LE LAMIACEAE e LE ASTERACEAE Verona, 03 maggio 2016

LE LAMIACEAE e LE ASTERACEAE
Lorenzo Roccabruna
Verona, 03 maggio 2016
Le Lamiaceae
Melissa (Melissa officinalis L.)
La melissa è una pianta erbacea perenna
della famiglia delle Labiateae,dal
portamento cespuglioso, con rizoma
orizzontale e fusto (80 cm) ramificato alla
base, quadrangolare e peloso.
Le foglie sono picciolate, ovali pelose, con
margine dentato e solcate da numerose
venature.
I fiori, dapprima di colore bianco-giallastro
assumono, successivamente, leggere
sfumature rosa pallido; hanno forma di
calice campanulato.
La corolla anch'essa tubolosa, ha il labbro
inferiore diviso in tre lobi con quello centrale
più grande rispetto ai due laterali.
Cresce spontaneamente nell'Europa
meridionale e nell'Asia occidentale. In Italia
si può trovare lungo le siepi e nelle zone
ombrose; viene inoltre coltivata nei giardini.
Proprietà e benefici della melissa
Le foglie di melissa, ricche di olio essenziale, che
conferisce alla pianta un aroma gradevole e il
sapore del limone, sono impiegate negli stati
d’ansia con somatizzazioni a carico del sistema
gastroenterico. Per la sua azione antispasmodica,
antinfiammatoria e carminativa è indicata in caso
di dolori mestruali, nevralgie, disturbi della
digestione, nausea, flatulenza crampi addominali
e colite.
Questa pianta è utilizzata anche nel trattamento
del mal di testa, quando è causato da tensione
nervosa, grazie alla presenza dell’olio essenziale
(0,5%) che agisce come calmante sul sistema
nervoso, e rilassante su quello muscolare. Il suo
uso è particolarmente indicato, perciò, in presenza
di un quadro d’irritabilità generale, insonnia
causata da stanchezza eccessiva, nervosismo,
sindrome premestruale, e tachicardia su base
funzionale.
L'estratto di foglie fresche di melissa possiede
attività antivirale, dovuta alla presenza di acidi
polifenolici e polisaccaridi, contro Herpes simplex.
Modalità d'uso
Infuso: 1 cucchiaio raso foglie di melissa, 1 tazza d’acqua
Versare le foglie nell’acqua bollente e spegnere il fuoco. Coprire e lasciare in
infusione per 10 min.
Filtrare l’infuso e berlo al momento del bisogno in caso di crampi addominali,
colite spastica, nervosismo e nevralgie.
Dopo i pasti per digerire.
Prima di andare a dormire per usufruire dell’azione rilassante e blandamente
sedativa.
Tintura madre di melissa:
20 gocce in poca acqua tre
volte al giorno dopo i pasti.
Come rilassante 30-40
gocce la sera prima di
coricarsi.
.
Controindicazioni della melissa
La melissa presenta alcuni effetti collaterali
e controindicazioni.
Quando viene assunta in grandi quantità, è
possibile che si verifichi un risultato opposto
a quello desiderato.
Quindi invece che essere calmante, la
melissa potrebbe portare ansia e
agitazione.
Inoltre la melissa è controindicata in caso di
pazienti con disturbi della tiroide, come
l’ipotiroidismo.
Cenni storici
Il nome melissa sembra derivi dal greco la cui
radice meli significa miele. Ciò probabilmente deriva
dal fatto che il profumo della pianta attira le api, che
ne succhiano volentieri il nettare.
Fu dapprima introdotta in medicina come rimedio
moralmente esilarante e confortatore dei nervi.
Galeno e Paracelso la consigliavano nella mania e
nei disturbi psichici.
Scriveva Serapio che allevia le inquietudini e
tristezze del cervello e principalmente quelle
prodotte dalla malinconia.
Gli Arabi la tenevano in grande considerazione: il
medico Avicenna già nell’XI secolo attribuiva alla
specie “la meravigliosa proprietà di rallegrare e
confortare il cuore”.
L'Alcolato di Melissa, o “Acqua di Melissa” inventato
dai Carmelitani Scalzi francesi nel 1611, era per le
sue proprietà antispasmodiche un rimedio popolare
a cui facevano ricorso tutte le classi sociali nei
momenti critici della loro vita (dal mal di denti, alle
sincopi, alle crisi di nervi ecc.).
Lavanda (Lavandula angustifolia Miller)
La lavanda (Lavandula angustifolia) è un
arbusto sempreverde e perenne della
famiglia delle Lamiaceae di piccole
dimensioni (60-100 cm.) con fusti eretti,
legnosi alla base e rami laterali
leggermente prostrati. Ha foglie lineari e
lanceolate di colore verde-grigiastro. I
fiori profumati, sono raggruppati in sottili
spighe blu violette.
Originaria della macchia mediterranea, la
lavanda è una pianta che resiste molto
bene sia alle temperature torride che a
quelle rigide invernali.
Cresce bene in terreni asciutti, calcarei e
profondi; tollera male quelli acidi; mentre
si adatta bene a quelli alcalini.
Esistono varie specie di lavanda
spontanea che hanno areali di diffusione
diversi anche se si riconducono tutti alla
regione mediterranea.
Proprietà della lavanda
I fiori della lavanda sono utilizzati in fitoterapia per le numerose
proprietà dovute alla presenza dell'olio essenziale (linalolo, acetato di
linalile, limonene, cineolo, canfora, alfa-terpineolo, beta-ocimene),
tannini, acido ursolico, flavonoidi e sostanze amare. Questi principi
attivi conferiscono alla pianta azione sedativa e calmante sul sistema
nervoso, da utilizzare in caso di ansia, agitazione, nervosismo, mal di
testa e stress e insonnia.
