N.26 Novembre 2013

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N. 26 Novembre 2013
CD
Pearl Jam
Goldfrapp
Placebo
God is an Astronauts
DISCO
INTERVISTA
Korn
REWIND
THE BEATLES
‘ON AIR - LIVE AT THE BBC VOLUME 2’
E inoltre
libri, hi-tech, Rock-Art, live...
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N. 26 Novembre 2013- anno 6 - www.nerok.it
JACK JOHNSON
Editoriale
EDITORIALE
pag.3
CARMINE AYMONE
DISCO
JACK JOHNSON
INTERVISTA
JONATHAN DAVIS -KORN
REWIND
BEATLES On Air V.2
RUMORS
NEWS ROCK
STORIE ROCK
Aymone/Iossa
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CD pag.
LIBRI
pag. 4-5
pag. 6-7
pag. 8-9
pag.10-11
pag. 12-13
14-15-16-17
pag. 18-19 HI-TECH
solar feet pag. 20-21
ART-ROCK pag. 22-23
CINEMA
CAPITAN HARLOCK
CALENDARIO
LIVE E EVENTI
pag. 24-25
pag. 28-29
Direttore responsabile Carmine Aymone ([email protected])
Vice direttore Alessandra Del Prete ([email protected])
Art director Fabrizio Morrone ([email protected])
Photo Dino Borelli, Giuseppe D’Anna
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Capo redattore Mario Gargiulo ([email protected])
Redattore Bruno Aymone
Comitato di redazione : Carmine Aymone, Mario Gargiulo, Valentina Brasiello, Mattia Mancini, Ivan Ritarossi, Matteo Palmieri, Massimo Chiari,
Claudio Poli, Michelangelo Iossa, Alessandra Del Prete.
Il logo NERÒK è stato realizzato da Geko ([email protected])
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“From here to now to you”
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‘From here to now to you’ il sesto lavoro in studio del cantante e compositore ‘hawaiano’ Jack
Johnson segna il ritorno del cantautore americano dopo l’ottimo album del 2010.
Proprio durante il tour di quest’ultimo lavoro, Jack ha capito che doveva prendersi una lunga pausa,
così come anni prima dopo un bruttissimo incidente sugli scogli, aveva capito che doveva fermarsi
come surfer, nonostante fosse tra i migliori giovani promettenti.
“Il nuovo album nasce in famiglia, nella vita di tutti i giorni, mentre gioco con i miei figli, quando li
accompagno a scuola la mattina, mentre lavo i piatti o lavoro in giardino, ma anche mentre gusto
una deliziosa cena, oppure esco la sera a buttare l’immondizia....
Questo è vero amore, questa è la mia vera vita, la calma e la tranquillità familiare.”
Un lavoro molto più acustico, chitarra, ukulele, armonica e voce, con testi più ‘colorati, rispetto agli
ultimi due album, elettrici e molto cupi dovuti alla perdita dell’amato padre.
Come ha recentemente dichiarato alla famosa rivista Rolling Stones: è una vera e propria
celebrazione del suo ruolo di marito e padre di tre figli: un album
quasi intimo, familiare, tanto che si è posto molte domande
sulla pubblicazione di canzoni a tema tanto personale, cosa che
arrivava quasi a mandarlo in paranoia finché non ha trovato il
giusto equilibrio per la condivisione pubblica del proprio privato, un
atto di amore verso il suop pubblico, quasi invitato a una cena tra
amici.
il cantante e chitarrista grabnde amico di Ben Harper, che ha
collaborato nel disco, ha anticipato la scorsa estate il disco con
From here to now to you
il singolo’I Got You’ una splendida canzone d’amore dedicata alla
1. I Got You
moglie Kim.
2. Washing Dishes
Un brano classicamente johnsoniano, con un fischio irresistibile
3. Shot Reverse Shot
4. Never Fade
che doppia il riff della chitarra acustica: perfetto, leggero e
5. Tape Deck
accattivante.
Tutte le canzoni dell’album sono state composte e registrate dopo 6. Don’t Believe a Thing I Say
la fine del tour 2010 di “To The Sea” nel giro di una decina di giorni 7. As I Was Saying
8. You Remind Me of You
di sessioni nei Mango Tree Studios, di proprietà del cantante,
9. Radiate
alle Hawaii: Jack Johnson ha dichiarato di preferire questo tipo di 10. Ones and Zeros
rilassatezza lavorativa, componendo liberamente alla presenza di 11. Change
amici, familiari, figli che ascoltano le canzoni in progress e danno 12. Home
suggerimenti, come in una festa a base di birra e surf.
L’album quindi sembra essere quasi una sorta di autobiografia in musica: c’è la canzone dedicata
4
alla sua punk band del liceo “Tape Deck”, quella che parla del figlioletto e della sua immaginazione
senza freni “Radiate”, oltre all’immancabile monito ai giovani drogati di tecnologia e social network.
Come se non bastasse, “From Here to Now to You” è stato profondamente segnato dalla morte
del padre di Jack, avvenuta nel 2009, e non a caso suona molto più adulto e meno spensierato
dei suoi predecessori. Dal punto di vista strettamente musicale per la prima volta, infatti, la chitarra
viene usata anche per produrre riff dal sapore heavy, e non le solite trame acustiche a cui ci aveva
abituato in passato.
Altro singolo estratto dall’album è “Radiate”, il brano più intimo e personale dedicato al figlioletto di 6
anni e alla sua immaginzaione senza freni ed è forse il brano più intenso dell’album.
Ukulele, percussioni, dobro, chittara acustica e kalimba rendono il disco molto semplice e piacevole
in grado illuminare le giornate più buie, proprio come un buon disco dovrebbe fare.
[Carmine Aymone]
Jack Hody Johnson
nasce nel 1975 vicino (Haleiwa) nella costa nord di Oahu
(Hawaii). Figlio del famoso surfista locale Jeff Johnson apprende dal padre fin da giovanissimo
la passione per il surf. Passione che lo porta a 17 anni a far parte della competizione pipeline
raggiungendo le finali e ottenendo il record di più giovane partecipante a questo evento di
prestigio mondiale. Ottiene un contratto da professionista con la Quiksilver ancor prima di finire
il liceo. Ma poco dopo Jack, durante il Pipeline Masters, deve fare i conti con un incidente quasi
mortale andando a sbattere contro gli scogli. Decide così di abbandonare le competizioni. Si
trasferisce così in California dove si laurea in cinematografia all’università di Santa Barbara.
È proprio durante questi anni che comincia a scrivere le prime canzoni a girare i suoi primi
lungometraggi e ad interessarsi di fotografia. Jack oltre alla regia si cimenta anche nelle
musiche delle quali è sia l’autore che il cantante, con sonorità prettamente folk e richiami al
rock e al blues.
Altra grande passione è quindi la musica che ormai coltiva da quando ha 14 anni, cominciando
anche a suonare la chitarra. La sua prima band i “Limber Chicken” proponeva una sorta di punk.
Tra gli artisti preferiti: Beatles, Nick Drake, Bob Marley, Bob
Dylan e Ben Harper.
5
Jonathan Davis presenta
‘The Paradigm Shift’
Nu Metal? Noi siamo i
Korn
“Jonathan Davis
presenta l’ undicesimo
album dei Korn, ‘The
Paradigm Shift’ uscito
ad Ottobre. Dopo
due decadi di musica
e atteggiamenti
aggressivi , sembra
molto rilassato,
noncurante di piacere
ai critici e afferma
che, si preoccupa solo
di una cosa: scrivere
canzoni che piacciono
alla band o che vorrebbe
ascoltare. Cio’ già fu
molto chiaro nell’ ultima
album della band, ‘The
Path of Totality’ del 2011, che oppose il ritmo dubstep prodotto da Skrillex contro i riff di
chitarta firma della band. Dalle sue ultime interviste, che riportiamo qui in queste pagine,
Davis ha discusso della crescita della band in 20 anni, come l’inaspettata riunione con il
chitarrista Brian “Head” Welch che ha riportato il sorriso a tutti i componenti della Band e
come il loro album del 1998 ‘Follow The Leader’ abbia cambiato per sempre le loro vite.
Inoltre ha dichiarato con entusiasmo che The Paradigm Shift è l’album migliore dei Korn
da tanto tanto tempo.
J: Non sopporto le stanze degli hotel. Quindi generalmente chiacchiero con i critici e
presento i nostri lavori, durante una passeggiata nel parco.
Quando 20 anni fa quando suonavi in un garage a Bakersfield, avresti mai
immaginato di arrivare a oggi, con 11 album sulle spalle?
J:Assolutamente no, ma sono felicissimo di aver vissuto questa esperienza, con tanta
energia e sopratutto con tante persone da ‘sentire e toccare’ durante i live.
Pensi di essere sempre lo stesso dopo tutti questi anni?
J: Io sono smpre lo stesso. Spesso penso che all’inizio del successo, quando ‘fummo
gettati nella corrente’. Cio’ ci colpì davvero tanto e la band impazzì per un po’ per il
fatto che le nostre libertà erano portate via. Avevamo bodygards dovunque andassimo.
Non potevamo passare il tempo come volevamo, tornare alle proprie case, fare feste
con fusti di birra. La cosa fu divertente ma ci ha quasi lacerato interiormente, ma ora va
bene.
Come hai fatto a rimanere con i piedi per terra?
