Frutti e alberi dimenticati

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A ottobre parliamo di...
GASTRONOMIA
A cura di Giulia Basile
Frutti e alberi dimenticati
I Corbezzoli
Q
uesto mese parliamo di frutta “antica”, un po’
dimenticata, accomunata dalla componente
“tempo”, il tempo di un intero anno necessario
alla maturazione sicché fiori e frutti sono
presenti contemporaneamente sulle rispettive
piante, caratterizzate anche dalla longevità, molto alta,
e frondosità. : i corbezzoli e le carrube.
Il Corbezzolo è un albero tipico della macchia
mediterranea, di cui è una componente importante insieme
ad altri arbusti quali il lentisco, il leccio, il mirto, e la
ravviva con i suoi colori.
Cresce spontaneamente sottoforma di arbusto, ma
curato può diventare un albero frondoso ( fino a 6 e
anche 10 m di altezza), e soprattutto farsi apprezzare
per la sua robustezza ( vive anche 500 anni). Appartiene
alla famiglia delle Ericaceae ed è originario del bacino
del Mediterraneo e dalla costa Atlantica arriva fino
all’Irlanda.E’ una delle piante più comuni nella parte
meridionale della zona costiera della Jugoslavia, dove
ricopre vaste aree specialmente quelle non
disponibili per alcuna utilizzazione o per
impieghi agricoli, essendo tali aree
esclusivamente rocciose.
Questa pianta ricopre circa
1'80% di queste zone. La sua
produzione su queste aree
adriaticheè stimata in oltre 2000
tonnellate all'anno, di cui circa 500
vengono impiegate principalmente
per la produzione di brandy.
La sua robustezza è
testimoniata dal fatto che è
una
delle
specie
mediterranee meglio adatta
alla rinascita dopo gli incendi,
perché il corbezzolo è capace
di emettere rapidamente
nuovi polloni dopo il passaggio
del fuoco,
dominando le altre specie di
arbusto. Per questo motivo viene usato nei rimboschimenti
per scopi ambientali, protettivi e antierosivi, e ornamentali.
È diffuso su tutto il litorale della penisola, ma non è
raro trovarlo anche sui Colli Euganei .Diffusissimo in
Sardegna dove lo troviamo anche a 600 m di altitudine.
Dopo un periodo in cui il corbezzolo non è stato preso
in considerazione per i suoi frutti, oggi, proprio dalla
Sardegna dal 96 è in corso uno studio sulle caratteristiche
delle piante-tipo, proprio con la finalità di potenziare le
produzioni frutticole. Di fronte alle nuove esigenze, anche
commerciali, di creare alternative alla frutta tradizionale
si sta favorendo la riscoperta di questo frutto, su cui ha
pesato per tanto tempo la denominazione botanica
specifica, riportata da Plinio, Arbutus ( ar= aspro; butus=
pugliasalute
cespuglio) unedo. Unedo dal latino: ne mangio uno solo.
Dunque l’oblio che ha colpito questo frutto, conosciuto
fin dai tempi antichi, è derivato dal fatto che da un punto
di vista alimentare non gli si dava nessuna importanza
e anzi si sono messi in evidenza più gli aspetti negativi
che i positivi, e dunque si consigliava di mangiarne solo
uno. Infatti è un frutto non succoso, pastoso acidulo,
fibroso, con molti sclereidi nella polpa e eccessivamente
granuloso nel suo esterno.
Invece l’albero del corbezzolo
va rivalutato in ogni suo componente
• la corteccia è ricca di tannino che viene
utilizzato nell’industria per la produzione di coloranti e
per la concia delle pelli;
• anche le foglie contengono principi
attivi come tannino e arbutoside che hanno azione
astringente e antidiarroica; hanno proprietà diuretiche
e disinfettanti per l’apparato urinario, ed anche
antireumatiche. Verdi e coriacee ospitano come
parassita una delle più belle farfalle italiane, la Charaxes
jasus, che predilige queste foglie a tutte le altre;
• i fiori sono posti in una specie di
pannocchie ramificati e penduli di colore bianco
crema ( compaiono da ottobre a dicembre e diventano
frutti nell’autunno seguente);
• i frutti sono delle bacche rotonde di 1 o
2 cm di diametro di colore prima giallastro e poi rosso,
del peso tra i 5 e 9 grammi. I1 frutto contiene tra l’altro
250-300 mg di vitamina C, più di 400 mg negli ecotipi
selezionati.
- cinquantadue -
ottobre 2006
GASTRONOMIA
Le Carrube
I frutti fermentati danno il vino di corbezzolo e distillati
vari con proprietà digestive. Rinomato è il vino di
corbezzolo che si produce in Corsica e in Algeria. Buoni
sono anche se consumati con succo di limone e miele,
ma poiché molti lo considerano insipido come frutto
fresco, lo si consuma sottoforma di marmellate,
gelatine,sciroppi,succhi,creme,salse e canditi.