La lavanda svolge anche un'azione balsamica sulle vie respiratorie per
questo è impiegata efficacemente nel trattamento di tutte le malattie da
raffreddamento: influenza, tosse, raffreddore e catarro.
Inoltre la pianta, limitando la formazione e soprattutto il ristagno di gas
a livello gastro-intestinale, possiede proprietà carminative e
antispasmodiche in quanto calma dolori e gli spasmi addominali e aiuta
a distendere la muscolatura del ventre.
La lavanda è un calmante nervino e antispasmodico molto usato nella
causa delle vertigini, delle emicranie e dei dolori nervosi di testa.
Per uso esterno vanta proprietà detergenti, antinfiammatorie,
analgesiche, antibatteriche, cicatrizzanti e decongestionanti. La pianta
è utilizzata per detergere ferite e piaghe; per alleviare il prurito e le
punture di insetti; e per ridurre le irritazioni del cavo orale. In ambito
cosmetologico viene usata l'olio essenziale di lavanda come profumo.
Modalità d'uso
USO INTERNO
Nella moderna fitoterapia la lavanda viene utilizzata sotto forma di estratti secchi titolati, infuso, essenza,
polveri e tintura madre.
Infuso: 1 cucchiaio raso di fiori di lavanda, 1 tazza d’acqua
Versare i fiori di lavanda nell’acqua bollente, spegnere il fuoco, coprire e lasciare in infusione per 10 min.
Filtrare l’infuso e berlo al momento del bisogno in caso di ansia o nervosismo e insonnia.
30 gocce di tintura madre tre volte al giorno, in presenza meteorismo, flatulenza, dolori addominali
USO ESTERNO
2-3 gocce di olio essenziale di lavanda in caso di ustioni, ferite, piaghe, apporta sollievo in presenza di
punture di insetti, eritemi solari, irritazioni causate da medusa.
Controindicazioni
Non ci sono particolari
controindicazioni
nell'utilizzo della
lavanda.
Cenni storici
La lavanda fu pianta preziosa agli Antichi Romani che
mettevano mazzetti di fiori nell'acqua dei bagni termali
e già allora veniva utilizzata come base per raffinati
profumi e nella preparazione di decotti e infusi usati
per la bellezza della pelle e dei capelli.
In un passato più recente sappiamo che in ogni casa
di città o di campagna non c'era armadio o cassettone
che non avesse sacchettini di lavanda per profumare
la biancheria e tenere lontane le tarme.
Infatti dalle
infiorescenze si estrae
.
un'essenza molto
pregiata per
distillazione in corrente
di vapore, spesso
eseguita nel posto di
raccolta.
I fiori per l'erboristeria
vengono raccolti
all'inizio della fioritura,
mentre per le industrie
cosmetiche e
profumiere nel periodo
di massima fioritura
Menta piperita (Mentha × piperita)
La Menta piperita ha, in rapporto agli altri tipi di menta, un più
alto contenuto di mentolo ed è una delle piante officinali più
utilizzate.
E' una pianta erbacea, perenne, appartenente alla famiglia delle
Lamiaceae. Le parti utilizzate sono le foglie e le sommità fiorite.
Si tratta di una pianta eretta, con fiori disposti in verticilli; il fusto
è peloso e le foglie ovate sono molto aromatiche.
Le corolle dei fiori sono di colore rosato. È una pianta da giardino
che fiorisce in estate e si riproduce dai polloni.
Per il loro utilizzo erboristico, i fiori e le foglie di menta vengono
raccolti tra luglio ed agosto e lasciati essiccare all'aria aperta.
La Menta è originaria dell'Europa ed è diffusissima in tutto il
mondo. Cresce bene in zone con clima temperato, mentre è
assente in quelle con clima tropicale.
Erba aromatica perenne e resistente, cresce e si sviluppa
facilmente se coltivata nel proprio giardino o in vaso,permette di
avere sempre a portata di mano le sue foglie fresche e
profumate.
Tollera suoli sabbiosi e l'esposizione in pieno sole, che però
deve essere controbilanciata da annaffiature frequenti.
Proprietà della menta piperita
Azione anestetica: sulle mucose e sulla pelle provoca un’iniziale vasocostrizione seguita
successivamente da una vasodilatazione, in questo modo si ha un’azione anestetica locale. Questo
può avvenire anche a livello gastrico, inducendo un’azione antiemetica.
Azione analgesica: l’estratto di menta è un’importante rimedio contro le cefalee e emicranie di tipo
tensivo, con significativa riduzione del dolore. Applicata sulla fronte e sulle tempie, una soluzione di
mentolo, allevia tutti i sintomi dell’emicrania come nausea, vomito e intolleranza alla luce e ai rumori.
Azione antisettica: la menta ha forti proprietà antisettiche, antiparassitiche e germicide grazie al
suo contenuto di polifenoli.
Azione antilitica: alcuni studi hanno evidenziato una possibile capacità nella dissoluzione di calcoli
nella cistifellea.
Azione decongestionante e balsamica: la menta ha un’azione rinfrescante, decongestionante e
fluidificante delle secrezioni dell’apparato respiratorio, pertanto viene utilizzata per curare il
raffreddore, la febbre e la tosse.
Azione cosmetica: in cosmesi la menta ha un’azione rinfrescante, tonica, e purificante.
Azione carminativa: la menta agisce rilassando lo sfintere esofageo, riducendo il volume dei gas
intestinali.
Azione aromatica: la menta viene utilizzata in cucina e anche per la produzione di bevande, liquori
e prodotti dolciari.
Azione depurativa: molto utile nei casi di alito cattivo.
