indicare alcune controindicazioni sull’utilizzo del prodotto per soggetti affetti da patologie gravi o in situazioni particolarmente delicate (come le donne in gravidanza); è stato sospeso il messaggio che ometteva di informare i destinatari circa gli oneri aggiuntivi da sostenere per la fruizione dei beni e servizi reclamizzati, comportando un grave pregiudizio economico per i consumatori. E’ prevista poi dal Codice una terza forma di definizione della procedura: l’assunzione di impegno da parte del professionista a porre fine all’infrazione, cessando la diffusione della stessa o modificandola in modo da eliminare i profili di illegittimità. L’Autorità potrà disporre la pubblicazione della dichiarazione di assunzione dell’impegno in questione, a cura e spese del professionista; in queste ipotesi l’Autorità, valutata l’idoneità di tali impegni può renderli obbligatori per il professionista e definire il procedimento senza procedere all’accertamento dell’infrazione. La decisione a conclusione del procedimento è comunicata alle parti ed è pubblicata sul bollettino dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Tale decisione può essere impugnata davanti al TAR Lazio. L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 22 7- Codici di condotta e Autodisciplina I codici di condotta sono quell’insieme di regole che spontaneamente soggetti che rappresentano i professionisti, previa concertazione con le associazioni dei consumatori, adottano per regolare la propria attività. L’orientamento del legislatore comunitario è già da qualche anno quello di incentivare l’adozione di codici di condotta, in quanto vengono visti come possibile strumento coadiuvante nella lotta alle pratiche commerciali sleali, laddove indichino in particolare la definizione di “buone prassi”. Secondo l’art. 27-bis del Codice del Consumo, le associazioni o le organizzazioni imprenditoriali e professionali possono adottare, in relazione a una o più pratiche commerciali o ad uno o più settori imprenditoriali specifici, appositi codici di condotta, che definiscono il comportamento dei professionisti che si impegnano a rispettare tali codici con l’indicazione del soggetto responsabile o dell’organismo incaricato del controllo della loro applicazione. Il codice di condotta è redatto in lingua italiana e inglese ed è reso accessibile dal soggetto o organismo responsabile al consumatore, anche per via telematica. Il mancato rispetto da parte del professionista degli impegni contenuti nei codici di condotta configura un comportamento ingannevole ai sensi dell’art. 21, comma 2°, lett. b) del Codice del Consumo, soprattutto laddove l’impegno espresso dal professionista sia fermo e verificabile e lo stesso abbia dichiarato nella pratica commerciale di esservi vincolato; allo stesso modo viene considerata ingannevole la pratica consistente nell’asserire, contrariamente al vero, che un codice di condotta ha l’approvazione di un organismo pubblico o di altra natura. Nel codice di condotta si fa usualmente riferimento ad un organismo di autodisciplina, che si affianca al controllo dell’organo amministrativo (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) ed a cui il consumatore può altresì rivolgersi. Come si coordinano le due procedure e le due possibilità di controllo? Innanzitutto va detto che in ogni caso il ricorso davanti ad un organismo di autodisciplina non pregiudica il diritto del consumatore di adire l’Antitrust (art. 27-ter, 2° comma). Se le parti hanno già adito l’organo di autodisciplina possono convenire di astenersi dall’adire l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato finché non si abbia la pronuncia definitiva ovvero possono chiedere la sospensione del procedimento innanzi alla citata Autorità, ove lo stesso sia stato attivato anche da altro soggetto legittimato, in attesa della pronuncia dell’organismo di autodisciplina; l’Autorità ha facoltà di disporre, su richiesta, e dopo aver valutato tutte le circostanze, la sospensione del procedimento avanti a sé per trenta giorni, in attesa della pronuncia dell’organo di autodisciplina (art. 27-ter, 3° comma, Codice del Consumo). Il codice di condotta più importante del nostro ordinamento è quello di Autodisciplina pubblicitaria, L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 23 la cui prima edizione risale addirittura al 1966. Di recente (2007) tale codice ha subito una ennesima revisione e aggiornamento, diventando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale (www.iap.it/it/codice.html) ed ampliando il proprio ambito di competenza anche alle comunicazioni commerciali in genere (ad esempio le promozioni e il direct marketing). Tanto le associazioni o organizzazioni imprenditoriali che adottano codici di condotta, quanto la stessa Antitrust sono sottoposti ad oneri di informazione nei confronti del Ministero dello sviluppo economico, cui devono comunicare periodicamente le decisioni adottate. Nel sito del Ministero dello sviluppo economico sono a tal riguardo disponibili: informazioni generali sulle procedure relative ai meccanismi di reclamo e ricorso disponibili in caso di controversie, nonché sui codici di condotta; gli estremi delle autorità, organizzazioni o associazioni presso le quali si possono ottenere ulteriori informazioni o assistenza; gli estremi e la sintesi delle decisioni significative riguardo a controversie, comprese quelle adottate dagli organi di composizione extragiudiziale. 8- Particolari modalità di comunicazione pubblicitaria: le televendite. La comunicazione pubblicitaria, come si è visto, è l’ambito di applicazione di gran lunga più importante della disciplina sulle pratiche commerciali scorrette. A quella particolare modalità di comunicazione pubblicitaria che è la televendita il Codice del Consumo dedica poi un capo specifico, sul presupposto che questo strumento di veicolazione dei messaggi pubblicitari abbia caratteristiche tali da renderlo potenzialmente più pericoloso per le persone alle quali direttamente si rivolge o che sono suscettibili di essere colpite dalle sue conseguenze. Tra l’altro tale forma di tutela rafforzata si è resa necessaria anche a causa del significativo sviluppo che le televendite hanno avuto nel corso degli ultimi anni, soprattutto a causa della diffusione di emittenti televisive private che traggono la loro principale fonte di finanziamento dagli introiti derivanti dalla pubblicità. Non sempre è facile distinguere il semplice messaggio promozionale trasmesso in televisione, dalla televendita. La seguente tabella evidenzia le principali differenze. Pubblicità televisiva Sollecitazione a contrarre Non identità tra produttore e futuro proponente Non completezza dell’informazione sugli elementi essenziali dell’accordo contrattuale Televendita Offerta al pubblico Identità tra produttore o somministratore e proponente Completezza dell’informazione sugli elementi essenziali dell’accordo contrattuale. La televendita “contiene” necessariamente un messaggio pubblicitario, ma contiene anche L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 24 qualcosa di più, cioè persegue lo scopo diretto di provocare la conclusione del contratto tramite l’adesione del consumatore; quindi, da un lato le televendite sono assoggettate ai divieti ed alle prescrizioni contenuti nella disciplina della pubblicità, mentre gli aspetti peculiari ed ulteriori della televendita sono regolamentati da alcune disposizioni specifiche. La disciplina in oggetto prevede una serie di diversi divieti, contenuti all’art. 29 e all’art. 30 del Codice del Consumo. Il primo divieto concerne quelle televendite che possano dar luogo a forme di sfruttamento della superstizione, della credulità o della paura. Per inquadrare con precisione questa fattispecie, il Codice del Consumo rinvia alla delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 538/01/CSP del 26 luglio 2001 (con modifica introdotta dalla delibera n. 34/05/CSP), che fa riferimento a televendite, pubblicità e telepromozioni di servizi di astrologia, cartomanzia ed assimilabili e di servizi relativi a pronostici concernenti il gioco del lotto, enalotto, superenalotto, totocalcio, totogol, totip, lotterie ed altri giochi similari. Viene stabilito che dette trasmissioni non devono trarre in inganno il pubblico, anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni sul contenuto e sugli effetti dei beni o servizi offerti e devono evitare altresì qualunque forma di sfruttamento della superstizione, della credulità o della paura, in particolare delle categorie di utenti psicologicamente più vulnerabili e, come tali appunto, più facili prede di superstizione, credulità o paura. Dunque vengono vietate in origine quelle televendite che offrano tecniche e metodologie dichiaratamente volte a conoscere e guidare il futuro in favore del cliente, che potrebbe in tal modo “comprare” la propria fortuna, eliminando o quanto meno riducendo, senza alcuna evidenza di fondamento scientifico, l’incertezza propria