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Pratica
di Davide Munaretto
Nematos 211 Pre Linea
Nella panoramica variegata delle realizzazioni sia commerciali che legate al
mondo dell’autocostruzione, troviamo innumerevoli esempi di preamplificatori più o meno complessi, ma che generalmente fanno uso di valvole
comuni, passando dalla serie ECC alla 6SN7, ovvero tutte valvole a riscaldamento indiretto con fattore di amplificazione più o meno elevato, che ben
si adattano a questo scopo.
Per molto tempo avevo meditato di realizzare un preamplificatore che fosse in qualche
modo “diverso”, e dopo qualche mese di
ricerche e con un pizzico di fantasia ho dato
vita a NEMATOS 211.
Nematos 211 è una macchina con una circuitazione particolare, che oltre far uso di
valvole di potenza come la 211/VT4-C, è
completamente raddrizzato a valvole e tutte
a riscaldamento diretto (da qui il nome che in
latino significa FILAMENTO), progetto che
potrebbe essere considerato per certi versi
assurdo, ma che in base agli ascolti non
lascia alcun dubbio sulle sue incredibili doti
in termini di microdinamica, trasparenza e
raffinatezza sonora.
Io stesso inizialmente ero abbastanza scettico: pensare di realizzare un preamplificatore
con valvole di questo tipo mi sembrava quasi
una follia. Qualche esempio si può trovare in
rete, ma sono tutti o con trasformatore di
ingresso/uscita e con ponti di diodi e
stabilizzatori di tensione ad integrati,
cosa che non amo molto, soprattutto quando si parla di circuiti a valvole: inoltre mi domandavo fino a
che punto ne sarebbe valsa la
pena in termini di rendimento
acustico.
Senza poi considerare il
fatto che realizzare un
preamplificatore con
valvole di potenza non
è proprio una passeggiata, in quanto
le difficoltà che si
incontrano in termini di “rumorosità” del sistema sono talvolta (quasi)
insormontabili.
Ma il desiderio e la curiosità di provare
erano
molto forti…
Perciò, conscio delle diffi-
coltà cui sarei andato incontro, ho cominciato a studiare la mia versione di questa strana macchina e quella che segue è la descrizione passo-passo di come partendo dal
progetto teorico sono arrivato alla realizzazione pratica.
PREMESSA
Prima di entrare nel merito del progetto vero
e proprio, è doveroso però fare alcune considerazioni, prima fra tutte la pericolosità
dovuta alle tensioni elevate, necessarie
come sappiamo, a queste valvole per poter
funzionare in modo corretto.
Pericolosità, tengo a precisare, dovuta
essenzialmente ai condensatori di filtro, che
caricati con tensioni spesso elevate possono
causare problemi anche gravi, se non LETALI in casi estremi.
Pertanto se ne sconsiglia la realizzazione ai
meno esperti e comunque si
ricorda di prestare la
massima attenzione
anche a coloro che
hanno alle spalle
parecchie ore di
“saldatore”!
In secondo luogo, consideriamo che un preamplificatore di questo tipo sarà ingombrante, pesante e sicuramente dal costo abbastanza elevato, anche se sicuramente dal
circuito apparentemente semplice, come
vedremo nel corso della trattazione.
Un altro elemento da considerare prima di
procedere è quello del fattore di amplificazione: infatti, una sola valvola sarà senza
dubbio in grado di pilotare agevolmente
qualsiasi finale, purché non si pretendano
fattori di amplificazione dell’ordine dei +40
dB. Da queste considerazioni ognuno dovrà
trarre le dovute conclusioni per capire se la
soluzione proposta in queste pagine si potrà
adattare alle caratteristiche del proprio
impianto, che necessariamente comunque
dovrà prevedere diffusori ad alta efficienza.
IPOTESI DI PROGETTO
Come abbiamo detto il circuito è semplice;
trattandosi di un solo triodo, dovremo solo
prevedere la corretta polarizzazione in
funzione del punto di lavoro che decideremo di adottare.
In pratica, la cosa più delicata sarà il
circuito di alimentazione, in quanto,
viste le caratteristiche tecniche
che contraddistinguono il filamento delle valvole in questione, dovremo prevedere sicuramente un’alimentazione
in corrente continua questo per evitare in modo
assoluto l’eventuale
ronzio a 50 Hz tipico
delle alimentazioni
in alternata.
Altro parametro
di
notevole
importanza,
come abbiamo
detto precedentemente, è la
tensione di alimentazione anodica. Infatti, per raggiungere una linearità accettabile dovreCostruire Hi-Fi N. 103
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Pratica
ELENCO COMPONENTI STADIO AMPLIFICATORE
Resistenza anodica 10Kohm/20W
Resistenza catodica 1Kohm/3W
Potenziometro d’uscita 10Kohm/Log.
Condensatore catodico 200microF/35V
Condensatore d’accoppiamento 1microF/600V
Valvola amplificatrice VT4-C
ELENCO COMPONENTI STADIO
ALIMENTATORE ANODICO
Induttanze di filtro 6H/100mA
Primo condensatore di filtro
4.7microF/400V a.c.
Secondo condensatore di filtro
840microF/700V
Terzo condensatore di filtro
330microF/800V
Valvola raddrizzatrice 5X4
Trasformatore:
primario: 230V
secondario 1: 2 x 320V/100mA
secondario 2: 5V/4°
ELENCO COMPONENTI STADIO ALIMENTATORE FILAMENTO
Prima induttanza di filtro 2mH/8A
Successive induttanze di filtro 0.4mH/8A
Primo condensatore di filtro 47000microF/16V
Secondo condensatore di filtro 68000microF/16V
Terzo condensatore di filtro 50000microF/16V
Quarto condensatore di filtro 150000microF/16V
mo attestarci su una tensione che dovrà
oscillare fra i 400 e i 600 Vcc.
