POMERIGGIO
TRA LE MUSE
STAGIONE 2010
I LUOGHI IMMAGINARI
Ensemble Musagète
POMERIGGIO TRA LE MUSE
STAGIONE 2010
I LUOGHI IMMAGINARI
La musica è per sua natura evocativa e i compositori hanno nei secoli sfruttato questa potenzialità, dall’onomatopeica descrizione del mondo naturale ai più
complessi rimandi letterari. Anche nella musica da camera non mancano riferimenti a luoghi geografici,
attraverso l’inserzione di melodie e ritmi popolari per
esempio, o a più intimi paesaggi dello spirito. Il percorso che si snoda attraverso gli otto programmi viaggia su questo crinale, evocando paesaggi vicini e lontani, nel tempo e nello spazio. I paesaggi fiabeschi
delle Märchenerzählungen di Robert Schumann, le atmosfere alpestri di Richard Strauss, l’evocazione della gioventù e dei suoi paesaggi di Leóš Janáček... I
luoghi immaginari sono però soprattutto il titolo di
una serie di cinque composizioni di Fabio Vacchi, uno
dei compositori più significativi degli ultimi decenni,
del quale verranno proposti, oltre che due brani dai
Luoghi immaginari (Trio e Quartetto), anche il Wanderer-Oktett, duplice omaggio a Schubert e Henze,
e il Klaviertrio Orna buio ciel, che invece omaggia un
altro grande del Novecento, Luciano Berio.
Intrecciato al leit-motiv dei luoghi immaginari, la stagione continua il percorso sul grande repertorio cameristico Classico e Romantico. Wolfgang A. Mozart,
con il primo dei quartetti “italiani” e con alcune interessanti trascrizioni di composizioni originali per organo meccanico; Ludwig van Beethoven, con il giovanile Settimino op. 20 e con l’ultimo quartetto op.
135; Robert Schumann, con il quartetto in La minore op. 41, il quintetto con pianoforte op. 44 e i Lieder della raccolta Frauenliebe und -leben op. 42;
Fryderyk Chopin (del quale, come per Schumann, ricorre il duecentenario della nascita) con una trascrizione cameristica di rarissimo ascolto del secondo concerto per pianoforte.
Per quanto riguarda la commissione di una nuova opera dedicata all’ensemble, progetto che dal 2006, grazie al sostegno di Intesa Sanpaolo, ha visto alternarsi autori quali Nicola Campogrande, Giovanni Bonato, Francesco Erle e Alessandro Solbiati, è stata bandita quest’anno una selezione per giovani compositori. Il vincitore della selezione, Pasquale Corrado
(1979), ha ricevuto la commissione per la composizione di un’opera cameristica originale che verrà eseguita nel concerto del 5 dicembre.
Note al programma a cura di Remo Peronato
Concerto del 12 settembre 2010
programma
Wolfgang A. Mozart
(1756-1791)
Quartetto in Re maggiore K 155
Allegro moderato
Andante
Molto allegro
Fryderyk Chopin
(1810-1849)
Concerto per pianoforte in Fa minore n. 2 op. 21
(versione cameristica)
Maestoso
Larghetto
Rondo. Vivace
Richard Strauss
(1864-1949)
Till Eulenspiegel (trascrizione per cinque strumenti
di F. Hasenöhrl)
Ensemble Musagète
Giovanni Guglielmo
violino
Luigi Marasca
clarinetto
Enrico Barchetta
corno
Laura Costa
fagotto
Tiziano Guarato
violino
Michele Sguotti
viola
Giordano Pegoraro
violoncello
Jan R. Zahourek
contrabbasso
Gabriele Dal Santo
pianoforte
Il quartetto in Re maggiore è il primo dei quartetti cosiddetti “italiani”, composto da un Mozart sedicenne durante il viaggio verso
Milano dove sarebbe andato in scena il suo Lucio Silla in occasione
del carnevale 1772-1773. Durante quel viaggio, per “combattere
la noia”, ne comporrà sei. Questa breve composizione in tre movimenti, seguendo la convenzionale struttura italiana, si presenta come l’evoluzione diretta del genere divertimento.
Il concerto per pianoforte in Fa minore è cronologicamente il primo
dei due composti da Chopin. Egli si trovava ancora in Polonia, e proprio a Varsavia lo ha eseguito per la prima volta come solista. La forma concerto era il tipico banco di prova dei pianisti dell’Ottocento.
Spesso, come in questo caso, il virtuoso componeva egli stesso la
musica, avendo agio in questo modo di esibire al meglio quelle che
erano le proprie caratteristiche. Anche se lo sviluppo della sua personalità condurrà poi Chopin lontano dalle ribalte concertistiche, prediligendo piuttosto i più raccolti salotti dell’aristocrazia e dell’alta borghesia parigina, questa pagina è ancora un tipico esempio della forma concerto scritto da un virtuoso-compositore e si presenta infatti nella struttura in tre movimenti (due tempi veloci incorniciano un
tempo lento e cantabile). Nonostante ciò sono già presenti alcune
delle peculiarità che renderanno Chopin certamente uno dei pianisti più acclamati dell’epoca, ma al contempo una figura assai lontana sia dal virtuosismo vigoroso e trascendentale perseguito dai contemporanei (pensiamo a Liszt), sia per molti aspetti dal principale
movimento culturale della sua epoca, il Romanticismo. Da una parte infatti il virtuosismo di Chopin predilige le linee morbide e le filigrane di note, dall’altra anche l’utilizzo di materiale popolare, per
esempio il tema dell’ultimo movimento, che è quasi una Mazurka,
non ha in Chopin alcun accento nazionalistico-patriottico.
I Tiri burloni di Till Eulenspiegel sono una declinazione comica e sfrontata di quella tradizione propria del Romanticismo maturo e tardo
che, nata con il Berlioz della Symphonie fantastique, trova nell’ispirazione letteraria o comunque extramusicale il filo conduttore, il collante che tiene assieme la forma sinfonia giunta alle sue estreme
conseguenze e altrimenti in via di dissoluzione. Strauss, nel narrare le vicende di questo strano personaggio (“un folletto dispettoso” che tra una burla e l’altra giunge di fronte al patibolo fischiettando indifferente), adotta la forma del Rondò: ricorre cioè a una
struttura circolare (che simula l’abissale eterno ritorno dell’identico),
ma che al contempo è tradizionalmente legata a un carattere estroverso e giocoso. Ne nasce uno sorta di scherzo sinfonico dai colori
scintillanti nel quale il corno assume un ruolo protagonista (suo è il
tema di Till).
Concerto del 26 settembre 2010
programma
Samuel Barber
(1910-1981)
Summer Music op. 31
Wolfgang A. Mozart
(1756-1791)
Fantasia K 594
Allegro – Adagio – Allegro
Arvo Pärt
(1935)
Quintettino
Schnell
Langasam
Mässig
Darius Milhaud
(1892-1974)
La Cheminée du Roi René
Cortège
Aubade
Jongleurs
La Maousinglade
Joutes sur l’Arc
Madrigal-nocturne
Maurice Ravel
(1875-1937)
Le tombeau de Couperin
(trascrizione per quintetto a fiato di M. Jones)
Prélude
Fugue
Menuet
Rigoudon
Ensemble Musagète
Fabio Pupillo
flauto
Remo Peronato
oboe
Luigi Marasca
clarinetto
Enrico Barchetta
corno
Laura Costa
fagotto
La Summer Music di Barber è l’unica opera cameristica per fiati di questo importante compositore statunitense. Nonostante ciò è considerata
uno dei classici del Novecento per quintetto a fiato. La pagina nasce da
una commissione della Chamber Music Society di Detroit ed ha proprio
in questa città la sua prima esecuzione nel 1956. La composizione si presenta come una serie di brevi episodi senza soluzione di continuità che
evocano la forma classica del Rondò. D’altra parte la presenza costante
di ritmi composti (cioè di schemi ritmici non simmetrici) e di una deliberata libertà compositiva (“scrivo ciò che sento” affermava Barber) senza alcun riferimento ai movimenti dell’avanguardia europea, denotano
la Summer Music come una musica “puramente” americana.
Questa Fantasia in Fa minore fa parte di una serie di tre composizioni
dalla genesi piuttosto bizzarra (cfr. anche il K 608, programma del 7 novembre). Si devono infatti alla commissione del conte Deym, uno strano personaggio che, all’interno di un suo appartamento, aveva allestito una sorta di mausoleo dedicato alla figura del celebre feld-maresciallo
von Laudon. Vi era esposta la statua di cera del feld-maresciallo in una
bara di cristallo attorniata da una raccolta di oggetti rari e curiosi (carillon, busti, oggetti meccanici semoventi, orologi musicali). Nonostante il
contesto grottesco, Mozart compone tre splendide pagine dal carattere austero e dalla costruzione fortemente contrappuntistica.
