94° Stagione Concertistica 2015/2016
Mercoledì 18 novembre 2015
Teatro delle Muse, ore 21.00
BEETHOVEN,
I CONCERTI PER PIANOFORTE.
I SERIE.
LEONORA ARMELLINI e
GLORIA CAMPANER,
pianoforte
FEDERICO MONDELCI,
direttore
FORM – Orchestra Filarmonica
Marchigiana
PROGRAMMA
LUDWIG VAN BEETHOVEN (Bonn, 1770 – Vienna, 1827)
Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 in si bemolle maggiore, op. 19
1. Allegro con brio
2. Adagio
60121 ANCONA, Via degli Aranci 2 tel. e fax 071/2070119 www.amicimusica.an.it [email protected] P. IVA 00733590426
3. Rondò. Molto allegro
Concerto per pianoforte e orchestra n. 4 in sol maggiore, op. 58
1. Allegro moderato
2. Andante con moto
3. Rondò. Vivace
Solista Leonora Armellini
***
Concerto per pianoforte e orchestra n. 5 in mi bemolle maggiore, op. 73, Imperatore
1. Allegro
2. Adagio un poco moto
3. Rondò. Allegro
Solista Gloria Campaner
Giovedì 17 dicembre 2015
Teatro delle Muse, ore 21.00
BEETHOVEN,
I CONCERTI PER PIANOFORTE.
II SERIE.
COSTANZA PRINCIPE e
LEONORA ARMELLINI,
pianoforte
FEDERICO MONDELCI,
direttore
FORM – Orchestra Filarmonica
Marchigiana
PROGRAMMA
LUDWIG VAN BEETHOVEN (Bonn, 1770 – Vienna, 1827)
Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 in do maggiore, op. 15
1. Allegro con brio
2. Largo
3. Rondò. Allegro scherzando
Solista Costanza Principe
***
Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 in do minore, op. 37
1. Allegro con brio
2. Largo
3. Rondò. Allegro
Solista Leonora Armellini
Leonora Armellini
Gloria Campaner
Costanza Principe
Federico Mondelci
NOTE AI PROGRAMMI
■ Per un musicista geniale e consapevole della vera grandezza come lo era Beethoven, cimentarsi
durante gli ultimi anni del Settecento con il concerto per pianoforte significava compiere una
“missione impossibile”: andare oltre Mozart, cioè oltre la perfezione del concerto. Mozart, quasi
bruciando se stesso nel fuoco creativo che, fra il 1782 e il 1786, lo aveva spinto a produrre in media
oltre quattro concerti all’anno, sembrava aver esaurito in un lampo tutto ciò che si poteva esprimere
con il mezzo concertistico, rivelando attraverso di esso, in virtù di una concezione rivoluzionaria del
concetto stesso di dialogo in musica, tutta l’umana ricchezza di sentimenti, azioni, pensieri che la
sua grande anima poteva contenere. Dopo di lui, due sole vie erano possibili: ignorarlo, magari
sorvolando il magma incandescente della sua produzione concertistica per trattenerne i bagliori di
superficie, oppure assorbirlo interamente e ricrearlo in una nuova dimensione.
La prima via, tracciata sul terreno già seminato del concerto brillante della seconda metà del
Settecento e rivolta ai nuovi orizzonti aperti dal virtuosismo spettacolare di Clementi, Hummel,
Kreutzer e soprattutto Paganini, avrebbe condotto al cosiddetto concerto biedermeier, una forma in
cui il perfetto equilibrio tra solista e orchestra del concerto classico stabilito da Mozart cede il posto
al protagonismo del pianoforte, collocato al centro della scena come una “prima donna” all’opera
per stupire il pubblico con la sua abilità tecnica durante i passaggi d’agilità e commuoverlo con la
sua espressività nei momenti lirici. La seconda via, invece, quella inaugurata da Beethoven, avrebbe
dato origine al concerto romantico di Schumann e di Brahms, dove il rapporto paritetico tra le
funzioni del solista e quelle dell’orchestra viene ristabilito in una prospettiva di tipo sinfonico.
In questo percorso di appropriazione mozartiana, Beethoven procedette per gradi attraverso i suoi
cinque concerti per pianoforte, avvicinandosi all’obiettivo nel Terzo e centrandolo pienamente nel
Quarto. Ciò non significa che i primi due della serie, nonostante il compositore stesso pare li abbia
considerati in seguito opere superate e di scarso valore, siano dei lavori sperimentali. Tutt’altro.
Essi sono creazioni autonome, perfettamente compiute, capaci ancora di incantare il pubblico con la
loro freschezza melodica, la naturale facilità del discorso musicale, la tumultuosa esuberanza del
ritmo. Qualità proprie, del resto, di tutta la prima fase creativa beethoveniana ma che risaltano con
particolare evidenza proprio nei primi due concerti per pianoforte del maestro.
