LE LAMIACEAE e LE ASTERACEAE Lorenzo Roccabruna Verona, 03 maggio 2016 Le Lamiaceae Melissa (Melissa officinalis L.) La melissa è una pianta erbacea perenna della famiglia delle Labiateae,dal portamento cespuglioso, con rizoma orizzontale e fusto (80 cm) ramificato alla base, quadrangolare e peloso. Le foglie sono picciolate, ovali pelose, con margine dentato e solcate da numerose venature. I fiori, dapprima di colore bianco-giallastro assumono, successivamente, leggere sfumature rosa pallido; hanno forma di calice campanulato. La corolla anch'essa tubolosa, ha il labbro inferiore diviso in tre lobi con quello centrale più grande rispetto ai due laterali. Cresce spontaneamente nell'Europa meridionale e nell'Asia occidentale. In Italia si può trovare lungo le siepi e nelle zone ombrose; viene inoltre coltivata nei giardini. Proprietà e benefici della melissa Le foglie di melissa, ricche di olio essenziale, che conferisce alla pianta un aroma gradevole e il sapore del limone, sono impiegate negli stati d’ansia con somatizzazioni a carico del sistema gastroenterico. Per la sua azione antispasmodica, antinfiammatoria e carminativa è indicata in caso di dolori mestruali, nevralgie, disturbi della digestione, nausea, flatulenza crampi addominali e colite. Questa pianta è utilizzata anche nel trattamento del mal di testa, quando è causato da tensione nervosa, grazie alla presenza dell’olio essenziale (0,5%) che agisce come calmante sul sistema nervoso, e rilassante su quello muscolare. Il suo uso è particolarmente indicato, perciò, in presenza di un quadro d’irritabilità generale, insonnia causata da stanchezza eccessiva, nervosismo, sindrome premestruale, e tachicardia su base funzionale. L'estratto di foglie fresche di melissa possiede attività antivirale, dovuta alla presenza di acidi polifenolici e polisaccaridi, contro Herpes simplex. Modalità d'uso Infuso: 1 cucchiaio raso foglie di melissa, 1 tazza d’acqua Versare le foglie nell’acqua bollente e spegnere il fuoco. Coprire e lasciare in infusione per 10 min. Filtrare l’infuso e berlo al momento del bisogno in caso di crampi addominali, colite spastica, nervosismo e nevralgie. Dopo i pasti per digerire. Prima di andare a dormire per usufruire dell’azione rilassante e blandamente sedativa. Tintura madre di melissa: 20 gocce in poca acqua tre volte al giorno dopo i pasti. Come rilassante 30-40 gocce la sera prima di coricarsi. . Controindicazioni della melissa La melissa presenta alcuni effetti collaterali e controindicazioni. Quando viene assunta in grandi quantità, è possibile che si verifichi un risultato opposto a quello desiderato. Quindi invece che essere calmante, la melissa potrebbe portare ansia e agitazione. Inoltre la melissa è controindicata in caso di pazienti con disturbi della tiroide, come l’ipotiroidismo. Cenni storici Il nome melissa sembra derivi dal greco la cui radice meli significa miele. Ciò probabilmente deriva dal fatto che il profumo della pianta attira le api, che ne succhiano volentieri il nettare. Fu dapprima introdotta in medicina come rimedio moralmente esilarante e confortatore dei nervi. Galeno e Paracelso la consigliavano nella mania e nei disturbi psichici. Scriveva Serapio che allevia le inquietudini e tristezze del cervello e principalmente quelle prodotte dalla malinconia. Gli Arabi la tenevano in grande considerazione: il medico Avicenna già nell’XI secolo attribuiva alla specie “la meravigliosa proprietà di rallegrare e confortare il cuore”. L'Alcolato di Melissa, o “Acqua di Melissa” inventato dai Carmelitani Scalzi francesi nel 1611, era per le sue proprietà antispasmodiche un rimedio popolare a cui facevano ricorso tutte le classi sociali nei momenti critici della loro vita (dal mal di denti, alle sincopi, alle crisi di nervi ecc.). Lavanda (Lavandula angustifolia Miller) La lavanda (Lavandula angustifolia) è un arbusto sempreverde e perenne della famiglia delle Lamiaceae di piccole dimensioni (60-100 cm.) con fusti eretti, legnosi alla base e rami laterali leggermente prostrati. Ha foglie lineari e lanceolate di colore verde-grigiastro. I fiori profumati, sono raggruppati in sottili spighe blu violette. Originaria della macchia mediterranea, la lavanda è una pianta che resiste molto bene sia alle temperature torride che a quelle rigide invernali. Cresce bene in terreni asciutti, calcarei e profondi; tollera male quelli acidi; mentre si adatta bene a quelli alcalini. Esistono varie specie di lavanda spontanea che hanno areali di diffusione diversi anche se si riconducono tutti alla regione mediterranea. Proprietà della lavanda I fiori della lavanda sono utilizzati in fitoterapia per le numerose proprietà dovute alla presenza dell'olio essenziale (linalolo, acetato di linalile, limonene, cineolo, canfora, alfa-terpineolo, beta-ocimene), tannini, acido ursolico, flavonoidi e sostanze amare. Questi principi attivi conferiscono alla pianta azione sedativa e calmante sul sistema nervoso, da utilizzare in caso di ansia, agitazione, nervosismo, mal di testa e stress e insonnia. La lavanda svolge anche un'azione balsamica sulle vie respiratorie per questo è impiegata