dell’essere umano, per alcuni fonte di vera angoscia. Qualche esempio Per il caso di sfruttamento della superstizione si può pensare a televendite o promozioni di prodotti o servizi correlati alla magia, come amuleti, ecc… ; Per il caso delle estrazioni del lotto o altri giochi di pura fortuna, la “fornitura” di numeri vincenti; Per quel che riguarda la credulità la casistica fa riferimento a prodotti destinati alla cura del corpo (cure dimagranti o contro la calvizie) suscettibili di far leva sull’insicurezza o sull’infelicità dei consumatori; Per quel che riguarda la paura è stata considerata illecita la promozione di un sistema frenante di un’automobile durante la quale venivano fatte scorrere immagini di gravi incidenti stradali. Il secondo divieto riguarda quelle televendite che impiegano “violenza fisica o morale, o tali da offendere il gusto o la sensibilità dei consumatori per indecenza, volgarità o ripugnanza”. Quel che conta, si badi bene, non è il prodotto in sé, ma il modo in cui viene presentato. Più difficile è inquadrare il concetto di “gusto e sensibilità del consumatore”, che si rifà alla nozione di senso del pudore che di per sé è piuttosto vago e dinamico ed in costante mutamento con L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 25 l’evolversi dei tempi. Il divieto esaminato contiene altri concetti mutevoli e dai confini labili, come la ripugnanza e il cattivo gusto. Dunque, chi dovrà giudicare le televendite (l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in primis) dovrà farlo non attraverso l’uso di schemi predefiniti, ma solo facendo riferimento al caso concreto, del quale dovranno essere presi in considerazione una serie di elementi, quali i tempi, il luogo, la natura della comunicazione, il ricorso ad eventuali minacce, lo sfruttamento di un evento tragico o di una circostanza di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del consumatore, l’uso di immagini che offendano la sensibilità del pubblico. Il terzo gruppo di divieti è contenuto nell’art. 30 del Codice del Consumo e riguarda le televendite che offendano “la dignità umana o comportino discriminazioni di razza, genere, nazionalità o offendano le convinzioni religiose o politiche, o inducano comportamenti pregiudizievoli per la salute o la sicurezza o la protezione dell’ambiente”. Nella prima parte di questo precetto vengono tutelati in generale i valori della dignità e del rispetto della persona, in base alla constatazione che la televendita (come la pubblicità) tende al raggiungimento di un fine commerciale che però non può cozzare con principi superiori o prevalenti (secondo quanto stabilito dalla nostra Costituzione); si cerca pertanto un punto di equilibrio tra la tutela della sensibilità e delle convinzioni del cittadino e la libertà di esprimere opinioni differenti. In particolare con riferimento al sentimento religioso potrà essere considerata offensiva e quindi vietata, quella televendita che profani o, comunque, derida persone, formule, gesti, immagini collegate ad una determinata sacralità o che strumentalizzi luoghi di culto, pratiche religiose, immagini sacre. Per quel che riguarda l’offesa alle convinzioni politiche, la ratio della norma è quella di rispettare le diverse forme di pensiero sempre entro i limiti sanciti dalla nostra Costituzione; perciò non sarebbe possibile una televendita che, al fine di pubblicizzare un prodotto, sia offensiva e denigratoria rispetto a determinate concezioni di pensiero, sfruttando negativamente una ideologia politica, quasi come se l’appartenenza ad un partito politico potesse essere utilizzata per dequalificare o meno chi vi appartenga. Il primo comma dell’art. 30 del Codice del Consumo richiama anche un divieto di comportamenti di cultura razzista, volti a diffondere sentimenti xenofobi, estremistici, nazionalistici, così come anche maschilisti (divieto di discriminazioni di sesso). Qualche esempio E' stato ritenuto illecito un messaggio che pubblicizzava un profumo con la didascalia “dichiaratamente antifemminista”, volto a sfruttare una concezione offensiva e negativa della donna; Ciò non significa che qualunque televendita che sottolinei la differenza tra donna e uomo sia da considerarsi offensiva e contraria alla norma in quanto discriminatoria, ma ogni caso va giudicato nel suo insieme. L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 26 Un’altra parte del divieto imposto dalla norma concerne quelle forme di televendita in cui si induca il cittadino a comportamenti