ESTRATTO DA Le basi di ACER ACER © IL VERDE EDITORIALE MILANO Sintesi dei principali concetti di arboricoltura A cura di Alessio Fini, Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura, Università degli Studi di Firenze FATTORI ESTRINSECI AL SITO D’IMPIANTO Vandalismo I problemi legati al vandalismo, pur essendo di minore rilevanza rispetto a quelli causati da stress abiotici, dalla competizione con le infestanti e da errori nella gestione delle stesse, sono, nei Paesi anglosassoni, la causa della morte di circa il 15% dei nuovi impianti (3). Gli atti vandalici possono causare danni in ogni parte della chioma e sono più pericolosi quando colpiscono giovani piante. Tuttavia, la messa a dimora di piante di calibro elevato non rappresenta una valida soluzione a causa delle difficoltà di attecchimento e del costo del materiale vegetale, che au- 87 • ACER 6/2010 Cause di morte di alberi recentemente piantati in Gran Bretagna (Bradshaw et al., 1995, modificato da Ferrini, 2010). Legacci Compattazione Sostegni protezioni Vandalismo Stress Infestanti 0 5 10 15 Frequenza (%) 20 25 30 12 Sotto, incidenza del danno in relazione alla posizione di piantagione: gli alberi più facilmente accessibili sono quelli più soggetti a essere danneggiati, mentre l’uso di arbusti riduce in modo significativo l’incidenza di danni (Da Hodge, 1991, modificato da Ferrini 2010). 8 munque rappresentino una sorta di “barriera psicologica” per un potenziale vandalo. 6 Autoveicoli 10 4 2 0 Pavimentato Prato Danni al tronco mentano con l’età della pianta (5). Va sottolineato che gli alberi messi a dimora in luoghi accessibili sono maggiormente suscettibili al vandalismo e che il danno è più frequente quando questi si trovano in aree adiacenti a strade principali. Per proteggere le piante da possibili atti vandalici, le soluzioni possono essere molteplici, quali l’uso di pro- Arbusti Copertura erbosa Tronco divelto tezioni, sostegni alti, piante tolleranti (per esempio Crataegus monogyna, Betula spp., Quercus spp., Tilia spp., Salix spp.). Tuttavia, il miglior metodo è, probabilmente, la scelta di un adeguato schema di piantagione che preveda l’uso di arbusti o tappezzanti vicino al colletto che impediscano all’utenza di avvicinarsi alla pianta o che, co- Gli autoveicoli possono essere fonte di danno diretto e indiretto nei confronti delle piante. I danni diretti includono urti al tronco causati dalle manovre in fase di parcheggio o da sbandamenti e uscite di strada. L’uso di sostegni a tre o quattro pali in legno (vedi Le basi di ACER n. 4/2008) o di dissuasori in metallo costituisce una barriera meccanica in grado di ridurre l’incidenza di tali danni ai giovani alberi (7). I danni indiretti sono dovuti all’azione che le ruote esercitano sullo spostamento delle sostanze dannose o tossiche, come il sale antighiaccio depositato nelle pozzanghere o ai lati della ▼ N Frequenza (%) elle aree antropizzate esistono fattori di stress, non strettamente legati al sito d’impianto, che possono compromettere l’attecchimento e la crescita delle piante. Tali fattori sono chiamati “estrinseci” e includono il vandalismo, i danni causati da: operazioni di sfalcio del cotico erboso in prossimità del colletto, autovetture ed eventuali lavori di scavo in prossimità dell’apparato radicale, uso di sali antighiaccio, eccessiva frequentazione, sostegni e legature (5). Le basi di ACER ESTRATTO DA ACER © IL VERDE EDITORIALE MILANO Riempimento di ghiaia Marciapiede basso e strato in cemento ALESSIO FINI Pavimentazione in leggera pendenza Membrana permeabile Esempio di buca d’impianto studiata per limitare i fenomeni di tossicità legati all’uso di sali antighiaccio (Fonte: Bradshaw, 1995, modificato da Ferrini, 2010). strada, o alla fuoriuscita dalle parti meccaniche di carburanti o lubrificanti (5). I cordoli rialzati sono utili anche come barriera fisica contro l’immissione di acqua inquinata o di sale nella buca d’impianto (7). cale, che può risultarne ferito o danneggiato. Il problema è serio poiché oltre il 90% delle radici assorbenti dell’albero è concentrato nei primi 70 cm di suolo e perchè l’estensione orizzontale dell’apparato radicale può arrivare fino a circa quattro volte oltre la proiezione al suolo della chioma (8, 6). Quindi, anche con scavi apparentemente superficiali, se non effettuati a distanza opportuna dalla pianta (vedi box), è possibile asportare anche vaste porzioni di appara- ▼ Lo scavo di trincee o di fosse può