Da questo deriva la considerazione legata
alla configurazione da adottare per l’alimentazione, che potrà essere di tipo diverso in
base alle scelte progettuali, passando dal
classico pi-greco con raddrizzamento a stato
solido a un ben più valido raddrizzamento a
tubi, magari seguito da un doppio pi-greco.
I componenti, naturalmente, svolgono un
ruolo determinante: la qualità degli elettrolitici delle induttanze e, soprattutto, del trasfor48
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matore di alimentazione, devono essere
indubbie, anche se tengo a precisare che i
componenti “GRIFFATI” non fanno il “preamplificatore”! .
Per il trasformatore di alimentazione dovremo adottarne uno con caratteristiche di isolamento estremamente valide, viste le tensioni in gioco; questo dovrà avere un’impedenza secondaria adeguatamente bassa
per non influire negativamente sul risultato
finale dell’insieme.
Trattandosi di un prodotto di riferimento
Valvola raddrizzatrice 367
Trasformatore:
primario: 230V
secondario 1: 2 x 22.5V/10A
secondario 2: 1.9V/10A
anche per quanto riguarda il condensatore di
uscita, dovremo prevedere l’utilizzo di componenti di ottima qualità, adottando se
necessario il parallelo di più unità, atto a
ridurne la reattanza e aumentarne la capacità. Ribadisco che la “MARCA” non determina la qualità del componente: se potete vi
suggerisco di ricorrere a componenti d’epoca, che sono sicuramente meno costosi e
altrettanto validi se paragonati a quelli di
moderna produzione, almeno per quanto
riguarda i condensatori di accoppiamento in
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carta/olio.
Ma ora entriamo nel merito della progettazione vera e propria e su come procedere
nella scelta e al dimensionamento dei vari
stadi del circuito. Per prima cosa cominciamo da quello di alimentazione, che come
sappiamo riveste un’importanza direi quasi
assoluta, soprattutto nel nostro caso.
Il suo compito è quello di fornire in uscita una
tensione continua avente determinate caratteristiche, partendo da una tensione alternata applicata al suo ingresso.
É quindi evidente che questo stadio riveste
un’importanza vitale e concorre in modo
determinante al buono o cattivo funzionamento degli stadi di amplificazione ad esso
correlati. É bene perciò applicare tutti i “trucchi” che fanno di un alimentatore un “Buon
alimentatore”.
Gli alimentatori comunemente usati negli
amplificatori sono, di norma, non stabilizzati:
in altri termini, la tensione in uscita di massima diminuisce in modo proporzionale in funzione dell’aumento del carico, con contemporanea conseguente variazione del ripple.
Con il termine “ripple”, si indica il valore della
tensione alternata residua che risulta
sovrapposta alla tensione continua in uscita,
con carico applicato. Tale residuo è di norma
piccolo rispetto alla tensione d’uscita ed è
uno dei parametri in base ai quali si giudica
la bontà di un alimentatore.
Normalmente la sua ampiezza viene indicata come percentuale della tensione nominale d’uscita; a esempio: se in un alimentatore
la tensione d’uscita è pari a 10 V e il ripple è
pari allo 0,1%, significa che il residuo di
alternata è di 10 mV.
É importante che il ripple sia molto contenuto, perché come sappiamo è causa di enormi fastidi, a esempio in un amplificatore di
bassa frequenza se il suo valore è troppo
elevato, da origine ad un notevole rumore di
fondo comunemente chiamato “ronzio”.
I parametri fisici non modificabili delle valvole a riscaldamento diretto ed in modo particolare di quelle con filamento lungo, a forte
assorbimento di corrente come quello che
caratterizza la nostra VT4-C, ci inducono,
come abbiamo già detto, a scegliere un’alimentazione per il filamento che dovrà essere realizzata in corrente continua, pena un
fortissimo ronzio.
Come ben tutti sanno, però, filtrare correttamente una tensione di 10 V – 3,5 A non è
proprio una passeggiata, anche perché dobbiamo considerare che il ripple residuo, per
essere accettabile, dovrà attestarsi intono
allo 0,02% della tensione di alimentazione,
ovvero 0,002 V e vi assicuro che per raggiungere un tale valore non bastano un
ponte di diodi e qualche condensatore
magari scelto a caso…
Inoltre, visto che i programmi di simulazione
sono molto utili ma non sono accessibili a
tutti, e soprattutto non piacciono al sottoscritto, cercheremo di dimensionare il nostro filtro usando la vecchia calcolatrice e qualche
semplice ma efficace formula che ci guiderà
in modo sicuro nella giusta direzione senza
eccedere né in un senso, né nell’altro. Il tutto
sarà poi ovviamente verificato sperimentalmente in laboratorio, ma soprattutto potrà
diventare un metodo universale che vi consentirà di verificare o progettare qualsiasi
altro tipo di alimentazione che faccia uso di
filtri LC.
Per cominciare quindi, cerchiamo di capire
quali sono i parametri fisici che intervengono
in un sistema di rettificazione e filtro sia esso
a stato solido con diodi o con tubi a vuoto.
Quando si applica una tensione alternata ad
un diodo o ad un ponte di diodi oppure ad un
tubo a vuoto, si hanno delle modificazioni dei
parametri iniziali in termini di tensione e corrente che sono strettamente correlati alle
caratteristiche del semiconduttore o valvola
usata.