pregiudizievoli per la salute, la sicurezza o la protezione dell’ambiente. Anche in questo caso non si vuole vietare in assoluto la televendita di prodotti pericolosi, bensì si vuole statuire l’obbligo di informare con chiarezza rispetto ai rischi connessi all’uso dello stesso, poiché la pubblicità non deve diventare un mezzo di incentivazione ad assumere comportamenti imprudenti o irresponsabili. Qualche esempio E' stata ritenuta contraria alla legge la televendita di uno stereo da auto ritenendo che inducesse l’automobilista ad un comportamento imprudente, poiché nell’esaltare le qualità del prodotto, scorrevano immagini di una macchina che andava ad alta velocità e con la musica a volume altissimo. L’ultima parte del primo comma dell’art. 30 vieta espressamente le televendite relative a sigarette o altri prodotti a base di tabacco. E’ questo l’unico caso in cui il divieto non riguarda le modalità di rappresentazione del messaggio, ma il l’oggetto in sé, comunque venga presentato. Su questo genere di prodotti si erano già avuti interventi normativi in passato, tutti volti ad impedire iniziative pubblicitarie che ne incentivassero la vendita. La Direttiva 2003/33/CE addirittura considera la sponsorizzazione (cioè l’apposizione del marchio delle sigarette su altro prodotto) come una pubblicità indiretta, che va comunque vietata; l’Italia non si è ancora adeguata normativamente da questo preciso punto di vista, ma solo a livello giurisprudenziale, poiché la Suprema Corte ha ritenuto illecito l’utilizzo di marchi e simboli di prodotti da fumo su altri beni e le Sezioni Unite hanno qualificato come “propaganda pubblicitaria negata” qualunque comportamento rivolto al pubblico, idoneo a sollecitarlo all’acquisto o al consumo dei prodotti da fumo, intendendo sia quelle forme direttamente evocative sia quelle forme in cui l’effetto propagandistico sia conseguito con modalità indirette. Continua il Codice del Consumo (art. 30, 2° comma) precisando che le televendite non devono contenere dichiarazioni o rappresentazioni che possono indurre in errore gli utenti o i consumatori, anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni, in particolare per ciò che riguarda le caratteristiche e gli effetti del servizio, il prezzo, le condizioni di vendita o di pagamento, le modalità della fornitura, gli eventuali premi, l’identità delle persone rappresentate. Viene in questo modo stabilita la necessità di una corretta rappresentazione dell’offerta oggetto della televendita, poiché il consumatore non predispone il contenuto contrattuale, ma viene invece indotto a contrarre in una situazione di evidente squilibrio sia sul piano della conoscenza del prodotto sia sul piano della decisione delle condizioni di vendita. Lo squilibrio contrattuale deve quindi essere bilanciato dall’obbligo di informare e dal divieto di rappresentare una realtà che possa indurre il consumatore in errore. Questi principi sono già stati fatti propri dal nostro ordinamento in tema di L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 27 diritto di recesso e contratti a distanza e l’art. 30 del Codice del Consumo si allinea alla medesima logica. Il consumatore va protetto dall’ipotesi che la merce acquistata attraverso una televendita presenti caratteristiche differenti da quelle reclamizzate, dunque devono essere fornite quelle informazioni, precisazioni e chiarimenti la cui mancanza potrebbe indurre il pubblico ad attribuire al prodotto o servizio caratteristiche che non possiede. Pensiamo ad esempio al caso in cui si ometta di indicare l’ambito di copertura territoriale di un servizio di telefonia mobile. Per quel che riguarda l’ambiguità, si pensi invece a quei messaggi in cui si genera l’impressione della totale gratuità di un prodotto o servizio oppure a quelle televendite capaci di indurre il destinatario dell’offerta commerciale a ritenere di avere già vinto il premio in palio nell’ambito di un concorso. Per quanto riguarda le esagerazioni, va ricordato che le modalità espressive palesemente iperboliche non rientrano nel divieto; però l’iperbole deve essere chiaramente riconoscibile come tale. Si pensi alle espressioni tipo “azienda leader nella Campania” o “la più efficiente nel campo immobiliare” o “il miglior prezzo”, ritenute iperboliche ed ammissibili, mentre al contrario espressioni quali “unica agenzia per la vostra pubblicità” o “dire addio alla forfora dopo soli 7 giorni” sono state ritenute ingannatrici. Un ulteriore e frequente caso