Arvo Pärt è al giorno d’oggi uno dei pochissimi nomi di compositori contemporanei che è conosciuto da un largo pubblico. Il suo successo si deve a una certa aura mistica che avvolge le sue composizioni e che, fra
molti fraintendimenti, ha fatto breccia nel mondo post-moderno e new
age. La composizione di Quintettino precede però quella scelta poetica
che contraddistingue l’attuale Pärt e che combina forme della musica
medioevale con una particolare tecnica, denominata “tintinnabuli” (tintinnabulum = campana), caratterizzata da una riduzione estrema del materiale musicale e nella quale si sfruttano le risonanze armoniche create
dalla sovrapposizione di pochi suoni. Già in questa pagina però emergono chiaramente alcune caratteristiche tipiche anche del Pärt più noto e che per molti aspetti lo hanno fatto associare alla corrente minimalistica (omoritmia, a-tonalità e giustapposizioni dinamiche).
La Cheminée du Roi René nasce come parte della colonna sonora del
film Cavalcade d’Amour (1940) di Raymond Bernard. Il film tratta il tema dell’amore in tre differenti epoche (Medioevo, Ottocento e Novecento)
e la musica di Milhaud ne commenta il primo capitolo. Il re René del titolo è figura storica e mitica assieme, sovrano di Provenza vissuto tra il
1409 e il 1480, molto amato e ricordato per il sostegno dato ai trovatori. I movimenti di questa Suite seguono l’immaginaria passeggiata del
re, dipanando semplici melodie dal carattere arcaico senza però alcuna
velleità filologica.
Terminata di comporre nel 1917, dopo che era stato congedato dall’esercito e che per due anni aveva interrotto la sua attività musicale, questa Suite rappresenta, secondo le parole del suo autore, un omaggio all’intera musica francesce del XVIII secolo, di cui Couperin è uno dei massimi esponenti. Ravel è particolarmente sensibile al materiale tradizionale,
sia esso d’estrazione colta o folklorica, ma non indulge mai nello sterile
esotismo o nel puro gioco accademico con le forme del passato. Nella
poetica raveliana è fondamentale l’equilibrio tra il riconoscimento della
tradizione nazionale (il passato) e l’istanza della coscienza individuale (il
presente). La Suite, che si presenta programmaticamente come un tributo a Couperin (tombeau è termine che a partire dal XVI secolo indica proprio una composizione in omaggio a un defunto) e che fa uso di
forme (danze in questo caso) tipiche della tradizione barocca, è pervasa da un intimo senso di cordoglio (ogni movimento è dedicato a un
amico scomparso durante la guerra). Dalla prima versione per pianoforte
solo, lo stesso Ravel trae nel 1919 una versione orchestrale nella quale
i fiati, e in particolare l’oboe, hanno un ruolo preminente. Seguendo questa linea si giustifica quindi la versione cameristica per quintetto a fiato
proposta in programma.
Concerto del 3 ottobre 2010
programma
Fabio Vacchi
(1949)
Wanderer-Oktett (1997)
(a Hans Werner Henze)
Ludwig van Beethoven
(1770-1827)
Settimino in Mi bemolle maggiore op. 20
Adagio – Allegro con brio
Adagio cantabile
Tempo di menuetto
Tema con variazioni. Andante
Scherzo. Allegro molto e vivace
Andante con moto alla marcia – Presto
Ensemble Musagète
Giovanni Gugliemo
violino
Luigi Marasca
clarinetto
Enrico Barchetta
corno
Laura Costa
fagotto
Tiziano Guarato
violino
Michele Sguotti
viola
Giordano Pegoraro
violoncello
Jan R. Zahourek
contrabbasso
In riferimento alle quattro composizioni del maestro Vacchi scelte
per questa stagione (cfr. anche i programmi del 24 ottobre, 21 novembre e 5 dicembre) proponiamo alcune riflessioni dello stesso autore sulla sua poetica e sul suo modo d’intendere il ruolo del compositore oggi.
...Nel momento in cui prevalgono messaggi di sopraffazione del più
debole, di esaltazione della superiorità e dell’apparenza, anche l’arte ha il dovere di prendere posizione. Purché lo faccia con il valore
intrinseco della sua tecnica. Porsi il problema del comporre oggi significa porsi il problema di una tensione dialettica tra tradizione ed
esperimento. Se dall’avanguardia mi sono staccato, mi sono mantenuto nel suo ambito per quanto riguarda l’analisi semiotica e le
sue conseguenze creative. Lo studio accanito, imposto a me e ai miei
studenti, del pensiero analitico e musicologico più importante, piega la mia naturale propensione verso un’espressività marcata a un
rigore assoluto.
Il 1792 segna per Beethoven il trasferimento da Bonn, culturalmente
provinciale, alla capitale della musica, Vienna, proprio negli anni in
cui Haydn, reduce dai successi londinesi, ottiene i più ampi consensi
anche di pubblico. Il Settimino op. 20 è uno dei biglietti da visita
del giovane Beethoven, deciso a conquistarsi un posto di rilievo sulla scena più importante. Questa, come le altre opere coeve, testimonia il grande talento che talvolta eccede nell’estroversa foga vitalistica. La struttura generale della composizione è quella di una
Serenata, all’interno della quale il violino assume spesso un ruolo
preminente. Pur sfruttando una forma tipicamente settecentesca e
convenzionalmente d’intrattenimento, il Settimino si pone sulla scia
segnata da Mozart con le ultime serenate, nelle quali la piacevolezza
dell’invenzione si sviluppa in modo tutt’altro che esteriore e si innesta in un tessuto armonico e timbrico di grande spessore.
Concerto del 24 ottobre 2010
programma
Igor Stravinskij
(1882-1971)
Three Songs from William Shakespeare
Musick to heare
Full fadom five
When Dasies pied
Robert Schumann
(1810-1856)
Märchenerzählungen op. 132
per clarinetto viola e pianoforte
Lebhaft, nicht zu schnell
Lebhaft und sehr markiert
Ruhiges Tempo mit zartem Ausdruck
Frauenliebe und -leben op. 42
per voce e pianoforte
Seit ich ihn gesehen
Er, der Herrlichste von allen
Ich kann’s nicht fassen
Du Ring an meinem Finger
Helft mir, ihr Schwestern
Süßer Freund, du blickest
An meinem Herzen
Nun hast du mir den ersten Schmerz getan
Fabio Vacchi
(1949)
Quartetto dai Luoghi immaginari (1989)
(a Bruno Maderna)
Ensemble Musagète
Patrizia Vaccari
soprano
Fabio Pupillo
flauto
Luigi Marasca
clarinetto
Michele Sguotti
viola
Gabriele Dal Santo
pianoforte
Saverio Tasca
vibrafono
La vita di Igor Stravinskij copre un arco temporale assai lungo e si situa in
un periodo cruciale della storia contemporanea per tutta una serie di avvenimenti di carattere politico, sociale e culturale, destinati a rivoluzionare lo scenario europeo e mondiale. Stravinskij, pur non inserendosi mai in
una corrente poetica specifica, diviene assai presto una delle voci di primo piano della cultura musicale novecentesca proprio per la sua indole
curiosa ed eccentrica e per la sua attitudine alla sperimentazione continua. Prova ne sono i tre piccoli Songs su testi di Shakespeare con i quali
il compositore, all’inizio degli anni Cinquanta, si accosta al linguaggio dodecafonico. Quando la forza dirompente e rivoluzionaria di un linguaggio che aveva scardinato il sistema adottato in Occidente da almeno tre
secoli sembrava avere esaurito la carica iniziale (Schoenberg muore nel 1951),
Stravinskij dimostra come i rigidi principi formali della dodecafonia possano ancora dare vita a composizioni di grande trasparenza nelle quali il
canto (e la parola) risuonano liberi e chiari.
Scritta durante quello che doveva divenire il tramonto precoce di un’esistenza inquieta, questa pagina si discosta dalle altre maggiori opere cameristiche (cfr. Quartetti op. 41 e Quintetto op. 44, per es.), le quali convogliavano vitalità e contrasti all’interno di una struttura convenzionale.