causare seri danni alle radici. Scavi vicini alle radici È quanto mai frequente in ambiente urbano che per l’installazione e la manutenzione dei sottoservizi, e per l’edificazione di nuovi fabbricati, vengano scavate fosse o trincee in prossimità dell’apparato radi- to radicale. Tali danni, se interessano radici di sostegno, possono minare la stabilità della pianta, in quanto vanno a eliminare importanti punti di ancoraggio, facilitando il ribaltamento (4). Inoltre, le ferite inferte all’apparato radicale possono fungere da via preferenziale di ingresso per i patogeni e per i funghi cariogeni, anche se un recente studio ha dimostrato l’alta efficienza delle radici nel compartimentare tali organismi ed evitare che raggiungano il fusto (14). Infine, La zona di protezione dell’albero F requentemente, in ambiente urbano, è necessario eseguire scavi per l’installazione o la manutenzione dei sottoservizi, o per altre opere edili, in vicinanza di alberi singoli o in filare. L’asportazione e il danneggiamento di molte radici in seguito allo scavo comporta serie conseguenze per la pianta, sia a livello fisiologico, sia a livello strutturale. Per salvaguardare l’albero da tali evenienze è opportuno evitare scavi all’interno di una zona dimensionalmente nota in cui la maggior parte delle radici della pianta è presente. Questa zona, di forma circolare, incentrata sul colletto della pianta, è detta zona di protezione dell’albero (Zpa). Il raggio del cerchio è facilmente determinabile valutando alcune caratteristiche del soggetto arboreo: 1) tolleranza al danneggiamento delle radici ; 2) età della pianta; 3) diametro del fusto della pianta. In presenza di specie tolleranti (per es. platano, leccio) è possibile effettuare gli scavi più in vicinanza del colletto rispetto a specie meno tolleranti (per es. faggio, magnolia). Un elenco esaustivo della tolleranza delle diverse specie è riportato in Matheny (11). Analogamente, più la pianta è giovane, minore è la distanza di rispetto richiesta. In tabella 2 sono riportati i coefficienti (m di distanza lineare dal colletto per cm di diametro del fusto) da moltiplicare per il diametro del fusto al fine di ottenere il raggio della Zpa. Quanto dev’essere grande la zona di protezione dell’albero per tutelare un leccio maturo di 35 cm di diametro? Essendo il leccio una specie in grado di tollerare bene il danneggiamento delle radici di età matura, il coefficiente da utilizzare è 0,09 m/cm. Essendo 35 cm il diametro, il raggio della Zpa sarà 0,09 * 35 = 3,15 m. Se, invece, dovessimo preservare un faggio di pari età e dimensioni, il raggio sarà 0,15 * 35 = 5,25 m. Una volta determinata la zona di protezione dell’albero, si consiglia di transennarla o recintarla per evitare che essa non venga rispettata. come evidenziato da una sperimentazione effettuata dall’Università di Firenze e da Fondazione Minoprio e cofinanziata dalla Regione Lombardia, il danneggiamento delle radici assorbenti riduce, già nella stagione vegetativa successiva al taglio, la capacità della pianta di assorbire acqua dal suolo. Ciò determina una riduzione dell’apertura stomatica che, di conseguenza, limita la fotosintesi (dati non pubblicati). Ne deriva che, mentre gli effetti “fisiologici” del danneggiamento sono subito chiari, quelli visibili possono apparire anche dopo anni dal taglio, quando generalmente è troppo tardi. Salinità e sali antighiaccio L’uso di sali antighiaccio è uno dei fattori che devono essere fronteggiati nella gestione e nella manutenzione delle alberate stradali (5). È stato dimostrato che la distribuzione di 750 g/m2 di sali può ridurre l’accrescimento dei germogli anche del 30-50% (3). Lo stress salino causa, nella pianta, il passaggio dal metabolismo “di crescita” a quello “di difesa”, mediante l’aumento della biosintesi di composti antiossidanti, quali i flavonoidi (1). Inoltre, l’accumulo di ioni sodio nelle foglie, in cui vengono traslocati dal suolo mediante il flusso idrico innescato dalla traspirazione, riduce drasticamente la fotosintesi, sia causando chiusura stomatica, sia innescando una serie di alterazioni metaboliche che portano, per esempio, alla denaturazione delle membrane cellulari e alla riduzione della quantità e dell’attività della rubisco (l’enzima che fissa la CO2 nella fase oscura della fotosintesi) (10). ACER 6/2010 • 88 TABELLA 1- SPECIE ARBOREE TOLLERANTI E NON ALLA SALINITÀ Carpinus betulus Cercidophyllum japonicum Crataegus maximowiczii Fraxinus