di induzione in errore per mancata informazione sulle condizioni di vendita riguarda l’utilizzo dell’espressione “fino ad esaurimento scorte”, quando non accompagnata dalla data di scadenza dell’offerta, in quanto la mancata indicazione del termine di validità dell’iniziativa dà la possibilità al venditore di sottrarsi maniera ingiustificata ed incontrollata alla promessa da lui fatta alla clientela. L’art. 31 del Codice del Consumo prevede infine una tutela rafforzata per i minori in materia di televendite, tutela rafforzata che già si era prevista in via generale per le pratiche commerciali sleali. Ma mentre la previsione di carattere generale si collega sempre al divieto di ingannevolezza, per quel che riguarda le televendite, con una formula più ampia, si può prescindere dalla presenza di questo elemento, poiché si considera in maniera più estensiva tutto ciò che attiene alla tutela dei minori. A conferma di ciò e della coerenza che sta alla base dell’impianto normativo, come si era visto, l’art. 26 del Codice del Consumo considera pratica commerciale in ogni caso aggressiva proprio quella che include in un messaggio pubblicitario un’esortazione diretta ai bambini affinché acquistino o inducano i genitori o altri adulti ad acquistare i prodotti reclamizzati; viene quindi protetta la condizione di inesperienza o credulità del bambino. L’art. 31 del Codice prevede più in particolare che la televendita non deve esortare i minorenni a stipulare contratti di compravendita o di locazione di prodotti e di servizi, né arrecare loro pregiudizio morale o fisico. Si tratta di quelle televendite che, tenuto conto di oggetto, tempo e L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 28 modalità di trasmissione, possono essere concretamente idonee a turbare, pregiudicare o danneggiare i processi di apprendimento del minore o il discernimento tra valori diversi e opposti, come male/bene o buono/cattivo. Per quel che riguarda il pregiudizio fisico sono vietate tutte quelle forme di televendita che inducano il minore ad esporsi a situazioni di rischio. Qualche esempio Sono state sanzionate immagini relative ad una persona che ingoiava un anello, ad un gruppo di adolescenti intenti ad assumere comportamenti penalmente rilevanti o ad un bambino che svuotava il frigorifero di casa dalle verdure per darle al proprio criceto per poi cercare e mangiare la sua caramella preferita. Capaci invece di arrecare un pregiudizio morale potrebbero essere quegli spot di televendita che propongano a bambini o adolescenti modelli diseducativi Qualche esempio Sono state sanzionate immagini relative ad un figlio in atteggiamenti ostili nei riguardi del padre o una figlia che di fronte ai rimproveri della madre non risponde e si isola in camera sua ad ascoltare la musica a tutto volume. La televendita deve rispettare a tutela dei minori i seguenti criteri: a) non esortare i minorenni ad acquistare un prodotto o un servizio sfruttandone l’inesperienza o la credulità; si pensi al caso di tele shopping effettuato ad opera del conduttore del programma o dal pupazzo che spesso lo affianca, vale a dire da un soggetto che nell’immaginario del minore rappresenta una sorta di compagno di giochi; b) non esortare i minorenni a persuadere genitori o altri ad acquistare prodotti o servizi; c) non sfruttare la particolare fiducia che i minorenni ripongono nei genitori, negli insegnanti o in altri; questa previsione come la precedente mira ad evitare che la televendita possa speculare ad esempio sui sensi di colpa dei genitori per non aver acquistato un certo prodotto; la fiducia che il minore ripone negli adulti va protetta per non alterarne la sfera emotiva e conoscitiva (non si potrà affermare in uno spot di televendita, ad esempio, che le “brave” maestre, fanno usare tali pennarelli o tal altri quaderni); d) non mostrare in minorenni in situazioni pericolose; ancora una volta si vogliono evitare meccanismi imitativi ed identificativi (ad esempio uno spot che mostrava una famiglia in cui tutti i componenti, compresi i bambini, avevano un sacchetto di carta in testa). Infine l’art. 32 del Codice del Consumo prevede un quadro sanzionatorio piuttosto complesso ed articolato per la violazione delle norme sulle televendite. La complessità deriva dal fatto che, al controllo ed alle conseguenti sanzioni che possono provenire dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (per la verifica del rispetto della disciplina specifica in materia di televendita