Qui Schumann riprende invece quell’attitudine alla forma libera e discorsiva tipica delle pagine per pianoforte solo. Non si deve dimenticare che
la sua prima vocazione era stata proprio la letteratura e che il suo catalogo è ricco di composizioni che, direttamente o indirettamente, si rifanno
a quel mondo. Solo in apparenza si possono però inserire le Märchenerzählungen nel filone romantico della musica a programma di ispirazione
letteraria. Schumann non racconta qui qualche cosa di specifico, non ci
sono didascalie. Piuttosto si appropria di una intonazione di tipo narrativo (Erzählungen = racconti) e ci propone una modalità d’ascolto libera e
immediata come quella di un fanciullo (Märchen = fiabe).
Frauenliebe und -leben è il terzo ciclo di Lieder che adotta un testo letterario unitario (in questo caso il ciclo di poesie si deve ad Adelbert von Chamisso, 1781-1838). Come la gran parte della produzione liederistica schumanniana (cfr. anche il programma del 5 dicembre), questi otto Lieder venivano composti (nell’arco di soli due giorni!) in quell’anno febbrile e felice, il 1840, che vedeva il coronamento della travagliata storia d’amore
con Clara Wieck. La vicenda narra, in soggettiva, la vita di una donna (Frauenleben) che si annulla nell’amore (Liebe) per l’uomo prima spasimato, poi
marito e padre dei suoi figli, infine precocemente defunto. Non si farebbe però giustizia a questo ciclo se ci si limitasse a una lettura di carattere
sociologico (la donna in una pura funzione subalterna all’uomo suo signore).
Se ci si cala nella prospettiva soggettiva del racconto, amplificata dalla costruzione musicale che mette in assoluto primo piano la voce narrante (l’anima della protagonista) e i suoi continui e repentini cambiamenti di stato d’animo, questo ciclo ci narra dell’estrema volubilità delle gioie dell’esistenza, con una valenza inaspettatamente universale.
In riferimento alle quattro composizioni del maestro Vacchi scelte per questa stagione (cfr. anche i programmi del 3 ottobre, 21 novembre e 5 dicembre) proponiamo alcune riflessioni dello stesso autore sulla sua poetica e sul suo modo d’intendere il ruolo del compositore oggi.
...Pur avendo sempre mantenuto una sostanziale indipendenza dalle metafisiche correnti negli anni della mia formazione, non ho mai praticato
compromessi o commistioni neppure con l’altro polo che idealizza a priori la contaminazione dei generi, la banalizzazione del linguaggio, l’uso dell’effetto e la necessità di una presunta presa immediata sul pubblico. Credo invece che alla musica “colta” spetti il compito di sintetizzare, come
sempre è avvenuto, la forza comunicativa e la preziosità stilistica, l’impatto
emotivo e la profondità del pensiero, una gestualità marcata e riconoscibile (usata senza disprezzo dai grandi di tutta la storia della musica) e una
sapienza antica. Penso che un vasto pubblico sia interessato a un linguaggio
che sappia giungere all’intelligenza e ai sensi, che sappia giocare con i meccanismi della percezione proprio come sanno fare forme e generi più semplici e immediati, ma che sappia anche condurre, attraverso una sorta di
iniziazione alla meraviglia e al bello, verso dimensioni sempre più complesse,
dense e appaganti, di comunicazione artistica...
Concerto del 7 novembre 2010
programma
Wolfgang A. Mozart
(1756-1791)
Fantasia K 608
Luciano Berio
(1925-2003)
Ricorrenze
Gioachino Rossini
(1792-1868)
Sonata a quattro n. 5
Allegro spiritoso
Andante assai
Rondo
Leóš Janáček
(1854-1928)
Mládí
Allegro
Andante sostenuto
Vivace
Allegro animato
Ensemble Musagète
Fabio Pupillo
flauto
Remo Peronato
oboe
Luigi Marasca
clarinetto
Stefano Cardo
clarinetto basso
Enrico Barchetta
corno
Laura Costa
fagotto
Questa Fantasia, commissionata dal conte Deym per l’allestimento
del mausoleo da lui dedicato al feld-maresciallo von Laudon (cfr. programma del 26 settembre), doveva originariamente essere eseguita da uno degli orologi meccanici dei quali il conte era collezionista. Nonostante l’artificialità dello strumento musicale e il contesto
piuttosto grottesco, Mozart compone pagine nobilissime e austere.
Il K. 608 presenta, senza soluzione di continuità, un tema energico
e ritmico (Allegro) che scandisce una fuga (che torna alla fine) e un
andante cantabile.
Ricorrenze (1985-87) vengono composte da Berio per il sessantesimo compleanno di Pierre Boulez. Il titolo gioca, a un primo livello,
con questa circostanza e, a un livello più sostanziale, con il materiale sonoro e il suo sviluppo all’interno della composizione. Anche
in questo caso però è proprio nell’equivoco, nello scarto irreparabile tra significante e significato, che si evidenzia il valore della musica, la sua ineffabilità. La composizione si apre con quattro misure scandite da un Re all’unisono dei cinque strumenti. La didascalia recita “pianissimo sempre e il più staccato possibile”. A partire
da questo elementare materiale la partitura si dipana allargando per
mezzo di piccolissimi scarti tutti i parametri musicali (altezza, dinamica, timbro, durata) ed espressivi (fraseggio, agogica, dinamica).
Nell’evoluzione di questo processo il materiale originale (il gesto iniziale) ricorre più volte, ma mai identico a sé. Infatti è la memoria
che permette il riconoscimento nella trasformazione, così come riconosce l’identità della persona pur nelle incessanti modificazioni
scandite dal calendario esistenziale.
Le sei Sonate a quattro sono composte da un precocissimo Rossini all’età di dodici anni (1804) mentre era ospite della ricca famiglia Triossi presso la loro tenuta di Ravenna. In tre giorni, per allietare le riunioni conviviali, egli compone queste pagine, l’originale
organico delle quali (due violini, violoncello e contrabbasso) si deve proprio alla disponibilità di questi strumenti tra i membri della
famiglia. Le sonate, pubblicate solo molto più tardi, riscuotono subito un grande successo, di cui sono testimonianza le numerose
edizioni e trascrizioni (a cominciare da quella Ricordi del 1825 per
quartetto d’archi fino a quella per fiati che presentiamo nel concerto odierno). La forma tripartita rimanda senz’altro alla struttura del concerto di matrice italiana, mentre si deve al già vivido estro
rossiniano, ancora scevro da studi approfonditi sui classici viennesi, la particolare disinvoltura con la quale le idee melodiche fluiscono
le une dalle altre.
Mládí (Gioventù) è composto da Janáček nell’estate del 1924 durante un felice soggiorno in Moravia, la regione nella quale era cresciuto. Come la gran parte della sua produzione cameristica, ancorché
scritto nell’ultima fase della sua vita, è caratterizzato da una straordinaria vitalità e freschezza. In questo senso non si può nascondere l’importanza del rapporto amoroso che lo lega in questi anni alla giovane Kamila Stösslová. Proprio in una delle numerosissime lettere a Kamila, a proposito di Mládí le scrive “ho composto qui una
specie di reminescenza della mia giovinezza”. Questo recupero del
passato non si concede però alcunché di malinconico. Anche quando Janáček elabora materiale folklorico moravo (in particolare nel
quarto movimento) non si tratta mai di una mera riproposizione nostalgica, ma i ricordi vengono filtrati attraverso una rigorosa tecnica compositiva che sfrutta gli strumenti a fiato al massimo delle loro capacità espressive e virtuosistiche.
Concerto del 21 novembre 2010
programma
Benjamin Britten
(1913-1976)
Phantasy per oboe e archi op. 2
Fabio Vacchi
(1949)
Klaviertrio Orna buio ciel (2000)
(a Luciano Berio)
Robert Schumann
(1810-1856)
Quintetto con pianoforte in Mi bemolle maggiore op. 44
Allegro brillante
In modo di marcia. Un poco largamente
Scherzo. Molto vivace
Allegro ma non troppo
Ensemble Musagète
Giovanni Gugliemo
violino
Remo Peronato
oboe
Tiziano Guarato
violino
Michele Sguotti
viola
Giordano Pegoraro
violoncello
Gabriele Dal Santo
pianoforte
La Phantasy per oboe e archi è un’opera giovanile di Benjamin Britten.
Composta mentre è ancora studente del Royal College of Music per il
concorso Cobbett, riceve il primo premio nel 1932. Il regolamento del
Cobbett Prize, voluto dall’omonimo industriale e mecenate della musica, prevedeva che le composizioni dovessero essere nella forma in un unico movimento, tipica delle fantasie del XVII secolo. La composizione di
Britten raccoglie infatti in un unico arco formale senza soluzione di continuità quattro episodi principali: una marcia dall’inizio soffuso e lontano
proposta dagli archi in pizzicato su cui si innesta un tema lirico dell’oboe;
un episodio rapido e agitato seguito da una sezione più lenta dal carattere rapsodico; infine il ritorno alla marcia iniziale che sfuma, chiudendo
il cerchio formale, nel pizzicato del violoncello.