Modalità d’uso
Della menta si utilizzano le foglie fresche o essiccate e
l’olio essenziale. La menta trova i seguenti utilizzi: sotto
forma di estratti secchi titolati, olio essenziale, polvere,
estratto fluido e tintura madre.
Tisana di menta: aiuta a digerire e rende fresco l’alito.
Fare bollire 1 litro d’acqua e versarla su una manciata
di foglie fresche (oppure 2 cucchiaini di menta secca).
Lasciare in infusione 5 minuti, poi filtrare.
Bere la tisana tiepida e senza zucchero.
La tisana alla menta, per il suo contenuto di mentolo,
viene consigliata per le sue proprietà digestive e
tonificanti.
Può essere d'aiuto per rilassare la muscolatura
dell'intestino e per favorire la secrezione della bile e i
processi di digestione degli alimenti attraverso
l'apparato digerente.
L'assunzione di tisana alla menta è sconsigliata nelle ore serali, poiché potrebbe disturbare
il sonno, fino a provocare episodi di insonnia.
La tisana di menta piperita, bevuta a piccoli sorsi, aiuta a combattere la nausea, anche
durante la gravidanza o durante i viaggi.
Sia l'infuso caldo sia l'essenza sono rimedi efficaci nella cura di malattie da
raffreddamento, per esempio influenza accompagnata da febbre.
Possono essere consumati fino a 500 millilitri di tisana alla menta al giorno.
Massaggio tonificante: utilizzare 3-5 gocce di olio essenziale di menta diluite in 30
cc di olio di mandorle dolci o di semi di sesamo. L'impiego dell'olio essenziale di
menta è consigliato per effettuare dei suffumigi nel caso di raffreddore.
È sufficiente versarne poche gocce in un litro d'acqua bollente e respirare i vapori
che si sprigionano.
L'olio essenziale di menta non deve essere applicato sulla pelle dei bambini, ma
può essere utilizzato in forma molto diluita nella preparazione di cosmetici o oli da
massaggio destinati agli adulti.
L'olio essenziale di menta viene utilizzato per la preparazione di rimedi erboristici
utili a combattere i reumatismi.
Può essere, infine, utilizzato diluito in olio vegetale per effettuare dei massaggi
rilassanti e anti-stress sulle tempie e sulla nuca.
In caso di punture di insetti: frizionare la zona interessata con 1 goccia di olio
essenziale.
Per allontanare gli insetti: pestare leggermente alcune foglie di menta e passarle
sulla pelle.
. collutorio alla menta, per rinfrescare l'alito e dall'azione antisettica per
Un
il cavo orale, può essere preparato lasciando in infusione per dieci minuti
in 200 millilitri d'acqua bollente un cucchiaino di foglie di menta
essiccate. L'infuso così ottenuto dovrà essere filtrato e lasciato
raffreddare prima di essere utilizzato come collutorio.
In cucina la menta è utilizzata per aromatizzare salse, aceto, sciroppi.
Può essere utilizzata sia fresca che essiccata come erba aromatica da
impiegare per insaporire le pietanze. È ottima come condimento per le
insalate, per le verdure, i legumi e i cereali.
Viene utilizzata per insaporire i piatti a base di carne o i dolci come ad
esempio la famosa salsa di menta inglese
Controindicazioni della Menta
piperita
La menta deve essere usata con
precauzione dalle persone affette da gastrite
e ulcere.
Può produrre effetti collaterali come:
irritazioni delle mucose, nausea, vomito
vertigini ed aumento del reflusso
gastroesofageo.
A scopo cautelativo, l'impiego della Menta è
sconsigliato in gravidanza, in allattamento e
in caso di gastrite, glaucoma, disfunzioni alla
tiroide e ipersensibilità verso uno o più
componenti della droga.
Il mentolo ad alte dosi può essere
neurotossico ed è quindi sconsigliato in caso
di favismo.
Nonostante l'olio essenziale di Menta sia
molto irritante, sia per la cute che per le
mucose, rappresenta un valido
complemento terapeutico per le persone con
ulcera peptica.
Cenni storici
La Menta piperita è nata nel 1996, anno in cui il botanico inglese John Ray, nel
corso della sua opera di classificazione dei vari tipi di menta, scoprì un esemplare
derivato da un incrocio naturale di diverse varietà selvatiche (Mentha rotundifolia e
Mentha aquatica), che si distingueva in modo netto dagli altri per un profumo di
gran lunga più intenso.
La coltivazione di questa pianta, che il botanico denominò peppermint, si diffuse
rapidamente in tutta l’Europa e poi anche in America e Giappone, proprio grazie al
suo straordinario aroma.
Inoltre, quando nel secolo scorso si imparò a distillare il mentolo, si vide che la
menta piperita conteneva una concentrazione molto elevata di questa sostanza.
La richiesta di mentolo, che trova largo impiego nell’industria farmaceutica,
dolciaria, liquoristica (fabbricazione di dentifrici, colluttori, caramelle, gomme da
masticare) portò a una diffusione ulteriore della coltivazione di questa pianta.
Santoreggia (Satureja montana L. Satureja hortensis L.)
Esistono due specie di santoreggia: la Satureja montana e la
Satureja hortensis, entrambe appartenenti alla famiglia delle
Lamiaceae.
Entrambe sono comunque molto utilizzate per le loro proprietà
terapeutiche e aromatiche che sono pressoché uguali.
La Santoreggia montana, pianta pluriennale cespugliosa, ha un
aroma intenso con sentori di limone.
La Santoreggia hortensis, pianta annuale, ha un aroma più
delicato, simile a quello dell’origano.
Sono provviste di radice fittonante e fusto ascendente o eretto alto
fino a 40 cm, poco ramificato.
