Domenico Quaranta - http://domenicoquaranta.com/ Nuove cartografie Domenico Quaranta Published in: Around Photography, anno II numero 06, lugliosettembre 2005. This work is licensed under the Creative Commons AttributionNonCommercial-ShareAlike 3.0 Unported License. To view a copy of this license, visit http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/ or send a letter to Creative Commons, 444 Castro Street, Suite 900, Mountain View, California, 94041, USA. L’arte contemporanea ha dimostrato precocemente una notevole attenzione nei confronti di sistemi iconografici e descrittivi come la mappa e il grafico. Una fascinazione di natura, di volta in volta, estetica, poetica o politica. Estetica, nel senso della scelta di un mezzo rappresentativo freddo, inerte, per Picabia, per il Duchamp del Grande Vetro, così come per la prima generazione concettuale e per la giovane Jenny Holzer. Estetica e poetica, nell’evocazione di viaggi immaginari, di geografie sognate, di storie e ricordi, come negli interni metafisici di De Chirico o nelle fotografie di Luigi Ghirri. Estetica, poetica e politica, come nelle mappe di Alighiero Boetti tessute dalle mani esperte delle donne afgane. Nell’era della globalizzazione, del crollo di vecchie e dell’erezione di nuove frontiere, il fascino dell’Atlante, lungi dal venir meno, riemerge prepotente nelle opere di molti artisti. Un elenco decisamente incompleto potrebbe comprendere Deborah Ligorio e Jota Castro, Luca Vitone, Aleksandra Mir e le passeggiate di Janet Cardiff, mappature sonore di un territorio. Ma è nei nuovi media in genere, e nella Rete in particolare, che la “cartografia” ritorna prepotentemente come nuovo sistema di linguaggio. Perché Internet, come dice Miltos Manetas, non è solo un altro medium, «quanto piuttosto uno “spazio”, simile al continente americano immediatamente dopo la sua scoperta»: provvisto quindi di mappature parziali, come quelle mappe del Cinquecento che registravano solo la frastagliata costa occidentale, Domenico Quaranta - http://domenicoquaranta.com/ cui facevano seguire un immenso, bellissimo vuoto. Non si tratta di una metafora: Internet è letteralmente un luogo, meglio ancora un luogo pubblico, con strade e autostrade, abitazioni e spazi di ritrovo, popolato da oggetti e da tanta, tantissima gente. Ma c’è di più: in un sistema disordinato – o diversamente ordinato – di dati, che non sono comprensibili se non vengono tradotti in una interfaccia, la mappa è sempre la struttura, e a volte anche il volto, dell’interfaccia. In questo senso Internet, come tutti i nuovi media, è un territorio che non esiste fino a che non viene mappato: in altre parole, la mappa coincide col territorio, e il territorio non esiste senza la mappa. Non deve dunque stupire che uno dei primi interessi degli artisti attivi in rete sia stato proprio la mappatura del cyberspazio o di una sua parte: spesso, proprio quel reticolo di Zone Temporaneamente Autonome che venivano a costituire la contro-rete (Hakim Bey) da cui sono scaturite net art e net culture. Alcuni esempi ormai storici sono archiviati nella sezione CyberAtlas del sito del Guggenheim Museum, curata da Jon Ippolito. In altri casi, come nelle Alt.Interface di Rhizome.org, la mappa è solo un altro modo di dare accesso a un database esistente, un modo per navigarlo alternativo a tipologie più tradizionali. Per esempio, StarryNight di Alex Galloway, Mark Tribe e Martin Wattemberg visualizza i testi dell’archivio di Rhizome come un cielo stellato, in cui gli astri che brillano di più sono quelli più frequentati dai lettori, e quindi più vitali. Utilizzando criteri di archiviazione diversi da quelli tradizionali, le Alt.Interface di Rhizome dimostrano che a un insieme di dati possono corrispondere diverse interfacce, e nessuna di esse è neutrale. Un’interfaccia presuppone sempre un sistema culturale e ideologico, con cui bisogna fare i conti. Nel 1997, il collettivo londinese I/O/D lancia The Web Stalker, che inaugura una lunga tradizione di interfacce alternative. Se i browser commerciali come Netscape o Internet Explorer danno per scontata la metafora della finestra, e ci mostrano, di un sito, quello che di sé ci vuole mostrare, il Web Stalker ce ne restituisce una visualizzazione spazializzata, che dà Domenico Quaranta - http://domenicoquaranta.com/ importanza alla struttura più che al contenuto, alle relazioni più che alle informazioni, allo scheletro più che alla pelle. Rivelando, in questo modo, anche la forma mentis di chi l’ha creato, i modelli culturali che lo condizionano. Come abbiamo visto, la Rete – come tutti i nuovi media – può essere descritta come un insieme disordinato di dati che hanno bisogno di un’interfaccia per acquisire significato. In questo senso, Internet non è soltanto un territorio inesplorato che necessita di una mappatura, ma anche una fonte inesauribile di dati su territori “altri”. Con They Rule(2001), l’artista americano Josh On ha sviluppato per esempio un database online che raccoglie le informazioni reperibili in rete relative a 100 grandi multinazionali e ai loro “boards”. Al database si può accedere tramite una interfaccia in flash in grado di mostrare la rete di legami che, attraverso i membri dei consigli di amministrazione, si viene a creare tra le varie