In riferimento alle quattro composizioni del maestro Vacchi scelte per questa stagione (cfr. anche i programmi del 3 e 24 ottobre e del 5 dicembre) proponiamo alcune riflessioni dello stesso autore sulla sua poetica e
sul suo modo d’intendere il ruolo del compositore oggi.
...Non ho mai creduto che il linguaggio possa essere frutto di un codice
arbitrario, da reinventare, ogni volta, su una “tabula rasa”, per quanto
intellettualmente sofisticata. Penso invece sia un dato collettivo, che si è
sedimentato nel tempo, da rispettare, impreziosire, anche “forzare”, ma
non in base a presupposti puramente concettuali. Né penso abbia senso attenersi a una retorica dell’avanguardia, vale a dire a una serie di regole che nel tempo si sono incancrenite arrogandosi la presunzione di
poter sostituire, nella loro povertà, prassi consolidate da un’intera tradizione. Tali regole (che consistono spesso in divieti) hanno dato vita a un’accademia ben più rigida di quella che hanno sostituito, senza possederne
la sapienza secolare. (…) Rimanere intrappolati in questa logica, oggi, con
tutto ciò che le scienze, umane e naturali, stanno scoprendo, non ha più
il minimo senso. La stratificazione secolare del linguaggio artistico nasce
da ragioni percettive, fisiche, fisiologiche, psicologiche, non solo culturali e non esclusivamente convenzionali...
Il quintetto op. 44 viene composto all’inizio del 1842 dopo un periodo
di silenzio compositivo, legato a una lunga tournée di Clara che, inizialmente, Robert aveva voluto seguire. Assieme ai di poco precedenti tre
quartetti op. 41 (vedi concerto del 19 dicembre) e al quartetto con pianoforte op. 47, il quintetto è il primo vero banco di prova cameristico di
Schumann. Fino ad allora aveva infatti composto quasi esclusivamente
per il solo pianoforte e per la voce (Lieder). Qui la vena intima e diaristica, che prediligeva le forme libere, lascia spazio a un maturo dominio della forma sonata, resa vitalissima proprio dal contrasto, che in Schumann
è anche esistenziale, tra uno spirito libero e dionisiaco (Florestano) e uno
più mite e riflessivo (Eusebio). Il primo movimento, Allegro brillante, ne
è un esempio formidabile. A un primo tema forte e scandito dall’intero
quintetto che procede per grandi salti (intervalli) ascendenti, ne segue un
secondo, semplice e intimo, condotto da violoncello e viola alternati. Il
secondo movimento, In modo d’una marcia, ricorda palesemente la marcia funebre della terza sinfonia di Beethoven. Come in quella, anche qui
l’andamento mesto e tragico (nel quale giocano un ruolo fondamentale
le pause, quasi dei singulti), è interrotto da un’isola di serenità in tonalità maggiore. Prima della conclusione, nella quale torna il tema di marcia
funebre, c’è spazio anche per un episodio Agitato che sfrutta elementi
del tema principale variandone il ritmo e l’impasto sonoro. Lo Scherzo,
costruito a partire da rapide scale ascendenti marcate e imperiose, è scandito da due trii dal carattere affatto diverso, il primo più disteso e mesto,
il secondo reso frenetico da un incessante moto perpetuo di quartine. Il
quarto movimento si apre su un tema eroico del pianoforte (marcato e
con direzione ascendente) cui segue un tema più lineare (legato e discendente) svolto dagli archi. Molto particolare è la coda che denota la
grande abilità compositiva di Schumann: qui infatti il tema iniziale del primo movimento (a valori allargati) viene utilizzato come soggetto di una
fuga alla quale fa da controssoggetto proprio il tema d’apertura dell’ultimo movimento.
Concerto del 5 dicembre 2010
programma
Carl Maria von Weber (1786-1826)
Trio op. 63 per flauto, fagotto e pianoforte
Allegro moderato
Scherzo. Allegro vivace
Schäfers Klage. Andante espressivo
Finale. Allegro
Pasquale Corrado (1979)
Sestetto per flauto, oboe, clarinetto, violino,
viola e pianoforte
(Prima esecuzione assoluta)
Robert Schumann (1810-1849)
Drei Romanzen op. 94 per oboe e pianoforte
Nicht zu schnell
Einfach, innig
Nicht schnell
Myrthen op. 25 per voce e pianoforte (selezione)
Widmung (Friedrich Rückert)
Zwei Venetianische Lieder (Thomas Moore)
Aus den östlichen Rosen (Friedrich Rückert)
Fryderyk Chopin (1810-1849)
Variazioni su un tema di Rossini
Robert Schumann (1810-1849)
Liederkreis op. 39 per voce e pianoforte (selezione)
Waldesgesprach
Auf einer Burg
Frühlingsnacht
Fabio Vacchi (1949)
Trio dai Luoghi immaginari (1987)
Ensemble Musagète
Giovanni Guglielmo
violino
Patrizia Vaccari
soprano
Fabio Pupillo
flauto
Remo Peronato
oboe
Luigi Marasca
clarinetto
Laura Costa
fagotto
Michele Sguotti
viola
Gabriele Dal Santo
pianoforte
Il Trio op. 63 di Carl Maria von Weber propone un esempio paradigmatico del difficile discrimine tra Classico e Romantico in musica. Weber, riconosciuto maestro
dell’opera romantica tedesca, compone questa pagina cameristica nel 1819 nel
pieno rispetto della struttura classica della forma sonata. Il carattere generale dell’opera però (un’intonazione melanconica e a tratti drammatica) e la citazione diretta nel terzo movimento dello Schäfers Klage (il lamento del pastore) di Goethe
nella trasposizione musicale di Schubert, riflettono tutte le ambiguità del momento
di passaggio da un’epoca all’altra. Ambiguità, per la verità, tutte interne alla critica storica posteriore, in quanto Weber risolve senza alcuna titubanza le scelte
del suo discorso poetico.
La commissione di una nuova opera è stata affidata quest’anno al maestro Pasquale Corrado, vincitore della selezione per giovani compositori bandita dalle Gallerie di Palazzo Leoni Montanari e dall’Ensemble Musagète.
Al momento in cui scriviamo queste note, la composizione è in fase di stesura.
Le Romanze op. 94 di Schumann, composte nel 1849 nell’ultimissima fase della
vita del compositore, si possono leggere come una cartella clinica di quel disagio
mentale che lo avrebbe condotto, pochi anni dopo, consapevolmente alla morte. In queste pagine rivive la dissociazione che per tutta la vita ne ha caratterizzato l’esistenza, conteso tra un elemento focoso e dionisiaco, interpretato nei suoi
stessi scritti dal personaggio di Florestano, e uno razionale e apollineo, Eusebio.
La grandezza della musica di Schumann è proprio nel saper tenere misteriosamente
insieme queste contraddizioni. Emblematica in questo senso è la seconda delle
Romanze, che concilia in una semplice forma A-B-A l’insanabile contrasto.
Myrthen è una raccolta di ventisei Lieder su testi di vari autori che Schumann compone nel 1840 (cfr. programma del 24 ottobre) come regalo di nozze per la moglie Clara. Nella breve selezione proposta i due Lieder da Rückert si presentano
come un’esplicita dedica (Widmung) a Clara, nella quale si percepisce la serenità
raggiunta dopo lunghi travagli (è nota l’opposizione del padre di Clara al matrimonio con Schumann). Le due canzoni veneziane su testo di Moore ci riportano
invece a quel mondo della maschera già affrontato da Schumann nella sua produzione pianistica (Carnaval op. 9, 1835), nella quale il carattere popolaresco e
leggero viene rivissuto in maniera estremamente ironica, ma anche con la serietà
e precisione con cui ogni bimbo affronta il gioco.
Le Variazioni per flauto sul celebre tema dalla Cenerentola di Rossini sono una pagina assai godibile, per altro non di sicura attribuzione, che, nel contesto del programma odierno, rimandano a quell’entusiastica recensione del 1831 con cui Schumann salutava la pubblicazione dell’opera 2 di Chopin, anche in quel caso delle
Variazioni (sul tema mozartiano “Là ci darem la mano”), come rivelatrice della nascita di un genio. L’inserzione di questa pagina è quindi un omaggio un po’ irriverente all’altro importante filone d’attività di Robert Schumann, la critica musicale, che rimane un contributo fondamentale, almeno pari a quello della sua produzione musicale, alla vita culturale europea.