J:Penso che dipenda da come siamo cresciuti nella nostra città Bakersfield. Ci ha
instillato buoni valori credo. È veramente facile farsi prendere la mano e iniziare a
pensare di essere piu’ di quello che sei quando entri in questo business. L’ho visto
succedere a tonnellate di amici. Quando abbiamo iniziato questa band abbiamo deciso di
rimanere con i piedi per terra piu’ che potevamo, e penso che l’abbiamo fatto.
6
Mentre altre band emerse negli anni 90 sono rimaste
stagnanti, voi vi siete evoluti, come?
J: Penso che sia grazie al nostro amore generale per la
sperimentazione e al fatto di non essere timidi di provare
cose differenti. Si deve evolvere. Se continui a scrivere le
stesse note diventerai noioso. Per noi , cominciò quando
facemmo Follow the leader. Ricordo quando facemmo uscire
“Got The Life” eravamo così terrificati pensavamo fosse
solo una stupida canzone del disco …e invece... Il motto
nella band è se ti fa paura, significa che stai facendo la cosa
giusta.
Quanto conscia era la decisione di infondere la vostra
musica con EDM?
J: Ho iniziato a fare il DJ quando avevo 16 anni, quindi sono stato da sempre un grande fan della
musica elettronica. Non sono mai stato un grande fan del metal. Ho amato alcuni gruppi metal ma
praticamente ho ascoltato la musica dance e la vecchia musica goth, industrial e cose del genere.
Ecco da dove vengo, questo è ciò che rende i Korn così diversi; non tutte le nostr cose sono riuscite,
ma amiamo sperimentare ed è quello che continuremo a fare.
È strano che la musica synth degli anni ’80 è tornata?
J: E ‘impressionante ... come la storia spesso si ripete. Io amo la Synth music perche io sono
un ragazzo degli anni ‘80. Amo tutta la musica del periodo. Amo ascoltare tutte le nuove band
elettroniche e musica EDM. Tutto quello che succede in questo momento è davvero emozionante.
Com’è stato il ritorno nella band di Brian?
J: Solo una parola: felici! È così piacevole vedere i miei amici , Fieldy and Munky and Ray, sorridere
e divertirsi perché lui è tornatoci è mancato molto.
E poi non è piu’ pazzo…è ancora come un bambino piccolo. Ma sta sperimentando questo per la
prima volta soprattutto perché era così incasinato con le droghe. Il primo singolo , “never never” ha una grande tensione elettronica verso la fine. È
indicativo del resto di Paradigm Shift?
J: Volevamo fare quello che abbiamo fatto in “Follow the Leader” quando abbiamo mescolato l’hip
hop con il rock. Volevamo scrivere per divertimento, fare musica interessante e vedere proprio cosa
succede a poi aggiungere dopo elementi elettronici. “Never never” è probabilmente il brano piu’
elettronico di tutto l’album. In questo disco c’è una canzone per tutti. C’è una canzone per i fan della
vecchia scuola, una canzone per i fan della nuova scuola. Penso che è il miglior album che abbiamo
fatto da lungo tempo.
Ancora vi innervosite con la stampa e i critici quando
pubblicate un album?
J: I ragazzi si, io sono arrivato al punto ora che non me ne
importa. Se ti piace o non ti piace. Non c’è niente che possa fare
per cambiare le opinioni delle persone. Io voglio solo terminare il
lavoro e cominciare il tour e sopratutto divertirmi un sacco.
Korn
THE PARADIGM SHIFT
[Prospect Park]
01-Prey for me
02-Love & meth
03-What we do
04-Spike in my veins
05-Mass Hysteria
06-Paranoid and aroused
07-Never never
08- Punishment time
09 - Lullaby for a sadist
10-Victimized
11- It’s all wrong
In ‘The Paradigm Shift’, spesso si parla di: soldi, fama,
fortuna, separazione e depressione, sono temi a voi vicini?
J:Penso che il denaro incasini tutto. Penso che il denaro porti via
la creatività. Se ottieni tutto quello che vuoi poi la tua creatività se
ne va. È una facile scappattoia. La fama ha cambiato le nostre vite.
Ricordo quando il mio figlio maggiore era fuori con me e le persone
mi si avvicinavano cio’ lo spaventava e mandava fuori di testa.
Ho comprato tutto quello che potevo sognare. Ricordo quando ho
comprato la mia prima Bentley. Ho sempre amato queste auto da
bambino. La depressione è sintomatica, penso che però la famiglia
e la maturità possono aiutare; eppoi ce’è la musica...quella cura
tutto!!!
7
THE BEATLES
‘ON AIR - LIVE AT THE BBC VOLUME 2’
Un nuovo doppio CD e LP in vinile da collezione
con 40 registrazioni tratte dalle esibizioni dei Beatles
nel 1963 e 1964 alla BBC Radio
Paul ricorda “Siamo cresciuti con i programmi radio della BBC. Una delle grandi cose della nostra
settimana era Saturday Club, un grande show in cui veniva suonata la musica che amavamo, quindi
era una cosa a cui noi aspiravamo”.
Tra il Marzo del 1962 e Giugno del 1965, non meno di 275 performance dei Beatles vennero
trasmesse dalla BBC nel Ragno Unito. La band suonò in ben 39 programmi radiofonici solo nel
1963. Ringo Starr nel 1994 disse “Si tende a dimenticare che noi eravamo una band di grandi
lavoratori. C’è quel suono monofonico, non c’erano sovraincisioni. Noi eravamo lì e questo è tutto.
È molto eccitante sentire quelle registrazioni”. Il 16 Luglio del 1963, loro giorno più impegnativo
alla BBC, i Beatles registrarono 18 canzoni per tre puntate del programma “Pop Go The Beatles” in
meno di sette ore.
John, Paul, George e Ringo scuotono
le...onde radio...
Il gruppo si esibì in 88 differenti canzoni durante le loro session alla BBC, alcune delle quali
registrate più volte, altre invece suonate una sola volta. All’epoca, i tre canali nazionali della
BBC diffondevano programmi durante tutto il giorno ma solo il Light Programme, canale di
intrattenimento e musica, poteva occasionalmente trasmettere un disco e la maggior parte della
musica diffusa era dal vivo. di conseguenza, per poter promuovere le proprie pubblicazioni, i
Beatles dovevano necessariamente suonare live alla BBC. “Veniva fatto tutto all’istante” ricordava
George Harrison, “ma prima di questo dovevamo percorrere 200 miglia in autostrada su un vecchio
furgone, arrivare a Londra, trovare la BBC, prepararci e realizzare il programma. Dopo tutto questo,
probabilmente, dovevamo recarci a Newcastle per un concerto la sera stessa!”
Nel 1994, venne pubblicato
“Live at the BBC” dei Beatles
ottenendo consensi in tutto il
mondo, raggiungendo il primo posto
della classifica inglese e il terzo
posto della classifica americana e
vendendo più di cinque milioni di
copie in sole sei settimane.
A compendio della prima raccolta, verrà pubblicato l’11 novembre
(il 12 novembre in Italia) “On Air – Live at the BBC Volume 2” in doppio CD e in vinile
da 180 grammi con booklet di 48 pagine. Le 63 tracce di “On Air”, nessuna delle
quali presente nella prima raccolta della BBC, comprendono ben 37 performance mai
pubblicate prima d’ora e 23 registrazioni di dialoghi negli studi tra i membri della band e
i presentatori della BBC.
“On Air” include anche le registrazioni della BBC di 30 canzoni molto amate del repertorio dei
Beatles, inclusi 5 brani che hanno raggiunto la vetta delle classifiche: “I Saw Her Standing
There”, “Twist And Shout”, “Do You Want To Know A Secret”, “Boys”, “Please Mister
Postman”, “Money”, “And I Love Her” e “If I Fell”.
Come il suo acclamato predecessore, “ On Air - Live at the BBC Volume 2” include l’audio dei
dialoghi tra i Beatles e i deejay Brian Matthew e Alan Freeman e i presentatori di Pop Go The
Beatles Lee Peters e Rodney Burke. Durante la prima trasmissione, gli ascoltatori si stupirono
di sentire così tanta divertente irriverenza dalle frequenze della fromale BBC ed è molto divertente
poter riascoltare ora quegli estratti. In più, per la prima volta vengono proposte le spontanee e
schiette interviste registrate nel Novembre 1965 e nel Maggio 1966 per il programma Pop Profile.
Negli studi della British Broadcasting Corporation, i Beatles si esibirono per molti
programmi radiofonici e “ On Air - Live at the BBC Volume 2” testimonia il sound della
band cogliendo l’attimo in cui suonavano per la loro nazione. Eccitato nel riascoltare
queste registrazioni, Paul McCartney dichiara “C’è molta energia e molto spirito. Lo
facevamo per quello senza trattenerci e cercando sempre di realizzare la migliore
esibizione della nostra vita”.
Per l’occasione, lo stesso giorno verrà ripubblicata in edizione rimasterizzata la raccolta “Live at
the BBC” del 1994. Questa prima collezione di registrazioni della BBC dei loro più grandi successi
contiene un tesoro ritrovato di ben 30 canzoni suonate per la radio ma mai registrate su disco
negli anni ’60.