efficacemente nel trattamento di tutte le malattie da raffreddamento: influenza, tosse, raffreddore e catarro. Inoltre la pianta, limitando la formazione e soprattutto il ristagno di gas a livello gastro-intestinale, possiede proprietà carminative e antispasmodiche in quanto calma dolori e gli spasmi addominali e aiuta a distendere la muscolatura del ventre. La lavanda è un calmante nervino e antispasmodico molto usato nella causa delle vertigini, delle emicranie e dei dolori nervosi di testa. Per uso esterno vanta proprietà detergenti, antinfiammatorie, analgesiche, antibatteriche, cicatrizzanti e decongestionanti. La pianta è utilizzata per detergere ferite e piaghe; per alleviare il prurito e le punture di insetti; e per ridurre le irritazioni del cavo orale. In ambito cosmetologico viene usata l'olio essenziale di lavanda come profumo. Modalità d'uso USO INTERNO Nella moderna fitoterapia la lavanda viene utilizzata sotto forma di estratti secchi titolati, infuso, essenza, polveri e tintura madre. Infuso: 1 cucchiaio raso di fiori di lavanda, 1 tazza d’acqua Versare i fiori di lavanda nell’acqua bollente, spegnere il fuoco, coprire e lasciare in infusione per 10 min. Filtrare l’infuso e berlo al momento del bisogno in caso di ansia o nervosismo e insonnia. 30 gocce di tintura madre tre volte al giorno, in presenza meteorismo, flatulenza, dolori addominali USO ESTERNO 2-3 gocce di olio essenziale di lavanda in caso di ustioni, ferite, piaghe, apporta sollievo in presenza di punture di insetti, eritemi solari, irritazioni causate da medusa. Controindicazioni Non ci sono particolari controindicazioni nell'utilizzo della lavanda. Cenni storici La lavanda fu pianta preziosa agli Antichi Romani che mettevano mazzetti di fiori nell'acqua dei bagni termali e già allora veniva utilizzata come base per raffinati profumi e nella preparazione di decotti e infusi usati per la bellezza della pelle e dei capelli. In un passato più recente sappiamo che in ogni casa di città o di campagna non c'era armadio o cassettone che non avesse sacchettini di lavanda per profumare la biancheria e tenere lontane le tarme. Infatti dalle infiorescenze si estrae . un'essenza molto pregiata per distillazione in corrente di vapore, spesso eseguita nel posto di raccolta. I fiori per l'erboristeria vengono raccolti all'inizio della fioritura, mentre per le industrie cosmetiche e profumiere nel periodo di massima fioritura Menta piperita (Mentha × piperita) La Menta piperita ha, in rapporto agli altri tipi di menta, un più alto contenuto di mentolo ed è una delle piante officinali più utilizzate. E' una pianta erbacea, perenne, appartenente alla famiglia delle Lamiaceae. Le parti utilizzate sono le foglie e le sommità fiorite. Si tratta di una pianta eretta, con fiori disposti in verticilli; il fusto è peloso e le foglie ovate sono molto aromatiche. Le corolle dei fiori sono di colore rosato. È una pianta da giardino che fiorisce in estate e si riproduce dai polloni. Per il loro utilizzo erboristico, i fiori e le foglie di menta vengono raccolti tra luglio ed agosto e lasciati essiccare all'aria aperta. La Menta è originaria dell'Europa ed è diffusissima in tutto il mondo. Cresce bene in zone con clima temperato, mentre è assente in quelle con clima tropicale. Erba aromatica perenne e resistente, cresce e si sviluppa facilmente se coltivata nel proprio giardino o in vaso,permette di avere sempre a portata di mano le sue foglie fresche e profumate. Tollera suoli sabbiosi e l'esposizione in pieno sole, che però deve essere controbilanciata da annaffiature frequenti. Proprietà della menta piperita Azione anestetica: sulle mucose e sulla pelle provoca un’iniziale vasocostrizione seguita successivamente da una vasodilatazione, in questo modo si ha un’azione anestetica locale. Questo può avvenire anche a livello gastrico, inducendo un’azione antiemetica. Azione analgesica: l’estratto di menta è un’importante rimedio contro le cefalee e emicranie di tipo tensivo, con significativa riduzione del dolore. Applicata sulla fronte e sulle tempie, una soluzione di mentolo, allevia tutti i sintomi dell’emicrania come nausea, vomito e intolleranza alla luce e ai rumori. Azione antisettica: la menta ha forti proprietà antisettiche, antiparassitiche e germicide grazie al suo contenuto di polifenoli. Azione antilitica: alcuni studi hanno evidenziato una possibile capacità nella dissoluzione di calcoli nella cistifellea. Azione decongestionante e balsamica: la menta ha un’azione rinfrescante, decongestionante e fluidificante delle secrezioni dell’apparato respiratorio, pertanto viene utilizzata per curare il raffreddore, la febbre e la tosse. Azione cosmetica: in cosmesi la menta ha un’azione rinfrescante, tonica, e purificante. Azione carminativa: la menta agisce rilassando lo sfintere esofageo, riducendo il volume dei gas intestinali. Azione aromatica: la menta viene utilizzata in cucina e anche per la produzione di bevande, liquori e prodotti dolciari. Azione depurativa: molto utile nei casi di alito cattivo. Modalità d’uso Della menta si utilizzano le foglie fresche o essiccate e l’olio essenziale. La