splorare le zone sconosciute dell`inconscio

E splorare le zone sconosciute dell’inconscio
Ludovico Einaudi presenta il suo nuovo album «Nightbook»
A tre anni dal successo internazionale di Divenire, settembre scorso è uscito Nightbook, libro della notte, l’ultimo album del pianista e compositore italiano Ludovico
Einaudi ora in tournée Europea. Un’opera che – come suggerisce il titolo – s’ispira
alla notte, che secondo l’autore permette di entrare negli universi del desiderio, del
sogno, del mistero. «Nightbook è un percorso: ogni brano è il capitolo di una storia,
la sfaccettatura di un prisma, uno sguardo possibile sulle esperienze che appartengono al lato più onirico, più interno di noi stessi»
Maestro, a Lei la parola…
Grazie – Nightbook è il mio diario sulla notte. Il titolo fornisce la chiave di lettura di
questa visione buia, rappresenta una parte oscura dell’animo, che vive attraverso
il mio percorso musicale. Che in alcuni
momenti tocca le zone dell’inconscio.
di Luca
D’Alessandro
Luigi Einaudi.
(foto di Oliver Mark)
68
Ludovico Einaudi porta con sé un nome
di una famiglia importante: il padre,
Giulio, è il fondatore della casa editrice
che porta il suo nome, e il nonno, Luigi, è stato uno dei padri fondatori della
Repubblica Italiana. Ludovico nella sua
infanzia era circondato da letterati e musicisti; un ambiente artistico che lo ha
stimolato ad affrontare una formazione
basata sulla musica. Ha perfezionato la
propria tecnica e lo stile sotto la guida
del compositore Luciano Berio, ottenendo il diploma in composizione al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano. Una
formazione che fa figurare oggi Ludovico Einaudi tra i pianisti più celebri non
solo in Italia, ma in tutta Europa. Regolarmente viene convocato dalle grandi
sale da concerto e dall’industria cinematografica per la composizione di colonne
sonore.
La Rivista si è messa in contatto con il
maestro per parlare di Nightbook, chiedendogli di decifrare il concetto di questo libro acustico.
Come mai ha voluto esplorare
ed esprimere questa parte oscura?
Capita spesso che nasca prima un titolo
poi la musica. In questo caso le musiche
sono nate attraverso una serie di esperienze vissute in certi luoghi. Ho suonato
a Milano nell’Hangar Bicocca, nell’exquartiere industriale, in un’installazione
dell’artista tedesco Anselm Kiefer: i Sette
Palazzi Celesti. Sette torri, ciascun’alta
più di 13 metri, costruite con pareti prefabbricate in cemento armato. Nel momento del concerto ho capito che in quel
luogo dovevo presentare delle musiche
che non avevo ancora composto. Più
tardi, raccogliendo il materiale del concerto, ho notato qualcosa di particolare
in questi suoni. In un altro concerto a
Roma, collegato al tema del mito, ho ripreso alcuni degli elementi, e sviluppato
il corpus. Man mano mi sono avvicinato
ad un filo rosso, quello del tono oscuro.
Si può quindi affermare che vi ho letto
dentro il tema della notte.
Stando alle critiche, Nightbook viene
definito un album introspettivo. Il collegamento fra questa riflessione intima
e l’oscurità fa sembrare che lei stia scoprendo i propri lati negativi
Non si può dire che guardare dentro sé
stessi sia una cosa preoccupante. È un
fatto positivo, se si è in grado di aprirsi,
per vedere le zone interiori. In un certo senso, la musica lo fa sempre; con lei
si possono esplorare zone sconosciute
Rivista – Dicembre 2009
La
dell’inconscio. Non stare alla superficie
delle cose è un tema che mi intriga. Del
resto, la notte ha ispirato sempre tanti
poeti e musicisti, quindi non vedo perché
non potevo farlo anch’io.