La tracklist comprende brani che
vanno dalla rara performance di “I’ll
Be On My Way”, canzone poco
conosciuta scritta dalla coppia
Lennon-McCartney, fino alle cover
di grandi classici del rock ’n’ roll e
del rhythm & blues. All’epoca della
pubblicazione, “Live at the BBC”
venne definito dalla rivista Rolling
Stone come “un esilarante ritratto
di una band in procinto di plasmare
la propria voce e la visione”. Il
disco ottenne una nomination
ai GRAMMY Award come Best
Historical Album.
Dieci delle canzoni di “On Air” non vennero mai registrate dalla band per la EMI negli
anni ’60, tra cui due vedono la luce solo ora grazie a questa nuova pubblicazione: la
performance di “I’m Talking About You” di Chuck Berry ed una versione rock dello
standard “Beautiful Dreamer”. “On Air” include inoltre versioni differenti di sei brani
presenti nella raccolta della BBC del 1994:
“Lucille” di Little Richard, “Memphis, Tennessee” di Chuck Berry, “The Hippy Hippy
Shake” di Chan Romero, “I Got A Woman” di Ray Charles e “Glad All Over” e “Sure To
Fall” che I Fab Four impararono direttamente dai dischi di Carl Perkins.
Il tributo dei Beatles con il brano
“Happy Birthday, Dear Saturday
Club” ad una delle più importanti
trasmissioni pop dei primi anni ’60
della BBC è un’altra delle sorprese.
Come ricordava John Lennon nel
1980, “Abbiamo fatto molte canzoni
per Saturday Club che non sono
mai state su disco ed erano anche
registrate molto bene”.
8
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Dino Borelli
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Anticipazioni e news, sul mondo Rock !!!
In vendita prima casa di John Lennon
Di fronte ad una simile prospettiva, impallidisce l’asta presso la quale
nello scorso luglio è stato venduto il cappello da lui indossato per l’ultimo
servizio fotografico dei Beatles. Stavolta non si tratta del “solito” articolo
appartenuto a John Lennon, bensì di una intera casa. E’ quella, meno
famosa della successiva ma ugualmente altamente simbolica, presso la
quale il giovane futuro Beatle abitò con genitori e nonni dalla nascita,
il 9 ottobre 1940, all’età di cinque anni, quando fu lasciato a zia Mimi
e zio George. L’abitazione sorge al civico 9 di Newcastle Road nella
zona di Wavertree di Liverpool. Locata a poca distanza da Penny Lane,
la proprietà vanta tre camere da letto ed è attualmente quotata tra le
150 e le 250.000 sterline (176-294.000 euro). L’attuale proprietario ha
specificato che varie parti della casa, come ad esempio le sash windows,
le finestre a ghigliottina, sono le stesse che vide il giovane John. Il
direttore dell’agenzia immobiliare Entwistle Green, alla quale è stata
affidata la vendita, si è detto sicuro che l’offerta attirerà attenzione a
livello internazionale. L’asta si svolgerà il prossimo 29 ottobre presso
un luogo intimamente legato all’epopea beatlesiana, il Cavern Club di
Liverpool.
Il mito del fumetto Zagor diventa film
Ascia indiana con punta arrotondata nella mano destra e pistola
revolver, da bianchi, in quella sinistra. Arriva così al cinema, come vuole
la tradizione, ‘Noi, Zagor’, il docu-evento scritto e diretto da Riccardo
Jacopino, dedicato a uno degli eroi più amati del fumetto italiano: Zagor,
eroe pieno di muscoli ed etica. In sala solo il 22 e 23 ottobre distribuito
da Microcinema in circa 200 copie, il film è stato prodotto da Arcobaleno
Segnali di Senso con Bonelli Editore e Microcinema.
‘Breaking Bad’: ‘Baby blue’ scelto per il gran finale
Il 29 settembre - negli USA - è terminata, dopo cinque stagioni, una delle
serie top degli ultimi anni: “Breaking Bad”.
Per il gran finale delle avventure di Walter White - il professore di chimica
trasformatosi in incallito criminale produttore di metamfetamina - è
stato scelto “Baby blue” dei britannici Badfinger incisa nel 1971 e inclusa
in uno di dischi classici del rock inglese, ossia “Straight up”. Dopo la
trasmissione dell’ultimo episodio di “Breaking bad” in molti hanno cercato
il brano online e - secondo i dati che circolano in Rete e che sarebbero
stati forniti da Spotify - gli stream di “Baby blue” sarebbero cresciuti del
9000%.
Il Paradiso degli Orchi: Nicolas Bary porta al cinema il signor
Malaussène di Pennac.
Il mirabolante universo del Monsieur Malaussène di Pennac, arriva al
cinema con Il Paradiso degli Orchi di Nicolas Bary, nelle sale di Francia,
Lussemburgo e Belgio il 16 ottobre 2013, in quelle italiane dal 14
novembre 2013. Se la trasposizione cinematografica del mirabolante
universo di Monsieur Malaussène, sedurrà anche solo la metà degli
estimatori della saga letteraria, Il Paradiso degli Orchi di Nicolas
Bary sarà un gran successo, in ogni caso per ora sembra sia piaciuto
parecchio a Daniel Pennac. “Un film che mi è piaciuto molto, perché ha
la stessa energia e la stessa ritmica del mio libro, anche se per motivi
generazionali, ovviamente, non ci sono le stesse atmosfere”.
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King Crimson Return
Robert Fripp ha confermato che il ‘Re Cremisi’ tornerà il prossimo anno,
quando secondo le stime la lunga disputa con una casa discografica si
avvicinerà alla sua soluzione.
Nel 2009 aveva deciso di porre fine alla band perché sentiva che non
poteva concentrarsi sulla creazione di nuova musica mentre erano in atto
le problematiche di matrice legali.
Ora, un cambiamento di regime della Universal Music Group potrebbe
significare la fine delle battaglie legali - e questo da a Fripp grande
fiducia al punto che ha prospettato un nuovo futuro della band da lui
fondata nel 1968.
Leggendo il suo blog personale, lui stesso scrive: “King Crimson è
in movimento. Si tratta di una formazione molto diversa da quelle
precedenti: sette giocatori, quattro inglesi e tre americani, con tre
batteristi.
Nelle stesse righe definisce l’anno passato come il più triste della sua
storia di musicista :”Non riuscivo a concentrarmi sulla musica, così ho
fatto la scelta di rinunciare alla mia carriera di musicista in prima linea
per affrontare i problemi legati al business.
La lineup secondo indiscrezioni, per live e forse un nuovo album sarà
formata da Gavin Harrison, Bill Rieflin, Tony Levin, Pat Matstelotto, Mel
Collins, Jakko Jakszyk e Fripp.
Adrian Belew, chitarrista nelle fila del gruppo tra il 1981 e il 2009, come
già ventilato negli scorsi giorni, non sarà della partita. Lo ha confermato
llo stesso Belew, in un botta e risposta con i suoi fan apparso sulla sua
pagina Facebook ufficiale negli ultimi giorni.
Nell’attesa è certa l’uscita agli inizi del nuovo anno, di un ennesimo
cofanetto contenente 24-disc box live set chiamato ‘The Road To Red’,
che comprende anche un nuovo mix del 1974 dell’album ‘Red’ prodotto
da Fripp e Steven Wilson.
Roger Taylor: ‘Lasciatemi fuori dal film su Freddie Mercury’
Sul film incentrato sulla vita di Freddie Mercury si è detto (e scritto) di
tutto e di più, e - ad oggi - risulta davvero difficile avere un’idea dello
stato di avanzamento del progetto. A fare luce sul lungometraggio
destinato a portare sul grande schermo la storia del frontman dei Queen
è arrivata un’intervista della testata specializzata Rhythm Magazine di
Roger Taylor, batterista della band di “Bohemian rhapsody”.
“C’è stato un momento nel quale tutto sembrava davvero potersi
concretizzare”, ha spiegato l’artista: “La produzione cinematografica si
muove in modo estremamente lento, ma adesso sembra che il progetto
sia prossimo a venire bloccato. Bisogna che tutte le tessere del mosaico
trovino il loro posto prima di dare il semaforo verde. In ogni caso non
voglio essere troppo coinvolto dal film: l’unico mio desiderio è quello di
supervisionarne la colonna sonora, insieme a Brian (May)”.
Taylor, quindi, terrà in ogni caso una sorta di distanza di sicurezza dal
progetto, non senza un accenno polemico: “Avere un grande soggetto,
un grande regista e un grande protagonista, che poi sono le cose
principali, e mettere in stand-by il tutto mi fa porta a voler avere il
minimo a che fare con tutto questo. Quello che desideriamo è che tutti
siano felici. Quando dai in mano a un regista un film è come se gli
porgessi una pistola carica, e io voglio esserne lasciato fuori”.
Il batterista pubblicherà il suo primo album solista da quindici anni a
questa parte, “Fun on Earth”, il prossimo 11 novembre: “Spero di portare
il disco in tour”, ha confessato Taylor, “Alcune canzoni risalgono a quattro
anni fa, poi però abbiamo lavorato intensamente per finire il tutto negli
ultimi mesi. Spero che alla gente piaccia, per questo album mi auguro il
meglio”
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Storie di Rock
di _Carmine Aymone & Michelangelo Iossa
Robert Johnson, la leggenda del Delta Blues
…e poi scoccò l’ora di Robert Johnson, la massima
espressione del Delta Blues. Crossroads Blues, scoperto
dal grande pubblico grazie alla versione di ‘Mr. Slowhand’
Eric Clapton, ad un primo impatto sonoro risulta grezzo.