menta trova i seguenti utilizzi: sotto forma di estratti secchi titolati, olio essenziale, polvere, estratto fluido e tintura madre. Tisana di menta: aiuta a digerire e rende fresco l’alito. Fare bollire 1 litro d’acqua e versarla su una manciata di foglie fresche (oppure 2 cucchiaini di menta secca). Lasciare in infusione 5 minuti, poi filtrare. Bere la tisana tiepida e senza zucchero. La tisana alla menta, per il suo contenuto di mentolo, viene consigliata per le sue proprietà digestive e tonificanti. Può essere d'aiuto per rilassare la muscolatura dell'intestino e per favorire la secrezione della bile e i processi di digestione degli alimenti attraverso l'apparato digerente. L'assunzione di tisana alla menta è sconsigliata nelle ore serali, poiché potrebbe disturbare il sonno, fino a provocare episodi di insonnia. La tisana di menta piperita, bevuta a piccoli sorsi, aiuta a combattere la nausea, anche durante la gravidanza o durante i viaggi. Sia l'infuso caldo sia l'essenza sono rimedi efficaci nella cura di malattie da raffreddamento, per esempio influenza accompagnata da febbre. Possono essere consumati fino a 500 millilitri di tisana alla menta al giorno. Massaggio tonificante: utilizzare 3-5 gocce di olio essenziale di menta diluite in 30 cc di olio di mandorle dolci o di semi di sesamo. L'impiego dell'olio essenziale di menta è consigliato per effettuare dei suffumigi nel caso di raffreddore. È sufficiente versarne poche gocce in un litro d'acqua bollente e respirare i vapori che si sprigionano. L'olio essenziale di menta non deve essere applicato sulla pelle dei bambini, ma può essere utilizzato in forma molto diluita nella preparazione di cosmetici o oli da massaggio destinati agli adulti. L'olio essenziale di menta viene utilizzato per la preparazione di rimedi erboristici utili a combattere i reumatismi. Può essere, infine, utilizzato diluito in olio vegetale per effettuare dei massaggi rilassanti e anti-stress sulle tempie e sulla nuca. In caso di punture di insetti: frizionare la zona interessata con 1 goccia di olio essenziale. Per allontanare gli insetti: pestare leggermente alcune foglie di menta e passarle sulla pelle. . collutorio alla menta, per rinfrescare l'alito e dall'azione antisettica per Un il cavo orale, può essere preparato lasciando in infusione per dieci minuti in 200 millilitri d'acqua bollente un cucchiaino di foglie di menta essiccate. L'infuso così ottenuto dovrà essere filtrato e lasciato raffreddare prima di essere utilizzato come collutorio. In cucina la menta è utilizzata per aromatizzare salse, aceto, sciroppi. Può essere utilizzata sia fresca che essiccata come erba aromatica da impiegare per insaporire le pietanze. È ottima come condimento per le insalate, per le verdure, i legumi e i cereali. Viene utilizzata per insaporire i piatti a base di carne o i dolci come ad esempio la famosa salsa di menta inglese Controindicazioni della Menta piperita La menta deve essere usata con precauzione dalle persone affette da gastrite e ulcere. Può produrre effetti collaterali come: irritazioni delle mucose, nausea, vomito vertigini ed aumento del reflusso gastroesofageo. A scopo cautelativo, l'impiego della Menta è sconsigliato in gravidanza, in allattamento e in caso di gastrite, glaucoma, disfunzioni alla tiroide e ipersensibilità verso uno o più componenti della droga. Il mentolo ad alte dosi può essere neurotossico ed è quindi sconsigliato in caso di favismo. Nonostante l'olio essenziale di Menta sia molto irritante, sia per la cute che per le mucose, rappresenta un valido complemento terapeutico per le persone con ulcera peptica. Cenni storici La Menta piperita è nata nel 1996, anno in cui il botanico inglese John Ray, nel corso della sua opera di classificazione dei vari tipi di menta, scoprì un esemplare derivato da un incrocio naturale di diverse varietà selvatiche (Mentha rotundifolia e Mentha aquatica), che si distingueva in modo netto dagli altri per un profumo di gran lunga più intenso. La coltivazione di questa pianta, che il botanico denominò peppermint, si diffuse rapidamente in tutta l’Europa e poi anche in America e Giappone, proprio grazie al suo straordinario aroma. Inoltre, quando nel secolo scorso si imparò a distillare il mentolo, si vide che la menta piperita conteneva una concentrazione molto elevata di questa sostanza. La richiesta di mentolo, che trova largo impiego nell’industria farmaceutica, dolciaria, liquoristica (fabbricazione di dentifrici, colluttori, caramelle, gomme da masticare) portò a una diffusione ulteriore della coltivazione di questa pianta. Santoreggia (Satureja montana L. Satureja hortensis L.) Esistono due specie di santoreggia: la Satureja montana e la Satureja hortensis, entrambe appartenenti alla famiglia delle Lamiaceae. Entrambe sono comunque molto utilizzate per le loro proprietà terapeutiche e aromatiche che sono pressoché uguali. La Santoreggia montana, pianta pluriennale cespugliosa, ha un aroma intenso con sentori di limone. La Santoreggia hortensis, pianta annuale, ha un aroma più delicato, simile a quello dell’origano. Sono provviste di radice fittonante