Il primo parametro fra tutti che varia nel raddrizzamento è la tensione finale che di
norma è pari a 1,414 volte il valore iniziale
anche se di contro, avendo a che fare con
semiconduttori e tubi che per loro natura
sono caratterizzati da una loro resistenza
interna si hanno anche delle cadute di tensione, che variano a seconda che si tratti di
tubi o semiconduttori stato solido.
Per quanto riguarda i tubi, ogni tubo ha una
sua caduta caratteristica, a titolo di esempio:
5AR4 / GZ34
5U4 / GZ37
83
5Y3
5R4
3 – 7%
8 – 16%
2 – 3%
13 – 23%
12 – 22%
Per quanto riguarda i semiconduttori, si ha
per i diodi singoli una caduta di tensione pari
a 0,7 V, mentre nei raddrizzatori a ponte la
caduta è pari a 1,4 V; questi valori possono
essere poi suscettibili di variazioni in funzione del tipo di semiconduttore adottato.
Questi parametri devono essere tenuti in
considerazione quando si deve scegliere il
trasformatore di alimentazione, che oltre ad
essere previsto per la giusta corrente dovrà
avere la tensione in uscita calcolata tenendo
conto delle varie cadute.
Generalmente per correnti elevate si adottano raddrizzatori a stato solido, ponti di diodi
che possono gestire con estrema facilità
anche decine di ampere di corrente, oppure
in alternativa e di gran lunga migliori sono i
doppi diodi a vuoto; ma dove le troviamo valvole che possano reggere correnti così elevate?
Valvola Tungar della General Elctric (1917).
Si tratta del primo diodo a gas inerte (nella
fattispecie Argon).
In passato furono realizzati dei particolari
diodi e doppi diodi nati sostanzialmente per
uso industriale che potevano gestire correnti molto elevate a scapito, però, di una ridotta tensione applicabile alle loro placche...
Questi doppi diodi generalmente erano a
vapori di mercurio o riempiti con gas inerti,
che svolgevano la funzione di migliorare la
dissipazione di calore, mantenere stabile il
filamento ed evitare che vi fossero archi
accidentali fra gli elettrodi.
Il primo diodo a gas inerte (Argon) fu prodotto dalla General Electric nel 1917 e si chiamava TUNGAR, una grossa valvola con
attacco a vite studiato proprio per reggere
correnti elevate e dedicato esclusivamente
al raddrizzamento nei caricabatterie dell’epoca.
A partire dal 1923 venne poi messa in produzione dalla Philips la valvola 367, un doppio
diodo riempito sempre con Argon, che prese
il posto della TUNGAR grazie alle sue
migliori caratteristiche tecniche.
Questo particolare doppio diodo può erogare in modo continuo correnti fino a 6A, con
una tensione di lavoro massima di 45V.
Di aspetto molto scenografico, è particolarmente adatto per il raddrizzamento dei filamenti delle valvole, l’unico problema oggi è
la sua reperibilità, in quanto oltre a non esseCostruire Hi-Fi N. 103
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re stato prodotto in un gran numero di esemplari si sono perse le tracce con l’avvento dei
raddrizzatori al selenio che soppiantarono
prepotentemente queste particolari valvole.
Quindi come abbiamo visto la prima scelta
può essere fatta fra lo stato solido o la valvola.
Adesso non ci resta che stabilire la complessità del filtro, ovvero che tipo di configurazione adottare: semplice, pi-greco, doppio o triplo pi-greco, in funzione delle necessità.
Per stabilire questo ci affidiamo al calcolo, per poi verificarlo e affinarlo in fase di
prototipo.
Lo schema completo del nostro alimentatore
è quello riportato in figura e con riferimento a
quello andiamo ad analizzare punto per
punto le tensioni di ripple, ed in base ai risultati ottenuti decidere che tipo di configurazione adottare.
Questo procedimento e le formule utilizzate,
sono ovviamente utilizzabili per ogni altro
Valvola 367 della Philips (1923): doppio
diodo riempito con Argon.
Datashee della 367
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tipo di configurazione LC con qualsiasi
valore di tensione, corrente, induttanza e
capacità.
Come prima cosa verifichiamo il valore di
ripple che avremmo al nodo Vr1 quindi considerando di adottare una configurazione
che preveda il solo condensatore di filtro C1.
Il valore di Vr1 è funzione della corrente
assorbita dal carico, che nel nostro caso è
determinato dal filamento della valvola, che
per la 211 vale circa 3,5 A, per la frequenza
in Hz di raddrizzamento (50 Hz per la singola semionda, 100 Hz per semionda intera) e
il valore della capacità del condensatore C1.
Facendo un po’ di prove con valori diversi ci
si rende presto conto che un solo condensatore non basta… Quindi procediamo nel
complicare il nostro filtro aggiungendo un’induttanza e un altro condensatore, creando
quindi un vero e proprio filtro PI-GRECO.
In questo caso la scelta del valore dell’induttanza diventa quasi determinante, in quanto
da questa dipendono sia l’abbattimento del
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Datasheet e curve caratteristiche della 211.
ripple che la caduta di tensione che andremo
ad avere a causa della sua resistenza in
continua determinata dalla sezione del filo
con la quale è stata realizzata. Questa dovrà
necessariamente essere bassa, ma non
solo: dovrà poi essere dimensionata in modo
tale da reggere il passaggio della corrente
richiesta dal carico.
I valori ottenuti possono essere considerati
più o meno soddisfacenti in funzione del tipo
di diffusore che andremo ad adottare: infatti,
con diffusori di sensibilità elevata (106 db),
sarà necessario ridurre il ripple residuo a
valori dell’ordine di qualche mV aumentando il numero di celle LC e il valore delle
capacità, ognuno poi potrà sperimentare in
base alle proprie necessità, e quindi pensare di dimensionare e realizzare il filtro secondo i parametri risultanti dal calcolo.