Le foglie sono opposte, lanceolate, strette, lucide e bordate da una
leggera peluria.
I fiori sono bianco-rosati, piccoli, raccolti in spighe all'ascella delle
foglie. Fiorisce da luglio a settembre.
Il frutto è un tetrachenio di colore nero.
La santoreggia cresce e si riproduce spontaneamente, prediligendo
le posizioni soleggiate delle regioni mediterranee fino a 1500 metri
di altitudine.
È facile da reperire e trovare in zone incolte, anche se viene
comunemente coltivata grazie alle sue proprietà e il largo uso in
gastronomia.
Proprietà della santoreggia
Come pianta officinale la santoreggia è dotata di
molte proprietà quali: antisettica, antispasmodica,
carminativa, espettorante, stimolante, stomachica.
L'olio essenziale di santoreggia ha proprietà
antivirali e antibatteriche grazie alla presenza di
eugenolo, carvacrolo, timolo e viene quindi
consigliato in casi di raffreddori ed influenza.
La santoreggia contiene una discreta quantità di
sali minerali e precisamente calcio, sodio, fosforo,
potassio, ferro, zinco, rame, manganese, magnesio
e selenio. Altre sostanze sono costituite da fibre
alimentari, ceneri, proteine e grassi.
L'acqua è contenuta nella percentuale del 9%.
Nella santoreggia troviamo alcuni composti chimici
appartenenti alla famiglia dei terpeni come il
borneolo, il nerolo, il geraniolo.
Altre sostanze contenute nella santoreggia sono la
vitamina C, limonene, cimene, canfene e mircene.
Queste sostanze hanno proprietà aromatiche
intense e vengono spesso utilizzate in profumeria.
Questi composti chimici sono attivi anche contro
affezioni renali, polmonari e le infezioni intestinali.
Modalità d’uso
La santoreggia è ottima come condimento per la sua proprietà
carminativa in quanto facilita l’assimilazione di alimenti contenenti
fecole; inoltre, grazie al suo potere antibiotico, fa tollerare all’intestino
più delicato le carni frollate.
Della santoreggia si utilizzano le foglie raccolte poco prima della
fioritura e le infiorescenze raccolte in piena fioritura.
I migliori risultati curativi di questa pianta si ottengono conservandola
in mazzetti da sminuzzare sulle vivande, al momento dell’uso. Sia le
foglie che i fiori possono essere essiccati in luoghi asciutti, ben
ventilati e bui.
L’infuso di santoreggia aiuta la digestione, riduce i dolori gastrici
nervosi, la fermentazione intestinale. È utilizzato anche in caso di
meteorismo, vomito, asma e bronchiti. Si prepara usando uno o due
cucchiai di erba bollita in 250 ml di acqua. La tisana deve essere
consumata in un giorno, una tazza prima di ogni pasto principale.
Per pelli grasse un infuso di 20g di erba bollita in 500 ml di
acqua deve essere preparato ed usato in piccole quantità
applicati sulla pelle per 15-20 minuti.
.
In cosmetica si può impiegare la santoreggia per
preparare un impacco di foglie sminuzzate che esercita
un'azione astringente e antisettica utile per le pelli impure,
oppure in aggiunta nell'acqua del bagno, toglie la
stanchezza, tonifica, purifica e deodora il corpo e usata nel
pediluvio toglie il gonfiore delle caviglie.
Il suo infuso frizionato sui capelli, fortifica il bulbo pilifero
e tiene lontano i pidocchi.
Le foglie fresche sminuzzate e applicate sulle punture di
insetti calmano il dolore.
Piccole bustine di tessuto contenenti santoreggia
riscaldata a vapore può curare con successo i dolori
dentali, infiammazioni e crampi.
Lo sciroppo è un buon rimedio contro la tosse.
L'olio essenziale di santoreggia è molto utilizzato in
campo cosmetico per la creazione di profumi e creme,
mentre nelle bevande alcoliche per aromatizzare i liquori, in
particolar modo il vermouth.
Controindicazioni della santoreggia
L'olio essenziale di santoreggia è molto forte per cui va
utilizzato facendo molta attenzione e preferibilmente sotto
controllo medico.
Cenni storici
La santoreggia, ha nome latino Satureja, il suo nome
deriva dal greco sàtyros (satiro) a causa delle
proprietà afrodisiache attribuite dagli antichi greci.
È anche nota come “erba del satiro” (metà uomo,
metà capra con l’insaziabile appetito sessuale).
Secondo la tradizione, i satiri vivevano in prati di
santoreggia, ciò implica che era l’erba che li
appassionava e trasmetteva loro un appetito sessuale
insaziabile.
Durante il regno di Cesare, si ritiene che i Romani
abbiano introdotto la santoreggia in Inghilterra, dove
divenne rapidamente popolare sia come medicina,
che come pianta culinaria.
Elicriso (Helichrysum italicum (Roth) G. Don)
L'elicriso (Helichrysum italicum) appartiene alla
famiglia delle Asteraceae. Pianta erbacea
perenne alta 30-40 cm, ha la particolarità di
essere completamente ricoperta da una fitta
peluria biancastra che emana un aroma
caratteristico.
Si può confondere con la specie affine
Helichrysum stoechas che comunque possiede le
stesse proprietà.
È provvisto di una modesta radice a fuso e
numerose radichette da cui partono vari fusticini
ramosi.
Le foglie di color grigio/cinerino sono oblunghelanceolate, piatte e pubescenti su entrambe le
facce.
I fiori, riuniti in corimbi, sono capolini gialli di forma
rotonda con petali sottili. Il frutto è un achenio.
Pianta caratteristica della bassa macchia
mediterranea, diffusa in luoghi incolti e pietrosi,
assolati e aridi. In Italia si trova soprattutto al
centro-sud e nelle isole, dalle coste fino ad oltre
mille metri di altitudine, soprattutto nei luoghi con
una buona esposizione solare.