e fusto ascendente o eretto alto fino a 40 cm, poco ramificato. Le foglie sono opposte, lanceolate, strette, lucide e bordate da una leggera peluria. I fiori sono bianco-rosati, piccoli, raccolti in spighe all'ascella delle foglie. Fiorisce da luglio a settembre. Il frutto è un tetrachenio di colore nero. La santoreggia cresce e si riproduce spontaneamente, prediligendo le posizioni soleggiate delle regioni mediterranee fino a 1500 metri di altitudine. È facile da reperire e trovare in zone incolte, anche se viene comunemente coltivata grazie alle sue proprietà e il largo uso in gastronomia. Proprietà della santoreggia Come pianta officinale la santoreggia è dotata di molte proprietà quali: antisettica, antispasmodica, carminativa, espettorante, stimolante, stomachica. L'olio essenziale di santoreggia ha proprietà antivirali e antibatteriche grazie alla presenza di eugenolo, carvacrolo, timolo e viene quindi consigliato in casi di raffreddori ed influenza. La santoreggia contiene una discreta quantità di sali minerali e precisamente calcio, sodio, fosforo, potassio, ferro, zinco, rame, manganese, magnesio e selenio. Altre sostanze sono costituite da fibre alimentari, ceneri, proteine e grassi. L'acqua è contenuta nella percentuale del 9%. Nella santoreggia troviamo alcuni composti chimici appartenenti alla famiglia dei terpeni come il borneolo, il nerolo, il geraniolo. Altre sostanze contenute nella santoreggia sono la vitamina C, limonene, cimene, canfene e mircene. Queste sostanze hanno proprietà aromatiche intense e vengono spesso utilizzate in profumeria. Questi composti chimici sono attivi anche contro affezioni renali, polmonari e le infezioni intestinali. Modalità d’uso La santoreggia è ottima come condimento per la sua proprietà carminativa in quanto facilita l’assimilazione di alimenti contenenti fecole; inoltre, grazie al suo potere antibiotico, fa tollerare all’intestino più delicato le carni frollate. Della santoreggia si utilizzano le foglie raccolte poco prima della fioritura e le infiorescenze raccolte in piena fioritura. I migliori risultati curativi di questa pianta si ottengono conservandola in mazzetti da sminuzzare sulle vivande, al momento dell’uso. Sia le foglie che i fiori possono essere essiccati in luoghi asciutti, ben ventilati e bui. L’infuso di santoreggia aiuta la digestione, riduce i dolori gastrici nervosi, la fermentazione intestinale. È utilizzato anche in caso di meteorismo, vomito, asma e bronchiti. Si prepara usando uno o due cucchiai di erba bollita in 250 ml di acqua. La tisana deve essere consumata in un giorno, una tazza prima di ogni pasto principale. Per pelli grasse un infuso di 20g di erba bollita in 500 ml di acqua deve essere preparato ed usato in piccole quantità applicati sulla pelle per 15-20 minuti. . In cosmetica si può impiegare la santoreggia per preparare un impacco di foglie sminuzzate che esercita un'azione astringente e antisettica utile per le pelli impure, oppure in aggiunta nell'acqua del bagno, toglie la stanchezza, tonifica, purifica e deodora il corpo e usata nel pediluvio toglie il gonfiore delle caviglie. Il suo infuso frizionato sui capelli, fortifica il bulbo pilifero e tiene lontano i pidocchi. Le foglie fresche sminuzzate e applicate sulle punture di insetti calmano il dolore. Piccole bustine di tessuto contenenti santoreggia riscaldata a vapore può curare con successo i dolori dentali, infiammazioni e crampi. Lo sciroppo è un buon rimedio contro la tosse. L'olio essenziale di santoreggia è molto utilizzato in campo cosmetico per la creazione di profumi e creme, mentre nelle bevande alcoliche per aromatizzare i liquori, in particolar modo il vermouth. Controindicazioni della santoreggia L'olio essenziale di santoreggia è molto forte per cui va utilizzato facendo molta attenzione e preferibilmente sotto controllo medico. Cenni storici La santoreggia, ha nome latino Satureja, il suo nome deriva dal greco sàtyros (satiro) a causa delle proprietà afrodisiache attribuite dagli antichi greci. È anche nota come “erba del satiro” (metà uomo, metà capra con l’insaziabile appetito sessuale). Secondo la tradizione, i satiri vivevano in prati di santoreggia, ciò implica che era l’erba che li appassionava e trasmetteva loro un appetito sessuale insaziabile. Durante il regno di Cesare, si ritiene che i Romani abbiano introdotto la santoreggia in Inghilterra, dove divenne rapidamente popolare sia come medicina, che come pianta culinaria. Elicriso (Helichrysum italicum (Roth) G. Don) L'elicriso (Helichrysum italicum) appartiene alla famiglia delle Asteraceae. Pianta erbacea perenne alta 30-40 cm, ha la particolarità di essere completamente ricoperta da una fitta peluria biancastra che emana un aroma caratteristico. Si può confondere con la specie affine Helichrysum stoechas che comunque possiede le stesse proprietà. È provvisto di una modesta radice a fuso e numerose radichette da cui partono vari fusticini ramosi. Le foglie di color grigio/cinerino sono oblunghelanceolate, piatte e pubescenti su entrambe le facce. I fiori, riuniti in corimbi, sono capolini gialli di forma rotonda con petali