Da questa analisi emerge che i valori calcolati sono molto vicini alla realtà; le uniche
piccole differenze in termini di valore assoluto dipendono dalle tolleranze dei componenti, primi fra tutti i condensatori elettrolitici che
come sappiamo hanno tolleranze sul valore
dichiarato dell’ordine del 20%.
Creato il filtro, dovremo ora preoccuparci di
dimensionare in modo corretto il trasformatore di alimentazione che come sappiamo
dovrà essere in grado di fornire la giusta tensione e corrente non solo con funzionamento a vuoto ma anche in presenza del carico
dovuto al filamento della valvola.
Anche in questo caso molto spesso si tende
a generalizzare ed approssimare con la convinzione che i trasformatori siano tutti uguali, ma non è esattamente cosi, la conformazione dei nuclei, il tipo di filo utilizzato, il tipo
di lamierini, rendono sensibilmente differenCostruire Hi-Fi N. 103
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te una macchina rispetto ad un’altra.
Partiamo dal concetto base, che la tensione di alimentazione che necessitiamo in
corrente continua sotto carico è di 10V
con una corrente assorbita reale di 3,5 A.
Sappiamo anche che sia i diodi singoli,
che i ponti di diodi, che i tubi a vuoto
hanno una loro caduta interna come
anche le induttanze, e sono proprio questi
due parametri che dovremo correlare fra
loro per stabilire poi la tensione a vuoto da
avere ai capi del nostro trasformatore.
Quindi cominciamo a considerare per
semplicità la caduta tipica di un ponte
diodi che di massima si considera di 1,4
Volt, se poi si dovesse decidere di utilizzare un tubo a vuoto si dovrà considerare il
suo valore specifico.
Come secondo parametro abbiamo detto
che dovremo tenere in considerazione la
caduta che si ha sulle induttanze di filtro,
in quanto essendo bobine di filo avranno
una loro resistenza in continua specifica,
facilmente determinabile con un buon
tester oppure meglio se si dispone di un
ponte, in quanto di norma il valore è dell’ordine di qualche frazione di Ohm, nel
mio caso il loro valore si attesta a 0,42
ohm.
Sapendo quindi che la corrente che vi
scorre è di 3,5 A, per la famosa legge di
Ohm la caduta di tensione che avremo su
due induttanze sarà data da:
V = (0,42 * 3,5 )* 2 Vind = 2,94 Volt
che su 10 Volt è un bel 30%!
Questo già ci aiuta a capire come sia facile trovarsi con cadute eccessive, dovute
magari a parametri che in prima approssimazione si potrebbe pensare trascurabili,
come ad esempio il ripple residuo appena
dopo il primo condensatore che per quanto trascurabile dovrà essere tenuto in
debita considerazione.
Pertanto la tensione a vuoto che dovremo
misurare ai capi del nostro trasformatore
si può determinare con la seguente
espressione:
Vac = Vout + 1,4 + Vr + Vind da cui:
Vac = 10 + 1,4 + 0,46 + 2,94 = 14,8 Volt
Per quanto riguarda invece la potenza
minima necessaria dovremo sempre per la
legge di Ohm calcolarla come segue:
P = V * I dove
P = 14,8 * 3,5 = 51,8 W
ovvero il nostro trasformatore dovrà avere
una potenza minima di 60 VA da dedicare
alla sola alimentazione di un solo filamento.
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Costruire Hi-Fi N. 103
Sarebbe buona norma tenere le alimentazioni separate facendo fare un trasformatore con due secondari distinti, questo
anche per non esasperare le correnti in
gioco ed essere costretti a dimensionare il
filtro in modo elefantiaco.
Un altro suggerimento è quello di prevedere sul primario eventuali prese secondarie
che consentano una tensione in uscita di
+/- 10%, questo in caso vi fossero poi in
pratica degli imprevisti…
Esaurito il dimensionamento del filtro per i
filamenti possiamo ora passare a quello
del circuito dell’anodica, che grazie alle
correnti molto ridotte e le tensioni elevate,
potrà limitarsi al semplice filtro tipo CLC,
ovvero il classico PI-GRECO.
Il calcolo è sostanzialmente equivalente a
quello visto prima.
Prima di procedere alla valutazione dei
ripple, dobbiamo stabilire quanta corrente
andremo ad assorbire, e questa ci è data
dal punto di lavoro della nostra valvola.
Per fare questo ci occorrono i data sheet
della valvola, facilmente reperibili su internet.
Quello che andremo a fare sarà stabilire il
valore del carico anodico in Kohm, fissare
la tensione di lavoro e verificare la corrente di riposo, questa procedura può essere
fatta per qualsiasi valore riterremo logico
utilizzare, oppure potremo anche più semplicemente utilizzare uno dei tre punti di
lavoro suggeriti dal produttore sempre rilevabili dal data sheet.
Nel mio caso i parametri scelti sono stati
una tensione di alimentazione di circa 430
V, un carico anodico di 10K con una corrente equivalente di circa 20 mA.
In queste condizioni, la polarizzazione di
griglia si attesta a circa – 16V.
Con questi dati ci viene quindi facile stabilire già il valore da assegnare alla resistenza di catodo che sarà dato da:
Rcat = Vg / Iq da cui
Rcat = 800 Ohm
Possiamo quindi passare al dimensionamento del filtro dell’anodica, che per non
diventare ripetitivo tralascio in quanto,
come già detto, il procedimento è lo stesso visto precedentemente; trovate i risultati in termini di valore sullo schema finale.