Il fatto che i frutti si formano in autunno e ci mettono
un anno a maturare fa sì che contemporaneamente
sulla pianta si trovino fiori bianche e frutti rossi. E per
questo motivo, cioè per avere su di sé il verde, il bianco
e il rosso che il corbezzolo viene indicato come Albero
Italia. Virgilio lo definisce Albero della stima, infatti
sulle tombe i parenti dei defunti usavano deporre rami
di corbezzolo.
Bibliografia:
M.Mulas, N.Brigaglia, M.R.Cani
Istituto di coltivazioni arboree-Università di Sassari
Curiosità
I cosiddetti 'farmaci verdi', cioe' quelli prodotti
dalle piante, offrono un grande potenziale per la
produzione di molecole per l'industria farmaceutica.
Rispetto ai sistemi produttivi gia' in uso presso le
industrie, infatti, le piante presentano molti vantaggi.
Per es. il minor costo, la maggior produzione di
molecole e l'assenza di agenti patogeni e tossine
pericolose per gli esseri umani.
Le biotecnologie vegetali svolgono un ruolo
fondamentale sia per la salvaguardia della
biodiverista', sia per la produzione di prodotti come
vaccini e anticorpi. Gia' oggi il 25% dei farmaci
contiene almeno un componente attivo di origine
vegetale, mentre il 52% dei medicinali anticancro
utilizzati è direttamente o indirettamente derivato
dalle piante. Delle circa 400mila specie di piante
superiori, solo una piccola parte è stata caratterizzata
dal punto di vista chimico. Ecco perché la raccolta,
la conservazione e la caratterizzazione delle risorse
genetiche vegetali al fine di scoprire molecole con
nuove funzioni deve essere un importante compito
della Ricerca.
era una volta un albero”maestoso e dominatore
nei campi” e c’erano una volta le carrube color
cioccolato… Così si dovrebbe cominciare
quando si parla di alberi forti e centenari come
il carrubo, uno spettacolo di forza, abbondanza e
maestosità,. Un albero dimenticato che invece dovrebbe
essere considerato parte integrante della storia dei territori
che lo ospitano. Così come il frutto era parte integrante
dell’alimentazione e della vita stessa di antichi popoli,
così come del popolo pugliese.
1. Questa antica pianta alta dai 5 ai 10 m e con una
chioma che misura a volte i 10 m di circonferenza,
conosciuta e apprezzata sin dai Fenici e dai Cartaginesi,
si diffuse spontaneamente nel bacino orientale del
Mediterraneo. Nel Medioevo grazie agli Arabi ( la parola
deriva dall’arabo Kharrub) si diffuse in tutto il
Mediterraneo. Il suo frutto era noto in tutta Europa per
le sue proprietà e veniva utilizzato per la preparazione
di medicinali e dolci.
2. Sappiamo che nel ’700 era molto diffuso con le
sue varietà in Sicilia dove, da documenti del tempo, si
sa che si producevano 60.000 quintali l’anno, una
ricchezza per i territori di Ragusa, Noto, Modica etc; e
che se ne esportavano circa 40.000 q.
3. In Puglia si trovano carrubeti soprattutto vicino
alle coste, e insieme ai muri a secco e alle Masserie
costituiscono , con gli ulivi, il monumento più naturale
della nostra identità contadina. Sì, perché le carrube,
che si presentano come baccelli quasi tutti a forma
di falce, lunghi dai 10 ai 20 cm, hanno fatto parte
Decotto di corbezzolo
contro l’arteriosclerosi
Macerate le radici (40 g di radici essiccate fatte a
pezzetti) in 100 cl di acqua per una notte. Riscalderete
e lasciate evaporare a fuoco basso fino a ridurre il liquido
di un terzo. Filtrate al momento del bisogno e bevete
un bicchiere ogni mattina a digiuno per tre giorni.
pugliasalute
- cinquantatre -
ottobre 2006
GASTRONOMIA
dell’alimentazione di
uomini e animali. Non era
raro trovare nella tasca del
contadino per tutto l’inverno
fichi secchi e carrube per
ritrovare energia nel lavoro.
Le carrube infatti sono ricche di
glucosio, saccarosio e sali minerali, danno
quindi elementi nutritivi molto importanti sia per
l’uomo che per gli animali, ai quali ancora oggi vengono
somministrate sottoforma di sfarinato pronto
all’impiego per la fabbricazione di mangimi composti.
Ancora oggi nell’industria farmaceutica la farina dei
semi viene usata per la preparazione di gelati, biscotti
e conserve alimentari, come omogeneizzante,
addensante, legante.Proprio come addensante si utilizza
per la produzione di formaggi e creme. Mentre la farina
della polpa viene utilizzata nella pasticceria, nella
preparazione di paste fresche alimentari,nelle creme
pasticcere in sostituzione del cacao o altri aromatizzanti;
nel settore medico.