L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 29 prevista dagli artt. 28-31 Codice del consumo), si sovrappongono le sanzioni penali, affidate al Giudice penale, nel caso in cui la violazione integri anche un reato, l’intervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (con possibile opzione alternativa per il sistema di controllo dell’Autodisciplina Pubblicitaria) nel caso in cui la violazione delle disposizioni sulle televendite costituisca anche una più generale violazione delle regole sulla pubblicità, quello del Giudice ordinario per quel che riguarda la disciplina dei contratti a distanza. Non sempre è facile fare chiarezza fra questi diversi strumenti e distinguerne gli ambiti di operatività. Sicuramente le ipotesi di reato sono deputate al Giudice penale (si pensi alla televendita che integri una truffa); se si è in presenza del mancato rispetto della normativa prevista per le contrattazioni svolte fuori dai locali commerciali sarà competente il Giudice ordinario. La normativa lascia poi alle parti la libertà di scegliere se adire gli organi autodisciplinari o l’Antitrust per quel che riguarda pronunce in tema di ingannevolezza o scorrettezza del messaggio trasmesso (cfr. anche paragrafo 7 per quel che concerne i rapporti tra Autorità e organi di autodisciplina). 9 - Pubblicità occulta Una menzione particolare meritano quelle pratiche che integrano la c.d. “pubblicità occulta”, detta anche “pubblicità redazionale” e che possono essere fatte rientrare nella lettera m) dell’art. 23 del Codice del Consumo. Si tratta di una modalità considerata molto insidiosa perché il messaggio pubblicitario è difficilmente riconoscibile e l’utente può essere così facilmente ingannato, perché meno preparato e vigile rispetto a quanto avviene di fronte ad una campagna pubblicitaria vera e propria (uno spot, un annuncio all’interno di una rivista o di un quotidiano, un volantino, ecc…). I consumatori, in pratica, non devono essere destinatari inconsapevoli di comunicazioni promozionali occulte, idonee come tali ad influenzare le scelte economiche attraverso comunicazioni solo apparentemente disinteressate. La pubblicità occulta si suddivide in due principali categorie: la pubblicità redazionale e il c.d. product placement. La Pubblicità redazionale è quella in cui il messaggio promozionale è camuffato sotto la veste di un servizio giornalistico o di una pubblicazione scientifica. La casistica è molto ricca, così come sono numerose le decisioni che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha preso nel corso degli anni. Qualche esempio E' stato giudicato una forma di pubblicità occulta il ripetuto invito ai telespettatori ad acquistare una rivista sportiva nel corso della telecronaca di alcune partite di calcio, in quanto era assente qualunque forma di differenziazione di questo messaggio dal resto del programma; L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 30 è stata giudicata pubblicità occulta quella di una trasmissione di cucina, legata alle navi da crociera, in cui si esprimevano giudizi molto lusinghieri in particolare sul servizio di ristorazione offerto da una compagnia, realizzando così una campagna promozionale a favore di questo marchio; per quel che riguarda la pubblicità di servizi è stata ritenuta una forma di pubblicità occulta quella relativa ad un libro di un noto giornalista, la cui copertina veniva ripresa insistentemente e in maniera non giustificata nel corso di una trasmissione televisiva dove il giornalista era stato ospite ed aveva espresso il proprio pensiero su argomenti contenuti poi nel libro. Il Product placement si realizza quando un prodotto o un marchio vengono ripetutamente citati o ripresi all’interno di un film o di una trasmissione televisiva proprio per pubblicizzarli in modo occulto. Anche in questo caso sono moltissimi gli episodi segnalati e sanzionati nel corso degli anni. Qualche esempio E' stata giudicata una forma di pubblicità occulta l’inquadratura e la menzione di capi di abbigliamento di un noto stilista senza che ciò avesse un collegamento diretto con il contenuto della trasmissione e gli argomenti trattati; Sono state sanzionate trasmissioni casi in cui conduttori, telecronisti, ospiti, indossano capi di abbigliamento il cui logo è facilmente riconoscibile e/o frequentemente inquadrato. A tal riguardo si precisa che, per orientamento ormai consolidato del Giudice amministrativo (interpellato su ricorso del provvedimento emesso dall’Autorità), in casi come