Scheda
MUSICBOX – Una dichiarazione d’amore al rock, la musica che fa muovere le gambe
“nonostante ogni amputazione”, come cantavano i Velvet
Underground. Un racconto a
volte ironico, a volte intriso di
malinconia, sulla musica e il
passare del tempo, su come il
rock possa salvare la vita di chi
è cresciuto “in una piccola città all’ombra delle Dolomiti”,
sulle sue infinite seduzioni e
sul suo kitsch. Un romanzo di
formazione i cui capitoli sono
altrettanti titoli di canzoni,
dai successi dei primi anni ‘70
ai giorni nostri. [...]
Marco Pontoni – È nato
a Bolzano nel 1965. Vive a
Trento, dove lavora come
giornalista all’ufficio stampa
della Provincia. Membro del
comitato scientifico dell’annuario di letteratura comparata “Comunicare” (ITC-Il
Mulino), ha pubblicato con
il fotografo Massimo Zarucco
il libro “Mozambico, l’orgoglio di un popolo” (Artmedia,
2005). Finalista al premio
Calvino edizione 1997, ha
pubblicato inoltre racconti su
riviste e antologie.
Marco Pontoni,
MUSICBOX
Curcu e Genovese,
Trento 2006
pp. 203, € 14,00
www.libritrentini.it
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SEGNALIAMO
il libro
LETTO DA…
…un giornalista pubblicista
“Rock come rivalsa verso il mondo degli adulti, come sogno di
libertà da spazi che a volte sembrano essere troppo angusti, come
colonna sonora che accompagna l’esistenza dello scrittore...”
Invidia. È un peccato capitale, ma
in fondo è solo rock’n roll e penso
allora che Marco non se la prenderà
a male. Salto da un capitolo all’altro, distrattamente: Boys don’t cry,
London calling. Rifletto: ho mancato l’appuntamento con l’epoca
aurea del rock per una manciata
di anni. E allora giù a leggere fitto,
ma mi accorgo presto che la scatola della musica contiene molto più
di note tintinnanti di mercurio, di
mostri sacri e folle in delirio. C’è
la vita dell’autore, cresciuto in una
piccola città di confine, circondata
dalle montagne. Uno scenario apparentemente chiuso in se stesso,
ma che in realtà restituisce passioni
e riflessioni amplificate. Rock come
rivalsa verso il mondo degli adulti, come sogno di libertà da spazi
che a volte sembrano essere troppo
angusti, come colonna sonora che
accompagna l’esistenza dello scrittore. Strofe di canzoni che si incastonano come perle di saggezza tra
amicizie, amori, difficoltà e scelte
difficili. Scopriamo che esistono
città fatte per il rock e altre no, ma
che tutte possono vivere almeno
un momento di magia fatto di note
musicali, perché l’assolo di una chitarra elettrica va oltre ogni confine.
I confini semmai sono nelle nostre
menti e allora è fondamentale ricordare, come fa il libro, che la percezione della bellezza emerge dalla
sofferenza, perfino nella musica,
non solo nella musica. Un invito
ai giovani d’oggi a mettersi in gioco, a rischiare, perché nella nostra
società occidentale mancano prove
di coraggio, quei riti di iniziazione
che in altre culture segnano il con-
fine tra l’adolescenza e l’età adulta.
Anche un semplice concerto sembra essersi tramutato in un’esperienza asettica, che profuma di
deodorante, un prodotto geneticamente modificato, confezionato a
nostro comodo uso e consumo da
una cultura standardizzata. Perfino
la droga, che un tempo era circondata da un alone di fascino esoterico, quando ad assumerla erano gli
artisti che cercavano un passaggio
segreto verso una percezione superiore, oggi è consumata dalla massa
semplicemente per tirare avanti. E
allora, qual è la strada da percorrere? Marco ci suggerisce di cercare di
fuggire, prima di tutto, dai modelli
espressivi preconfezionati e ricercare, perché no, anche attraverso la
musica, uno stimolo intellettuale.
Una ricerca che comunque va fatta
sempre con la massima umiltà, perché il rischio è quello di salire sopra
un piedistallo e da lassù perdere il
contatto con la realtà. Mentre c’è
anche il lato oscuro da osservare,
quello verso il quale la maggioranza delle persone volta lo sguardo facendo finta di niente. C’è la follia,
l’attrazione irresistibile verso l’autodistruzione. Aspetti che il rock ha
più volte esplorato, facendone terra
feconda per capolavori immortali e
che l’autore considera in due capitoli di particolare bellezza e profondità: The great rock’n roll swindle e
The raven.
Un romanzo tra l’illegalità e la legalità, tra la ragione e il sentimento,
tra la regola e la disobbedienza.
David Neri
Giornalista pubblicista – anno 1974
n.1 gennaio 2007
LETTO DA…
Le parole per dirlo
…un’insegnante
“Un approccio alla lettura pensando ai ragazzi, ai giovani che vivono quotidianamente emozioni forti, a volte anche ai limiti, in
una società che spesso risulta essere troppo stretta”
Un romanzo intenso, quello di
Marco Pontoni, che invita il lettore
a comprendere il valore ed il senso
di vivere la propria vita trasportati
da una passione forte, travolgente;
vivere intensamente, insieme alla
musica, la musica rock, che fedelmente accompagna l’autore fin
dalla sua infanzia.