I Lieder op. 39 su testi di Josef von Eichendorff sono il secondo ciclo unitario che
Schumann compone. Come il precedente ciclo su testi di Heine, anche qui la scelta poetica è inequivocabilmente romantica. Schumann, che in gioventù aveva vagheggiato una carriera letteraria prima ancora che musicale, rispetto all’antecedente Schubert predilige infatti i poeti suoi contemporanei (Schubert compone
circa settanta Lieder da Goethe e cinquanta da Schiller, mentre Schumann, su un
totale di duecentotrentotto, ne dedica a questi autori solo una ventina). La selezione proposta offre un’efficace sintesi di topoi romantici: il dialogo nel bosco (Waldgesprach) tra una fanciulla (che poi si rivelerà la mitica strega Lorelei) e un cacciatore; il centenario cavaliere eremita che osserva assiso su di sua rocca (Auf einer Burg) la vita che scorre nella valle; la notte di primavera (Frühlingsnacht) prodiga di fausti presagi d’amore.
In riferimento alle quattro composizioni del maestro Vacchi scelte per questa stagione (cfr. anche i programmi del 3 e 24 ottobre e del 21 novembre) proponiamo alcune riflessioni dello stesso autore sulla sua poetica e sul suo modo d’intendere il ruolo del compositore oggi.
...Mi sento figlio dell’avanguardia nei suoi aspetti curiosi ed esplorativi, non in quelli dogmatici e apodittici. Ma la passione e lo studio altrettanto rigoroso delle tradizioni etniche mi ha portato a intraprendere nuove strade, più complesse e varie. Là dove negli episodi atonali scorre sempre ciò che la musica etnica mi ha insegnato, così quando rielaboro materiale folclorico lo sottopongo a una griglia rigorosissima. Bellezza e profondità non collidono. Ampio pubblico e preziosità di
proposte non sono un’utopia...
Concerto del 19 dicembre 2010
programma
Robert Schumann
(1810-1856)
Quartetto in La maggiore op. 41 n. 3
Andante espressivo – Allegro molto moderato
Assai agitato – Un poco adagio – Tempo risoluto
Adagio molto
Allegro molto vivace
Ludwig van Beethoven
(1770-1827)
Quartetto op. 135
Allegretto
Vivace
Lento assai, cantabile e tranquillo
Der schwer gefaßte Entschluß:
Grave – Allegro – Grave ma non troppo tratto – Allegro
Ensemble Musagète
Giovanni Guglielmo
violino
Tiziano Guarato
violino
Michele Sguotti
viola
Giordano Pegoraro
violoncello
I quartetti dell’opera 41, così come tutta l’opera cameristica di Schumann, nascono dopo la lunga stagione dedicata prima al pianoforte
solo e poi, per un intensissimo anno (1840), al Lied. Si è voluto spesso rintracciare in questo avvicinamento tardivo alla forma più impegnativa del camerismo (il quartetto che ha nei precedenti di Haydn
e Beethoven gli altissimi modelli) anche un maggior ossequio alle
forme classiche. Se è vero che il carattere generale di questo quartetto n. 3 è estremamente rigoroso e severo, esso però non cela l’idiosincrasia schumanniana verso la forma precostituita. I quattro canonici movimenti non rispettano infatti né la successione convenzionale, né, al loro interno, il prevedibile sviluppo. I singoli movimenti
sono caratterizzati da uno svolgimento per episodi e variazioni, che
conferisce un carattere assai libero, narrativo, a tutto il quartetto.
L’utilizzo di tecniche della grande tradizione (il contrappunto, la variazione) e, soprattutto, il passaggio da un movimento all’altro di
elementi ritmici o melodici (l’incessante ritorno dell’intervallo di quinta discendente che apre il quartetto) contribuiscono a creare l’ordito del racconto, rendendo il discorso unitario e organico.
L’opera 135 conclude il lungo percorso nella forma quartetto iniziato da Beethoven con l’opera 18 quasi trent’anni prima. Questo
quartetto composto nel 1826 porta a compimento il processo di decostruzione formale perseguito da Beethoven negli ultimi quartetti, senza che questo comporti una dissoluzione del discorso musicale. La prima impressione è certamente quella di un’estrema frammentazione tematica: se la forma sonata classica prevedeva due personaggi dal carattere contrapposto (temi) presentati in sequenza e
poi fatti giocare insieme (sviluppo), qui siamo di fronte a un proliferare di brevissime idee (di questi micro organismi melodici se ne
contano almeno cinque nel primo movimento) che fluiscono una dall’altra senza soluzione di continuità. Questi spunti tematici spuri e
dal carattere affatto diverso vengono poi elaborati tramite un imprevedibile gioco contrappuntistico che li interseca magistralmente. Il secondo movimento, Vivace, si presenta apparentemente come uno scherzo. Più dell’eccentrica posizione, convenzionalmente
al terzo posto, colpisce l’estrema potenza ritmica che sprigiona, caratteristica certo dello scherzo, ma qui portata al parossismo attraverso ricorrenti emiolie (brevi sezioni in tempo binario nell’ambito
di un movimento che invece è ternario) e il prolungato ostinato nella sezione centrale. Altra caratteristica straniante (che deve avere colpito assai i contemporanei) è l’estrema disinvoltura armonica, il passaggio repentino a tonalità anche lontane. Anche il terzo movimento
(Lento assai, cantabile e tranquillo) cela all’interno di un andamento dilatatissimo modulazioni ardite grazie all’utilizzo, appreso da
Haydn, della tecnica enarmonica (la possibilità cioè di spostarsi all’improvviso a tonalità lontane sfruttando una caratteristica dell’armonia temperata per cui lo stesso suono ha due nomi – in questo
caso Re bemolle e Do diesis). Il quartetto si conclude con un movimento che guarda alle origini, ma che è già oltre. La scrittura richiama
senz’altro Haydn, padre della forma quartetto: il movimento si apre
con un Grave, ma non troppo tratto nel quale viene intonata dagli
strumenti gravi la domanda “Muss es sein?” (Dev’essere così?). Questa domanda viene sciolta nel successivo Allegro (“Es muss sein!”)
dai due violini. La “difficile decisione” viene paradossalmente elaborata nell’ambito di una forma, il Rondò, convenzionalmente utilizzata per movimenti conclusivi dal carattere estroverso e non certo pensoso. Forse anche questa scelta può essere letta come un omaggio a uno dei musicisti più ricchi di spirito, quale fu Haydn.
Ensemble Musagète
L’ensemble è attivo dal 2001 come formazione in residence alle Gallerie di Palazzo
Leoni Montanari di Vicenza. Il progetto dell’ensemble nasce dalla collaborazione tra
il maestro Giovanni Guglielmo e un gruppo di giovani musicisti, con l’obiettivo di accompagnare l’attività espositiva delle Gallerie. Il gruppo cameristico lavora in varie formazioni, dal duo alla piccola orchestra da camera, proponendo programmi che spaziano nei generi e nelle epoche - dal concerto barocco alla musica da film, dai divertimenti del Classicismo alle composizioni d’oggi -, sempre guidati da una coerenza interna, stilistica, cronologica o tematica. In questi anni l’attività è cresciuta, così
come il repertorio che sfiora ormai le 250 opere, e si è arricchita di molte esperienze diverse. L’ensemble è stato ospite in varie rassegne (Festival Galuppi di Venezia,
Società del Quartetto di Vicenza, Musica nel Mendrisiotto, Amici della Musica di Verona, Concerti Vesperali della Comunità di Bose, Settimane Musicali al Teatro Olimpico, MusicArte di Verona, Festival Vigontino), ha partecipato a progetti speciali (Arcadia in villa, 24 concerti nell’ambito della mostra internazionale Andrea Palladio e
la villa veneta e il concerto-melologo con l’attrice Milena Vukotic) e si è inoltre prodigato per la diffusione della musica tra i più piccoli con spettacoli quali la fiaba musicale di Filippo Del Corno La famosa invasione degli orsi in Sicilia tratta dall’omonimo racconto di Dino Buzzati e lezioni-concerto per le scuole.
Dal 2006 l’ensemble ha inoltre dato vita al Progetto compositori d’oggi. Tale progetto
prevede di dedicare a un compositore contemporaneo, scelto per la sua rappresentatività nel panorama italiano e internazionale, alcune esecuzione all’interno della stagione Pomeriggio tra le Muse. A ciò si aggiunge la commissione di un’opera appositamente pensata per l’ensemble. Hanno finora scritto per l’Ensemble Musagète e/o
sono stati ospiti della stagione Nicola Campogrande (Melodie per preparare la carta, 2006), Giovanni Bonato (Quintetto Musagète, 2007), Francesco Erle (Rime armoniche,
2008), Alessandro Solbiati (Musagète per nove strumenti, 2009) e Luca Francesconi.