Proprietà dell'elicriso
Le sommità fiorite dell'elicriso sono utilizzate in fitoterapia nel trattamento delle
allergie, che colpiscono le vie aeree e i tessuti cutanei.
Gli studi clinici odierni hanno infatti dimostrato l'utilità dell'elicriso nelle affezioni
dell'apparato respiratorio sia di tipo allergico che infettivo, giustificata dalla
presenza di olii essenziali (neroli, nerile acetato, alfa e beta pinene, geraniolo,
sesquiterpeni, furfurolo, eugenolo), flavonoidi (narigenina, apigenina, campferolo,
elicrisina, quercitrina) e triterpeni (alfa amirina, acido ursolico, acido boswellico),
elipirone, sitosterolo, acido caffeico,
Questi principi attivi nella loro azione sinergica conferiscono alla pianta proprietà
antistaminica, antinfiammatoria, espettorante e antibatterica.
Infatti l’elicriso favorisce l’eliminazione del catarro bronchiale, attenua gli spasmi
eccessivi dell'asma e le infiammazioni di origine allergica della mucosa nasale.
Per uso interno la pianta è perciò utilizzata nel trattamento dell'allergia, in
presenza di rinite, congiuntivite e blefariti allergiche, tosse, bronchite acuta e
cronica.
Per uso locale la pianta rappresenta il rimedio specifico per lenire e sfiammare la
pelle in caso di psoriasi, herpes d'ogni genere, eczemi, ustioni ed eritema solare,
irritazioni della pelle sensibile, grazie alla sua azione decongestionante e
protettiva.
Un'altra proprietà importante dell'uso esterno dell'elicriso è quella astringente,
antiedemigena, analgesica, in quanto contrasta l'infiammazione e il dolore, tonifica
le pareti venose, riduce i versamenti e la dilatazione delle vene, utile in caso di
emorroidi, artrite e nelle forme reumatiche acute.
Modalità d'uso
USO INTERNO
Infuso: 1 cucchiaio di sommità fiorite di Elicriso, 1 tazza d’acqua
Versare la pianta nell’acqua bollente e spegnere il fuoco. Coprire e lasciare in infusione per 10 min. Filtrare
l’infuso e berne 4 tazze al giorno lontano dai pasti, contro tosse e manifestazioni asmatiche.
Tintura madre di elicriso: 35 gocce in poca acqua tre volte al giorno prima dei pasti.
USO ESTERNO
Decotto: 1 cucchiaio raso di elicriso, 1 tazza d’acqua
Versare le sommità fiorite sminuzzate nell’acqua fredda, accendere il fuoco e portare a ebollizione. Far
bollire ancora qualche minuto e spegnere il fuoco. Coprire e lasciare in infusione per 10 min.
Filtrare l’infuso e applicare in impacchi da non risciacquare, per lenire e decongestionare le pelli irritate ed
infiammate da dermopatie in modo particolare la psoriasi ed eczemi.
Gli impacchi inoltre sono ottimi per riattivare la circolazione sanguigna quindi molto efficaci nel caso di
mani e piedi freddi e geloni.
OLIO DI ELICRISO 100 gr di fiori di elicriso secchi, di olio extra vergine di oliva.
Mettete l'elicriso in un barattolo di vetro dotato di coperchio ermetico, coprite i fiori con l’olio di oliva e
chiudete il barattolo. Una volta al giorno scuotete il barattolo. Dopo 40 giorni, filtrate l’olio attraverso una
tela leggera, o una garza. Spremere il residuo.
Conservate in una bottiglia di vetro scuro, in un luogo fresco al buio. L’oleolito di elicriso è utile, oltre che
per le irritazioni della pelle sensibile, dolori reumatici e le varici.
NB:Per l'elicriso non sono noti effetti collaterali, controindicazioni o eventuali interazioni con altri farmaci.
Cenni storici
Helichrysum è una denominazione introdotta agli inizi del'700
in allusione all'aspetto raggiato dei capolini di questa pianta e
al loro colore dorato.
Il nome infatti deriva dal greco helios che significa "sole" e
chrysos "oro", e si riferisce appunto alla forma e al giallo
dorato molto luminoso dei suoi fiori e al fatto che la pianta
vegeta in luoghi molto assolati e caldi.
L'Elicriso, la cui famiglia annovera numerose specie, è
conosciuto anche col nome di "semprevivo", probabilmente
perché conserva il colore dei fiori molto a lungo assieme al
suo profumo.
Le Asteraceae
Verga d'oro (Solidago virgaurea L.)
La verga d'oro (Solidago
virgaurea) è una pianta perenne
appartenente alla famiglia delle
Asteracee.
È alta dai 10 ai 60 cm, dal fusto
levigato, eretto e cilindrico, di
colore scuro.
Le foglie sono opposte, ovali e
poco picciolate.
I fiori, di colore giallo, sono molto
aromatici. Il frutto è un achenio
cilindrico.
La verga d’oro si trova nelle zone
temperato-fredde dell'Europa,
Asia e Nord America.
Cresce spontaneamente nei
cespugli, ai margini dei boschi
delle zone montane, nelle siepi,
nei terreni incolti.
Proprietà della verga d’oro
Le proprietà della verga d'oro sono diuretiche,
astringenti, antiinfiammatorie, decongestionanti.
La Verga d'oro contiene i seguenti principi attivi:
saponine, flavonoidi, polifenoli, polisaccaridi, tannini, olio
essenziale, resine, principi amari, mucillagini che
conferiscono alla pianta un’azione depurativa e
antinfiammatoria sull’apparato uro-genitale e
possiedono, inoltre, un notevole effetto diuretico.
