05 settembre 2011 (ff)la carlina corymbosa è presente dal piano alle

05 settembre 2011
(f.f.)la carlina corymbosa è presente dal piano alle montagne più basse ed è caratterizzata da
capolino e brattee giallo dorato. Non è specie protetta e naturalmente deve essere rispettata.
IL GENERE CARLINA
Famiglia Asteraceae (Compositae)
Carlina L fu classificato da Linneo nel 1753.
Il nome generico Carlina deriva dal termine spagnolo carlina usato per denominare la pianta, a sua
volta di probabile origine berbera.
Alcuni autori medioevali facevano derivare il nome da Carlo Magno che usò la pianta per
combattere una pestilenza che aveva colpito il suo esercito. Per altri ancora invece deriva dal
termine cardina diminutivo di cardo per la somiglianza con le piante di quel genere.
Il genere Carlina comprende una trentina di specie di piante erbacee o perenni caratterizzate da
un’infiorescenza stellata. Esse sono essenzialmente piante mediterranee e almeno una decina di
specie sono presenti in Italia. Le foglie sono grandi e spinose con margini incisi, spesso esse
formano rosette basali. L’infiorescenza è circondata da squame, quelle superiori sono lunghe e
brillanti e hanno il compito di attirare gli insetti.
A molte specie sono riconosciute proprietà medicinali agevolando la sudorazione e la digestione e
alcune sono anche usabili nell’alimentazione: infatti il ricettacolo del capolino viene consumato,
crudo o cotto, come per i carciofi.
Le carline vegetano in luoghi aridi e sassosi o ai margini dei boschi. Alcune specie diventano
infestanti essendo sgradevoli per gli animali e molto resistenti agli incendi.
Alcune specie sono poi usate per decorare giardini rocciosi.
In passato il fiore era considerato come un barometro naturale: infatti quando il tempo è secco le
brattee sono aperte mentre con l’aumento dell’umidità tendono a coprire il capolino, di conseguenza
nei paesi montani i fiori erano esposti a mazzi all’esterno delle abitazioni.
Le specie più comuni nel nostro paese sono: Carlina acaulis, Carlina corymbosa e Carlina
vulgaris.
CARLINA CORYMBOSA
Carlina corymbosa L.
Classificata da Linneo nel 1753
Conosciuta volgarmente come: carlina raggio d’oro, carlina
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Il nome specifico corymbosa deriva dal latino cōrymbus, i (= grappolo di edera, corimbo,
infiorescenza a ombrello) a sua volta derivato dal greco Κόρυμβος (= vertice, grappolo di fiori,
corimbo). Esso fa riferimento alla disposizione a corimbo dei capolini di questa pianta.
Ricordiamo che il corimbo è un’infiorescenza con un asse principale da cui sorgono peduncoli
floreali che terminano alla stessa altezza. In questo caso, essendo il capolino una infiorescenza, si
tratta di una infiorescenza di infiorescenze.
I ricettacoli dei capolini e i gambi sono eduli e somigliano ai carciofi, ma la laboriosa lavorazione
ne limita il consumo.
Alle radici erano attribuite proprietà digestive, sudorative e antiveleno. Inoltre era usata contro il
mal di denti e le malattie della pelle.
Sulle Alpi Apuane la pianta è abbastanza comune.
Abbastanza simile è Carlina vulgaris che si distingue per il fusto rossastro e decisamente ramoso e
dotato di peli. I capolini sono chiari e le brattee sono paglierine
Così riporta il botanico apuano Pietro Pellegrini1:
831. – Carlina corymbosa – L.
(luoghi in cui è stata osservata:)
Nei luoghi incolti fra Montignoso e
Porta, nelle loc. Prado e S. Maria e
lungo il canale di Montignoso, sul
letto del Canal Magro dalle origini
alla loc. Sei Ponti, sulle rupi lungo
il Frigido a Ponte Vecchio, a
Castagnola di sotto e al ponte della
ferrovia, in loc. Madonna degli
Uliveti, ai poggi delle Cinque Vie,
alla Lodolina e a Ricortola, sopra il
Mirteto, alla Foce di Carrara, al M:
Pianamaggio e nella valle del
canale della Foce. Sul M. Brugiana,
nei dintorni di Carrara al Castello
di Moneta (Bolzon), ad Avenza. Ad
Figura 1: Carlina corymbosa
Aulla, a Podenzana, a Tresana, a
Mulazzo, fra Terrarossa e Villafranca e fra Villafranca e Bagnone, fra Scorcetoli e Pontremoli e a
Mignegno, a Montelungo, ai Groppi Neri, alla Cisa, a Guinadi, a Zeri.
Fiorisce da luglio a settembre. Pianta erbacea perenne.
Pellegrini cita altre specie dello stesso genere: Carlina acaulis L. subsp.caulescens (Lam.) Schübl.
et G. Martens e Carlina vulgaris L.
1
Pietro Pellegrini “Flora della Provincia di Apuania ossia Rassegna delle piante fanerogame indigene, inselvatichite,
avventizie esotiche e di quelle largamente coltivate nel territorio di Apuania e delle crittogame vascolari e cellulari,
con la indicazione dei luoghi di raccolta”, Stab. Tip. Ditta E. Medici, Massa, 1942. Il testo è stato ristampato in copia
anastatica nel maggio 2009 dalla Società Editrice Apuana di Carrara per conto della Fondazione Cassa di Risparmio di
Carrara. Pag. 173.
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LA PIANTA
Classificazione: Superdivisione: Spermatophyta; Divisione: Magnoliophyta (Angiospermae);
Classe: Magnoliopsida; Sottoclasse: Asteridae; Ordine: Asterales; Famiglia: Asteraceae; Genere:
Carlina; Specie: Carlina corymbosa
Forma biologica: Emicriptofita scaposa (simbolo: H scap). Emicriptofita (simbolo H): pianta
erbacea biennale o perenne con gemme svernanti a livello del suolo che sono protette dalla lettiera o
dalla neve. Scaposa (simbolo Scap): pianta dotata di asse fiorale eretto e spesso senza foglie.
Descrizione: pianta erbacea perenne con rizoma dal quale si sviluppano uno o più fusti eretti alti da
10 a 90 cm, glabri e con pochi rami o senza rami. Le foglie inferiori sono disposte a rosetta e le
superiori sono alterne, tutte sono coriacee, spinose e dentate ai margini, oblungo-lanceolate e
lunghe fino a 9 cm. I fiori sono riuniti in capolini di color giallo larghi fino a 2 cm all’apice del
fusto o dei rami, in questo caso a formare dei corimbi. I capolini sono circondati da brattee raggianti
e aguzze di color giallo dorato scuro lunghe circa 2 cm. Il frutto è un achenio oblungo.
Tipo corologico: steno-mediterraneo. È presente nelle coste del Mediterraneo (zona dell’olivo). In
Italia è comune in Liguria e in Emilia Romagna e in tutta la zona peninsulare comprese le isole
maggiori, è più rara al nord (Friuli e forse Piemonte).
Habitat: luoghi aridi sabbiosi o rocciosi, incolti, bordi stradali, boschi radi e soleggiati dal piano
fino a 1200 metri.
Conservazione: la specie non è compresa nella LRT (Lista Rossa Toscana) delle specie vegetali
protette.
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