Ormai c’è rimasto davvero ben poco da
calcolare, rimane solo da aggiungere un
condensatore di accoppiamento che,
come sappiamo, con la resistenza costituita dal potenziometro, forma un filtro RC
passa-alto di primo ordine con attenuazione di 6 db per ottava, e per tanto dovrà
essere scelto in modo che il valore di
taglio sia il più basso possibile e comun-
que fuori dalla banda udibile.
Il calcolo del valore di taglio si stabilisce
nel modo seguente:
f = 159 / ( R * C )
dove f è la frequenza di taglio in Hz, R è
esèresso in Kohm, e C è espresso in mf
Per tanto volendo assumere valori standard si avrà:
f = 159 / ( 10 * 1 ) = 15,9 Hz
(valore più che accettabile)
Il valore della tensione del condensatore
ovviamente sarà correlato al valore di alimentazione anodica, per tanto nel nostro
caso avendo una tensione di 430 V si alimentazione, una corrente di 20 mA, sulla
resistenza di carico avremo una caduta
pari a:
V = R * I da cui V = 10 * 20 = 200 V
pertanto il condensatore vedrà una tensione effettiva di circa 430 – 200 = 230 V
Quindi il valore della tensione di lavoro
dovrà essere pari almeno a 350 V.
Dalle prove effettuate, ho notato che tensioni superiori accentuano in modo molto
sensibile l’effetto microfonico della valvola
VT4-C, non saprei però dire se questo è
strettamente legato al fatto che le valvole
in questione sono NOS della General
Electric e per tanto affette da una selezione magari poco accurata, del resto con
valvole cinesi non ho fatto prove e per
tanto non saprei dire quale tipo di comportamento potrebbero avere, comunque per
coloro che volessero provare si può anche
pensare di aumentare l’anodica fino a
1000V cambiando cosi i punti di lavoro.
Lo schema del circuito audio finito è quindi
molto semplice, il potenziometro dovrà
essere posto in uscita, e consiglio di
adottare un condenstore in sia esso in
carta/olio o polipropilene di valore non
inferiore ad almeno 1 mF.
Una caratteristica di questo circuito è
l’assenza del potenziometro a filo in
parallelo al filamento, cosa per altro
abbastanza difficile da vedere negli
schemi tradizionali, ma che nel nostro
caso è pressochè inutile se non addirittura
deletereo, in quanto alimentando il
filamento in c.c. con ripple quasi a zero, i
capi del filamento diventano il riferimento
catodico esatto, a prescindere che ci si
colleghi al positivo o al negativo, infatti se
si dovess adottare il classico
potenziometro, quello che si otterrebbe,
sarebbe solo un forte rumore durante la
rotazione e l’azzeramento dell’Hum solo ai
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Pratica
due estremi della
potenziometro stesso.
rotazione
del
ASSEMBLAGGIO E PROVE
DI LABORATORIO
A questo punto calcolato tutto ciò che ci
serve per poter iniziare, non ci resta che
procuraci i componenti e cominciare ad
assemblare un primo prototipo.
Il prototipo è molto importante in quanto ci
consentirà di verificare per prima cosa
l’esattezza dei nostri calcoli e in secondo
luogo verificare con le misure che tutto sia
a posto e che non vi siano sorprese
inaspettate.
Come prima cosa con l’ausilio di un
oscilloscopio, si dovrà verificare che il
circuito di alimentazione sia davvero
funzionale e che rispetti i valori di ripple
precedentemente stimati.
Per fare questo, è sufficiente predisporre
l’oscilloscopio per una lettura in c.a. e
verificare ai capi della valvola il valore di
ripple presente, l’operazione la si può
ripetere per tutti gli stadi del filtro, con
l’accortezza di scollegare l’anodica, questo
solo per una questione di sicurezza.
L’operazione vale poi anche per l’anodica,
ma queste verifiche sono da consigliare
solo a persone con esperienza in quanto
potrebbero rivelarsi molto pericolose.
Fatto questo si dovrà passare alla sezione
audio per verificarne l’effettivo guadagno e
che non vi siano disturbi, risonanze o
distorsioni indesiderate e per fare questo
avremo bisogno oltre che l’oscilloscopio
anche di un generatore di segnale in grado
di fornirci un’onda sinusoidale di almeno un
kHz con ampiezza di segnale da 1 Vrms,
da collegare all’ingresso con potenziometro
ovviamente tutto aperto, per poi misurare il
segnale con l’oscilloscopio collegato in
uscita e tramite il dovuto rapporto stabilirne
il fattore di amplificazione che nel caso
specifico dovrebbe essere pari a circa 8,
che tutto sommato è buono, soprattutto se
si considera un sistema di diffusori da 106
db.
Accertato che tutto corrisponda a quanto
previsto, si può a questo punto procedere
all’approntamento del modello definitivo.
A tale proposito è bene ricordare che per
ottenere buoni risultati sarà necessario
manatenere cablaggi corti e ordinati quanto
più possibile, avendo cura di intrecciare le
coppie di conduttori sia dell’alimentazione
dei primari dei trasformatori sia di quelli
dell’alimentazione dei filamenti, non creare
dei loop di massa, e utilizzare cavetti
schermati per il percorso del segnale.
Per non incorrere in sorprese inaspettate,
consiglio di procedere cablando i primari
dei trasformatori, per poi passare
all’alimentazione delle VT4-C.
Rammento che questo tipo di circuito è
molto sensibile ai disturbi e che la
disposizione dei singoli fili è assolutamente
determinante per l’eliminazione di eventuali
risonanze o ronzii.