Il suo suono è sporco: nulla di strano, se si pensa che è
stata registrata nel 1936 nella stanza di un hotel; ma la
qualità sonora passa subito in secondo piano appena il
bluesman incomincia a scivolare sulle corde… Si inizia ad
immaginare la storia di questo ‘crocicchio’ dove Johnson
avrebbe ceduto l’anima al Diavolo in cambio del talento.
Triste è stata la fine del chitarrista: Robert Johnson è il
primo della lunga serie di artisti morti a 27 anni ed ha
aperto le porte alla leggenda del Club delle J27, costituito
da Jim Morrison, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Brian Jones…
Se di Robert Johnson purtroppo c’è poco da ascoltare, va
detto che quel poco ha, però, avuto risonanza notevole.
Merito, in gran parte di un certo signor Eric Clapton
che già nel 1968 apriva ai più la conoscenza di questo
fantastico bluesman. Se si ha voglia di respirare l’aria del
Delta del Mississippi, basta chiudere gli occhi e ascoltare
Johnson in Me and the Devil Blues oppure Walking. Robert
Johnson, il bluesman del Mississippi. Una fine sfortunata, un’agonia di tre giorni.
Ventisette anni, solo. Ventinove canzoni, solo. Un calvario, il viaggio della sua anima
verso l’inferno. Come in Cross Road Blues, simbolo del bene e del male, crocevia in ogni
vita, l’attimo in cui l’uomo si trova di fronte alle tentazioni e alla volontà spesso troppo
debole per debellarle. Perché per Robert il mondo non ha via di scampo, non conoscerà
mai salvezza.
E sullo sfondo, c’è sempre la solitudine.
Il rock’n’roll degli anni
Cinquanta: il ciclone
Elvis...
Prima di lui c’erano stati solo Billy Haley,
Big Joe Turner, Fats Domino. Ma è solo
quando arriva Elvis Presley che il rock’n’ roll
comprende fino in fondo che nulla sarà come
prima e che il gioco durerà.
Perchè in lui erano fuse la musica e
l’immagine.
Lui era il rock, la personificazione che tutti
attendevano, la visualizzazione della rabbia,
dei sogni e delle illusioni dei teenager del
secondo dopoguerra, tutto ciò che i suoi
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predecessori non potevano
essere per il colore della
pelle o per la mancanza di
carisma.
Nell’atteggiamento e nelle
provocazioni del re non
c’era nulla di costruito,
almeno fino alla fine degli
anni Cinquanta.
Oggi è chiaro, rivedendo i
filmati o ascoltando la sue
interviste che neanche lui,
capiva esattamente quello
che stava succedendo.
E fu proprio quel misto
di innocenza, stupore e
decione a cambiare le regole, non solo
lo splendido mix di country, blues e gospel servito dalla
voce intensa e ricca di sfumature.
Le sue canzoni non contenevano di per sè nulla di rivoluzionario, era come le cantava a
scatenare il finimondo.
Così come, prova lampante che la ribellione del rock’n’ roll era nella performance
e non nella canzone nel coinvolgimento e non nelle parole, almeno all’inizio,
“Avopbopaloubopalopbambom tootifrutti” il non sense più carico di significato degli
anni cinquanta, dove Little Richard, unendo sacro e profano, rhytm and blues e gospel,
boogie e soul, omelie e chiari riferimenti sessuali, ambiguità ed audacia, offrì all’America
puritana di allora uno degli spettacoli più coinvolgenti del dopoguerra.
Elvis fu il primo eroe del rock in cui i giovani volevano identificarsi in tutto e per tutto.
Come Brando e al pari di Dean; simbolo della ribellione giovanile; personaggi ricchi di
contraddizioni e insofferenti al mondo degli adulti.
Personaggi che sopravvivono
alle mode e ai cambi di
stagione.
Elvis Presley, James Dean
inieme a Marilyn, formano la
Santissima Trinità d’America,
gli angeli custodi di un ormai
improbabile Anerican Dream,
prima delle tre J, Jim Hendrix,
Jim Morrison e Janis Joplin.
“Prima di Elvis non c’era niente” (John Lennon)
“Ascoltare Elvis per la prima volta fu come scappare
di prigione” (Bob Dylan)
“Era un ragazzo povero, ignorante, genio istintivo,
diventato in pochi mesi, nel corso del 1956 il faro per
intere legioni di giovani e poco dopo di tutto il mondo.
Americani
“Tutto ebbe inizio con un bacino che si agitava
selvaggiamente su un ritmo indiavolato, scuotendo il
torpore conformista su cui si era intonata l’America
degli anni cinquanta e della Guerra Fredda”
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Ogni mese la redazione sceglie di ascoltare per voi.
MASSIMO VOLUME
ASPETTANDO I BARBARI
[La Tempesta]
A tre anni di distanza dal loro “Cattive Abitudini” tornano ancora una volta
i Massimo Volume con il loro nuovo “Aspettando i Barbari” ed ancora una
volta la band emiliana con l’impronta alt-rock più personale e marcata,
sorprende con un album completamente nuovo eppure in stile Massimo
Volume, che dimostra la loro capacità di esplorare nuove strade, senza
mai perdere lo stile che li caratterizza. Il precedente Cattive Abitudini,
viene considerato da molti il loro album più maturo, ma sicuramente con
la loro ultima fatica, i Massimo Volume hanno fatto la felicità di molti fan
della prima ora, perché il lavoro, abbandonati gli aspetti più morbidi di
“Cattive Abitudini”, sebbene arricchito da una componente elettronica che
impreziosisce le trame musicali e sottolinea i testi, riporta alla memoria
i brani più riusciti di “Lungo i Bordi” ed addirittura “Stanze”. I testi ed il
recitato di Emidio Clementi, non deludono mai e vivono ai confini fra canzone
e letteratura, che ripresentano chiaramente le frequentazioni letterali (per
esempio“Dio delle zecche”, frutto di un cut-up di poesie scritte dal poeta
e sociologo dello scorso secolo Danilo Dolci) e le esperienze di vita del
cantante e del suo sguardo più sensibile di altri. I “barbari” sono presenze
oscure di avvenimenti che sopraggiungono e turbano la nostra esistenza i
nostri equilibri già molto precari, e, le storie che Clementi racconta, sono
quelle di persone come tante altre: persone del quartiere, del paese della
provincia italiana, che diventano importanti, planetarie, il centro di una
narrazione che non smette mai di stupirci. Prodotto dai Massimo Volume
e da Marco Caldera il disco registra il consolidamento della band attorno a
Emidio Clementi, Vittoria Burattini, Egle Sommacal e Stefano Pilia.
Voto: 7 (Ivan Ritarossi)
GOLDFRAPP
TALES OF US
[Merge]
Dream pop, acoustic, chamber pop, folk “Tales of us” è il sesto lavoro del
duo inglese Goldfrapp, Alison Goldfrapp e Will Gregory che dopo dieci
anni di carriera dimostrano di possedere ancora la fantasia per reinventare
perennemente se stessi con successo. Il disco, registrato tra le campagne
londinesi e missato a Londra, segue di ben tre anni il lavoro precedente,
“Head first“, lavoro che aveva lasciato i fan del duo elettronico abbastanza
delusi, memori dei capolavori precedenti “Felt Mountain” e “Black Cherry”.
Tales Of Us , 10 tracce, ognuna con un titolo dedicato al nome di una
persona, eccetto per la track 8 “stranger”, è un album consapevolmente
“maturo” con aria di sfida poco commerciale, ispirato al cinema con testi
che raccontano di storie d’amore, di allucinazione, di fiabe, di folklore e di
redenzione corredate da melodie che attraggono in un mondo sognante
e incantato. Dall’ascolto del singolo “DREW” avvertiamo una volontà di
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ritorno alle origini della storia artistica dei Goldfrapp, vicine alle sonorità di
“Utopia”, mentre gli altri brani come “JO” e “Annabel” ci rivelano l’impegno
nella ricerca di nuove simmetrie ed impressioni sonore alla loro produzione.
Impossibile non essere sfiorati dal mood nostalgico di questo album reso
a tratti commovente dalla note sussurrate da una impalpabile Alison che
offre senz’altro un’ impeccabile performance vocale. “Tales of Us” risulta
essere una sorpresa inaspettata, l’album che non ti aspetti, per quelli che
pur apprezzando i Goldfrapp disco pop, rimangono ugualmente sedotti dal
forte potere evocativo e coinvolgente di quest’opera dal sapore visionario
che ricorda le colonne sonore dei nostri sogni. Un regalo settembrino
promosso a pieni voti!
Voto: 7 (Valentina Brasiello)
PEARL JAM
LIGHTNING BOLT
[Monkeywrench Records/Republic Records]
Il decimo disco dei ‘ragazzi’ di Seattle, attesissimo come al solito, dimostra
ancora una volta di come i Pearl Jam siano tra le poche band ad interpretare
la colonna sonora di più di una generazione.Con ‘Lightning Bolt, trovano
ancora l’alchimia mai smarrita, in cui mescolano spaientemente tracce
potenti, riff taglienti e ballate soul dove ka calda voce di Vedder regna
sovrana.L’album prodotto sempre dallo storico Brendan O’Brien e fa seguito
a ‘Backspacer’ del 2009, il piu’ lungo intervallo tra album per il quintetto,
dovuto sicuramente alle esperienze solistiche, tra l’altro ottime, del leader
e cantante. Il primo singolo estratto, già in programmazione da alcuni
mesi, ‘Mind Your Manners’ è come un gancio da Ko,infatti l’ascoltatore è
bersagliato a 360 gradi dal suono, dal ritmo e dalla potenza, vero marchio
di fabbrica della band. Lo stesso vale per ‘Sirens’ secondo estratto, che
ancora una volta dimostra che le ballad possono ancora emozionare se alla
voce c’è eddie Vedder.