sottili. Il frutto è un achenio. Pianta caratteristica della bassa macchia mediterranea, diffusa in luoghi incolti e pietrosi, assolati e aridi. In Italia si trova soprattutto al centro-sud e nelle isole, dalle coste fino ad oltre mille metri di altitudine, soprattutto nei luoghi con una buona esposizione solare. Proprietà dell'elicriso Le sommità fiorite dell'elicriso sono utilizzate in fitoterapia nel trattamento delle allergie, che colpiscono le vie aeree e i tessuti cutanei. Gli studi clinici odierni hanno infatti dimostrato l'utilità dell'elicriso nelle affezioni dell'apparato respiratorio sia di tipo allergico che infettivo, giustificata dalla presenza di olii essenziali (neroli, nerile acetato, alfa e beta pinene, geraniolo, sesquiterpeni, furfurolo, eugenolo), flavonoidi (narigenina, apigenina, campferolo, elicrisina, quercitrina) e triterpeni (alfa amirina, acido ursolico, acido boswellico), elipirone, sitosterolo, acido caffeico, Questi principi attivi nella loro azione sinergica conferiscono alla pianta proprietà antistaminica, antinfiammatoria, espettorante e antibatterica. Infatti l’elicriso favorisce l’eliminazione del catarro bronchiale, attenua gli spasmi eccessivi dell'asma e le infiammazioni di origine allergica della mucosa nasale. Per uso interno la pianta è perciò utilizzata nel trattamento dell'allergia, in presenza di rinite, congiuntivite e blefariti allergiche, tosse, bronchite acuta e cronica. Per uso locale la pianta rappresenta il rimedio specifico per lenire e sfiammare la pelle in caso di psoriasi, herpes d'ogni genere, eczemi, ustioni ed eritema solare, irritazioni della pelle sensibile, grazie alla sua azione decongestionante e protettiva. Un'altra proprietà importante dell'uso esterno dell'elicriso è quella astringente, antiedemigena, analgesica, in quanto contrasta l'infiammazione e il dolore, tonifica le pareti venose, riduce i versamenti e la dilatazione delle vene, utile in caso di emorroidi, artrite e nelle forme reumatiche acute. Modalità d'uso USO INTERNO Infuso: 1 cucchiaio di sommità fiorite di Elicriso, 1 tazza d’acqua Versare la pianta nell’acqua bollente e spegnere il fuoco. Coprire e lasciare in infusione per 10 min. Filtrare l’infuso e berne 4 tazze al giorno lontano dai pasti, contro tosse e manifestazioni asmatiche. Tintura madre di elicriso: 35 gocce in poca acqua tre volte al giorno prima dei pasti. USO ESTERNO Decotto: 1 cucchiaio raso di elicriso, 1 tazza d’acqua Versare le sommità fiorite sminuzzate nell’acqua fredda, accendere il fuoco e portare a ebollizione. Far bollire ancora qualche minuto e spegnere il fuoco. Coprire e lasciare in infusione per 10 min. Filtrare l’infuso e applicare in impacchi da non risciacquare, per lenire e decongestionare le pelli irritate ed infiammate da dermopatie in modo particolare la psoriasi ed eczemi. Gli impacchi inoltre sono ottimi per riattivare la circolazione sanguigna quindi molto efficaci nel caso di mani e piedi freddi e geloni. OLIO DI ELICRISO 100 gr di fiori di elicriso secchi, di olio extra vergine di oliva. Mettete l'elicriso in un barattolo di vetro dotato di coperchio ermetico, coprite i fiori con l’olio di oliva e chiudete il barattolo. Una volta al giorno scuotete il barattolo. Dopo 40 giorni, filtrate l’olio attraverso una tela leggera, o una garza. Spremere il residuo. Conservate in una bottiglia di vetro scuro, in un luogo fresco al buio. L’oleolito di elicriso è utile, oltre che per le irritazioni della pelle sensibile, dolori reumatici e le varici. NB:Per l'elicriso non sono noti effetti collaterali, controindicazioni o eventuali interazioni con altri farmaci. Cenni storici Helichrysum è una denominazione introdotta agli inizi del'700 in allusione all'aspetto raggiato dei capolini di questa pianta e al loro colore dorato. Il nome infatti deriva dal greco helios che significa "sole" e chrysos "oro", e si riferisce appunto alla forma e al giallo dorato molto luminoso dei suoi fiori e al fatto che la pianta vegeta in luoghi molto assolati e caldi. L'Elicriso, la cui famiglia annovera numerose specie, è conosciuto anche col nome di "semprevivo", probabilmente perché conserva il colore dei fiori molto a lungo assieme al suo profumo. Le Asteraceae Verga d'oro (Solidago virgaurea L.) La verga d'oro (Solidago virgaurea) è una pianta perenne appartenente alla famiglia delle Asteracee. È alta dai 10 ai 60 cm, dal fusto levigato, eretto e cilindrico, di colore scuro. Le foglie sono opposte, ovali e poco picciolate. I fiori, di colore giallo, sono molto aromatici. Il frutto è un achenio cilindrico. La verga d’oro si trova nelle zone temperato-fredde dell'Europa, Asia e Nord America. Cresce spontaneamente nei cespugli, ai margini dei boschi delle zone montane, nelle siepi, nei terreni incolti. Proprietà della verga d’oro Le proprietà della verga d'oro sono diuretiche, astringenti, antiinfiammatorie, decongestionanti. La Verga d'oro contiene i seguenti principi attivi: saponine, flavonoidi, polifenoli, polisaccaridi, tannini, olio essenziale, resine, principi amari, mucillagini che conferiscono alla pianta un’azione depurativa e antinfiammatoria sull’apparato