■ Il Concerto n. 1 in do magg., op. 15, composto tra il 1795 e il 1798, fu presentato per la prima
volta al pubblico nell’ottobre del 1798, a Praga, nel corso di una delle numerose “accademie” (come
allora venivano chiamate le serate da concerto) tenute da Beethoven in giro per l’Europa di fronte
ad ascoltatori entusiasti in special modo delle sue eccezionali doti di pianista. In quest’opera dal
carattere festoso, modellata sul tipo del concerto marziale molto in voga nel secondo Settecento e
preferito da Beethoven, l’influsso diretto di Mozart è ancora molto evidente; tuttavia, la maniera
mozartiana costituisce qui un habitus perfettamente adatto alle circostanze, ai modi e alla sostanza
poetica delle idee musicali. E il compositore lo indossa con quella stessa noncurante disinvoltura,
propria della giovinezza, con la quale sa anche liberarsene al momento opportuno. Così nel finale:
un trascinante rondò pieno di energia e di solare ottimismo dove l’irruenza tipica del primo
Beethoven, esplodendo in mezzo all’allegra battaglia ingaggiata dal pianoforte con l’orchestra fra
granate di sforzando e acciaccature, travolge la scena spazzando via di colpo, come una forza
primigenia, ogni residuo di galanteria settecentesca.
■ Il Concerto n. 2 in si bemolle magg., op. 19, fu composto in realtà poco prima del Concerto n. 1,
nel 1794-95, ma fu pubblicato più tardi, nel 1801, dopo che Beethoven ebbe rimaneggiato l’opera
sostituendovi il finale con un nuovo rondò e stendendo per iscritto le cadenze solistiche: in questa
ultima versione si è soliti oggi eseguirla in concerto. Il sorridente volto apollineo di Mozart,
atteggiato ancora in parte ai modi dell’ancien régime (specie nel primo movimento), risplende
sull’intero concerto spargendo intorno un forte senso di benessere unito al piacere, tutto fisico,
derivante dal percorrere con passo leggero rapide scalette ascendenti e compiere spettacolari
giravolte incrociate per adagiarsi infine fra le braccia accoglienti di una cadenza perfetta. Eppure,
quel volto mozartiano mostra già nuove espressioni e nuovi caratteri: ha il piglio, il vigore e
l’imprevedibilità del giovane Beethoven, con i suoi repentini cambiamenti d’umore e la sua voglia
di uscire dagli argini e aggirarsi inquieto fra sfasature ritmiche marcate da accenti, ardite migrazioni
da un tono all’altro e intricati avviluppi di linee da cui liberarsi per risalire poi in cerca di nuovi
spazi inesplorati.
■ Un forte contrasto fra oscure atmosfere cariche di energia e immagini luminose ispirate a
sensazioni di grazia e serenità caratterizza invece il Concerto n. 3 per pianoforte e orchestra in do
min., op. 37, composto da Beethoven negli anni 1800-1802 parallelamente alla Seconda Sinfonia e
insieme a questa presentato per la prima volta al pubblico di Vienna la sera del 5 aprile 1803 al
Theater an der Wien, con l’autore stesso al pianoforte.
Si tratta di un’opera di passaggio, tipicamente beethoveniana nella vastità delle proporzioni, nello
spessore sinfonico della scrittura pianistica posta agonisticamente a confronto con quella orchestrale
e nel tormentato dinamismo dei tempi estremi, il primo animato da un vigoroso piglio drammatico
(a dire il vero, piuttosto inconcludente nella sua pletorica spettacolarità) e il terzo da un danzante
umorismo nero, a tratti quasi diabolico; e tuttavia un’opera non ancora libera dal “peso” di quegli
incantevoli indumenti mozartiani – certe formule cadenzali, inflessioni melodiche e sequenze
ritmiche caratteristiche di Amadè – che, se indosso al loro creatore risplendevano di originalità, ora,
vestendo un corpo diverso e assai più robusto, risultano a volte convenzionali, nonché forse poco
adatti al rude ed eccentrico compositore renano. Nonostante il debito verso la maniera mozartiana
(compresa quella demonica dell’amatissimo Concerto in re min. K. 466) e una certa prevedibilità
strutturale che, specie nel primo tempo, tende a giustapporre le idee melodiche l’una all’altra
evidenziandone il contrasto ma al tempo stesso limitandone le possibilità dialettiche, il concerto, nel
suo complesso, segna in Beethoven l’inizio di una nuova via che non si limita solamente all’ambito
del genere in questione, bensì invade la poetica del compositore nel suo complesso.