La sua azione diuretica e depurativa la rende utile in
presenza di ritenzione idrica, inestetismi della cellulite,
gotta ed iperuricemia. La verga d’oro rappresenta,
quindi, un ottimo diuretico che, non solo aumenta il
volume dell'urina, ma favorisce anche l'eliminazione di
azoto e di acidi urici, scorie importanti da eliminare e per
lo più derivanti dal metabolismo delle proteine.
La verga d’oro si può considerare un valido e ottimo
“depurativo del sangue”.
La pianta esplica, inoltre, una interessante azione
antiinfiammatoria ed anche spasmolitica e blandamente
antisettica; essa è infatti preziosa nelle infiammazioni
delle vie urinarie sia acute che croniche, nella
prevenzione dei calcoli urinari, nei reumatismi,
soprattutto se accompagnati da edema.
Modalità d’uso
Della verga d’oro si utilizzano, a scopo medicamentoso, le foglie e le sommità
che fioriscono tra luglio e ottobre. Può essere utilizzata sotto forma di decotto,
infuso, sciroppo e tintura madre.
La tisana si prepara mettendo in infusione 3-5 g di erba in 150 ml di acqua
bollente per 15 minuti. Bere 2-4 tazze al giorno. La tisana può essere usata
anche come collutorio in caso di infiammazioni della bocca.
La Tintura madre di verga d’oro è utile per la fisiologica funzionalità delle vie
urinarie. Grazie ai principi attivi presenti, la verga d’oro è un ottimo
antinfiammatorio naturale utile per le seguenti indicazioni: infezioni e
infiammazioni urinarie, calcolosi urica, ipertrofia prostatica, enteriti e enterocoliti.
In presenza di tali disturbi la posologia della tintura madre è di 10-40 gocce, 2-3
volte al giorno.
Controindicazioni della
verga d’oro
La verga d’oro non presenta
nessuna controindicazione
alle dosi terapeutiche,
eccetto ipersensibilità
individuale.
Non utilizzare in gravidanza
e durante l’allattamento.
Cenni storici
Il nome della verga d’oro deriva dal latino solidus (solido, forte) e
agere (operare, rendere) ed allude alle proprietà cicatrizzanti della
pianta, principale motivo della sua fama nell'antichità, mentre oggi
è più sfruttato il suo tropismo per reni e vie urinarie.
Nel Medioevo la Verga d´oro era richiestissima per curare ferite da
taglio, bevuta in tisana o spalmata in unguento.
Tarassaco (Taraxacum officinale Weber)
Il tarassaco (Taraxacum officinale) è una pianta appartenete
alla famiglia delle Asteracee. Pianta erbacea perenne, di
altezza compresa tra i 3–9 cm. Presenta una grossa radice a
fittone dalla quale si sviluppa, a livello del suolo, una rosetta
basale di foglie munite di gambi corti e sotterranei.
Le foglie sono semplici, oblunghe, lanceolate e lobate, con
margine dentato prive di stipole. Il gambo, che si evolve in
seguito dalle foglie, è uno scapo cavo, glabro e lattiginoso,
portante all'apice un'infiorescenza giallo-dorata, detta
capolino.
Il capolino è formato da due file di brattee membranose,
piegate all'indietro e con funzione di calice, racchiudenti il
ricettacolo, sul quale sono inseriti centinaia di fiorellini, detti
flosculi.
I frutti sono acheni, provvisti del caratteristico pappo: un ciuffo
di peli bianchi, originatosi dal calice modificato, che, agendo
come un paracadute, agevola col vento la dispersione del
seme, quando questo si stacca dal capolino.
Diffuso in tutta Italia, cresce dalla pianura alla zona alpina
fino oltre i 2000 metri, si trova nei prati, ai margini delle strade
e nei luoghi incolti.
Proprietà del tarassaco
La radice del tarassaco possiede proprietà depurative, in quanto stimola la funzionalità biliare, epatica
e renale, cioè attiva gli organi emuntori (fegato reni pelle) adibiti alla trasformazione delle tossine, nella
forma più adatta alla loro eliminazione (feci, urina, sudore).
I principali componenti del suo fitocomplesso sono alcoli triterpenici (tarasserolo); steroli; vitamine
(A,B,C,D); inulina, principi amari (tarassacina), sali minerali che conferiscono alla pianta proprietà
amaro-toniche e digestive.
Queste sostanze anche proprietà purificanti, antinfiammatorie e disintossicanti nei confronti del fegato:
favoriscono l’eliminazione delle scorie (zuccheri, trigliceridi, colesterolo e acidi urici) rendendo il
tarassaco una pianta epatoprotettiva, indicata in caso di insufficienza epatica, itterizia e calcoli biliari.
Stimola, inoltre, le secrezioni di tutte le ghiandole dell’apparato gastroenterico (saliva, succhi gastrici,
pancreatici, intestinali) e la muscolatura dell’apparato digerente producendo un’azione lassativa
secondaria.
Nella tradizione contadina il tarassaco è anche conosciuto come “piscialetto”, appellativo che
suggerisce le proprietà diuretiche della droga.
Di tali proprietà sono responsabili i flavonoidi e in parte i sali di potassio, che stimolano la diuresi
favorendo l’eliminazione dei liquidi in eccesso.
La sua assunzione è perciò indicata in caso di ritenzione idrica, cellulite e ipertensione.
Infine il tarassaco è in grado di riattivare la funzione immunologica e potenziare la risposta immunitaria
del sistema linfatico.
L’ossido nitrico (NO), in esso contenuto, è implicato nei processi di regolazione e difesa del sistema
immunitario: agisce infatti come un messaggero intracellulare stimolando l’attività fagocitaria delle
cellule.