uro-genitale e possiedono, inoltre, un notevole effetto diuretico. La sua azione diuretica e depurativa la rende utile in presenza di ritenzione idrica, inestetismi della cellulite, gotta ed iperuricemia. La verga d’oro rappresenta, quindi, un ottimo diuretico che, non solo aumenta il volume dell'urina, ma favorisce anche l'eliminazione di azoto e di acidi urici, scorie importanti da eliminare e per lo più derivanti dal metabolismo delle proteine. La verga d’oro si può considerare un valido e ottimo “depurativo del sangue”. La pianta esplica, inoltre, una interessante azione antiinfiammatoria ed anche spasmolitica e blandamente antisettica; essa è infatti preziosa nelle infiammazioni delle vie urinarie sia acute che croniche, nella prevenzione dei calcoli urinari, nei reumatismi, soprattutto se accompagnati da edema. Modalità d’uso Della verga d’oro si utilizzano, a scopo medicamentoso, le foglie e le sommità che fioriscono tra luglio e ottobre. Può essere utilizzata sotto forma di decotto, infuso, sciroppo e tintura madre. La tisana si prepara mettendo in infusione 3-5 g di erba in 150 ml di acqua bollente per 15 minuti. Bere 2-4 tazze al giorno. La tisana può essere usata anche come collutorio in caso di infiammazioni della bocca. La Tintura madre di verga d’oro è utile per la fisiologica funzionalità delle vie urinarie. Grazie ai principi attivi presenti, la verga d’oro è un ottimo antinfiammatorio naturale utile per le seguenti indicazioni: infezioni e infiammazioni urinarie, calcolosi urica, ipertrofia prostatica, enteriti e enterocoliti. In presenza di tali disturbi la posologia della tintura madre è di 10-40 gocce, 2-3 volte al giorno. Controindicazioni della verga d’oro La verga d’oro non presenta nessuna controindicazione alle dosi terapeutiche, eccetto ipersensibilità individuale. Non utilizzare in gravidanza e durante l’allattamento. Cenni storici Il nome della verga d’oro deriva dal latino solidus (solido, forte) e agere (operare, rendere) ed allude alle proprietà cicatrizzanti della pianta, principale motivo della sua fama nell'antichità, mentre oggi è più sfruttato il suo tropismo per reni e vie urinarie. Nel Medioevo la Verga d´oro era richiestissima per curare ferite da taglio, bevuta in tisana o spalmata in unguento. Tarassaco (Taraxacum officinale Weber) Il tarassaco (Taraxacum officinale) è una pianta appartenete alla famiglia delle Asteracee. Pianta erbacea perenne, di altezza compresa tra i 3–9 cm. Presenta una grossa radice a fittone dalla quale si sviluppa, a livello del suolo, una rosetta basale di foglie munite di gambi corti e sotterranei. Le foglie sono semplici, oblunghe, lanceolate e lobate, con margine dentato prive di stipole. Il gambo, che si evolve in seguito dalle foglie, è uno scapo cavo, glabro e lattiginoso, portante all'apice un'infiorescenza giallo-dorata, detta capolino. Il capolino è formato da due file di brattee membranose, piegate all'indietro e con funzione di calice, racchiudenti il ricettacolo, sul quale sono inseriti centinaia di fiorellini, detti flosculi. I frutti sono acheni, provvisti del caratteristico pappo: un ciuffo di peli bianchi, originatosi dal calice modificato, che, agendo come un paracadute, agevola col vento la dispersione del seme, quando questo si stacca dal capolino. Diffuso in tutta Italia, cresce dalla pianura alla zona alpina fino oltre i 2000 metri, si trova nei prati, ai margini delle strade e nei luoghi incolti. Proprietà del tarassaco La radice del tarassaco possiede proprietà depurative, in quanto stimola la funzionalità biliare, epatica e renale, cioè attiva gli organi emuntori (fegato reni pelle) adibiti alla trasformazione delle tossine, nella forma più adatta alla loro eliminazione (feci, urina, sudore). I principali componenti del suo fitocomplesso sono alcoli triterpenici (tarasserolo); steroli; vitamine (A,B,C,D); inulina, principi amari (tarassacina), sali minerali che conferiscono alla pianta proprietà amaro-toniche e digestive. Queste sostanze anche proprietà purificanti, antinfiammatorie e disintossicanti nei confronti del fegato: favoriscono l’eliminazione delle scorie (zuccheri, trigliceridi, colesterolo e acidi urici) rendendo il tarassaco una pianta epatoprotettiva, indicata in caso di insufficienza epatica, itterizia e calcoli biliari. Stimola, inoltre, le secrezioni di tutte le ghiandole dell’apparato gastroenterico (saliva, succhi gastrici, pancreatici, intestinali) e la muscolatura dell’apparato digerente producendo un’azione lassativa secondaria. Nella tradizione contadina il tarassaco è anche conosciuto come “piscialetto”, appellativo che suggerisce le proprietà diuretiche della droga. Di tali proprietà sono responsabili i flavonoidi e in parte i sali di potassio, che stimolano la diuresi favorendo l’eliminazione dei liquidi in eccesso. La sua assunzione è perciò indicata in caso di ritenzione idrica, cellulite e ipertensione. Infine il tarassaco è in grado di riattivare la funzione immunologica e potenziare la risposta immunitaria del sistema linfatico. L’ossido nitrico (NO), in esso contenuto, è implicato nei processi di regolazione e difesa del