Questa nuova via si delinea soprattutto nel bellissimo movimento centrale, un estatico Largo nella
chiara tonalità di mi maggiore in cui il concerto raggiunge la sua vetta espressiva. Qui ogni nota
parla di Beethoven: l’ampio tema lirico declamato dal pianoforte sopra l’armonia fluttuante
dell’orchestra; l’incedere quasi senza misura del ritmo, lento e solenne come un’antica salmodia; il
colore trascendentale, ottenuto impastando il suono liquido del pianoforte alle polveri sottili degli
archi in sordina, con viole divise e violoncelli separati dai contrabbassi. Ma ogni nota, pur senza
essere “mozartiana”, parla anche profondamente di Mozart. Delle sue beate visioni dei campi elisi
che, assorbite dagli occhi senza veli di un Beethoven finalmente libero di poter esprimere il proprio
amore per il maestro nei modi che più gli appartengono, si rigenerano in lui come sogni di un
paradiso perduto, come aspirazioni ad una felicità semplice e concreta che, se ancora era possibile a
Mozart nella sua pienezza, è ora confinata in quei rarefatti cieli metafisici verso cui sembrano
condurre le scale ascendenti della fine del brano, tracciate dal pianoforte nel vuoto che precede gli
ultimi sereni accordi dell’orchestra.
■ Fu nel Concerto per pianoforte e orchestra n. 4 in sol magg., op. 58, composto a Vienna quasi
interamente nel corso del 1805, che il compositore riuscì a compiere il miracolo di spogliarsi di
Mozart per farsi come lui. Gli abiti mozartiani che ancora rivestivano in varia misura i concerti
precedenti sono qui completamente dismessi e tutto appartiene ormai esclusivamente a Beethoven:
il profilo deciso e virile della melodia, l’articolazione ritmica irregolare del fraseggio, il vigore del
dinamismo (spesso accentuato, come nel travolgente finale, con caratteristici sforzando), la qualità
quasi trascendentale del virtuosismo, il respiro sinfonico assunto dalla forma concertistica, lo
sviluppo metamorfico del discorso musicale, già improntato a quel principio della variazione
continua che diverrà esclusivo nelle opere dell’estrema maturità. Eppure, mai come in questa
composizione si avverte la presenza intima e profonda di Mozart. Del suo nudo spirito, riflesso
nelle tinte chiare e luminose che Beethoven diffonde con pennellate leggere, quasi sfumate, nei due
movimenti estremi; nella naturalezza del gesto, esposto nell’ambito di una gamma espressiva
sottilissima e ricchissima; e soprattutto nell’amabilità, piena di superiore saggezza, che informa il
dialogo tra il solista e l’orchestra, una sorta di segreta “affinità elettiva” che si stabilisce già al
primo impatto quando il pianoforte, presentando da solo il materiale di base (uno di quei motivi a
note ribattute tipicamente beethoveniani che, nella loro semplicità, sembrano essere nulla e invece
dentro contengono tutte le meraviglie che si riveleranno poi), sembra voler dire ai suoi compagni
con un complice sorriso d’intesa: questo è ciò che ho da offrirvi; ora mostratemi voi che cosa sapete
fare.
È un vero e proprio rituale di possessione mozartiana quello compiuto da Beethoven in questo
concerto, così profondo e pieno da poter inglobare, come un cuore di tenebra, l’angoscia ossessiva
di un movimento centrale in cui l’orchestra, trasformandosi in carnefice, soffoca rudemente, senza
pietà, un pianoforte atterrito che tenta invano di effondere il suo canto; senza tuttavia che ciò riesca
a distruggere il desiderio di quel benessere spirituale, frutto del superamento del dolore, che
Beethoven sentiva essere appartenuto in modo esclusivo soltanto alla musica di Mozart.
■ «Östreich löhne Napoleon»: l’Austria liquida Napoleone. Così si legge in margine al secondo
movimento della partitura autografa del Quinto Concerto per pianoforte e orchestra in mi bemolle
magg., op. 73 “Imperatore”, composto da Beethoven a Vienna nel 1809 mentre le truppe di
Bonaparte si apprestavano a bombardare la capitale austriaca. Un’annotazione sprezzante e piena di
rivalsa patriottica nei confronti dell’Empereur invasore che sembrerebbe contraddire il popolare
sottotitolo di “Imperatore” imposto al concerto, pare, dal pianista Johann Baptist Cramer, amico di
Beethoven, con riferimento tanto al suo maestoso stile epico-eroico, quanto al suo porsi sul piano
delle dimensioni e della forma come il più grande, «l’imperatore fra i concerti». Tuttavia si tratta di
una contraddizione apparente.
Beethoven, ai tempi della Terza Sinfonia “Eroica”, nel 1804, aveva stracciato l’originario
frontespizio della sinfonia «Intitulata Bonaparte» perché tradito negli ideali repubblicani in cui
credeva proprio da colui che ne era stato il campione e che poco prima della pubblicazione della
partitura, facendosi incoronare imperatore, li aveva di fatto clamorosamente rinnegati. Ora, con il
Quinto Concerto per pianoforte, il Maestro liquida definitivamente l’uomo Napoleone (già peraltro
tumulato nell’Eroica, come osserva Buscaroli, dentro l’impressionante “bara di suoni” della Marcia
funebre): se ne libera per sempre insieme al suo mito storico. Ma egli “liquida”, in senso questa
volta positivo, anche il mito metastorico dell’eroe imperator, condottiero dell’umanità:
congedandone la dimensione etico-estetica nell’atto stesso di penetrarla e viverla interamente fino al
suo naturale esaurimento.