corporation, e che disegna un’unica, compatta e tentacolare classe dirigente. Al di la del territorio mappato, è interessante notare come nascono le mappe. Nota l’artista che «Internet può raccogliere, elaborare e mostrare dei dati servendosi, per farlo, sia di mezzi informatici che sociali». In altre parole, le mappe di They Rule sono frutto senz’altro della modalità di inserimento dei dati, della struttura e dei metodi di ricerca dell’interfaccia: ma anche degli interessi specifici dello spettatore, e delle informazioni – e della disinformazione – con cui arricchisce il database. Anche qui, il paesaggio non esiste se non nelle sue linee fondamentali, ma viene disegnato, di volta in volta, da chi lo esplora. In un certo senso, They Rule ci insegna così che la pletora di informazioni di cui disponiamo, e di cui i media ci inondano quotidianamente, non ci aiuta a disegnare cartografie attendibili del reale: quello che riusciamo a mappare sono al massimo le nostre geografie mentali, o i sistemi di valore che governano i media. A questa mappatura si dedicano due progetti recenti, molto diversi nello spirito e negli esiti. Infowarmation (2004), del collettivo italiano K-Hello, è un sito web in cui l’utente, dopo aver visto un telegiornale o letto un quotidiano, può inserire i dati relativi allo spazio concesso agli stati di cui si parla. L’output è una mappa del mondo in cui gli stati di cui si parla di più conquistano quello con più bassa copertura mediatica. La Domenico Quaranta - http://domenicoquaranta.com/ mappa generata può essere aggiornata a ogni fruizione del flusso informativo. Il risultato è una mappa mentale, che visualizza, con semplicità e ironia, gli squilibri introdotti nella nostra percezione del mondo dai media, e ci invita implicitamente a ristabilire l’equilibrio: «Nella guerra dell’informazione, in cui il campo di battaglia sono le nostre menti, la conclusione sembra essere “l’unico modo per vincere è continuare a pensare”». Meno ironico e visivamente pregnante, ma ugualmente incisivo, Newsmap di Marcos Weskamp e Dan Albritton, segnalato per la sezione “Net Vision” ad Ars Electronica 2004, è un’applicazione che ripropone in una mappa i titoli delle notizie proposte da Google News: consentendo di visualizzare l’importanza data alle notizie, e alle loro diverse tipologie, a livello globale e locale. Il rigore del progetto ne fa un ottimo strumento di monitoraggio del flusso informativo globale: il che, unito al fatto che gli autori non sono artisti di professione, contribuisce a collocarlo in una zona di confine di un territorio, quello dell’arte, fra i più difficili da mappare. Una liminarità molto comune a chi utilizza i nuovi media, e a cui il concettuale ha aperto solo parzialmente la strada. In questa zona di confine si colloca anche Earth (2001), dell’americano Jon Klima. Presentato alla Whitney Biennal del 2002, Earth è un software che convoglia in un unico display, una rappresentazione tridimensionale della Terra, informazioni recuperate dalla rete, trasmesse dal satellite e dalla stazione meteorologica più vicina al luogo in cui viene installato. Descritto da Christiane Paul come «una investigazione estetica del mondo così come esiste in forma di dati», Earth adotta la metafora tradizionale delle mappe terrestri per descrivere, sotto mentite spoglie, un altro universo, quello appunto dell’informazione. Viceversa, in Apartment (2001), Martin Wattenberg e Marek Walczak ‘spazializzano’ le frasi inserite dagli utenti, trasformandole in appartamenti che vanno a formare isolati, quartieri e intere città, e dimostrando, con una metafora aliena al contenuto, il carattere fondamentalmente sociale del linguaggio. Del resto, questa violazione semantica si inserisce in una lunga tradizione, che procede addirittura dal “palazzo della memoria” di Cicerone, divenuto uno dei pilastri della mnemotecnica occidentale Domenico Quaranta - http://domenicoquaranta.com/ e rivitalizzata oggi dalla virtualizzazione dello spazio, dalla città dell’informazione in cui trova sede legittima anche la Biblioteca di Babele di Borges. Anche Valence (1999), dell’americano Benjamin Fry, nasce per dare una visualizzazione spaziale di un corpo complesso di informazione, sia esso un testo narrativo o la struttura di un sito; la sua versione più recente, proposta anch’essa alla Whitney Biennal del 2002, si appoggia a un database genetico, e visualizza il funzionamento dell’algoritmo utilizzato per costruire il genoma di un organismo attraverso dei punti luminosi collegati da un nastro. Fry, che ha studiato al MIT Media Laboratory, è un information designer le cui interfacce uniscono la funzionalità a una straordinaria forza di suggestione, che le ha fatte comparire in blockbuster come Minority Report e Hulk. Si potrebbe discutere se sia un artista, uno scienziato o un designer, ma forse è giunta l’ora di ipotizzare che sia tutte e tre le cose: come gli artisti del Rinascimento, che dipingevano Gioconde e disegnavano cartografie. Links Jon Ippolito: Cyberatlas Rhizome alt.interface I/O/D: The Web Stalker, 1997 Josh On: They Rule, 2001 K-Hello: Infowarmation, 2004 Marcos Weskamp e Dan Albritton: Newsmap, 2004 Jon Klima: Earth, 2001 Martin Wattenberg e Marek Walczak: Apartment, 2001 Benjamin Fry: Valence, 1999 – 2002