Per tanto consiglio di tenere ben divise le
alimentazioni in alternata da quelle in
continua, tipo l’alimentazione di rete.
Inoltre viste le temperature che le singole
valvole raggiungono (in modo particolare la
367), consiglio di utlizzare un cablagio
isolato in silicone o teflon, entrambi molto
resistenti alle alte temperature e che
garantiscono una buona durata nel tempo.
Per quanto riguarda poi il contenitore è
sempre buona norma adottare materiale
non magnetico e di metallo che
opportunamente riferito alla messa a terra
di casa e allo zero analogico dell’anodica
svolgera anche funzione di schermatura,
nel mio caso ho adottato una lamiera di
acciao inossidabile amagnetico di ottima
qualità, unica pecca è la sua durezza in
caso si debba intervenire meccanicamente
per qualche lavorazione tipo forature
aggiuntive etc.
L’ASCOLTO…
Credo che talvolta, quando si ha a che fare
con una propria creatura, sia difficile essere
obbiettivi, comunque vi posso dire che
essendo abituato, direi, bene…non sarei
comunque sceso a compromessi neanche
con una mia creatura…infatti la messa a
punto definitiva mi ha richiesto parechio
tempo e molte prove, senza considerare le
volte che ero quasi arrivato al punto di dire
basta e stavo per rinunciare!
NEMATOS 211 è assolutamente
strabiliante, il confronto è avvenuto con un
pre a valvole di tipo 6SN7 NOS che come
sappiamo sono come risposta molto lineari
e tra le più usate, ebbene la sensazione
che si ha di primo acchito è una incredibile
trasparenza e ricchezza di dettagli con un
sensibile incremento della gamma bassa.
Si guadagna moltissimo in microdinamica,
ariosità e dettaglio al punto tale da restare
davvero strabiliati… Si ha come la
sensazione che il suono venisse in qualche
modo frenato dall’altro pre, e che ora possa
scorrere
libero
senza
ostacoli,
compressioni, in tutta la sua brillantezza in
un perfetto equlibrio timbrico.
Avevo già sentito parlare di preamplificatori
con la 211, e tutti i commenti erano positivi,
ma mai avrei creduto che si potessero
raggiungere differenze simili, soprattutto
parlando di preamplificatori.
Con questo spero di avere incontrato il
vostro interesse, e come sempre sono a
disposizione per ulteriori chiarimenti.
Contattatemi all’indirizzo di posta elettronica
[email protected]: rispondo a
tutti, tempo permettendo!
Oscillogramma del ripple sul filamento della 211 e valori utilizzati per la lettura.
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Pratica
di Alberto Maltese
Mirage M1SI
Dal miraggio alla realtà...
Cronaca dell’intervento sulle Mirage M1 SI, imponenti
diffusori monolitici, alla ricerca del suono perduto…
Si tratta di un enorme e costoso diffusore
High-End, risalente al lontanissimo 1994,
testato sul numero di SUONO di maggio dello
stesso anno, al quale potrete riferirvi per ogni
approfondimento. La prova tecnica fu eseguita e redatta da Gian Piero Matarazzo, in quegli anni in forza alla suddetta rivista.
Le Mirage M1 SI sono certamente uno dei
“diffusori incubo” di ogni tecnico o redattore.
Le loro dimensioni diciamo “contenute” in ben
1,50 metri d’altezza e il loro dolce peso non
ne fanno certamente un qualcosa di pratico
da maneggiare, spostare, misurare e via
dicendo, a meno di non essere in molti (e
molto disponibili) in laboratorio!
Diciamolo pure: è un gran bel sistema... ogni
diffusore monta sei altoparlanti (tre sul frontale e altrettanti sul retro) con emissione bipolare. Per i lettori disattenti segnalo la principale
differenza tra DIPOLO e BIPOLO; nel primo
caso le emissioni frontale e posteriore sono in
controfase, nel secondo sono in fase. A questo punto è giocoforza pensare di poter ottenere un buon incremento di sensibilità col
secondo sistema. Eppure le Mirage si fermavano a soli 82,3 dB (in camera anecoica, in
ambiente è lecito supporre circa 3 dB d’incremento, per un totale di circa 85... comunque
sempre troppo pochi con ben sei altoparlanti
in funzione ed un carico di 4 Ohm visto dall’amplificatore).
UN’OCCHIATA APPROFONDITA
Nel grafico Orig 01 è riportata la misura dell’impedenza delle Mirage nella versione originale. Il minimo si aggira attorno a 4 Ohm ad
una frequenza di poco inferiore ai 100 Hz. Lo
sfasamento di soli 13 gradi negativi non è in
grado di impensierire un amplificatore degno
di questo nome. La misura, come potrete
notare se avete a portata di mano il numero di
SUONO dell’epoca, è assolutamente identica
a quella rilevata da Matarazzo all’IAF. Segno
che la costanza di produzione delle Mirage
non è niente male, che le misure delle riviste
serie sono dati oggettivi e che la CLIO funziona ancora alla grande.
La forma del diffusore è piuttosto controcorrente; abbiamo infatti un pannello frontale
piuttosto largo (mezzo metro) abbinato ad
una profondità molto ridotta (24 cm). Queste
dimensioni sono state ipotizzate come neces54
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sarie dai tecnici Mirage
per il buon funzionamento del BIPOLO; lo
spessore minimo del
box avvicina molto le
due emissioni frontale e
posteriore, nel tentativo
di renderle quanto più
possibile coincidenti,
mentre la larghezza del
frontale fa in modo da
schermarle, isolarle
l’una dall’altra per evitaFoto 01: Per avere un’idea dell’enormità del crossover originale lo abbiamo appoggiato a una
coppia di diffusori Aurion delle seguenti dimensioni: 40x24x30.