Il disco prosegue con brani meno immediati, che meritano di essere
scoperti ascolto dopo ascolto. Cenno a parte merita ‘Let The Records Play’
un gradevole blues con riff vecchia maniera.
Ancora una volta i Pearl Jam centrano il bersaglio, e stavolta non era affatto
facile.
Voto: 7 (Mattia Mancini)
PLACEBO
LOUD LIKE LOVE
[Emi]
Arrivata al settimo album, la band di Brian Molko e Stefan Olsdal
costituisce oggi più che mai una proposta sempre uguale a se stessa,
che non rischia mai troppo per non deludere i fan affezionati e che non
sembra in grado (o non ha intenzione) di rinnovarsi e di accaparrarsene di
nuovi: ben confezionati esercizi di stile, buone aperture per una formula
furba, con ritornelli e costruzioni melodiche che per quanto funzionino,
sanno fin troppo di già sentito (Scene of Crime, Hold On To Me).
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Trentemøller - LOST
[In My Room]
Ed è così che canzoni tutto sommato piacevoli come Purify, la già citata
Loud Like Love e Rob The Bank finiscono per essere l’ennesima prova
che sì, i Placebo sono ancora in grado di muoversi alla grande, ma solo sulle
solite, collaudatissime strutture. La voce di Brian Molko non ha bisogno né
di spiegazioni basta ascoltarla. Una delle voci più particolari della musica
attuale, una voce che o si ama oppure si odia, un po’ come i Placebo
stessi. La sua voce convince sempre, anche su una base musicale che non
cambia e che non vuole cambiare. Fra chitarre rock e spruzzi ambient, i
Placebo realizzano un album sufficiente ma non entusiasmante. Ciò che ci
si aspetta da loro è ben altro anche se magari ce ne fossero di band come
i Placebo o canzoni di questo livello in giro…. In definitiva a “Loud Like
Love” il suono non manca, ci sono pezzi rock, ballate d’atmosfera, una
ricercatezza in alcuni passaggi sonori, la presenza degli archi e dei beat
elettronici, ma quella che invece non è pervenuta è la sorpresa.
Come qualcuno in giro ha detto…’il sound dei Placebo è come un prodotto
in scatola, anche se è scaduto, può comunque sembrare buono al palato,
fin quando poi un giorno…’
Voto: 5 (Mattia Mancini)
ARCTIC MONKEY - AM
[Domino Records]
E venne il disco della maturiità per il quartetto di Sheffield, un disco che si
piazza direttamente nella top ten delle classifiche dove il rock conta.
Questo quinto lavoro, il primo è datato 2006, riesce a collegare direzioni
diverse - i riff muscolari e il pop malinconico- con l’energia irta e senso del
divertimento delle loro registrazioni iniziali.
Il progetto AM nato sotto lale protettiva dell’amico Josh Homme, si apre
con il singolo ‘ Do I Wanna Know? ‘ una freccia direzionale verso questo
nuovo mondo musicale degli Arctic Monkeys, riconfermato con l’uscita del
secondo estratto ‘Why’d You Only Call Me When You’re High’; l’allegria
e la leggerezza lasciano il post alle domande esistenziali, alla difficoltà
dei rapporti umani e agli amori complessi, una strada che li allontana
progressivamente dall’indie rock scanzonato e pieno di contenuti dei loro
esordi, a favore di esplorazioni sonore e sentimenti più complessi.
Cambia la prospettiva , cambiano i temi: gli Arctic Monkeys si scrollano di
dosso il passato reinventandolo e rileggendolo. Anche il sound ne risente,
infatti l’indie si colora di blues, di rock classico con spruzzate di soul. In
AM gli Arctic Monkeys hanno optato per eliminare tutti i filtri e mostrare la
propria ricerca e sperimentazione senza mezzi termini e questa potrebbe
essere la strada del loro futuro....senza rinnegare però il passato.
Voto: 6 (Mattia Mancini)
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Anders Trentemøller è un Dj, producer danese. che già in passato si è
presentato al panorama musicale con i suoi ‘remix’ visionari tra tutti “What
Is Else There?” dei Röyksopp che è di fatto più nota nella sua versione che
in quella originale. Tra alti e bassi, però si è sempre dimostrato un artista
poliedrico, i suoi lavori anche se definiti ‘minimal’ partono dalle solidi basi
della musica EDM, per poi esplorare mondi sconosciuti con risultati spesso
affascinanti. ‘Lost’ è il suo lavoro della definitiva consacrazione, rivolto a
più ampi ascoltatori, con tante collaborazioni e sicyramente un ulteriore
passo oltre, se possibile uno specchio ancor più variopinto dell’instabile e
poliedrica anima musicale. Che stavolta ha voluto fare le cose in grande,
non solo per la miriade di ospiti di livello internazionale ma sopratutto
per aver ‘scavato’ nell’enorme baule della musica internazionale; uno di
quei dischi che pesca ovunque, ma non assomiglia a nulla e a nessuno,
che omaggia senza scadere nel citazionismo. “The Dream” apre e subito
stupisce, dolce e languida ballad crepuscolare con i Low al completo a
offrire le loro suggestioni in slow-motion. La melodia sfuma idealmente
nella dance pastorale di “Gravity”, passaggio a nord-ovest dalle parti di
un Devendra Banhart contagiato dagli elettrodi – non a caso alla voce c’è
Jana Hunter Da citare ancora, la ninna-nanna lunare di “Come Undone”,
che torna a guardare alla sensualità dei Novanta americani dando spazio
questa volta alla sensuale voce di Kazu Makino dei Blonde Redhead.
La delicatezza è la prima dote di questo (ennesimo) “nuovo” Trentemøller,
che esalta anche quando decide di sfoggiare i lati più duri del suo sound:
questo avviene sotto forma di mantra spettrali, come la marcia metallica
“Still On Fire”. Suoni di mondi lontani o vicini, chiaroscuri, scintillii e
stratificazioni armoniche.
Voto: 7,5 (Massimo Chiari)
GOD IS AN ASTRONAUTS- ORIGINS
[Rocket Girl]
La band Irlandese che da anni porta in giro per il mondo il suo progetto PostRock, presenta il settimo disco in studio, allargando le proprie esplorazioni
sonore e la propria line-up a cinque elementi.
Sebbene il genere negli ultimi anni, dopo gli exploit degli esordi negli anni
90’ con i Mogwai, sembra sia arrivato al capolinea, stancando anche i fan
più appassionati, con le nuove esplorazioni di band come I God, riesce
ancora ad emozionare, specialmente nei caleidoscopici live set, che la
band propone da anni anche nel nostro paese dove ci sono moltissimi
fan. “Origins”, sorretto da una produzione accuratissima e cristallina, è
concepito per essere bello, piacevole, pulito, scorrevole. Ma la pulsante
voglia di emanare colori, sapori e luci si stempera in un orizzonte dalle
sfumature impalpabili: ordine prima del caos, armonia sopra l’impatto,
grazia davanti all’esuberanza, ma il non esporsi ai rischi di un itinerario
inedito non li mette al riparo dal risultare, stavolta più di altre, inoffensivi.
Voto: 5 (Matteo Palmieri)
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di_ALESSANDRA DEL PRETE
[email protected]
Implacabile! The memoir - Yngwie Malmsteen-Traduzione di Alessio
Lazzati - (Collana Musica - pp. 240)
Come fa un ragazzo svedese a sbarcare in America alla tenera età di
diciotto anni e, nel giro di un mese, a ritrovarsi con la gente che fa la fila
per sentirlo suonare la chitarra? Dove ha imparato una tale tecnica? Come
ha sviluppato uno stile così particolare? E che cosa succede dopo?
In Implacabile, Yngwie Malmsteen rivive i momenti più gloriosi e più bui
della sua leggendaria carriera di musicista tra i più ammirati, chiacchierati
e imitati del mondo: da come riuscì a comprare la sua prima Strat e a
costruire il suo primo muro di Marshall, fino alla verità dietro al titolo
dell’album UNLEASH THE FURY del 2005, e oltre. Al centro della storia
Yngwie c’è la sua ribellione contro le convenzioni e le restrizioni della Svezia
in cui è cresciuto. «Non distinguerti dalla massa», gli dicevano, quando
sognava di diventare un musicista professionista. «Non avrai successo»,
lo ammonivano, quando desiderava suonare a tutto volume o eseguire
canzoni poco note. La sua intera carriera è stata un’affermazione: io mi
distinguerò, io avrò successo.