sistema immunitario: agisce infatti come un messaggero intracellulare stimolando l’attività fagocitaria delle cellule. Modalità d'uso Estratto secco (500-750 mg) in capsule o compresse somministrate 2 volte al giorno lontano dai pasti Tintura madre di tarassaco, 50 gocce in poca acqua tre volte al giorno prima o lontano dai pasti. Tisana: 1- 2 cucchiaini per tazza da assumere mattino e sera. Decotto: 1 cucchiaio raso di tarassaco radici, 1 tazza d’acqua Versare la radice sminuzzata nell’acqua fredda, accendere il fuoco e portare a ebollizione. Far bollire qualche minuto e spegnere il fuoco. Coprire e lasciare in infusione per 10 min. Filtrare l’infuso e berlo Controindicazioni Il tarassaco è controindicato in caso di gastrite, ulcera e calcolosi biliare, poiché potrebbe esserne sollecitata la motilità. Si sono registrate interazioni con alcuno farmaci come i diuretici. Il Tarassaco può avere alcuni effetti collaterali e presentare fenomeni di ipotensione in soggetti predisposti. Può interagire con i FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei), chi è sottoposto a questo tipo di terapia consulti sempre in ogni caso il proprio medico prima di qualsiasi altra integrazione. Cenni storici L´uso terapeutico di questa pianta non era conosciuto nell'antichità. Nel Medioevo, secondo la Teoria delle Segnature, avendo il fiore giallo come la bile gialla, si iniziò a usare come rimedio del fegato. E come spesso accade evidenze scientifiche hanno confermato questa teoria. Nel 1546 il naturalista Bock attribuì al tarassaco un potere diuretico, mentre un farmacista tedesco del XVI secolo attribuì alla pianta virtù vulnerarie (vale a dire capaci di curare rapidamente le ferite). Il tarassaco è utilizzato nella Medicina Tradizionale Cinese come depurativo in grado di purificare il Calore, eliminare le tossine e dissipare i noduli, con tropismo epatico (epatiti) e gastrico. Un detto francese afferma che il tarassaco “purifica il filtro renale e asciuga la spugna epatica”. Bardana (Arctium lappa L.) La bardana (Arctium lappa) è una pianta perenne della famiglia delle Asteraceae, pianta erbacea, biennale, cespugliosa, dotata di una voluminosa radice allungata e di numerosi fusti (1,50 m), robusti e ramosi, solcati da scanalature. Le foglie, cuoriformi e assai grandi alla base, sono verdi nella pagina superiore e grigiastre in quella inferiore. I fiori di color porpora poco appariscenti, sono assembrati in corimbi racchiusi in un involucro con brattee uncinate (con le quali rimangono attaccate ai vestiti) compaiono in estate. Diffusa nelle zone temperate dell'Europa e dell'Asia (compreso Giappone). In Italia la bardana è abbastanza comune in tutta la penisola (anche se in certe zone è considerata rara). Infestante, diffusa dalla pianura alla montagna, nei terreni incolti, vicino ai vecchi muri e nei sentieri. 0 Proprietà della bardana Da sempre conosciuta come la pianta dermopatica per eccellenza, a livello terapeutico la bardana s’impiega per la cura delle dermatosi di vario genere, legate a disordini biologici e metabolici. La bardana, perciò, è particolarmente valida nel trattamento dell’acne, dermatiti, eczema, seborrea, forfora e psoriasi, grazie alla presenza di composti polinsaturi, acidi fenolici dotati di proprietà antibiotica, antibatterica e antiflogistica. In fitoterapia è inoltre usata per la sua attività depurativa, (stimola la funzionalità biliare ed epatica) ipoglicemizzante ipocolesterolemizzante, lassativa e antireumatica. La radice di questa pianta contiene lignani, vitamine del complesso B, amminoacidi, oligoelementi, sostanze amare, tannini e resine; ma soprattutto è costituita da inulina, che svolge un’azione drenante e purificante del sangue, che favorisce l’eliminazione delle tossine, cioè i “rifiuti” delle diverse reazioni metaboliche dell’organismo. Il suo impiego è di aiuto e di sostegno in questa importante attività esercitata dal fegato, reni, intestino e pelle, considerati gli emuntori naturali. Il risultato di un buon drenaggio consiste in un potenziamento dell'attività epatica e biliare, della diuresi, del transito intestinale e della regolazione della secrezione sebacea. L’uso terapeutico è quindi consigliato nel trattamento di diabete e iperglicemia, nel qual caso va assunta sotto stretto controllo medico, per la conseguente interazione con gli ipoglicemizzanti di sintesi, per combattere colesterolo, iperuricemia che causa i reumatismi e gotta. Modalità d'uso USO INTERNO Decotto: 1 cucchiaio raso di bardana radice, 1 tazza d’acqua Versare la radice sminuzzata nell’acqua fredda, accendere il fuoco e portare a ebollizione. Far bollire qualche minuto e spegnere il fuoco. Coprire e lasciare in infusione per 10 min. Filtrare l’infuso e berlo lontano dai i pasti per usufruire dell’azione disintossicante drenante ed e purificante per la pelle. Tintura madre di bardana: 40 gocce in poca acqua tre volte al giorno lontano dai pasti. La posologia max giornaliera consigliata è di 120 gocce. USO ESTERNO Il precedente decotto può essere utilizzato come lozione per uso topico, destinato a pelli grasse, asfittiche, con punti neri e