Modalità d'uso
Estratto secco (500-750 mg) in capsule o compresse
somministrate 2 volte al giorno lontano dai pasti
Tintura madre di tarassaco, 50 gocce in poca acqua tre volte
al giorno prima o lontano dai pasti.
Tisana: 1- 2 cucchiaini per tazza da assumere mattino e
sera.
Decotto: 1 cucchiaio raso di tarassaco radici, 1 tazza d’acqua
Versare la radice sminuzzata nell’acqua fredda, accendere il
fuoco e portare a ebollizione. Far bollire qualche minuto e
spegnere il fuoco. Coprire e lasciare in infusione per 10 min.
Filtrare l’infuso e berlo
Controindicazioni
Il tarassaco è controindicato in caso di gastrite, ulcera e
calcolosi biliare, poiché potrebbe esserne sollecitata la
motilità. Si sono registrate interazioni con alcuno farmaci
come i diuretici.
Il Tarassaco può avere alcuni effetti collaterali e presentare
fenomeni di ipotensione in soggetti predisposti.
Può interagire con i FANS (farmaci antinfiammatori non
steroidei), chi è sottoposto a questo tipo di terapia consulti
sempre in ogni caso il proprio medico prima di qualsiasi altra
integrazione.
Cenni storici
L´uso terapeutico di questa pianta non era conosciuto nell'antichità. Nel Medioevo,
secondo la Teoria delle Segnature, avendo il fiore giallo come la bile gialla, si iniziò
a usare come rimedio del fegato.
E come spesso accade evidenze scientifiche hanno confermato questa teoria.
Nel 1546 il naturalista Bock attribuì al tarassaco un potere diuretico, mentre un
farmacista tedesco del XVI secolo attribuì alla pianta virtù vulnerarie (vale a dire
capaci di curare rapidamente le ferite).
Il tarassaco è utilizzato nella Medicina Tradizionale Cinese come depurativo in
grado di purificare il Calore, eliminare le tossine e dissipare i noduli, con tropismo
epatico (epatiti) e gastrico.
Un detto francese afferma che il tarassaco “purifica il filtro renale e asciuga la
spugna epatica”.
Bardana (Arctium lappa L.)
La bardana (Arctium lappa) è una pianta
perenne della famiglia delle Asteraceae,
pianta erbacea, biennale, cespugliosa,
dotata di una voluminosa radice
allungata e di numerosi fusti (1,50 m),
robusti e ramosi, solcati da scanalature.
Le foglie, cuoriformi e assai grandi alla
base, sono verdi nella pagina superiore
e grigiastre in quella inferiore.
I fiori di color porpora poco appariscenti,
sono assembrati in corimbi racchiusi in
un involucro con brattee uncinate (con
le quali rimangono attaccate ai vestiti)
compaiono in estate.
Diffusa nelle zone temperate dell'Europa
e dell'Asia (compreso Giappone). In
Italia la bardana è abbastanza comune
in tutta la penisola (anche se in certe
zone è considerata rara).
Infestante, diffusa dalla pianura alla
montagna, nei terreni incolti, vicino ai
vecchi muri e nei sentieri.
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Proprietà della bardana
Da sempre conosciuta come la pianta dermopatica per eccellenza, a livello
terapeutico la bardana s’impiega per la cura delle dermatosi di vario genere,
legate a disordini biologici e metabolici.
La bardana, perciò, è particolarmente valida nel trattamento dell’acne,
dermatiti, eczema, seborrea, forfora e psoriasi, grazie alla presenza di composti
polinsaturi, acidi fenolici dotati di proprietà antibiotica, antibatterica e
antiflogistica.
In fitoterapia è inoltre usata per la sua attività depurativa, (stimola la
funzionalità biliare ed epatica) ipoglicemizzante ipocolesterolemizzante,
lassativa e antireumatica.
La radice di questa pianta contiene lignani, vitamine del complesso B,
amminoacidi, oligoelementi, sostanze amare, tannini e resine; ma soprattutto è
costituita da inulina, che svolge un’azione drenante e purificante del sangue,
che favorisce l’eliminazione delle tossine, cioè i “rifiuti” delle diverse reazioni
metaboliche dell’organismo.
Il suo impiego è di aiuto e di sostegno in questa importante attività esercitata
dal fegato, reni, intestino e pelle, considerati gli emuntori naturali.
Il risultato di un buon drenaggio consiste in un potenziamento dell'attività
epatica e biliare, della diuresi, del transito intestinale e della regolazione della
secrezione sebacea.
L’uso terapeutico è quindi consigliato nel trattamento di diabete e iperglicemia,
nel qual caso va assunta sotto stretto controllo medico, per la conseguente
interazione con gli ipoglicemizzanti di sintesi, per combattere colesterolo,
iperuricemia che causa i reumatismi e gotta.
Modalità d'uso
USO INTERNO
Decotto: 1 cucchiaio raso di bardana radice, 1 tazza d’acqua
Versare la radice sminuzzata nell’acqua fredda, accendere il fuoco e
portare a ebollizione. Far bollire qualche minuto e spegnere il fuoco.
Coprire e lasciare in infusione per 10 min.
Filtrare l’infuso e berlo lontano dai i pasti per usufruire dell’azione
disintossicante drenante ed e purificante per la pelle.
Tintura madre di bardana: 40 gocce in poca acqua tre volte al giorno
lontano dai pasti. La posologia max giornaliera consigliata è di 120
gocce.
USO ESTERNO
Il precedente decotto può essere utilizzato come lozione per uso
topico, destinato a pelli grasse, asfittiche, con punti neri e predisposte
all'acne o alla seborrea.