Orig. 01
Orig. 02
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Pratica
re possibili interferenze dirette che altererebbero non poco la risposta in frequenza.
Sempre a proposito di risposta, è bene notare il disassamento operato per le unità medioalti, pratica comune quando si vuole che il
pannello frontale si faccia sentire il meno possibile, che lo scrivente utilizza ogniqualvolta
desidera costruire qualcosa di valido.
Una discreta dimensione del pannello frontale, inoltre, minimizza la perdita di livello che si
ha sempre quando si monta un altoparlante
non più sul vasto pannello di misura ma su un
minidiffusore esoterico modello scatola da
scarpe di Biancaneve e i sette nani di aloiana
memoria...
L’OCCHIO VUOLE LA SUA PARTE
La realizzazione fisica del mobile delle Mirage
non è male, davvero: un bel misto di MDF e
di truciolare ad elevatissima densità, entrambi da ben 25 mm di spessore, con incastri ed
incollaggi a regola d’arte, rinforzi ovunque ed
enormi vitone di fissaggio (piuttosto brutte, ma
MOLTO valide; e poi sotto la tela estetica non
si vede proprio nulla) lungo l’intero perimetro
esterno.
Gli altoparlanti utilizzati non sembrano per
niente malvagi, anche se per la cifra investita
credo sarebbe stato più che lecito aspettarsi
qualcosa di meglio (mia opinione personale,
non fatene una polemica, please); una volta
sfilata la “sexycalza” fonotrasparente che
ricopre l’intero diffusore (bella estetica a poco
prezzo, peccato che il tutto però costasse
quasi 13 milioni di lire dell’epoca, quando
erano davvero tanti $oldi...) si può ammirare
un bel tweeter, che io ritengo molto strettamente imparentato con il famoso Seas 25
TAF-G a cupola metallica, un midrange piuttosto anonimo ma dalla membrana in materiale composito che me ne ricorda un altro
che trovai montato in un diffusore JBL anni fa
e che non suonava davvero male, e un bel
woofer da 8” con una membrana davvero
strana (non ho dati certi e non vorrei dire baggianate, sembrerebbe una specie di materiale plastico con qualche miscela aggiunta particolare, rinforzato da una fittissima puntinatura stampata su tutta la sua superficie) e una
morbida sospensione in gomma rovesciata.
Non sono certamente la mia personale “Cup
of Tea”, come potrete immaginare conoscendomi, ma in assoluto non si tratta di robaccia,
c’è solo da lavorarci un po’.
C’È QUALCOSA CHE NON VA…
E perchè lavorarci? A parte gli 82/85 dB sembrerebbe davvero un signor diffusore. Cosa
c’è che non va?
Beh, carissimi amici lettori, a volte qualche
tecnico si fa prendere la mano (e di brutto)
dagli infidi amichetti dell’Ufficio Commerciale,
e s’incammina lungo una strada brulla e sco-
Orig. 03
Orig. 04
Orig. 05
scesa che non porta da nessuna parte; d’altro
canto gli acquirenti, accecati da Madama
Pubblicità, acquistano fette di deserto allettati
dai... MIRAGGI!!!
Il nostro cliente ci contattò per sapere se era
possibile fare qualcosa per un sistema che
non riusciva, nonostante tutto quanto di bello
ne avessero cercato (sottolineo CERCATO...
rileggete la prova d’ascolto “tra le righe”) di
dire sulle riviste patinate, a dargli la piena soddisfazione di un suono naturale. Lamentava
infatti una gamma mediobassa non all’altezza
del resto e una gamma alta appena squillante, mentre la bassa appariva (a tratti) un
pochino gommosa.
In effetti un rapido test d’ascolto nella nostra
saletta d’ascolto evidenziò un suono definibile in maniera civile solo come “prigioniero”. Ci
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qualcuno, ma qui si tratta di un folle uragano...
Noi intanto, aperto il pannellino posteriore che
lo cela agli occhi indiscreti del mondo, ammiriamo quel quadretto astratto multicolorato
che vorrebbe essere un buon filtro crossover... (Foto 01).
All’epoca il buon Matarazzo scrisse che la M1
si sarebbe espressa timbricamente esattamente come il progettista avesse inteso farla
suonare (pag. 87). Probabilmente ciò è vero,
peccato però che il danno all’ascolto sia stato
molto, molto maggiore di qualsiasi presunto e
raffinato risultato cercato... e dire che anche
gli altoparlanti, da lui singolarmente misurati
(pag. 86), non sembravano affatto bisognosi
di tale bastonata elettronica sulle gengive!!!
Secondo la mia personale opinione, è quasi
sempre meglio tenersi una piccola irregolarità
nella risposta in frequenza piuttosto che
“annegare” il suono in un crossover troppo
complesso. Si guadagna molto in naturalezza; ciò conferma la valida regola di operare
con buoni altoparlanti e, in effetti, non si vede
per quale motivo realizzare un diffusore così
costosp con altoparlanti tanto scadenti da
aver bisogno di una simile centrale elettrica!
Sulla componentistica dei crossover sapete
bene come la penso; nel filtro delle M1 c’è
tanta buona (ottima?) roba, ma ci sono anche
(per mille buone ragioni di spazio e di costo)
ben 19 condensatori elettrolitici, che in un diffusore Esoterico non hanno ragione di esistere, ben 15 resistenze ceramiche e altre 4 ad
ossido metallico... che non sono davvero il
massimo della vita.