Un romanzo che ho letto tutto
d’un fiato, sapendo benissimo di
conoscere poco o nulla della cultura rock e dei grandi gruppi citati nel
testo; ma condividendo con l’autore la capacità di vivere fino in fondo i vissuti delle proprie esperienze
e l’arcobaleno di emozioni che ne
consegue, senza troppe riserve, lasciandosi, quando è possibile, un
po’ di razionalità alle spalle.
Il romanzo è sicuramente un elogio ai grandi della musica rock dai
primi anni ’70 ad oggi, personalmente però ho colto tra le righe
importanti spunti di riflessione che
potrebbero interessare i giovani di
oggi ed il modo, sempre unico e
particolare, in cui affrontano le
loro “passioni”. Molti infatti gli intrecci di aneddoti, descritti dall’autore con semplicità e schiettezza,
ed episodi personali, un inseguirsi di emozioni e pensieri. Pontoni
non nasconde le sue idee, il suo
modo di affrontare le cose, molti
i temi trattati approfittando dei
diversi racconti, gli episodi inoltre
permettono di ripercorrere, da un
punto di vista anche insolito, la
storia e gli eventi degli ultimi decenni.
Un approccio alla lettura pensando ai ragazzi, ai giovani che vivono
quotidianamente emozioni forti, a
volte anche ai limiti, in una società che spesso risulta essere troppo
stretta. Un romanzo che i ragazzi
leggerebbero dapprima curiosi,
perché la musica è ancora una parte importante del loro essere, e poi
n.1 gennaio 2007
probabilmente coinvolti nel giocare a scoprire un po’ dei loro stati
d’animo. Leggere questo testo è un
modo per entrare in empatia con
gli studenti, il messaggio è chiaro,
cerchiamo di parlare di voi, della
vostra vita, delle vostre passioni,
dei vostri sogni. L’autore è capace
di rendere il suo scritto molto forte,
di aprire tante piste di riflessioni diverse, le tematiche vengono affrontate, raccontate, senza un giudizio
finale ma lasciando al lettore la
possibilità di interpretare lo scritto,
farlo proprio, condividerne alcuni
aspetti. Quanti ragazzi si ricordano
un episodio, un aneddoto, come
scrive anche l’autore, della propria
infanzia, dei propri amici?
E quindi le passioni che muovono
le loro giornate, per l’autore divise
tra lo studio e il rock, i primi amori, le sensazioni forti, il disorientamento. Quanto siamo capaci di
seguire il nostro istinto? Quanto vi
è di magico nel coltivare un sogno,
un’idea?
Il fascino di assistere ad un concerto, – le sensazioni descritte sono
universali e senza tempo oppure
oggi molte cose sono cambiate? gli
amori, i primi sguardi, gli imbarazzi, i viaggi, la libertà di essere, le sfide con il mondo degli adulti, e ancora la percezione di sé, i conflitti
della crescita, ma anche, tematiche
come il diventare genitore.
Nel romanzo vi sono accenni alla
nostra storia, le denunce sociali,
le guerre, gli attacchi terroristici,
la globalizzazione e gli equilibri
internazionali. Temi importanti
che affiorano tra le righe lasciando
spazio alle interpretazioni, diverse,
appassionate, che possono essere
l’inizio di possibili percorsi di discussione.
[…]
Io intravedevo nel rock una via
di fuga dagli standard espressivi che mi circondavano. Prima di tutto, l’ammetto, uno
stimolo intellettuale. Quello
che stava succedendo sul palco
era, sotto ogni punto di vista,
modesto.
Ma ci sono volte in cui uno
semplicemente rifiuta di lasciarsi deludere. Ed è questa
l’origine delle fascinazioni collettive. Da un lato abbiamo
la pressione del gruppo, la psicologia delle folle. Dall’altro
questioni più personali, questioni legate al fatto che si vuol
ficcare a forza la propria vita
(la vita così com’è, con la città
di provincia, i programmi in
televisione con Corrado Pani e
Loretta Goggi, le domeniche di
pioggia, le mattine del lunedì)
dentro al sacco con su scritto:
”sogni”. Lo scrisse Valeria sulla
sua panchina, avrei letto quelle parole qualche tempo dopo:
”Dicono che non si deve credere ai sogni e alle illusioni. Ma
allora come vivi?”. “
La mia illusione era più innocua di quella dei tanti rivoluzionari - o controrivoluzionari
- che si davano battaglia per le
strade d’Italia. Sono stato fortunato. Altrimenti, oggi, non
mi assolverei così facilmente
come fanno certi ex-pistoleri,
mi sarei cavato gli occhi alla
maniera di Edipo quando scoprì di avere ascannato il padre ed essersi portato a letto la
madre (quello che immaginava di fare anche ‘the killer’, il
protagonista della canzone dei
Doors The End, uno dei vertici
insuperati del rock). […]
Monica Antoniolli
Insegnante – anno 1973
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