Disastro ambientale a Ischia

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Disastro ambientale a Ischia
Domenica 30 Agosto 2009 01:06
di Alessandro Iacuelli
Quella apparsa sui giornali italiani alla vigilia del ferragosto sembrava una notizia estiva e di
poco conto: i turisti e i residenti sull'isola di Ischia sono rimasti al buio a causa di un lungo
black-out nell'erogazione di energia elettrica. Secondo Terna, la società che gestisce la rete
elettrica, si è trattato della rottura di un cavo sottomarino, peraltro per cause abbastanza
imprecisate. Secondo la versione ufficiale dei fatti, alcuni operai di una non precisata ditta
avrebbero reciso involontariamente i cavi dell'alta tensione della centralina di Cuma causando
l'immediato black-out sull'isola. Subito dopo l'incidente, l'Enel ha inviato sull'isola circa 60 gruppi
elettrogeni per garantire il minimo livello di operatività della linea elettrica e un folto gruppo di
tecnici destinati a sovraintendere le operazioni di ripristino della rete e di gestione
dell'emergenza. Mentre si procedeva al ripristino, il 13 agosto c'è stata una nuova rottura di uno
dei quattro cavi, nei pressi di Casamicciola Terme, secondo Terna causata da un'ancora.
Dei disastri ambientali causati dalla rottura di cavi sottomarini a Ischia ci siamo già occupati, su
Altrenotizie
, nel 2007: l'isola non è dotata di una propria centrale elettrica, e l'energia le viene erogata da
Cuma, tramite una batteria di cavi sottomarini. I cavi sono di un tipo piuttosto vecchio, il cui
interno è tenuto in pressione tramite un canale riempito di olio, con una sezione di 18 millimetri,
e si tratta di un olio fluido contenente PCB.
Si tratta, infatti, di conduttori risalenti al 1987, e all'epoca i limiti di legge vigenti di tolleranza di
PCB erano decisamente più alti rispetto ad oggi. Solo l'anno dopo, nel 1988, sarebbe stata
vietata l'immissione sul mercato di PCB, assieme ad una drastica riduzione per gli impianti
ancora in esercizio. E qui sorgono i primi dubbi riguardo a quanto avvenuto.
Se si è trattato di una rottura dovuta ad un'ancora, tra l'altro ad opera di un'imbarcazione non
identificata, allora la Terna non ne sarebbe responsabile. Se, viceversa, si è trattato di un
cedimento strutturale, ci sarebbe la responsabilità diretta dell'operatore. L'ipotesi non si può al
momento escludere. La Terna ha individuato la rottura meccanica del cavo e quindi si schiude
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pericolosamente la possibilità di un nuovo disastro ecologico dovuto alla fuoriuscita di olio
fluido.
La rottura è proprio nel tratto di costa antistante la spiaggia di Suor Angela, in questo periodo
frequentatissima dai bagnanti. Eppure, non è stato applicato alcun principio di precauzione, che
impone in questi casi la necessità di assicurare un alto livello di protezione, almeno avvisando
bagnanti e turisti della presenza di olio fluido usato per la saturazione dei cavi. Non solo. Quello
di Ischia è uno degli ecosistemi più importanti dell'intero Mediterraneo, indicato come "habitat
prioritario" dalla Comunità Europea, con la presenza di un'Area Marina Protetta denominata
“Regno di Nettuno”, che include i fondali marini di Ischia, Procida e dell'isolotto di Vivara.
L'olio fluido usato dalla Terna nei cavi sottomarini è infatti una miscela di sostanze inquinanti.
Contiene olii elettricamente isolanti, ricchi d’idrocarburi, Policlorobifenili, che sono inquinanti
organici persistenti. E le quantità non sono affatto piccole: secondo un rapporto di analisi fornito
da Enel alla Prefettura di Napoli all'inizio dell'anno scorso, i PCB totali sono, nel tratto tra Cuma
e Lacco Ameno, nell'ordine di oltre diecimila nanogrammi per ogni Kg, ben oltre ogni limite
legale e sanitario di compatibilità con la salute umana. Ma ci sono altri problemi, con i cavi
sottomarini di questo tipo.
Quando si rompe un cavo sottomarino ad olio fluido, l'operatore elettrico se ne accorge perchè
rileva una perdita di pressione dell'olio all'interno del cavo stesso. A questo punto, per evitare
l'infiltrazione d'acqua all'interno del cavo, ma anche per spazzare via l'acqua già infiltratasi al
momento della rottura, tecnicamente procede iniziando a pompare nuovo olio in pressione nella
conduttura, in tal modo i cavi vengono portati ad una pressione interna superiore a quella
dell'acqua marina. Questo metodo è usato anche per individuare il punto di rottura del cavo. Il
grave svantaggio è che dalla lesione fuoriesce continuamente olio fluido, che va a disperdersi in
mare, inquinandolo in un modo irreversibile.
I cavi in questione, costruiti dalla Pirelli, hanno all'interno un canale per l'olio del diametro di 18
mm in un circuito ad alta pressione. In caso di rottura, questo canale non deve mai potersi
svuotare per essere sostituito dall'acqua e per questo motivo l'olio fluido deve essere
mantenuto a pressione superiore alla pressione circostante dell’acqua. Quando il cavo a causa
della rottura perde olio, questa perdita è compensata in maniera continuativa (con la relativa
fuoriuscita in mare) tramite il pompaggio dalla stazione primaria di Cuma.
Secondo le caratteristiche tecniche fornite dalla Pirelli, per i primi 20 giorni, che è il tempo
massimo di intervento e riparazione, ogni singolo cavo rotto rilascia in mare circa 6.25
tonnellate di olio con le rispettive sostanze inquinanti. Ma la rottura del 13 agosto è avvenuta
nello spazio antistante una famosa e frequentatissima spiaggia, affollata di turisti desiderosi di
fare il bagno.
Poi, c'è l'aspetto propriamente energetico della questione. I cavi di cui si parla non assicurano e
non hanno mai assicurato l'alimentazione ischitana, che sono in pieno agosto, al momento di
massimo afflusso di turisti, raggiunge i 51MW. Attualmente l'isola è alimentata con altri 5 cavi di
tipo a media tensione, quindi non ad olio fluido, provenienti dalla stazione di Foce Vecchia, sulla
terra ferma, inseriti ad anello con le stazioni di Lago Patria e di Pozzuoli.
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La domanda quindi è d'obbligo: se c'è tutta questa energia elettrica, senza l'ausilio della linea
ad Alta Tensione ad olio fluido con PCB ad elevatissimo rischio ambientale, perché questi
vecchi cavi, irregolari, fuorilegge da quando ci sono, e pericolosi non vengono messi fuori
servizio ed eliminati?
La linea elettrica sottomarina tra Cuma e Lacco Ameno non è mai stata autorizzata all'esercizio,
è priva della concessione di utilizzo del pubblico demanio ed è stata costruita nel 1992, mentre
il PCB nei cavi sottomarini era già vietato dal 1988. L'unica concessione demaniale di cui si
trova traccia è quella n. 113/94 del 14.6.1994, nella quale è scritto che la concessione stessa è
valida fino al 31.12.1993, cioè ha una scadenza addirittura antecedente la data del rilascio, e
non risulta che sia mai stata più rinnovata. Ma allora, a cosa serve realmente il collegamento
sottomarino tra Cuma e Lacco Ameno? Cosa può far ottenere, se non la distruzione di un'isola,
non solo della sua vocazione turistica ma anche del suo raro ecosistema, che è una perla del
Mediterraneo?
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