Le due grandiose partiture dell’Eroica e del Concerto Imperatore si corrispondono sotto diversi
aspetti: in particolare, nell’impiego della stessa trionfale tonalità di mi bemolle maggiore e, in
alcuni momenti topici, del ritmo puntato a base trocaica (lunga + breve), elementi entrambi
tradizionalmente connessi con l’idea della divinità o dell’autorità regale; in generale, nella sostanza
eroica della musica, espressa attraverso la magniloquenza del linguaggio e il gigantismo delle
forme. Ma mentre nella Terza Sinfonia Beethoven rappresentava in senso drammatico l’eroe in lotta
con le forze oscure del mondo, ora, nel Quinto Concerto, egli ne celebra sul piano del puro
idealismo il trionfo monumentale. Scompaiono qui, infatti, i contrasti tematici e le violente
dissonanze armoniche così essenziali nella Terza per lasciare spazio ad un’armonia luminosa,
semplice e compatta, come scolpita nel marmo. Contemporaneamente, le complesse elaborazioni
tematiche tendono a cedere spazio al principio opposto dell’amplificazione retorica sviluppato entro
un’architettura gigantesca, equilibrata e insieme turbolenta come le monumentali fabbriche di
Michelangelo.
Così soprattutto è concepito il vasto primo tempo. Nelle solenni e fastose battute introduttive,
riprese in forme ancor più trionfali dopo l’esposizione e lo sviluppo con perfetta corrispondenza
simmetrica, Beethoven, quasi a voler erigere davanti ai nostri occhi la grandiosa facciata di una
reggia imperiale, fa innalzare da tutta l’orchestra, in fortissimo, i tre pilastri accordali su cui poggia
la tonalità di mi bemolle, lasciando al pianoforte il compito di tracciare, sotto la spinta di una forza
muscolare mai esibita in precedenza con così tanta voluttà fisica, le spettacolari arcate ornamentali a
riempimento della struttura estraendole dal corpo stesso dei tre pilastri sonori; vale a dire,
amplificandone retoricamente l’imponente effetto audio-visivo. Con questi mezzi Beethoven
conduce il tipo del concerto marziale, già adottato nel suo Primo Concerto, ad una magnificenza
inaudita, rivelandone l’insospettata capacità di veicolare alti contenuti poetici; nello stesso tempo,
dilatando a dismisura nelle esposizioni e negli sviluppi la già sperimentata integrazione fra strutture
sinfoniche, stile concertante e risorse linguistiche della sonata senza nulla perdere in perfezione ed
equilibrio, egli conduce all’estremo limite di completezza, e quindi al suo esaurimento, la forma del
concerto classico così come gliel’aveva consegnata Mozart. Per questo l’Imperatore sarà non solo
l’ultimo concerto per pianoforte composto da Beethoven, ma anche il suo ultimo concerto in
assoluto.
Eppure l’opera non rappresenta solamente un congedo, con apoteosi, da un’idea poetica e da una
forma musicale, ma anche un nuovo inizio. Nei bassorilievi della possente architettura del primo
tempo, nelle volute liriche dell’Adagio un poco moto, nell’entusiastica frenesia ritmica del Rondò
finale, già anticipatrice dei visionari rituali coreutici della Settima Sinfonia, si fa ormai strada in
Beethoven un nuovo modo di trattare la materia sonora, consistente nel sollecitarla, agitarla,
liquefarla e riscaldarla con trilli acuti straordinariamente prolungati, tenuti fissi o sospinti verso
l’alto sull’onda di ampie progressioni ascendenti, con lunghe sinusoidi di scale e arpeggi, con
profondi riverberi del timbro ottenuti combinando in maniera nuova masse, dinamiche e volumi:
come a volerla purificare attraverso un processo alchemico. Un modo diverso di pensare in musica,
sganciato dalla contingenza e rivolto verso l’assoluto, che apre la via al trionfante fuoco universale
della Nona e alla metafisica delle sonate e dei quartetti dell’estrema maturità.
Cristiano Veroli
LEONORA ARMELLINI
Vincitrice del premio “Janina Nawrocka” al Concorso F. Chopin di Varsavia (ottobre 2010) per
l’“eccezionale musicalità e bellezza del suono”, unica donna italiana premiata nella storia del prestigioso
concorso, Leonora Armellini, 20 anni, si diploma a 12 anni con lode e menzione sotto la guida di Laura
Palmieri, erede della grande scuola di Arturo Benedetti Michelangeli. Dopo il diploma vince il “Premio
Venezia” (2005) e studia poi con Sergio Perticaroli, diplomandosi a 17 anni con lode all’Accademia di S.