questi non è necessaria la prova che la pubblicità sia stata commissionata effettivamente dalla ditta produttrice , essendo sufficiente per configurare una pubblicità occulta la presenza di indizi precisi, gravi e concordanti, come le riprese prolungate, il marchio ben evidenziato, l’attinenza del marchio dell’azienda al carattere sportivo del programma o dell’evento ed i rapporti commerciali di sponsorizzazione per altri programmi. La pubblicità occulta è dunque vietata e ciascuna delle pratiche indicate nell’art. 23 va considerata sempre e comunque scorretta e come tale sanzionabile dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, a prescindere dalla valutazione sulla presenza dei requisiti o criteri.. Per evitare di incappare in questa fattispecie e nel conseguente divieto spesso viene inserita una comunicazione in sovraimpressione – per la pubblicità televisiva – in cui si avvisa l’utente che sta ricevendo un messaggio promozionale. 10 - Come segnalare una pratica commerciale scorretta Tra le varie forme di tutela per il consumatore rispetto alle pratiche commerciali scorrette, come abbiamo detto c’è la possibilità di rivolgersi all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Di propria iniziativa o su segnalazione dei soggetti interessati, l’Autorità potrà sanzionare le L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 31 pratiche commerciali scorrette e le pubblicità ingannevoli e comparative illecite. Ai segnalanti non sono richieste particolari formalità, versamenti a favore dell’Antitrust o l’assistenza di un avvocato. I consumatori che intendono segnalare una pratica commerciale scorretta o una pubblicità ingannevole possono farlo: tramite posta ordinaria inviando la segnalazione a Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Piazza Giuseppe Verdi 6/A – 00198 Roma; inviando la segnalazione scritta al numero di fax dell’Ufficio Protocollo 06 85821256; compilando e inviando on line il modulo cui si accede tramite il link http://www.agcm.it/invia-segnalazione-online.html#wrapper, compilando dei campi che si riferiscono a: 1) dati relativi al segnalante; 2) dati relativi al segnalato (soggetto o impresa); 3) fatto che si vuole segnalare; 4) allegati (cioè documenti di supporto alla segnalazione, se disponibili). Le varie modalità di segnalazione sono valide anche per le imprese, le società o i liberi professionisti relativamente ai messaggi pubblicitari ingannevoli o che contengono comparazioni illecite sulla vendita di beni o servizi. Per consentire all’Autorità di svolgere al meglio il proprio compito di tutela è importante essere quanto più possibile precisi e dettagliati nel descrivere i fatti e fornire, laddove ciò sia possibile, copia dei documenti o dei messaggi per i quali si chiede l’intervento. Tutte le informazioni richieste nel modulo di segnalazione sono importanti per l’Autorità ai fini dell’accertamento dei fatti segnalati. L’indirizzo e gli altri recapiti indicati nella richiesta di intervento consentono all’Antitrust di inviare al segnalante informazioni sullo stato della denuncia e sull’esito della stessa nonché di ricontattare l’interessato per avere le ulteriori informazioni che potrebbero rendersi necessarie. Esiste anche un numero verde (800-166-661) che svolge un utile servizio di call center per l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Il call center compie le attività di prima informazione e supporto al pubblico, funzionali all’esercizio delle competenze demandate alla Direzione Generale per la Tutela del Consumatore, fornendo assistenza qualificata al pubblico, orientamento ai consumatori sulle modalità di segnalazione di pratiche potenzialmente scorrette e informazioni ai segnalanti. http://www.agcm.it/consumatore/consumatore-call-center.html L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 32 commerciali PRECEDENTI VOLUMI DELLA COLLANA “I QUADERNI DEL CONSUMATORE” Nella Collana “I Quaderni del Consumatore” realizzata a cura del Servizio di Regolazione del Mercato della Camera di Commercio di Ancona, sono già stati pubblicati i seguenti volumi: Quaderno n. 1 Il Consumo sostenibile Marzo 2009 Quaderno n. 2 S.O.S. Turista Luglio 2009 Quaderno n. 3 I contratti a distanza Dicembre 2009 Quaderno n.4 Le etichette ecologiche Dicembre 2010 Quaderno n.5 La sicurezza dei prodotti Giugno 2011 I volumi sono scaricabili gratuitamente dal sito camerale all’indirizzo ww.an.camcom.gov.it. L e pratiche commerciali scorrette Vol. 6 – I Quaderni del consumatore 33