Ernesto Capasso - PAOLO CONTE, Il viaggiatore dei paesaggi cantati
(Arcana Musica - pp. 320)
Su Paolo Conte è stato detto tutto, anzi no. Le sue canzoni sono talmente
piene di angoli nascosti che non si finisce mai di perlustrarle. E più che
di volti, sono popolate di luoghi. Coordinate dell’anima che l’ispirazione
trasforma in dipinti, acquerelli in grado di evocare profumi di spezie e
assolati tramonti, nella penombra dei bar che la sera accendono le insegne
per catturare l’attenzione del viaggiatore in transito.
Il viaggiatore dei paesaggi cantati non è quindi una mera biografia, ma
una guida tesa a individuare tra i solchi dei Paesi il significato di una nota.
Dalle città dell’altrove ai luoghi degli addii, dalle strade suonanti alle balere
danzanti, le geografie dell’artista astigiano diventano crocevia esistenziali
scanditi da ritmi che conquistano con la caparbietà di una milonga argentina.
Alle prese con lo sterminato canzoniere contiano, Ernesto Capasso si lascia
guidare e a sua volta conduce il lettore lungo le latitudini che Italo Calvino
descrive nelle sue Città invisibili: “L’altrove è uno specchio in negativo.
Il viaggiatore riconosce il poco che è suo, scoprendo il molto che non ha
avuto e non avrà”. Proprio il gusto dell’assenza, di luoghi inesplorati di cui
si avverte il profumo senza scorgerne i confini, è uno dei tratti essenziali
della poetica dell’artista intento a disegnare traiettorie rintracciabili soltanto
sull’atlante della musica.Un libro fatto di stazioni di partenza, mai d’arrivo,
di itinerari dell’anima, di melodie in cammino.
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Luigi Abramo - Il manuale del perfetto Beatlesiano Per sostenere qualsiasi conversazione sui Fab Four
(Arcana Musica - pp. 130)
La leggendaria storia dei Beatles è ormai densa di luoghi comuni: la
presunta morte di Paul McCartney, prontamente sostituito da un sosia nel
1966, la storia dello sfigato funzionario della Decca che rifiutò il gruppo,
e quella dello sfortunato Pete Best, il primo batterista del gruppo che fu
sostituito d’autorità quando i Beatles avevano già il contratto Parlaphone in
tasca, miracolando così Ringo Starr.
In questo libro Luigi Abramo, musicista e fan dei Beatles, ma anche raffinato
autore di testi di cabaret, mette in fila tutti i tormentoni beatlesiani e ce
li racconta con il distacco dello storico della musica e con l’ironia della
scrittura umoristica.
Un testo ricco di notizie curiose, di aneddotica, di amore per la musica
che argomenta con leggerezza la lunga lista di “pro” e “contro” intorno ai
Beatles intesi come gruppo e nella singolarità di John, Paul, George e Ringo.
Una lettura che fornisce tutti gli strumenti, dall’antropologia alla tecnica
musicale, per poter sostenere con successo qualsiasi diatriba e discussione
sui Beatles.
Rodolfo Urbinati - SOGNI AD ALTA VOCELe canzoni che hanno fatto la storia degli U2
(Collana Playlist - pp. 192)
Oltre trent’anni di carriera discografica e “solo” una dozzina di album di
studio, ma gli U2 vantano un songbook tanto alto e forte da far impallidire
qualsiasi altra band del firmamento rock. Ogni canzone di Bono e soci è
un epifania, è una valvola aperta, è un messaggio scritto nell’anima. La
musica degli eterni ragazzi di Dublino si fa di volta in volta slancio giovanile
(I Will Follow) e commentario sociale (Sunday Bloody Sunday), filtra con
le avanguardie (zoo Station) e con il cinema (Until The End Of The World),
aspira alla ricerca dell’amore (Pride) e dell’unità (One) senza mai perdere
aderenza con la realtà e le passioni terrene. Sogni ad alta voce racconta
tutto questo in 30 canzoni che sono un fuoco indimenticabile.
“Il cuore di una donna è come l’oceano: gettaci
dentro qualcosa, probabilmente si perderà alla
vista, ma resterà per sempre conservato sul fondo.
A meno che qualche pazzo non decida di andarlo
a recuperare per strapparlo all’immensità.”
“In Capo al Mondo”
di Alessandra Del Prete
Rogiosi editore
in tutte le librerie
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DI_CLAUDIO POLI
Soluzioni tecnologiche per la vita quotidiana.
Solarfeet, per piedi
sempre in...tinta!!!
Come tutti voi sapete, giocare al golf può causare enormi problemi; ad
esempio si possono perdere un gran numero di palline, e quelle sono
abbastanza costose, ma se potete permettervi di giocare al golf,
forse non è il problema principale o più preoccupante.
Altro problema potrebbe essere quello di rompere molti vetri
di finestre vicine al campo o addirittura delle auto in sosta
nel parcheggio; ma anche questo è abbastanza raro, i
campi da golf generalmente sono abbastanza distanti
dai parcheggi e dalle abitazioni, altrimenti che senso
avrebbero le auto elettriche da campo da golf?
Ma il vero più grande problema che
affligge da anni chi pratica questo sport
è...l’abbronzatura dei piedi!!!
‘Quando tornavo a casa, dalla mia partita
di golf con le amiche, non potevo guardare
i miei piedi dopo aver tolto le calze....erano
orribilmente bianchi....e quindi per settimane non
potevo indossare i miei bei sandali appena comprati’;
‘Ogni qual volta giocavo al golf,, dopo dovevo precipitarmi
al più vicino centro abbronzante, ma purtroppo dovevo
‘obbligatoriamente’ fare una abbronzatura completa, col risultato che i
miei piedi rimanevano comunque più bianchi rispetto al resto del corpo’
Queste le numerose lamentele che spesso si ascoltavano dal parrucchiere o
nei salotti bene degli States....ma finalmente da qualche tempo il più grande
problema della storia del golf ma non solo,è stato definitivamente risolto.
Solarfeet (http://solafeet.com/) è la risposta...Solarfeet è la salvezza di tanti
americani e grazie a internet e ai siti ecommerce, un rimedio su scala mondiale.
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L’apparecchio è molto pratico, si può usare sotto la
scrivania durante il lavoro, oppure seduti comodamente
in poltrona guardando la tv; bastano soli 15-20 minuti
al giorno per 3-4 settimane e riaquisterete la perfetta
abbronzatura dei piedi.
Il prezzo si aggira intorno ai 240 dollari, e la società che
lo produce, garantisce la perfetta abbronzatura dei vostri
piedi, un’abbronzatura uniforme da poter sfoggire in
tutte le occasioni.
Inoltre, dopo numerose lettere di protesta in cui si
accusava la campagna pubblicitaria di classismo, i produttori attraverso
i maggiori media del paese, hanno tenuto a precisare che il problema
dell’abbronzatura dei piedi, affligge un po’ tutti....anche se non tutti lo sanno.
Ad esempio l’oggetto potrebbe essere utile anche per tutti quelli che
lavorano nei campi, sotto al sole cocente, sempre che indossino
scarpe, perchè eventualmente, se scalzi il problema potrebbe
non presentarsi e per l’esposizione ditetta e contemporanea
dei piedi al sole insieme al resto del corpo e per l’abbronzatura
‘nature’ che acquisiscono spesso i piedi a contatto con il
terreno per lungo tempo.
Quindi come
ampiamente spiegato
un oggetto utilissimo
destinato a risolvere
problemi altrimenti di difficile
soluzione. Resta qualche dubbio
sull’utilizzo che potrebbe farne un
indiano della tribù dei ‘Piedi Neri’,
ma fortunatamente ne restano
pochi e comunque vi terremo
aggiornati.
#Noncelapossofare.
Il Kundalini Yoga è lo yoga
della quotidianità.
In un modo incredibilmente veloce,
grazie a una tecnologia millenaria
che utilizza respirazione, posture e la
vibrazione dei suoni, si potrà vivere
un’esperienza assolutamente unica e
sorprendente.
Il Kundalini Yoga, così come insegnato da Yogi Bhajan, è una disciplina pratica che non allontana
dal mondo, ma, al contrario, offre una serie di strumenti assolutamente efficaci per vivere la realtà
con grande consapevolezza.
Per le informazioni e la prenotazione di una lezione di prova, telefonare allo 081.413000 dalle
16.30.
La lezione è per esperti e principianti
Ogni lezione di Kundalini yoga dura circa 90 minuti.
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Di_VALENTINA BRASIELLO
La banana più famosa del
Rock
La banana più famosa della storia del rock e dell’arte fu
realizzata nell’anno 1967, senza ombra di dubbio uno
dei periodi più importanti e prolifici per la musica, una
fucina di idee e di sogni contraddistinto da capolavori
quali “The Doors” dei Doors, “The Piper at the Gates
of Dawn” dei Pink Floyd, “Surrealistic Pillow” dei
Jefferson Airplane, “Are you experienced?” della Jimi
Hendrix Experience, solo per farci una vaga idea di
cosa è stato per la musica (e non solo) quell’anno.
La rivoluzione avvenne non solo nel mondo della
musica, in quello stesso momento a New York
un mondo oscuro e sotterraneo “l’underground” usciva allo
scoperto con immagini e idee stravaganti che volevano mostrare il vero volto della
società consumistica americana degli anni ‘60.
Il Guru di questo nuovo pensiero si palesò ben presto in un eccentrico e bizzarro personaggio
nato da immigrati polacchi che divenne uno degli artisti più apprezzati di tutta l’arte del
‘900; Andrew Warhola Jr., Andy Warhol mentore ed iniziatore del movimento POP ART.