Cecilia di Roma.
Frequenta il “Master in Piano Performance” di William Grant Naborè presso l’Università di Musica di
Lugano in qualità di “Lieven Scholar” e trae grande ispirazione dalle lezioni con Lilya Zilberstein presso
l’Hochschule für Musik und Theater di Amburgo e con Marian Mika, con il quale approfondisce in
particolare il repertorio chopiniano.
Ha tenuto più di 300 concerti in prestigiose sale europee (in tutta Italia, Polonia, Francia, Inghilterra,
Germania, Austria, Svizzera, Rep. Ceca), alla Carnegie Weill Recital Hall di New York, alla Musashino
Concert Hall di Tokyo, a New Delhi e Tunisi. Segnaliamo tra i tanti, i concerti per il “Progetto Martha
Argerich” di Lugano, Società Chopin di Ginevra, Festival “Chopin and His Europe” di Varsavia, Festival
Internazionale “Chopin” di Duszniki-Zdroj (Polonia), “Royal Piano Festival” di Cracovia, “Mardi
Rèvelation” presso la Salle Cortot a Parigi, “MiTo” Settembre Musica a Torino, Festival A. B. Michelangeli
di Bergamo e Brescia, Serate Musicali di Milano, Camerata Musicale Barese al Teatro Petruzzelli di Bari,
Festival “Dino Ciani” di Cortina D’Ampezzo, Musikverein di Regensburg, Steinway Hall di Londra,
stagione estiva dell’orchestra LaVerdi a Milano e i recenti importanti debutti nelle stagioni dell’Accademia
Filarmonica Romana e di Ferrara Musica.
Ha suonato con innumerevoli orchestre tra le quali ricordiamo l’Orchestra di Padova e del Veneto, I Solisti
Veneti, Orchestra del Teatro Verdi di Trieste, Orchestra Filarmonica di Torino, Orchestra del Teatro La
Fenice, Orchestra dell’Arena di Verona, Orchestra Filarmonica Marchigiana, I Virtuosi Italiani, Orchestra da
Camera di Kiev, Orchestra Nazionale Ucraina, Radiowa Filharmonia New Art di Lodz, Sinfonia Varsovia.
Ha collaborato quindi con importanti direttori d’orchestra come Alexander Rabinovich-Barakowsky, Claudio
Scimone, Zoltan Pesko, Anton Nanut, Damian Iorio, Daniele Giorgi, Giordano Bellincampi, Christopher
Franklin, Massimiliano Caldi, Andrea Battistoni, Emilian Madey.
Si dedica anche alla musica da camera, suonando, tra gli altri, con Giovanni Angeleri, Sonig Tchakerian,
Lucia Hall, Jeffrey Swann, Lilya Zilberstein. Ha inciso cinque CD ed effettuato numerose registrazioni
radiotelevisive per emittenti italiane e straniere (da ricordare il recital trasmesso da Rai Radio 3 in diretta dal
Quirinale di Roma, 2009, e la partecipazione come ospite al 65° Festival di Sanremo in diretta in
mondovisione con l’esecuzione di un studio di Chopin, 2013).
Recentemente, l’Istituto Chopin di Varsavia ha pubblicato un suo CD con musiche di Chopin nella “Serie
Blu”, progetto dedicato alle personalità musicali più interessanti del XVI Concorso Chopin; inoltre un CD
contenente l’integrale dell’Album per la Gioventù di Schumann per l’etichetta tedesca Acousence è di
prossima pubblicazione. A fine febbraio 2014 ha eseguito il Concerto n. 2 di Chopin con l’Orchestra
Filarmonica di Varsavia.
GLORIA CAMPANER
Debutta giovanissima e ottiene, a soli 5 anni, nel 1991, il primo di una lunga serie di premi: più di venti
vittorie in concorsi pianistici nazionali ed internazionali.
Artista Ufficiale Steinway, svolge regolare attività concertistica nei principali Festival e Stagioni in Italia
quali MiTo, Società dei Concerti, Concerti dal Quirinale, Ravello Festival, Asolo Musica, solo per citarne
alcune ed in Europa, Asia, Africa e Sud America.
Fra i suoi Maestri si ricordano Bruno Mezzena, Konstantin Bogino, Fany Solter.
Grazie ai consigli di importanti musicisti quali Ana Chumachenco, Salvatore Accardo, Josef Rissin e i
componenti del Trio Tchaikowsky Gloria si dedica anche alla musica da camera collaborando, tra gli altri,
con i solisti della Stuttgart Radio Symphony Orchestra, della Filarmonica della Scala, Ivri Gitlis, Marcello
Abbado e recentemente con Sergey Krilov, Anna Tifu, il Qurtetto di Cremona e i solisti della Royal
Concertgebouw.
Il desiderio di ampliare la propria visione musicale ha dato origine a collaborazioni con importanti musicisti
jazz quali Franco d’Andrea, Stefano Bollani e Leszek Mozdzer.