La stagione 2010 vede come ospite contemporaneo il maestro Fabio Vacchi, mentre
per la commissione è stato bandito un concorso riservato a compositori fino ai 35
anni, vinto dal maestro Pasquale Corrado (1979).
Accanto all’attività concertistica l’ensemble conta incisioni discografiche (la rivista Amadeus ha così recensito l’esordio: l’incisione “testimonia le ottime qualità del gruppo”)
e trasmissioni radiofoniche nazionali (l’ensemble è stato infatti ospite di Radio 3 Rai
nel 2006 all’interno della trasmissione Piazza Verdi e nel 2009 per lo speciale Piazza
Fontana 40 anni dopo).
NOTE BIOGRAFICHE
Compositori
Pasquale Corrado
Vincitore della Selezione Pomeriggio tra le Muse 2010.
Dopo aver conseguito i diplomi in Pianoforte, Musica Corale e Direzione di Coro, Composizione e Direzione d’Orchestra presso il Conservatorio G. Verdi di Milano, attualmente si
sta perfezionando con i maestri A. Solbiati (Conservatorio di Milano) e I. Fedele (Accademia di S. Cecilia di Roma). Frequenta inoltre un Master in Composizione presso il Conservatorio Superiore di Parigi con il maestro S. Gervasoni. Sempre nella capitale francese è stato selezionato per il Cursus 1 dell’IRCAM, il prestigioso Istituto di Ricerca e Coordinamento Acustica/Musica. Nella sua ancor breve carriera il maestro Corrado conta già commissioni di importanti festival e istituzioni musicali (Biennale di Venezia, Divertimento Ensemble, MITO settembre musica, ecc.) nonché, in qualità di direttore d’orchestra, la collaborazione con orchestre quali I Pomeriggi Musicali di Milano, la Bayerisches Symphonieorchester München, la Philarmonic Orchestra di Khrakov e l’Orchestra Sinfonica G. Rossini di Pesaro. Dal 2010 le sue partiture sono edite da Suvini Zerboni.
Fabio Vacchi
Fabio Vacchi (Bologna 1949) studia con Giacomo Manzoni presso il Conservatorio della
sua città e si perfeziona a Tanglewood, dove vince il Koussewitzky Prize in Composition.
L’esordio italiano avviene nel 1975, alla Biennale Musica di Venezia, con un brano per voci e strumenti. Da allora la sua musica gode di sempre maggiore circolazione e, specie a
partire dall’inizio degli anni Novanta, il successo e la fama crescono fino al punto di collocarlo tra i compositori più affermati dell’attuale panorama musicale. Dal punto di vista poetico la produzione di Fabio Vacchi segna il progressivo allontanamento dalle griglie strutturalistiche degli anni di apprendistato e la focalizzazione di un linguaggio vieppiù originale, difficilmente etichettabile, che conserva un certo rigore costruttivo ma si apre ad una
libera reinvenzione del passato, che nulla ha a che spartire, ad ogni modo, con l’esperienza
cosiddetta neoromantica. L’uso dei campi armonici (ovvero una rigorosa struttura armonica di base), una ricerca timbrica raffinatissima e una netta propensione alla cantabilità, costituiscono i principali ingredienti del ricco bagaglio tecnico del compositore. Connessi tra
loro mediante una solida maturità stilistica, essi si manifestano con particolare evidenza
nelle opere teatrali Il viaggio (1990), La station thermale (1993), Les oiseaux de passage
(1998), Teneke (che ha debuttato al Teatro alla Scala nel 2007, direttore Roberto Abbado,
regia di Ermanno Olmi, scene e costumi di Arnaldo Pomodoro), nel melologo Prospero, o
dell’armonia (2009, commissione della Filarmonica della Scala), nel balletto Dioniso germogliatore (1996), nei cameristici Luoghi immaginari (1987-92) e in Dai calanchi di Sabbiuno, lavoro redatto in diverse versioni (da camera, 1995; per orchestra, 1997; per orchestra da camera, 1998), che è certo il più fortunato ed eseguito del catalogo del
musicista bolognese. Per il 2011 è prevista una nuova opera su libretto di Amos Oz
per il Teatro Petruzzelli di Bari.
Musicisti
Enrico Barchetta, corno
Rodigino, ha compiuto gli studi musicali nella sua città. È legato a Vicenza dal 1986 quando vi debutta a soli 16 anni. Nel 1992 si trasferisce a Chicago dove frequenta la Northwestern University, studiando con le prime parti della Chicago Symphony Orchestra, D. Clevenger e G. Williams, e con il maestro A. Jacobs. Tra le sue collaborazioni orchestrali si segnalano quelle con l’Orchestra Internazionale d’Italia, L’Offerta Musicale, il Teatro La Fenice, l’Orchestra da Camera di Padova e del Veneto, I Virtuosi Italiani e l’Orchestra Rossini
di Pesaro. Dal 1997 al 1999 è stato inoltre primo corno assistente al Teatro San Carlo di
Napoli. Dal 1995 è primo corno dell’Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza. Coltiva interessi musicali i più disparati che lo hanno portato, tra le altre cose, a incidere per la Mellow Records con il gruppo A piedi nudi, formazione di punta del rock-progressivo.
Stefano Cardo, clarinetto basso
Nato a Padova nel 1976, si è diplomato con lode al Conservatorio di Musica B. Marcello
di Venezia nel 1996. Ha collaborato con importanti orchestre giovanili e nel 2000 ha partecipato al Millennium Gala Tour dell’Orchestra Giovanile Europea EUYO suonando nelle
più importanti sale da concerto europee (Royal Albert Hall, Philharmonie Berlin). È membro dell’Ensemble Laboratorio Novamusica nell’ambito del quale ha collaborato con grandi solisti come Bruno Canino, Pascal Gallois, Cristina Zavalloni e Alda Caiello. Nel 2005 ha
eseguito il concerto per clarinetto di W.A. Mozart K 622 sotto la direzione del maestro Peter Maxwell Davies. Sempre in quell’anno ha vinto il concorso per clarinetto basso principale nell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI Radio-Televisione Italiana, posto che ha
mantenuto fino al 2007, anno in cui ha vinto il concorso presso il Teatro alla Scala e la Filarmonica della Scala.
Laura Costa, fagotto
Diplomatasi con il massimo dei voti nel 1998 sotto la guida del maestro L. Armellini presso il Conservatorio C. Pollini di Padova, ha proseguito gli studi musicali con il maestro V.
Zucchiatti presso l’Accademia della Filarmonica della Scala e la Fondazione Arturo Toscanini di Parma. Nel 2004 ha intrapreso inoltre lo studio del fagotto barocco e attualmente frequenta il corso triennale di filologia musicale sotto la guida del maestro A. Grazzi
presso il Conservatorio F.E. Dall’Abaco di Verona. È risultata idonea e segnalata in concorsi e audizioni nei principali teatri e orchestre sinfoniche italiani (Verona, Genova, Venezia, Torino). Nel giugno 2005 ha vinto il primo premio al Concorso Mozart di Parma
per l’interpretazione dei concerti per fiati di Mozart, mentre nel giugno 2006 ha ottenuto il primo premio al concorso internazionale AudiMozart di Rovereto. Ha eseguito da solista il concerto per fagotto e la sinfonia concertante di Mozart con l’Orchestra Haydn di
Trento e Bolzano e con l’Orchestra della Fondazione Toscanini di Parma. Collabora col Teatro alla Scala e con l’Orchestra Filarmonica della Scala, con l’Orchestra Verdi di Milano,
con l’Orchestra Regionale Toscana, con l’Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza, con la
Fondazione A. Toscanini di Parma, con il Teatro C. Felice di Genova, con l’Arena di Verona e con l’Orchestra di Padova e del Veneto.
Gabriele Dal Santo, pianoforte
Diplomato con il massimo dei voti e la lode al Conservatorio A. Pedrollo di Vicenza, ha conseguito, sempre sotto la guida del maestro Rigobello, anche il diploma accademico di secondo livello in Discipline Musicali con lode e menzione speciale di merito. Ha frequentato il corso triennale di alto perfezionamento pianistico di Trento tenuto dai maestri Margarius e Kravtchenko e ha studiato all’Accademia Internazionale Incontri col Maestro di Imola, diplomandosi nell’ottobre 2004. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti e premi partecipando a concorsi pianistici nazionali e internazionali (tra i quali Città di Treviso, Camillo-Togni a Gussago-Brescia, Il Solista e l’Orchestra a Campobasso). Tra le altre partecipazioni si
annoverano quelle del Premio Busoni (Bolzano), Prix Vandome (Pesaro), Beethoven Klavierwettbeverb (Vienna), Reine Elisabeth (Bruxelles). Ha tenuto recital solistici e concerti con
orchestra (Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza, Sinfonietta Italiana, Orchestra da Camera di Padova e del Veneto, Orchestra di Roma e del Lazio) sotto la direzione dei maestri
Andretta, Misto, Dini-Ciacci, Lu Jia, Calvi. Ha frequentato diverse masterclass tenute dai maestri D’Alberto, Jasinsky, Cohen, Lucchesini, Spagnolo, Shelley, Naborè. Ricopre l’incarico di
docente assistente di Pianoforte presso il Conservatorio A. Pedrollo di Vicenza.