La Pop-art impattò fortemente con il mondo di superficie, educato com’era ad un’arte
comprensibile per pochi, si ritrovò di fronte ad un linguaggio che percepisce e riproduce
tutte le forme e stimoli del mondo esterno, producendo arte di massa, produzione in serie
che ne permetteva la comprensione al maggior numero possibile di persone.
Warhol era anche un “talent scout” infatti amava scoprire e creare attraverso i suoi
laboratori, le famose “Factories”, nuove personalità e tendenze sia artistiche che musicali.
Nel 1965 tramite Bob Dylan aveva conosciuto una modella tedesca dalla glaciale bellezza
di nome Christa Päffgen, in arte Nico, divenuta in breve tempo la sua musa ispiratrice.
Nello stesso periodo la Factory musicale di Warhol era frequentata da un gruppo di
musicisti -studenti universitari che avevano scelto di chiamarsi “The Velvet Underground”
nome preso da un libro riguardante le abitudini sessuali degli americani: erano Lou Reed
(chitarra e voce), il factotum John Cale (viola, basso, tastiere e qualche volta voce), Sterling
Morrison (chitarra) e colei che passerà alla storia come la batterista donna più famosa,
Maureen Tucker. In particolare Reed era uno studente universitario dal passato burrascoso
(i genitori, convinti della sua omosessualità, lo sottoposero a continue sedute psichiatriche
e a violenti elettro-shock). La loro era una musica nichilista e pessimista,
ombrosa che colpì profondamente
il genio della pop art fin dal primo
incontro che cambiò repentinamente
le sorti della band: di colpo passarono
dai
bassifondi
newyorkesi
agli
ambienti creativi della sua Factory ma
anche a sviluppare la loro dipendenza
da alcool e droghe (le factories di
Warhol erano anche notevoli centri di
spaccio)
22
8
Intuito il potenziale che aveva per le mani, Warhol divenne il manager del gruppo e,
come prima cosa, suggerì loro di assumere come cantante l’attrice e modella tedesca
Nico e si propose come produttore esecutivo del loro album
d’esordio (sotto l’etichetta Verve).
Il gruppo accettò malvolentieri quest’ordine di Warhol
(ma all’artista in quei periodi non si poteva dire di no)
e cominciarono a lavorare su quello che sarà uno degli
album più influenti dell’intera storia della musica, radice
di molteplici movimenti che andranno dal ‘67 fino
addirittura a toccare la new wave e il punk degli ’80:
“The Velvet Underground & Nico” album di debutto
della band, registrato negli Scepter Studios di New
York durante l’aprile del 1966, fu pubblicato dalla
Verve Records nel marzo del 1967.
L’album in realtà non riscosse un particolare successo
commerciale al momento della sua pubblicazione, i
suoi controversi contenuti e le tematiche scabrose
dei brani fecero sì che l’album venisse quasi
immediatamente bandito in molti negozi di dischi
e solo con il passare degli anni ha goduto di una
enorme rivalutazione sia da parte della critica sia da
parte del pubblico; profetiche a tal riguardo le parole di Brian
Eno “soltanto cento persone acquistarono il primo disco dei Velvet
Underground, ma ciascuno di quei cento oggi o e` un critico musicale o e` un
musicista rock”.
Ma quell’album è passato alla storia soprattutto per la copertina: “the Velvet Underground
and Nico” è meglio conosciuto come “banana album” per via della copertina raffigurante
una banana disegnata da Andy Warhol. Sulla copertina non compariva né il nome del
gruppo né quello della casa discografica, ma solo la firma dell’artista che la presentava
come una vera e propria opera d’arte. Le prime copie del disco invitavano chi la guardava
a “sbucciare lentamente e vedere” (peel slowly and see); togliendo un adesivo si poteva
vedere una banana rosa shocking (maliziosa metafora di un membro maschile). Mai
prima d’ora una tale provocazione, un simbolo erotico così esplicito era stato usato per
la copertina di un album, Andy Warhol riuscì nel suo intento di combinare la sensibilità
musicale dei Velvet e la sua sensibilità visiva, la trasgressione dei testi con l’inquietudine
di quella parte selvaggia che iniziava a scalpitare per venire alla luce.
Attraverso quest’opera si evince l’ingegno precoce di Warhol nel comprendere che in
epoca industriale un artista doveva essere un’azienda a cui è legato un marchio: una volta
che hai acquisito una personalità artistica tutto cio’ che fai dopo diventa interessante,
prevedendo in anticipo il potere delle celebrità e dei mass media, ebbe ben chiaro il
concetto di marketing indissolubilmente legato allo sviluppo delle vendite che è stato e
continua ad essere tutt’oggi il segno distintivo del concetto di arte di Warhol.
La dimostrazione della grande capacità d’intuizione e della contemporaneità del pensiero
dell’artista è comprovata dalle recenti vicende riguardanti proprio la mitica immagine
che negli anni è diventato il marchio di fabbrica della band : nel gennaio 2012, Lou Reed
e John Cale, fondatori dei Velvet Underground, si rendono conto che la Fondazione Andy
Warhol per le Arti Visive ha permesso di produrre cover e prodotti per iPad e iPhone
utilizzando la loro banana, non gradendo che il pubblico li associ a questi prodotti fanno
causa alla Fondazione per violazione del copyright e chiedono un risarcimento. La loro
richiesta non viene accettata in quanto “la banana” Warhol l’aveva tratta da un’immagine
di pubblico dominio, e quindi non poteva essere coperta da copyright. In questo modo ha
avuto termine la piccola odissea della banana più famosa del rock: La banana, insomma,
non è di nessuno e possono continuare a usarla tutti!
23
23
DI_MARIO GARGIULO
Arriva...
Capitan Harlock
In un lontano futuro quando gli oceani
della Terra si prosciugarono, il genere
umano si convinse che era giunta
la fine… La gente alzava lo sguardo
al cielo, verso quel mare blu che si
perdeva nell’infinito, e chiudendo su di
esso i propri occhi piangeva angosciata
per il proprio destino. Allora alcuni
coraggiosi salparono per quel nuovo e
sconfinato abisso, serbando nel cuore
la speranza di un futuro migliore. Tra
questi Harlock e Tochiro, due giovani i
cui eroici cuori traboccavano di ideali
e di sete di avventura. Quando nel
2977 un misterioso oggetto si conficca
sulla superficie di quella che era stata
Tokyo, Harlock decide di tornare sul
nostro pianeta per accogliere a bordo della sua nave Arcadia Tadashi,
il giovane figlio del professor Daiba, che ha scoperto che l’oggetto è
in realtà una bandiera - segnalatore lanciato dal popolo extraterrestre
delle mazoniane...
Questa la storia che tutti noi conosciamo sul Pirata tutto nero che
solcava i cieli con la sua maestosa astro-nave Arcadia....
‘Space Pirate Captain Harlock’, è il titolo del lungometraggio
d’animazione
liberamente ispirato alle storie del personaggio
creato da Leiji Matsumoto,
che Lucky Red porterà nelle
Capitan
rlock (Uchu
sale Italiane il 1° gennaio
Un Pirata kaizoku Ha
Kyaputen
2014. Come lo stesso autore
Harokku) è un ma
nga
tutto
racconta in una recente
di fantascienza scritto
intervista, il film è stato
e illustrato da Leiji
nero...
presentato fuori concorso
Matsumoto nel 1976
,
al festival di venezia,
dal quale è stata
all’interno della trama, la
tratta anche una ser
ie
figura del leggendario pirata
televisiva anime di
è di proposito messa in
42 episodi, prodotta
secondo piano onde dare
nel 1978 dalla Toei
spazio al suo equipaggio e
Animation, prima di
una
soprattutto alla sua eredità;
lunga serie di opere
Matsumoto ha proseguito
d’animazione ispira
te
annunciando che questo in
allo stesso universo
.
CGI è un esperimento e che
I primi 25 episodi son
o
se sortirà il successo sperato
stati importati in Ita
lia e
potrebbe dare il via ad una
trasmessi per la pri
ma volta
su Rai 2 a partire da
serie di progetti, tra questi
l 9 aprile 1979 all’int
erno
del programma con
un potenziale adattamento
tenitore Buonasera
con... Rita al circo con
di Galaxy Express 999.
Rita Pav
one; la serie
completa è invece sta
ta trasmessa sempre
su
Rai 2 a partire dal 18
settembre dello ste
sso
anno[1][2]. Successi
vamente la serie è
stata
pubblicata dalla Yam
ato Video prima in
VHS e
quindi in DVD in ver
sione integrale.
24
Esce la pellicola ispirata al celebre pirata ideato da
Leiji Matsumoto
La storia è più o meno la stessa del
manga originale, uscito in Giappone
da TV Asahi, dal marzo 1978 al
febbraio 1979, e in Italia da Rai2 a
partire dal 9 aprile 1979 all’interno
del programma “Buonasera con…
Rita al circo” con i primi 25 episodi,
e tutta la serie dal 18 settembre
1979, con pesanti censure rivolte
alla critica anarchica del sistema,
apparizioni sporadiche e boicottaggi
fino al 2008, quando la replica
torna su Cooltoon, l’impero dei
cartoni animati di Sky, non più
visibile dal 1° aprile 2011. La serie
pubblicata dalla Yamato Video in
VHS, e successivamente in DVD, è
in eversione integrale, ma le scene
reintegrate restano in versione
originale, priva di doppiaggio.