predisposte all'acne o alla seborrea. Le foglie fresche pestate e applicate sulle punture di zanzare, vespe, api e calabroni calmano rapidamente il dolore e diminuiscono il gonfiore. Mentre può essere utilizzato il succo delle foglie fresche per frizioni al cuoio capelluto grasso. Controindicazioni della bardana Non esistono particolari effetti collaterali o controindicazioni per l'assunzione della bardana. Cenni storici Il nome Arctium, come tanti altri, fu introdotto nella sistematica da Linneo, ma sicuramente l’origine è più antica. Arctium in greco vuol dire orso. Probabilmente si fa riferimento alla villosità e all’aspetto ispido della pianta. Il nome della specie potrebbe derivare dal celtico: llap che in questa lingua vuol dire "mano". Infatti, il fiore, come una mano si attacca a qualunque cosa gli passi vicino. Mentre un’altra etimologia lo fa derivare dal greco: labein (attaccarsi), riferendosi sempre al fatto che il frutto si attacca ai vestiti e ai peli degli animali. La pianta è conosciuta fin dall’antichità come ortaggio e pianta medicinale. Nell’antica medicina popolare era antidoto contro i morsi dei serpenti velenosi e dei cane affetti da rabbia; ciò indica quanto valore si attribuisse alla capacità della bardana di "penetrare" in profondità e di “attaccare” con i fiori uncinati. Calendula (Calendula officinalis L.) La calendula (Calendula officinalis) appartiene alla famiglia delle Asteraceae. Pianta con radice fittonante, fusto ramificato (50 cm) e ricoperto da peluria. Le foglie sono spesse, lanceolate con margine intero o leggermente dentato. I fiori sono dei capolini con colore variabile dal giallo all’arancione e compaiono in primavera estate. La pianta strofinata emana un gradevole aroma. La calendula è una pianta rustica che si adatta a diversi ambienti e terreni. Può essere coltivata anche in collina fino a 600 m di altitudine, in zone con una buona esposizione. Si rinviene allo stato selvatico nell’Italia meridionale. Alcune varietà sono coltivate nei giardini e presentano fiori più grandi e colorati. Proprietà della calendula La calendula contiene triterpeni, flavonoidi, polisaccaridi, caroteni, fitosteroli, olio essenziale, mucillagini, acido salicilico e sostanze amare. Per uso interno, generalmente come tintura madre o macerato glicerinato, viene impiegata nelle disfunzioni dell'apparato genitale femminile, poiché aumenta le mestruazioni scarse e diminuisce quelle abbondanti. Ha azione antispasmodica sui dolori mestruali e addominali. La proprietà antinfiammatoria agisce sulle irritazioni delle mucose, data la presenza delle mucillagini, ed è quindi indicata in caso di colite, gastrite, ulcere e qualunque patologia a carico dei tessuti interni. Per uso esterno le sue attività antinfiammatorie, antisettiche, cicatrizzanti, rinfrescanti, emollienti e dermopatiche la rendono il rimedio elettivo per scottature, ferite, arrossamenti e irritazioni della pelle, delle ulcere della bocca e per infiammazioni gengivali. Modalità d'uso USO INTERNO Infuso: 1 cucchiaio raso di calendula, 1 tazza d’acqua Versare i fiori di calendula nell’acqua bollente e spegnere il fuoco. Coprire e lasciare in infusione per 10 min. Filtrare l’infuso e berlo in caso di spasmi addominali o dolori mestruali e di infiammazioni del sistema gastro-intestinale. Tintura madre di calendula: 30 – 40 gocce, 2 – 3 volte al giorno. USO ESTERNO Olio di calendula: 100 gr di fiori di calendula secchi, ½ l di olio di mandorle dolci. Mettete la calendula in un barattolo di vetro dotato di coperchio ermetico, coprite i fiori con l’olio e chiudete il barattolo. Una volta al giorno scuotete il barattolo. Dopo 30 giorni, filtrate l’olio attraverso una tela leggera, o una garza. Spremere il residuo. Conservate in una bottiglia di vetro scuro, in un luogo fresco al buio. L’oleolito di calendula è utile per la sua azione cicatrizzante e antinfiammatoria: favorisce la rigenerazione della pelle ed è un ottimo lenitivo e calmante. Utile anche per le dermatiti da pannolino! La tintura madre di calendula è un'integratore naturale di vitamina A. Controindicazioni Per l'assunzione e l'utilizzo della calendula non sono conosciute controindicazioni o effetti collaterali. Anche il rischio di allergia alla pianta è molto basso, data l'assenza di elenalina (lattoni sesquiterpenici). Cenni storici Il nome calendula deriva dal latino calendae, cioè "primo giorno del mese", a indicare che fiorisce il primo giorno di ogni mese per tutto l'anno. Altra ipotesi è che si chiami così da “calendario”, poiché segna il ritmo del giorno aprendosi al mattino e chiudendosi al tramonto. La tradizione contadina vuole che, se al mattino i fiori rimangono chiusi probabilmente pioverà. Per questo motivo, nei testi medievali era indicata col nome di Solis sponsa, ossia "sposa del sole". La calendula è nota anche col nome popolare di "oro di Maria", forse per la proprietà del suo infuso di alleviare i dolori periodici femminili, evidenziandone così il legame con il femminile, con la Grande Madre; d’altro canto il suo seme uncinato ricorda una falce di luna. GRAZIE PER LA CORTESE ATTENZIONE Lorenzo Roccabruna