Le foglie fresche pestate e applicate sulle punture di zanzare, vespe,
api e calabroni calmano rapidamente il dolore e diminuiscono il
gonfiore.
Mentre può essere utilizzato il succo delle foglie fresche per frizioni al
cuoio capelluto grasso.
Controindicazioni della bardana
Non esistono particolari effetti collaterali o controindicazioni per
l'assunzione della bardana.
Cenni storici
Il nome Arctium, come tanti altri, fu introdotto nella sistematica da Linneo, ma sicuramente
l’origine è più antica.
Arctium in greco vuol dire orso. Probabilmente si fa riferimento alla villosità e all’aspetto
ispido della pianta. Il nome della specie potrebbe derivare dal celtico: llap che in questa
lingua vuol dire "mano". Infatti, il fiore, come una mano si attacca a qualunque cosa gli passi
vicino.
Mentre un’altra etimologia lo fa derivare dal greco: labein (attaccarsi), riferendosi sempre al
fatto che il frutto si attacca ai vestiti e ai peli degli animali.
La pianta è conosciuta fin dall’antichità come ortaggio e pianta medicinale.
Nell’antica medicina popolare era antidoto contro i morsi dei serpenti velenosi e dei cane
affetti da rabbia; ciò indica quanto valore si attribuisse alla capacità della bardana di
"penetrare" in profondità e di “attaccare” con i fiori uncinati.
Calendula (Calendula officinalis L.)
La calendula (Calendula officinalis)
appartiene alla famiglia delle Asteraceae.
Pianta con radice fittonante, fusto
ramificato (50 cm) e ricoperto da peluria.
Le foglie sono spesse, lanceolate con
margine intero o leggermente dentato.
I fiori sono dei capolini con colore
variabile dal giallo all’arancione e
compaiono in primavera estate.
La pianta strofinata emana un gradevole
aroma.
La calendula è una pianta rustica che si
adatta a diversi ambienti e terreni.
Può essere coltivata anche in collina fino
a 600 m di altitudine, in zone con una
buona esposizione.
Si rinviene allo stato selvatico nell’Italia
meridionale.
Alcune varietà sono coltivate nei giardini
e presentano fiori più grandi e colorati.
Proprietà della calendula
La calendula contiene triterpeni, flavonoidi,
polisaccaridi, caroteni, fitosteroli, olio
essenziale, mucillagini, acido salicilico e
sostanze amare.
Per uso interno, generalmente come
tintura madre o macerato glicerinato, viene
impiegata nelle disfunzioni dell'apparato
genitale femminile, poiché aumenta le
mestruazioni scarse e diminuisce quelle
abbondanti. Ha azione antispasmodica sui
dolori mestruali e addominali.
La proprietà antinfiammatoria agisce sulle
irritazioni delle mucose, data la presenza
delle mucillagini, ed è quindi indicata in
caso di colite, gastrite, ulcere e qualunque
patologia a carico dei tessuti interni.
Per uso esterno le sue attività
antinfiammatorie, antisettiche,
cicatrizzanti, rinfrescanti, emollienti e
dermopatiche la rendono il rimedio elettivo
per scottature, ferite, arrossamenti e
irritazioni della pelle, delle ulcere della
bocca e per infiammazioni gengivali.
Modalità d'uso
USO INTERNO
Infuso: 1 cucchiaio raso di calendula, 1 tazza d’acqua
Versare i fiori di calendula nell’acqua bollente e spegnere il
fuoco. Coprire e lasciare in infusione per 10 min. Filtrare l’infuso
e berlo in caso di spasmi addominali o dolori mestruali e di
infiammazioni del sistema gastro-intestinale.
Tintura madre di calendula: 30 – 40 gocce, 2 – 3 volte al
giorno.
USO ESTERNO
Olio di calendula: 100 gr di fiori di calendula secchi, ½ l di olio
di mandorle dolci.
Mettete la calendula in un barattolo di vetro dotato di coperchio
ermetico, coprite i fiori con l’olio e chiudete il barattolo. Una volta
al giorno scuotete il barattolo. Dopo 30 giorni, filtrate l’olio
attraverso una tela leggera, o una garza. Spremere il residuo.
Conservate in una bottiglia di vetro scuro, in un luogo fresco al
buio. L’oleolito di calendula è utile per la sua azione
cicatrizzante e antinfiammatoria: favorisce la rigenerazione della
pelle ed è un ottimo lenitivo e calmante. Utile anche per le
dermatiti da pannolino!
La tintura madre di calendula è un'integratore naturale di
vitamina A.
Controindicazioni
Per l'assunzione e
l'utilizzo della calendula
non sono conosciute
controindicazioni o effetti
collaterali.
Anche il rischio di
allergia alla pianta è
molto basso, data
l'assenza di elenalina
(lattoni sesquiterpenici).
Cenni storici
Il nome calendula deriva dal latino
calendae, cioè "primo giorno del mese",
a indicare che fiorisce il primo giorno di
ogni mese per tutto l'anno.
Altra ipotesi è che si chiami così da
“calendario”, poiché segna il ritmo del
giorno aprendosi al mattino e
chiudendosi al tramonto.
La tradizione contadina vuole che, se al
mattino i fiori rimangono chiusi
probabilmente pioverà.
Per questo motivo, nei testi medievali
era indicata col nome di Solis sponsa,
ossia "sposa del sole".
La calendula è nota anche col nome
popolare di "oro di Maria", forse per la
proprietà del suo infuso di alleviare i
dolori periodici femminili, evidenziandone
così il legame con il femminile, con la
Grande Madre; d’altro canto il suo seme
uncinato ricorda una falce di luna.
GRAZIE PER LA CORTESE ATTENZIONE
Lorenzo Roccabruna