L’animazione del film in uscita è
curata dalla Sega Sammy Visual
Entertainment, la direzione del
regia affidata a Shinji Aramaki
(Appleseed, Starship Troopers:
Invasion), con il supporto di
uno staff tecnico composto dal
mecha designer Atsushi Takeuchi
(Appleseed) e il character designer Yutaka Minowa (Ninja
Scroll) con un budget equivalente ad oltre trenta milioni di dollari americani, che non si
avvicina agli standard di certe animazioni americane , a supera di gran lunga quelle della
giapponese Toei Animation.
Il regista Shinji Aramaki ha spiegato, dopo le numerose richieste avute in conferenza
stampa di presentazione del film, che Harlock è tenuto sullo sfondo della storia narrata,
risultando un comprimario dell’avventura, un mito che compare e scompare in maniera
enfatica e leggendaria mentre i veri protagonisti sono due personaggi nuovi e originali.
Il motivo è complesso, poichè Harlock del manga è un personaggio troppo completo, cioè
non si dispera, non fa errori, non ha nuove esperienze che lo possano far progredire,
è una presenza simbolica. Un personaggio come Harlock è difficilissimo da usare in un
film, non può compiere il classico viaggio dell’eroe che alla gente piace vedere. È questo
il motivo per il quale abbiamo introdotto i personaggi giovani [due fratelli arruolati negli
schieramenti opposti della guerra]”.
Questo anche se stempera non poco l’entusiasmo dei fan, non abbassa il livello di curiosità
degli stessi che sicuramente quest’anno aspettteranno capodanno non solo per sparare
botti o per stappare lo spumante.
25
.
.
.
u
o
L
,
e
y
b
,
Bye
“ho sempre
creduto di
avere qualcosa
di importante
da dire e l’ho
detto...”
Lou Reed
I said, hey honey,
take a walk on the wild side
Neròk non è solo un free music magazine.
Neròk è una sorta di “factory” di warholiana memoria, attenta all’arte,
alla comunicazione e al sociale; un crocevia di energia, di creatività,
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Il nostro team dal 1995 svolge un’intensa attività di UFFICIO STAMPA
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Avvalendosi della collaborazione di professionisti della comunicazione
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Lewis Allan Reed
(New York, 2 marzo 1942 – Long Island, 27 ottobre 2013)
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26
27
da
nti !!
e
tam ere !
n
u
d
p
Ap n per
no
VENERDI’ 1 NOVEMBRE
Tanita Tikaram
Milano (MI)Blue Note
SABATO 2 NOVEMBRE
Bob Dylan
Milano (MI)Teatro degli Arcimboldi
Darkness
Roma (RM)Atlantico Live
Thirty Seconds To Mars
Assago (MI)MediolanumForum
Tanita Tikaram
Milano (MI)Blue Note
Tito & Tarantula
Bologna (BO)Estragon
DOMENICA 3 NOVEMBRE
Queens Of The Stone Age
Assago (MI)MediolanumForum
Bob Dylan
Milano (MI)
Teatro degli Arcimboldi
LUNEDI’ 4 NOVEMBRE
Pixies
Milano (MI)Alcatraz
Low
Roma (RM)Auditorium Parco della
Musica
MARTEDI’ 5 NOVEMBRE
Low
Firenze (FI)
Teatro Puccini
Adam Green
Roma (RM)
Circolo degli Artisti
Beth Hart
Roma (RM)
Atlantico Live
MERCOLEDI’ 6 NOVEMBRE
Bob Dylan
Roma (RM)
Atlantico Live
GIOVEDI’ 7 NOVEMBRE
Bob Dylan
Roma (RM)
Atlantico Live
Julie’s Haircut
Ravenna (RA)
Bronson
Calibro 35
Arezzo (AR) Karemaski
28
VENERDI’ 8 NOVEMBRE
Nomadi
Cortona (AR)
Teatro Signorelli
Negrita
Civitanova Marche (MC)
Teatro Rossini
Linea 77
Treviso (TV)
Home Rock Bar
Punkreas
Fontaneto d’Agogna (NO)
Phenomenon
Virginiana Miller
Siena (SI)
Complesso San Niccolò
SABATO 9 NOVEMBRE
Mario Biondi
Campione d’Italia (CO)
Casinò Municipale
Nomadi
Torino (TO)
Teatro Colosseo
Max Gazzé
Isernia (IS)
Auditorium Unità d’Italia
Negrita
Pescara (PE)
Cinema Teatro Massimo
Tre Allegri Ragazzi Morti
Firenze (FI)
Auditorium Flog
Meg
Brescia (BS)
Latteria Artigianale Molloy
LUNEDI’ 11 NOVEMBRE
Emiliana Torrini
Milano (MI)
Magazzini Generali
MARTEDI’ 12 NOVEMBRE
Alter Bridge
Assago (MI)
MediolanumForum
MERCOLEDI’ 13 NOVEMBRE
Arctic Monkeys
Assago (MI)
MediolanumForum
GIOVEDI’ 14 NOVEMBRE
Max Gazzé
Genova (GE)
Teatro Politeama
Negrita
Aprilia (LT)
Teatro Europa
Suede
Bologna (BO)
Estragon
Diaframma
Milano (MI)
Biko Club
VENERDI’ 15 NOVEMBRE
Marlene Kuntz
Trezzo d’Adda (MI)
Live Club
Giorgio Canali
Gorizia (GO)
Osteria l’Alchimista
Tre Allegri Ragazzi Morti
Bologna (BO)
Estragon
Cesare Basile
Arezzo (AR)
Spazio Seme
Diaframma
Conegliano Veneto (TV)
Apartamento Hoffman
Calibro 35
Livorno (LI)
The Cage Theatre
Tonino Carotone
Lucera (FG)
Palazzo D’Auria Secondo
Massimo Volume
Brescia (BS)
Latteria Artigianale Molloy
SABATO 16 NOVEMBRE
Linea 77
Livorno (LI)
The Cage Theatre
Giorgio Canali
Cremona (CR)
Teatro Monteverdi
Tre Allegri Ragazzi Morti
Torino (TO)
Hiroshima Mon Amour
Cesare Basile
Chieti (CH)
Fictio Club
Diaframma
Gracciano di Colle Val d’Elsa (SI)
Sonar
Raiz
Gioia del Colle (BA)
Ueffilo - Cantina a Sud
Calibro 35
Ravenna (RA)
Bronson
Ministri
Roncade (TV)
New Age Club
Massimo Volume
Firenze (FI)
Auditorium Flog
White Lies
ore 20.30
Milano (MI)
Magazzini Generali
Jennifer Gentle
Bologna (BO)
TPO - Teatro Polivalente Occupato
18 NOVEMBRE
Mark Lanegan
ore 21.00
Bologna (BO)
Teatro Duse
19 NOVEMBRE
Skrillex
Milano (MI)
Magazzini Generali
Mark Lanegan
Mestre (VE)
Teatro Corso
20 NOVEMBRE
Primal Scream
Milano (MI)
Alcatraz
21 NOVEMBRE
Linea 77
Roma (RM)
Piper Club
Waterboys
Roma (RM)
Calibro 35
Mariano Comense (CO)
Il Circolo
Massimo Volume
Roma (RM)
Blackout Rock Club
22 NOVEMBRE
Waterboys
Milano (MI)
Auditorium di Milano
Calibro 35
Torino (TO)
Hiroshima Mon Amour
Massimo Volume
Napoli (NA)
23 NOVEMBRE
Placebo
Casalecchio di Reno (BO)
Unipol Arena
Linea 77
Brescia (BS)
Latteria Artigianale Molloy
27 NOVEMBRE
Nick Cave
Roma (RM)
Auditorium Parco della Musica
Ginevra Di Marco
Lucca (LU)
Teatro del Giglio
Gogol Bordello
Milano (MI)
Alcatraz
Trilok Gurtu
Bologna (BO)
Arena del Sole
28 NOVEMBRE
Nick Cave
Milano (MI)
Alcatraz
Almamegretta
Catanzaro (CZ)
Teatro Politeama
Negrita
Fontaneto d’Agogna (NO)
Phenomenon
29 NOVEMBRE
Gogol Bordello
Ciampino (RM)
Orion
Nick Cave
Bologna (BO)
PalaDozza
Baustelle
Aosta (AO)
Teatro Splendor
Virginiana Miller
Roma (RM)
Blackout Rock Club
Marco Parente
Campagna (SA)
Acqua e Fuoco
Calibro 35
Brescia (BS)
La Nave di Harlock
Glasvegas
Roncade (TV)
New Age Club
Extrema
Brescia (BS)
Circolo Colony
Massimo Volume
Modena (MO)
Left Vibra
SABATO 30 NOVEMBRE
Linea 77
Perugia (PG)
Afterlife
Giorgio Canali
Livorno (LI)
The Cage Theatre
Tre Allegri Ragazzi Morti
Roma (RM)
Blackout Rock Club
Punkreas
Mezzago (MB)
Bloom
Calibro 35
Firenze (FI)
Auditorium Flog
Glasvegas
Milano (MI)
Magazzini Generali
Extrema
Gualtieri (RE)
Massimo Volume
Verona (VR)
Interzona
Gogol Bordello
Bologna (BO)
Estragon
29
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