SANTO SEPOLCRO: RIPORTATO ALLA LUCE IL LETTO DI ROCCIA SU CUI FU DEPOSTO IL CORPO DI GESÙ di Kristin Romey (National Geographic) Per la prima volta da secoli, la superficie originale di quella che è tradizionalmente considerata la tomba di Gesù è stata riportata alla luce. Situata nella Basilica del Santo Sepolcro, nella Città Vecchia di Gerusalemme, la tomba era stata ricoperta con una lastra di marmo al più tardi nel 1555, ma probabilmente parecchi secoli prima. «Una volta rimossa la lastra di marmo, siamo rimasti sorpresi trovando al di sotto una grande quantità di materiale di riempimento», racconta Fredrik Hiebert, archeologo residente della National Geographic Society, che partecipa al progetto di restauro del sepolcro. «Occorrerà del tempo per portare a termine tutte le analisi scientifiche, ma alla fine saremo in grado di vedere la superficie originale di roccia su cui, secondo la tradizione, fu deposto il corpo del Cristo morto». [...] Il banco dove fu deposto il corpo è ora contenuto in una piccola struttura all'interno della basilica, detta l'Edicola (dal latino aedicula, "piccola casa"), che fu ricostruita per l'ultima volta nel 1808-10 dopo essere stata distrutta da un incendio. Oggi l'Edicola e la tomba sono oggetto di un restauro curato da un'équipe dell'Università Tecnica Nazionale di Atene, sotto la direzione di Antonia Moropoulou, principale supervisore scientifico. Riportando alla luce e studiando il letto di roccia, i ricercatori puntano a chiarire meglio la forma originaria del sepolcro, ma anche ad analizzare le vicissitudini storiche del sito, diventato oggetto di venerazione da parte dei fedeli da quando, nel 326 d.C. Elena, madre dell'imperatore romano Costantino, lo identificò come luogo di sepoltura di Cristo. «Siamo in un momento cruciale per il restauro dell'Edicola", dice Moropoulou said. "Le tecniche che stiamo usando per analizzare questo monumento unico al mondo permetteranno al mondo intero di seguire le nostre scoperte come se ciascuno di noi fosse lì, davanti alla tomba di Cristo». [...] Leggi qui l'articolo completo da «National Geographic»