Certi titoli sono legati alla notte. Rêverie ad esempio, o l’ultimo brano del disco, The Planets
Quest’ultimo è il brano più sospeso,
come entrare nell’ultima stanza; una
stanza senza pavimento in cui di colpo ci
si trova sospesi nel vuoto.
È una costruzione musicale che ha delle
piccole variazioni, con quattro melodie
sovrapposte, e ciascuna di esse corrisponde a un pianeta. C’è una piccola variazione di ognuno che nel tempo s’incrocia con l’altro sempre in modo diverso.
I pianeti hanno un ruolo mistico,-simbolico. Quali sono i simboli abbinati ai
suoi pianeti?
Non parlerei di simboli, piuttosto di un
pensiero di come sono interpolate le cose
della vita, che a volte interagiscono tra di
loro, con dei movimenti inaspettati.
Dal punto di vista stilistico, Nightbook
è difficile da schedare. È un album primariamente classico, contiene altresì
degli elementi elettronici e del jazz. In
che genere si vede?
Le etichette non mi piacciono. Ci sono
delle influenze in ogni musicista che
derivano dalla propria storia e dalle riflessioni, con l’ascolto di tanti generi di
musica. Ho avuto esperienze ricche e variegate.
Può precisare?
Parlo della mia formazione classica e dei
miei interessi verso la musica popolare, il
jazz, il rock. Tutti generi con una radice
popolare. La mia musica riflette sicuramente il linguaggio di queste melodie.
Grazie alla mia preparazione classica,
sono in grado di costruire delle forme
musicali più libere di quelle popolari.
In Nightbook lei collabora con diversi
musicisti, tra l’altro, con Marco Decimo al violoncello. Lei al pianoforte fa
da traino, mentre il violoncello risponde al tema. Un’impostazione inusuale:
di solito sono i violini o i violoncelli ad
assumere il ruolo del solista, mentre il
Rivista – Dicembre 2009
La
pianoforte segue, facendo da accompagnatore
Ci sono delle forme nella musica classica tradizionale, dove il violoncello canta
e il pianoforte accompagna. Una regola
che definisce i ruoli nella musica non esiste. Nel passato ho spesso avuto il ruolo dell’accompagnatore, con il tempo ho
invertito tutto. Poi, essendo io l’autore e
l’interprete delle musiche, mi sono permesso di pormi al centro. Sono io quello
che canta.
Un canto in parte sottolineato da una
batteria elettronica
Esatto. C’è la collaborazione di un artista
di Berlino che si chiama Robert Lippok.
Intorno alla musica del pianoforte egli
crea degli ambienti che nascono dalla
natura del suono del pianoforte.
“Ho suonato
a Milano
nell’Hangar Bicocca,
nell’ex-quartiere
industriale,
in un’installazione
dell’artista tedesco
Anselm Kiefer:
i Sette Palazzi
Celesti. Sette torri,
ciascun’alta più
di 13 metri, costruite
con pareti
prefabbricate in
cemento armato.
Nel momento del
concerto ho capito
che in quel luogo
dovevo presentare
delle musiche che
non avevo ancora
composto”.
Si tratta quindi di una collaborazione
spontanea, non predefinita
Sì, la nostra è un’improvvisazione. Lui
ascolta me, io lui, e in questa collaborazione nasce qualcosa di nuovo.
L’elettronica negli ultimi anni è entrata
sempre più nella tradizione classica
Il motivo è evidente: oggi abbiamo più
possibilità di un tempo. L’applicazione dei
mezzi elettronici è diventata più semplice.
Quali sono i suoi prossimi passi?
Intanto mi godo quest’album e vedo di
portare a termine la tournée in Europa,
per intraprendere quella in Italia.
E la Svizzera? Un concerto in Svizzera
al momento non è previsto. Mi ricordo
di averne dato uno a Zurigo negli anni
passati. Un’esperienza positiva, spero di
poterne rivivere una simile nei prossimi
tempi. Staremo a vedere.
Info: www.einaudiwebsite.com
69