Ha registrato per vari canali televisivi e radiofonici (tra cui RAI, CNN, Radio Lubijana, Sky Classica, RTSI Radio Televisione Svizzera Italiana). Ha inciso il suo primo CD dedicato a musiche di Schumann e
Rachmaninov con Emi ed è di prossima uscita un cd con orchestra.
Gloria è stata interprete in un video molto apprezzato, girato dal pluri premiato regista milanese Luca
Scarzella, ispirato a musiche di Debussy. Fra gli impegni recenti e futuri si ricordano i concerti con
l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai con il M° Valcuha, il debutto al Festival di Brescia e Bergamo,
l’invito dell’Istituto Italiano di Cultura di Parigi quale Artist in Residence per il progetto “Le Promesse
dell’Arte”, il Concerto alla Salle Cortot di Parigi, i tour in Brasile, i concerti al Transatlantyk Film & Musik
Festival, gli impegni con l’Orchestra Regionale Toscana e il tour con il M° S. Krylov e la Martinu
Philharmonic, la prima assoluta dello spettacolo Humoresques/Heroes Quest con il Gotra Ballet; il regista
Luca Scarzella ha realizzato un video del progetto col sostegno del Borletti Buitoni Trust. Nella stagione
14/15 si ricordano i concerti con Anna Tifu nella stagione di Musica da Camera di Santa Cecilia al Parco
della Musica e alla Società dei Concerti di Milano, la prima assoluta di una nuova produzione con il Gotra
Ballet al Teatro Olimpico per la Filarmonica Romana, il debutto con la English Chamber Orchestra a
Londra, solo per citarne alcuni; recentemente è stata protagonista del documentario “Heart of Stone” con la
partecipazione straordinaria dell’artista sardo Pinuccio Sciola e delle sue pietre sonore. La prossima stagione
prevede i tour in Giappone, sia in recital che con orchestra, il ritorno in Cina, in Brasile ed in Germania, oltre
ai numerosi impegni in Italia. Nel 2014 ha ricevuto, una Fellowship dal prestigioso Borletti Buitoni Trust;
Gloria Campaner è l’unica pianista italiana ad aver ricevuto questo importante riconoscimento.
COSTANZA PRINCIPE
Costanza Principe è nata a San Benedetto del Tronto il 7 aprile 1993, e si è diplomata nel 2010 con il
massimo dei voti, la lode e la menzione presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano sotto la guida del
M° Vincenzo Balzani.
Vincitrice di premi in concorsi pianistici nazionali e internazionali, tra cui il Lilian Davies Prize della Royal
Academy of Music a Londra, il secondo premio al Beethoven Society of Europe Intercollegiate Senior
Competition (Regno Unito), al Concours International de Piano a Lagny-sur-Marne (Francia) e al Concorso
Internazionale “Premio Pecar” di Gorizia, della borsa di studio “Giulio Forziati” e del prestigioso
riconoscimento “Giuseppe Verdi – La Musica per la Vita” dell’associazione ASSAMI, ha debuttato nel 2008
con l’orchestra eseguendo tre concerti di Mozart sotto la direzione di Aldo Ceccato.
Ha suonato come solista con orchestre tra cui l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali, l’Orquesta Sinfonica
Provincial de Santa Fe, l’Orchestra del Teatro Coccia di Novara, la Melicus Chamber Orchestra e la Royal
Academy Symphony Orchestra, e si è esibita in importanti sale e stagioni in Italia, Francia, Inghilterra e Sud
America, tra cui Sala Verdi e Sala Puccini del Conservatorio di Milano, Teatro Dal Verme, Basilica di San
Marco e Auditorium di Milano, Piccolo Teatro Studio, Università Statale di Milano, Teatro Fraschini di
Pavia, Serate Musicali, Circolo Filologico, Spazio Teatro 89 e Casa di Riposo Giuseppe Verdi, Giovane
Orchestra Genovese a Palazzo Ducale a Genova, Festival Liszt a Grottammare, Palermo Classica, Cappella
Paolina del Quirinale a Roma, Lyceum e Palazzo Vecchio a Firenze, Duke’s Hall, David Josefozitz Recital
Hall, Charlton House, St. Margaret’s in Westminster e Steinway Hall a Londra, Bryanston School nel
Dorset, Teatro 10° de Mayo a Santa Fe (Argentina).
Costanza nutre un grande interesse nella performance su strumenti originali; nel maggio 2012 ha partecipato
eseguendo su diversi fortepiani cinque delle 32 Sonate di Beethoven nell’ambito dell’integrale organizzata
dalla Giovine Orchestra Genovese a Palazzo Ducale (Genova), e nel 2014 e 2015 ha preso parte a Londra al
Summer Piano Festival eseguendo al fortepiano lavori di Beethoven, Schumann e Schubert su fortepiani
Stodard, Broadwood ed Erard.