Tiziano Guarato, violino
Si è diplomato nel 2000 presso il Conservatorio A. Pedrollo di Vicenza sotto la guida della
prof.ssa Giuliana Padrin. Ha inoltre studiato con i maestri G. Guglielmo, D. Nordio ed E.
Porta. Nel 1997 ha frequentato il corso d’orchestra della Jeunesse Musical d’Avignon partecipando alla tournée in Provenza e nel 2001 il corso di orchestra della Giovane Sinfonietta Italiana diretta dal maestro L. Spierer. Nel 2009 ha ottenuto il diploma di secondo livello per l’insegnamento strumentale con il massimo dei voti. Ha frequentato stages con
G. Angeleri, S. Redaelli, L. Braga, U. Schaa, D. Young, S. Fischer. Con l’Insieme Strumentale Arcangelo Corelli ha suonato nell’ambito di importanti stagioni musicali italiane ed effettuato diverse registrazioni. Ha collaborato con l’Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza e nella stagione 1998-1999 ha partecipato, in qualità di violinista di scena, alle ottanta
repliche di Casanova comedièn con Giorgio Albertazzi e Giustino Durano per la regia di
Maurizio Scaparro. Ha portato a termine il corso triennale di liuteria sotto la guida del maestro Scrollavezza alla Scuola Internazionale di Liuteria di Parma e nel 2006 ha partecipato
al corso annuale per riparatore d’archi presso la Scuola Civica di Liuteria Milano. Nel 2007
ha registrato un Compact Disc per la Bottega Discantica con le sinfonie ed i concerti per
clavicembalo di W.F Bach e suonato nel festival di musica antica di Magnano con l’Ensemble
Arcomelo di Michele Benuzzi. Attualmente è iscritto al biennio di violino con il maestro Davide Zaltron. È docente di Violino presso la scuola media ad indirizzo musicale.
Giovanni Guglielmo, I violino e concertatore
Si è diplomato al Conservatorio B. Marcello di Venezia avendo studiato con i maestri Ettore Bonelli e Luigi Ferro. Nel 1962 ha ottenuto il primo premio assoluto al Concorso Nazionale di Violino Città di Vittorio Veneto. Membro del prestigioso complesso I Virtuosi
di Roma e del Sestetto Chigiano ha fatto Duo con Riccardo Castagnone e con Ezio Mabilia. È fondatore di famosi gruppi cameristici quali L’Arte dell’Arco (per l’esecuzione di
musiche antiche con strumenti originali) e I Solisti Filarmonici Italiani. È stato inoltre primo violino solista dell’Orchestra del Teatro La Fenice di Venezia e dell’Orchestra Nazionale di Santa Cecilia di Roma. Per quanto concerne l’attività solistica ha collaborato con
direttori quali Sinopoli, Gracis, Pesko, Constant, Gelmetti, Sawallisch e con importanti orchestre sinfoniche. Il suo repertorio spazia in tutto l’arco della produzione violinistica, da
Corelli ai contemporanei. È stato direttore artistico delle orchestre sinfoniche di S. Remo
e del Teatro Olimpico di Vicenza. Titolare della cattedra di Violino nei Conservatori di Padova, Venezia e Vicenza, è stato quindi direttore del Conservatorio A. Pedrollo di Vicenza. Tiene corsi di perfezionamento in Italia e all’estero. Attivamente impegnato in veste
editoriale come pure in campo discografico nell’ambito della musica rara ed inedita del
Settecento italiano (ha completato l’incisione integrale dei concerti per violino di G. Tartini), incide per Deutsche Harmonia Mundi, Dynamic, Chandons, Denon Nippon Columbia e Tactus. Ha pubblicato inoltre opere didattiche e revisionato varie composizioni del
Settecento italiano. Suona un Bernardo Calcanius del 1712 con montatura barocca ed
un Francesco Gobetti del 1721 con montatura moderna. È Accademico dell’Accademia
Olimpica di Vicenza e Socio Corrispondente dell’Accademia Galileiana di Padova.
Luigi Marasca, clarinetto
Dopo aver conseguito il diploma di Clarinetto presso il Conservatorio A. Pedrollo di Vicenza con il massimo dei voti e la lode nel 1993, si è perfezionato con i maestri F. Meloni e G. Sobrino. Ha inoltre frequentato masterclass con i maestri K. Leister, T. Friedli, W.
Boeykens, A. Carbonare e con G. Guglielmo e P. Borgonovo per la musica da camera.
Nel 1994 ha vinto una borsa di studio della CEE per frequentare i corsi di Alto Perfezionamento Musicale di Saluzzo. È stato selezionato come primo clarinetto dell’ Orchestra
Jeunesses Musicales de Suisse (1991-1992), dell’Opernorchester des 42. Internationalen
Jugend-Festspieltreffens di Bayreuth (1992) e dell’Orchestra Giovane Sinfonietta Italiana
(1998). In seguito ha collaborato e collabora con le seguenti orchestre: Orchestra dell’Arena di Verona, Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, Orchestra Sinfonica G. Verdi di
Milano, Orchestra del Festival di Brescia e Bergamo, Orchestra del Teatro C. Felice di Genova, Orchestra Filarmonia Veneta, Orchestra Filarmonica di Verona, Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza. Ha tenuto concerti per molte importanti società concertistiche
italiane e estere, con particolare attenzione alla produzione del ‘900. Ha inciso musiche
di L. Berio, S. Prokofiev, F. Donatoni, G. Bonato, F. Erle per Opus Avantra, Velut Luna, Rivo Alto. Ha effettuato varie tournées negli USA con il gruppo Interensemble di Padova.
Dal 1994 è docente di Clarinetto presso le scuole medie ad indirizzo musicale. Oltre all’attività come strumentista, svolge intensa attività concertistica anche come cantante (basso), lavorando come solista con importanti direttori del repertorio barocco, classico e contemporaneo.
Giordano Pegoraro, violoncello
Diplomatosi al Conservatorio A. Steffani di Castelfranco Veneto sotto la guida del maestro E. Egano, si è poi perfezionato con i maestri E. Dindo e M. Polidori (Conservatoire Superiore de Fribourg, CH). Per la musica da camera ha studiato e collaborato con i maestri
G. Guglielmo, M. Quarta, M. Rogliano, P. Toso e G. Angeleri. Per due anni ha preso parte alla Giovane Sinfonietta Italiana con i maestri U.B. Michelangeli, L. Spierer ed E. Dindo.
Collabora con l’Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza, il Teatro Regio di Parma, l’Orchestra di Padova e del Veneto, l’Orchestra del Festival Michelangeli di Brescia e Bergamo,
l’Orchestra da Camera di Mantova, la Filarmonia Veneta, i Solisti Filarmonici Italiani, I Virtuosi Italiani, l’Orchestre Symphonique du Jura (CH), la Basel Sinfonietta (CH) e l’Orchestra
Sinfonica di Mulhouse (F). Per quanto riguarda la musica antica, ha studiato violoncello
barocco presso il Conservatorio F. Dall’Abaco di Verona sotto la guida del maestro Stefano Veggetti ottenendo il diploma nel 2005 ed ha effettuato corsi con i maestri Christophe
Coin (Schola Cantorum di Basilea) e Anner Bylsma. Collabora con l’Academia Montis Regalis, la Venice Baroque Orchestra, l’Accademia de li Musici, l’Ensamble Cordia, l’Arte Dell’Arco, il Capriccio Basel suonando al fianco di musicisti e direttori quali: Enrico Onofri, Luigi Mangiocavallo, Amandine Bayer, Alberto Grazzi, Alessandro De Marchi, Filippo Maria
Bressan, Dominik Kiefer, Giuliano Carmignola, Stefano Veggetti, Christophe Coin, Sergio
Azzolini, Alfredo Bernardini, Andrea Marcon, Jordi Savall, Sigiswald Kuijken.
Remo Peronato, oboe
Diplomatosi nel 1992 sotto la guida del maestro A. Vignato presso il Conservatorio A.