Un lungo legame dunque quello del frutto del
carrubo con il passato, se si pensa anche al fatto che
in un passo della Bibbia si racconta che San Giovanni,
quando si trovò nel deserto, riuscì a sopravvivere
mangiando carrube (per alcuni le locuste); dal che in
Inghilterra le carrube vengono chiamate St. John’s
bread (pane di San Giovanni)
Questo grande albero, dal nome latino ceratonia
siliqua, ha la particolarità di avere dei semi durissimi,
tutti uguali (circa 1/5 di grammo) sia che si tratti dei
giganteschi carrubi della savana che dei minuscoli
frutti delle aree a clima temperato, che venivano
chiamati carati, dalla parola araba antica qirat (
ventiquattresima parte) o greca keràtion.
Per queste caratteristiche vennero individuati dai
greci come unità di misura e adoperati per misurare
oro e pietre preziose. Da allora è rimasta l’abitudine
di misurare in carati le pietre preziose, ma pochi sanno
di fare riferimento niente meno che ai semi dell’umile
Proprietà cosmetiche
Per quanto riguarda l’uso cosmetico, la farina dei
semi di carrubo esercita un effetto rinfrescante,
emolliente ed idratante su pelli aride e soggette ad
infiammazione.
Sciroppo di carrube
Si pestano le carrube secche, si ricoprono di acqua
e si mettono a macerare per 24 ore. Poi si filtra
l’acqua e si fa bollire per alcune ore fino a quando si
riduce di un terzo, mostrando densità e viscosità pari
alla sua dolcezza. Sotto questa forma viene adoperato
per i dolci natalizi della tradizione pugliese, per es.
pettole e cartellate, alla stessa stregua del vincotto
di fichi o d’uva.
pugliasalute
carrubo. Alcuni infatti
definiscono la pianta come
il frate francescano degli
alberi, proprio per la sua
adattabilità ai terreni, infatti
avendo un apparato radicale molto
folto, le radici si infilano tra le pietre
anche di terreni aridi ed in profondità proprio
per suggere alimento e acqua e per poter resistere al
vento; ma anche in terreni inospitali riesce ugualmente
a sviluppare tronchi enormi.
Attualmente la coltivazione del carrubo è diffusa
nella Spagna del Sud, nelle Baleari, nel Portogallo,
Algeria, Tunisia, Marocco, Libano e in Italia, specie
in Liguria, Campania, Calabria, Puglia ; ma la
produzione maggiore di carrube si ha in Sicilia e
costituisce il 70% del prodotto italiano, produzione
che viene molto utilizzata nelle industrie alimentari,
tessili e cartarie.
Dalla polpa delle carrube distillata si ottiene alcool;
essiccata serve a preparare un surrogato del cacao (il
“carcao” con meno calorie e grassi) e del caffé.In
commercio si trovano barrette dietetiche che utilizzano
la carruba come sostituto del cioccolato
In campo farmaceutico le carrube si utilizzano come
prodotto naturale per le malattie intestinali
Se la polpa si consuma fresca , cioè verde, le carrube
sono lassative, quando è secca sono astringenti e
antidiarroiche grazie alla presenza di tannini, pectina
e lignina. Le diverse varietà di carrube hanno in comune
una grande quantità di zucchero( se confrontata con
altri frutti freschi maturi ) e un bassissimo contenuto
in grassi.
Per quanto riguarda l’elevato potere assorbente
intestinale, le carrube sono indicate nei regimi dietetici
speciali, destinati al recupero di pazienti reduci da
malattie infettive o da gravi disturbi del tratto digerente.
La produzione di una pianta adulta può raggiungere
(dopo i 10 anni) i 200 Kg e il suo legno rossiccio si
presta ad una buona lavorazione in ebanisteria.
Peccato che con il decadere dell’importanza
economica delle carrube i carrubeti sono stati via via
sostituiti da coltivazioni più redditizie e oggi il carrubo
si è quasi trasformato in una pianta selvatica, ma
potrebbe benissimo essere rivalutato come pianta
ornamentale anche in città per aree a verde e parchi
naturali per la sua elevata resistenza, come si è detto,
alla siccità, per la sua resistenza all’inquinamento
atmosferico e alle principali avversità fitopatologiche.
Non sarà il caso di lanciare una campagna di
“adozione del carrubo” e di conoscenza delle preziose
qualità dei suoi frutti da trasmettere in eredità alle
generazioni future?
Dal web
www.karrua.it/carrubo.htm
www.meditflora.com/flora/ceratonia.htm
www.politiaonline.net/forum/showthread.php
- cinquantaquattro -
ottobre 2006
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