Negli ultimi mesi, Costanza ha debuttato con l’orchestra a Londra eseguendo il Concerto n. 2 op. 16 di
Prokof’ev con la Royal Academy Symphony Orchestra diretta da Manuel Lopez- Gomez, e si è esibita a
Roma al Quirinale in diretta su Radio3; i prossimi impegni includono una serie recital in Inghilterra, tra i
quali un lunchtime recital per il Three Choirs Festival di Hereford e, in seguito ad essere stata selezionata
dalla Kirckman Concert Society tra i propri artisti, un debutto alla prestigiosa Wigmore Hall di Londra.
È stata ospite delle trasmissioni “I concerti del Quirinale” di Radio3, “Il Pianista” e “Ultimo Grido” di Radio
Classica e ha partecipato a corsi di perfezionamento con Franco Scala, Vsevolod Dvorkin, Alexander
Lonquich, Boris Berman, Pascal Devoyon, Boris Petrushansky, Natalia Trull, Hung Kuang Chen, Marios
Papadopoulos, Peter Bithell e Robert Levin presso il Mozarteum di Salisburgo.
Nel giugno 2011 ha conseguito brillantemente la maturità classica presso il Liceo “A. Manzoni” di Milano.
Ha ricevuto una borsa di studio dal Martin Musical Scholarship Fund/Philharmonia Orchestra nel 2013, 2014
e 2015 e il Craxton Memorial Award nel 2015. Nello stesso anno, ha ottenuto il Bachelor of Music con First
Class Honours dalla Royal Academy of Music di Londra nella classe di Christopher Elton, generosamente
supportata dal Liversidge Award, dalla Hilda Day Scholarship e dal Winifred Christie Award. Nella stessa
scuola, a settembre Costanza ha iniziato il Master of Arts.
FEDERICO MONDELCI
Docente, camerista, solista, Federico Mondelci è da oltre venti anni uno dei maggiori e più apprezzati
interpreti del panorama musicale internazionale.
Diplomato in sassofono al Conservatorio di Pesaro, ha studiato anche canto, composizione e direzione
d’orchestra; ha perfezionato gli studi al Conservatorio Superiore di Bordeaux sotto la guida del M° JeanMarie Londeix, diplomandosi con “Medaglia D’Oro” all’unanimità.
Federico Mondelci svolge la sua carriera a fianco di orchestre quali la Filarmonica della Scala con Seiji
Ozawa, I Solisti di Mosca con Yuri Bashmet, la Filarmonica di San Pietroburgo e la BBC Philharmonic sui
palcoscenici più famosi del mondo: in Europa, Usa, Australia e Nuova Zelanda.
Alla apprezzatissima carriera di solista, il maestro Mondelci, nel tempo, affianca una sempre più rilevante
carriera nella direzione d’orchestra, dirigendo con crescente passione e convincente professionalità, orchestre
e solisti di fama mondiale.
Ed ultimi quindi, ma non meno importanti, proprio i successi conseguiti nella direzione d’orchestra, al cui
centro spiccano i nomi di celebri solisti, come Ilya Grubert, Michael Nyman, Kathryn Stott, Pavel Vernikov,
Nelson Goerner, Francesco Manara, Natalia Gutman e Luisa Castellani.
Le sue apparizioni come solista e come direttore solista comprendono l’Orchestra del Teatro alla Scala, la
New Zealand Symphony Orchestra, la BBC Philharmonic, la Filarmonica di san Pietroburgo, l’Orchestra da
Camera di Mosca, l’Orchestra Sinfonica di Bangkok.
Nell’occasione del bicentenario della nascita di Adolphe Sax, inventore del sassofono, ha ricevuto l’invito
dalla Filarmonica di San Pietroburgo ad esibirsi come direttore e solista in un “concerto di gala” in data 26
giugno 2014, nella prestigiosa stagione diretta da Yuri Termirkanov.
Fondatore inoltre nel 1982 dell’Italian Saxophone Quartet e nel 1995 dell’Italian Saxophone Orchestra, si
esibisce con entrambe queste apprezzate formazioni sia in Italia che all’estero, riscuotendo grande successo
di pubblico e critica.
Il suo repertorio non comprende solo le pagine ‘storiche’ ma è particolarmente orientato verso la musica
contemporanea e Federico Mondelci affianca il suo nome accanto ai nomi dei grandi autori del Novecento
(quali Nono, Kancheli, Glass, Donatoni, Sciarrino, Scelsi, Gentilucci, Graham Fitkin, Nicola Piovani e altri
compositori della nuova generazione); eseguendone le composizioni spesso a lui espressamente dedicate,
produzioni di straordinario successo che lo conclamano come raffinato solista di raro e straordinario talento.