Pedrollo di Vicenza, ha poi studiato con il maestro H. Elhorst presso il Conservatorio della Svizzera Italiana (CSI) ottenendo nel 1995 il diploma di solista. Si è inoltre perfezionato con i maestri T. Indermühle, I. Goritzky, O. Zoboli e S. Schilli. Nel 1996 è stato invitato a tenere un recital presso il festival musicale di Davos Young Artists in Concert. Ha suonato in diverse compagini orchestrali (Orchestergesellschaft Biel - CH, Orchestra Filarmonia Veneta G.F. Malipiero, Orchestra Filarmonica di Torino, Orchestra da Camera di Mantova) e dal 1997 collabora con l’Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza. Dal 1997 insegna presso la scuola di musica del CSI di Lugano. Nel 2002 ha conseguito la laurea in
Filosofia presso l’Università degli Studi di Padova.
Fabio Pupillo, flauto
Ha intrapreso lo studio del Flauto con il maestro G. Bernabò, diplomandosi sotto la guida della prof.ssa M. Finco presso il Conservatorio A. Pedrollo di Vicenza. Si è poi perfezionato con i maestri R. Guiot, C. Klemm, E. Caroli, P. Wavre e G. Pretto. Si è inoltre lau-
reato con lode in Musicologia presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Già primo flauto della Giovane Sinfonietta Italiana sotto la guida dei maestri P. Borgonovo e L. Spierer
è risultato idoneo alle audizione per l’Orchestra Giovanile Italiana e per l’Orchestra dei
Pomeriggi Musicali di Milano con la quale ha collaborato nel 2005. È stato premiato al
concorso internazionale Franz Schubert. Suona stabilmente, anche come primo flauto,
con l’Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza ed ha partecipato alla tournée italiana 2006
dell’Orchestra Sinfonica di Mosca. È stato invitato a eseguire Soliloquio di Luis de Pablo
per il concerto inaugurale del XII Festival Internazionale di Venezia (trasmesso da Radio
Tre). Ha inciso per la Houston University, la Dynamic e la Velut Luna. Nell’estate 2003 ha
partecipato alla tournée giapponese dell’Orchestra di Venezia suonando nelle più prestigiose sale da concerto del Paese. Molto significative sono state le collaborazioni con Bepi de Marzi, Milena Vukotic, Giovanni Guglielmo e Teodora Campagnaro.
Michele Sguotti, viola
Diplomatosi presso il Conservatorio A. Pedrollo di Vicenza sotto la guida del maestro I.
Semprebon, si è poi perfezionato con i maestri F. Druzhinin, G. Guglielmo e B. Giuranna
(Accademia W. Stauffer di Cremona, 1996-1998) e D. Zaltron. Ha dedicato particolare
attenzione alla formazione quartettistica, prima col Quartetto Kairòs (studiando con i maestri P. Farulli, A. Nannoni e V. Berlinsky del Quartetto Borodin), e attualmente col Quartetto Chagall con il quale ha preso parte all’Accademia Europea per quartetto (studiando con i maestri H. Bayerle, Quartetto Alban Berg, e M. Skampa, Quartetto Smetana).
Ha collaborato con alcuni tra i maggiori teatri e orchestre sinfoniche nazionali (Verona,
Trieste, Firenze, Treviso, Udine, Parma), suona con l’Orchestra da Camera Italiana diretta
dal maestro S. Accardo ed è membro stabile e viola di spalla dell’Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza.
Saverio Tasca, vibrafono
Nato nel 1963 a Bassano del Grappa, consegue il diploma in Strumenti a Percussione con
il maestro Facchin al Conservatorio A. Pedrollo di Vicenza. Prosegue gli studi allo Sweelinck Conservatorium di Amsterdam e si perfeziona con musicisti quali David Friedman,
Robert van Sice e Thierry Miroglio. Frequenta i seminari di Umbria Jazz come batterista e
vibrafonista. Viene premiato in diversi concorsi nazionali, in trio (1988) e come solista (1989),
tra i quali il Concorso Summertime in Jazz di Prato (1995). Ha suonato con l’Orchestra
del Teatro La Fenice, l’EnsemblePuntoIt, la Krasnoyarsk Chamber Orchestra, il Tammittam
Percussion Ensemble e ha collaborato con artisti della scena jazz quali Naco, Franco D’Andrea, David Friedman, Dave Samuels, Harold Danko, Claudio Fasoli, Paolino Dalla Porta,
Glenn Ferris, Claudio Roditi, Andy Scherer, Giovanni Maier, Flavio Boltro, Tino Tracanna,
Paolo Birro, Furio di Castri, Andrea Dulbecco e Paolo Fresu. Ha partecipato al tour 1997
di Jovanotti e al tour Acustico 2003/2004 di Ivano Fossati. Oltre che nei più importanti
festival italiani, si è esibito in tutta Europa e in Sud Africa. Ha al suo attivo diverse registrazioni sia come solista e compositore che come ospite in progetti di altri artisti (“Flavours” Franco D’Andrea 7et, 1992; “Sìnfono” Saverio Tasca 5et, 1994; “Gang of One”
Bruno Romani 4et, 1996; “Improvvisamente un giorno tra i mesi” Franco D’Andrea, Saverio Tasca, 1998; “Metabolè” S. Tasca e Schola S. Rocco , 1999; “Mosaic Orchestra, vol.
1” Giovanni Maier, 2001; “Voce Me Fala Assim” Xangò, 2002; “Mosaic Orchestra, vol.
2” Giovanni Maier, 2004; “Dal Vivo - Volume 3”, Ivano Fossati, 2005). Docente di ruolo al Conservatorio E.F. Dall’Abaco di Verona, è anche coordinatore didattico in diverse
scuole di musica jazz. Ha inoltre tenuto master di perfezionamento sulla tecnica e l’improvvisazione alla Hochschule di Mannheim e al Conservatorio di Cesena e di Padova.
Patrizia Vaccari, soprano
Diplomata in Pianoforte, in Organo e Composizione Organistica, nonché in Canto sotto la guida rispettivamente dei maestri V. Pertile, E. B. Zoia e S. Lowe presso i Conservatori di Venezia e Rovigo. Ha approfondito sia lo studio delle peculiarità fondamentali
della voce, frequentando il corso triennale dell’Institut für Gesang und Instrumentalspiel
di Lichtenberg diretto dalla prof.ssa G. Rohmert, sia gli aspetti più prettamente stilistici
del repertorio rinascimentale e barocco nonché cameristico, con importanti maestri quali L. F. Tagliavini, M. Radulescu, C. Miatello e G. Banditelli. Svolge un’intensa attività concertistica in Europa, Stati Uniti e Canada, in prestigiose formazioni vocali e strumentali
specializzate soprattutto nel repertorio antico e collaborando con direttori quali J. Savall, A. Marcon, F. M. Bressan, C. Smith, M. Mencoboni, C. Astronio e C. Cavina. La sua
discografia comprende incisioni per Stradivarius, Tactus, Symphonia, Naxos e Chandos,
per cui ha registrato le Cantate op. 4 per soprano e basso continuo di Tommaso Albinoni. All’attività concertistica unisce quella didattica: è docente di Canto Rinascimentale e Barocco presso il Dipartimento di Musica Antica del Conservatorio A. Pedrollo di Vicenza ed ha tenuto corsi presso i festival internazionali di Belluno, Bolzano, Nervi (Genova) , Pamparato (Cuneo), Monte S.Savino (Arezzo), Corinaldo (Ancona) e alla Scuola
Civica di Milano.
Jan R. Zahourek, contrabbasso
Nato nel 1975 a Denver in Colorado (USA), intraprende a sedici anni lo studio del Contrabbasso con il maestro S. Macchia. Prosegue gli studi musicali presso il Sarah Lawrence
College sotto la guida del famoso jazzista V. Gaskin conseguendo il Bachelor Degree
in Liberal Arts. L’anno successivo riprende gli studi con il prof. Macchia presso la University of Massachusetts conseguendo nel 2000 il Master Degree in Music. Nel settembre
di quell’anno si trasferisce in Italia dove si perfeziona con il maestro M. Muraro. Partecipa inoltre a due masterclass tenute da K. Stoll, primo contrabbasso dei Berliner Philarmoniker. Nel 2010 consegue un secondo Master of Music in viola da gamba e violone in sol a Londra dove nel frattempo si è trasferito. Ha al suo attivo numerose collaborazioni, tra le quali l’Orchestra d’Archi Italiana, l’Orchestra del Teatro Olimpico di
Vicenza, la Royal Philharmonic e la Philharmonia di Londra.