Se per assurdo ammettessimo come “ben
suonante” un crossover tanto complesso, e
non possiamo farlo, anche perchè personalmente sono stufo di leggere sulle riviste tutto
e il contrario di tutto, dovremmo comunque
arrenderci all’evidenza che, con tali “fosse
biologiche” nel mezzo, il segnale non potrebbe mai passare inalterato.
Orig. New
New 01
New 02
fu anche chi lo definì come il peggiore che
avesse mai ascoltato, ma quella in effetti fu
un’esagerazione, dovuta più che altro
all’enorme delusione in rapporto all’importanza del sistema e del blasonato marchio
(...forse). Anche qui, vi prego di non farne
scandalo o polemica, si tratta dell’opinione
personale di un valido ascoltatore della nostra
zona, ormai abituato malissimo (buon per lui)
56
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ai suoi trasparenti e naturali diffusori... non vi
dico quali o scoppia la polemica, tanto l’avrete già intuito.
SETTANTA BUONI MOTIVI…
Ma cosa vi aspettate, signori miei, da un diffusore con 70 componenti di filtro nel crossover?
Ci vorrà pure il vento in chiesa, come dice
GUSTI D’OLTREOCEANO
E poi, perchè mai ricercare una risposta tanto
particolare?
Osservando assieme il grafico Orig 02 è evidente l’eccessivo andamento “loudness”
imposto al sistema. Gusti americani?
Tutta la gamma tra 125 e 2000 Hz è notevolmente deficitaria di livello e la successiva progressiva ricrescita verso la gamma altissima
non aiuta di sicuro, complice il “metallo” del
tweeter.
Ovvio che i bassi, buoni ed estesi in assoluto,
in mancanza delle armoniche successive che
dovrebbero accompagnarli nella mediobassa,
risultino gommosi, lenti e cavernosi rispetto
all’equilibrio ideale. Ricordate sempre:
l’EQUILIBRIO è la chiave di tutto!
La risposta rilevata all’epoca su SUONO,
nella “posizione migliore” è, se possibile,
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ancora peggiore di quella rilevata nella nostra
sala d’ascolto, probabilmente un po’ più equilibrata acusticamente della loro. Resta evidente la separazione delle emissioni tra le tre
vie che prendono, per così dire, strade diverse già dal grafico... e questa purtroppo non è
una battuta!
La risposta MLS, appena diversa dalla loro in
gamma altissima perchè ho preferito posizionare il microfono all’altezza delle orecchie di
un ascoltatore seduto con conseguente perdita di livello, e non a quella del tweeter, mantiene lo stesso andamento.
Potete esaminarla in Orig 03, ricordate che è
valida in basso solo fino a 400 Hz circa e che
il livello è arbitrario, ben più elevato dell’originale, in modo da generare una waterfall visibile. Resta, INCONFUTABILE, il fatto che tra
la gamma media e la gamma alta si sfiorino
gli 8/10 dB di dislivello!!!
Poi parlatemi di suono freddo dei CD, dei cavi
all’argento, di amplificazioni dolci e mielose e
chi più ne ha più ne metta.. ma va là!
Pensateci prima, che è meglio!!!
In Orig 04 abbiamo la risposta all’impulso,
anch’essa non identica a quella pubblicata su
SUONO per i soliti motivi posizionali già visti,
mentre in Orig 05 la waterfall dimostra che
non c’erano comunque problemi di “strane
risonanze”... e che il colpevole del cattivo
suono del sistema è a questo punto solo ed
esclusivamente il crossover!!!
OLIO DI GOMITO
Bando alle ciance ed armiamoci di tanta
buona volontà; rileviamo le risposte dei singoli altoparlanti, delle impedenze e andiamo a
cominciare.
Come rilevato da Matarazzo, i singoli altoparlanti confermano la loro buona qualità e linearità, quindi sbugiardano ancor di più la presunta utilità di quella centrale elettrica installata. Trovo inutile replicare le misure sugli altoparlanti già presentate su quel numero di
SUONO a pag. 86 e vi porterò direttamente
nel mondo dei crossover.
Non ho attualmente il tempo di copiare uno
schema di 70 componenti che ha dato la
risposta visibile in Orig 02, quando con soli 12
(sì, DODICI!!!) si può verificare la risposta di
New 2. Scusatemi, ma il tempo a mia disposizione non basta mai, vi rimando alla prossima puntata.
Per ora al massimo posso invitarvi a un nuovo
confronto, tra i grafici Orig 3 e New 3... ogni
commento lo lascio a voi, se vorrete farmelo
pervenire.
Se preferite, nel comodo grafico Orig New
potrete verificare in diretta le linearizzazioni in
gamma bassa e alta.
Non ho verificato i livelli al micron, ma ritengo
di aver guadagnato non meno di 3 dB di sensibilità media.
New 03
New 04
New 05
L’andamento dell’ETC (Energy-Time Curve)
tra prima e dopo la cura non è enormemente
diverso (si partiva comunque da un progetto
serio), l’unica cosa da rilevare resta la migliore approssimazione del decadimento ideale
nel caso della curva attuale (New 04).
Ovvio a questo punto che il confronto diretto
tra le due waterfall (Orig 05 e New 05) mostri
una maggiore omogeneità del risultato otte-
nuto (nonostante un livello di misura un po’
più elevato) col crossover nuovo. Occhio che
nel nuovo grafico abbiamo l’analisi di soli 1,4
ms di segnale e non si vede foglia muoversi...
Come accennato, ci daremo appuntamento
alla prossima puntata per l’analisi critica dei
crossover e per la prova d’ascolto, che ha
coinvolto anche alcuni audiofili che ci hanno
conosciuto al Sicilia High-End..
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