Federico Mondelci ha registrato il repertorio solistico con orchestra, (sia il repertorio per duo con pianoforte
sia per ensemble), per le etichette Delos e Chandos, e numerose produzioni che riflettono il suo grande
entusiasmo per la musica contemporanea, come il CD RCA dedicato ad autori italiani e quello monografico
su Giacinto Scelsi (per l’etichetta francese INA); quest’ultimo ha ottenuto il “Diapason D’Or”. Tale interesse
verso la nuova musica lo ha portato a collaborare con grandi compositori, tra i quali Philippe Glass, Giya
Kancheli, Luciano Berio, Giacinto Scelsi, Michael Nyman, Franco Donatoni, Henri Pousseur, Graham
Fitkin.
www.federicomondelci.com
FORM – Orchestra Filarmonica Marchigiana
La FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana è una Istituzione Concertistica Orchestrale Italiana fra le
tredici riconosciute dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Essa affronta il repertorio sia lirico, sia sinfonico con notevole flessibilità e duttilità sul piano artisticointerpretativo, come rilevato da tutti gli interpreti e i direttori d’orchestra che con essa hanno collaborato.
Nel corso della sua attività, consistente principalmente nella realizzazione della Stagione Sinfonica in ambito
regionale e nella partecipazione alle più importanti manifestazioni a carattere lirico delle Marche, l’Orchestra
Filarmonica Marchigiana si è esibita con grandi interpreti come Gidon Kremer, Natalia Gutman, Vladimir
Ashkenazy, Ivo Pogorelich, Uto Ughi, Salvatore Accardo, Alexander Lonquich, Mario Brunello, avvalendosi
della guida di direttori di prestigio internazionale, quali Gustav Kuhn, Woldemar Nelsson, Donato Renzetti,
Andrea Battistoni, Hubert Soudant.
Collabora con gli Enti e le Associazioni concertistiche più prestigiose del territorio marchigiano, realizzando
anche circuiti di concerti destinati al pubblico scolastico.
L’Orchestra ha partecipato anche ad una serie di importanti eventi a carattere nazionale e internazionale, fra i
quali: Concerto di Fine Anno al Quirinale (2005); Concerto per la Vita e per la Pace – Roma, Betlemme,
Gerusalemme (2006); veglia e concerto serale per l’incontro di Papa Benedetto XVI con i giovani di tutto il
mondo a Loreto (1 settembre 2007); partecipazione con il chitarrista Giovanni Seneca al Festival
Internazionale di Izmir (Turchia) con il concerto “Serenata mediterranea” (luglio 2009), successivamente
riproposto, nel 2010, al Festival Internazionale di Hammamet; “Concerto in onore di Benedetto XVI”,
offerto al Pontefice dal Cardinale Domenico Bartolucci (31 agosto 2011); Concerto “De-Sidera” con
Giovanni Allevi e Diretta TV “Al centro della Vita” in occasione del Congresso Eucaristico Nazionale di
Ancona (4 e 10 settembre 2011).
Attualmente la FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana si avvale della direzione artistica del Maestro
Fabio Tiberi e dal 2015 della Direzione Principale del Maestro Hubert Soudant.
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ABBONAMENTI:
Concerto compreso nell’abbonamento alla Stagione 2015/2016 degli Amici della Musica
BIGLIETTI
INTERI: Platea € 35.00, I Galleria € 29.00, II Galleria € 18.00, III Galleria € 10.00, Palchi Laterali €
14.00.
RIDOTTI: Platea € 28.00, I Galleria € 23.00, II Galleria € 14.00.
(Riservato a: Palchettisti; Amici delle Muse; dipendenti di aziende sponsor; titolari Marche Teatro Card
e Opera Card; ARCI; UNITRE; studenti universitari; giovani da 19 a 26 anni; invalidi e disabili – un
biglietto omaggio per l’accompagnatore)
RIDOTTI EXTRA: € 6.00
(Gruppi di allievi di Scuole Medie Superiori; ragazzi da 15 a 19 anni, in II e III Galleria se non
accompagnati da un adulto pagante o in tutti i settori se accompagnati da un adulto pagante).
RIDOTTI SUPEREXTRA: € 4.00
(Gruppi di allievi di Scuole Medie Inferiori; bambini e ragazzi fino a 15 anni, in II e III Galleria se non
accompagnati da un adulto pagante o in tutti i settori se accompagnati da un adulto pagante).
Ingresso gratuito riservato a n. 20 studenti dell’Università Politecnica delle Marche: per ritirare il
biglietto gratuito, presentarsi muniti di libretto universitario presso la biglietteria del Teatro delle Muse
dalle ore 9.30 del giorno del concerto, fino ad esaurimento dei posti disponibili.
BIGLIETTERIA:
Tel. 071 52525 – Fax 071 52622
[email protected]
PER INFO:
Società Amici della Musica “Guido Michelli”
Via degli Aranci, 2
Tel. – fax: 071/2070119 (Lun. – ven. 9.30 – 17.00)
[email protected]
www.amicimusica.an.it