ornus Liriodendron tulipifera Ostrya carpinifolia Quercus palustris Tilia cordata Tilia x euchlora L’inibizione della formazione di nuove foglie e la filloptosi anticipata di quelle presenti riducono ulteriormente l’area fotosintetizzante della pianta. Inoltre, l’accumulo di ioni sodio ha effetto deflocculante sugli aggregati del suolo e può causare la perdita della struttura. I problemi derivanti dall’uso di sali antighiaccio sono ulteriormente complicati dal fatto che a causa del traffico veicolare, essi possono essere proiettati e dispersi come aerosol fino a 18-20 m dalla zona di spargimento, risultando, perciò, potenzialmente pericolosi anche per piante poste a distanza dal margine stradale. Per ridurre tali problemi è necessario prestare attenzione nella selezione delle specie utilizzate in aree sensibili (tabella 1), sostituire il cloruro di sodio con il cloruro di potassio o realizzare buche d’impianto appositamente studiate per limitare l’ingresso dei sali nella buca d’impianto. Pratiche erronee di impianto e gestione In molti casi, sono gli stessi operatori del verde che arrecano danni diretti alle piante. Di estrema gravità sono le ferite inferte al colletto durante le operazioni di sfalcio del prato. Le lesioni “da decespuglia- TABELLA 2 - COEFFICIENTE DI DISTANZA DAL TRONCO IN FUNZIONE DELL’ETÀ E DELLA TOLLERANZA DELLA SPECIE ARBOREA Moderata Scarsa (da Matheny, 1999). 89 • ACER 6/2010 ACER © IL VERDE EDITORIALE MILANO Non tolleranti Acer pseudoplatanus Acer rubrum (da Percival e Fraser, 2001; Bassuk et al., 2003; Percival et al., 2003). Tolleranza della specie Buona ESTRATTO DA Età dell’albero Giovane Maturo Senescente Giovane Maturo Senescente Giovane Maturo Senescente Coefficiente (m/cm) 0,06 0,09 0,12 0,09 0,12 0,15 0,12 0,15 0,18 Il “danno da decespugliatore” provocato prima della stesura della pacciamatura non si cicatrizza ed è ancora evidente anni dopo. FRANCESCO FERRINI Tolleranti Acer cissifolium Cercis spp. Crataegus laevigata ‘Paul’s Scarlet’ Ginkgo biloba Gleditsia triacanthos Phyllirea angustifolia Platanus x acerifolia Pyrus calleryana Quercus ilex Sophora japonica Ulmus spp. Le basi di ACER tore”, generalmente, feriscono in profondità la corteccia, distruggono anche ampie porzioni del floema e del cambio. Questo tipo di ferita è di difficile cicatrizzazione e i successivi incrementi diametrici del fusto fanno sì che si formi una zona di legno esposta all’azione dei patogeni e dei parassiti. L’uso di pacciamatura o di arbusti tappezzanti attorno al fusto elimina la necessità di sfalciare periodicamente l’erba nelle immediate vicinanze del colletto. Altre lesioni corticali possono derivare dal contatto tra la pianta e i tutori o dalla mancata sostituzione periodica dei legacci (vedi Le basi di ACER n. 4/2008). Bibliografia 1) AGATI G., BIRICOLTI S., GUIDI L., FERRINI F., FINI A., M. TATTINI M., 2010. The biosynthesis of flavonoids is enhanced similarly by UV radiation and root zone salinity in L. vulgare leaves. Journal of Plant Physiology (in stampa). 2) BASSUK N., CURTIS D. F., MARRANCA B.Z. E NEAL B., 2003. Recommended urban trees: site assessment and tree selection for stress tolerance. Urban Horticulture Institute, Cornell University, Ithaca, NY. 3) BRADSHAW A., HUNT B. E WALMSLEY T., 1995. Trees in the urban landscape. E & Fn Spon, Londra. 4) CODER K.D., 2010. Root pla- te resistance to failure. Arborist News, 19 (3): 52-56. 5) FERRINI F., 2010. Fattori intrinseci ed estrinseci al luogo d’impianto. Dispensa del Corso “Piante ornamentali”, C.d.L. in Scienze Vivaistiche, Ambiente e Gestione del Verde, Università di Firenze, A.A. 2010/2011. 6) FINI A., 2007. Le radici. Funzioni e morfologia. Il Verde Editoriale, Milano, ACER, 1:105-106. 7) FLORINETH F., 2007. Alberi al posto del cemento. Il Verde Editoriale, Milano. 8) HARRIS R.W., CLARK J.R. E MAHENY N.P., 2004. Arboriculture, integrated management of landscape trees, shrubs and vines. Pearson Educarion, Upper Saddle River, New Jersey. 578 pp. 9) HODGE S.J., 1991. Urban trees. A survey of street trees in England. Forestry Com. Bullettin, 99, HMSO, Londra, 217-236. 10) KOZLOWSKI T.T., 1997. Response of woody plants to flooding and salinity. Tree Physiology monograph, 1, 29 pp. 11) MATHENY N., 1999. Trees and development: a technical guide to preservation of trees during land development. ISA, Savoy, IL, 183 pp. 12) PERCIVAL G.C., FRASER G.A., 2001. 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