TheShipMagazine 1 SOMMARIO SOMMARIO EDITORIALE 3. UGOLINO la nascita del rock italiano Il primo numero cartaceo della rivista musicale The Ship Magazine ha come scopo quello nei pensieri di un artista “scomodo”. di rivivere tutte le emozioni che nel passare 4. ENRICO MARIA PAPES lo storico degli anni la storia della musica rock italiabatterista ci dona una testimonianza na ci ha regalato, rivivendo quelle che sono state le influenze e i movimenti musicali che dell’era beat.... hanno permesso al rock nostrano di segnare 6. ETTORE VIGO 50 anni di rock italia- l’intero panorama musicale. Questo percorso vedrà la luce attraverso le parole ed i pensieri no visti dal tastierista dei Delirium. degli artisti che sono stati i veri protagonisti 7. ALDO TAGLIAPIETRA esplora le ra- di questi ultimi 50 anni di rock, segnando prodici del rock, aspettando l’uscita del fondamente diverse generazioni, attraverso la loro musica ed i loro testi, e influenzando i cofanetto live delle Orme. pensieri, le speranze e le illusioni di migliaia 8. DIEGO GALERI il rock degli anni ‘90 di ragazzi. Forse per la prima volta su carta è segnato da una band di nome Timo- stampata, un vero e proprio esperimento in ria. cui non vi saranno articoli di giornalisti e criti- ci, ma solo dei racconti in prima persona scrit- 9. PINO SCOTTO ci regala le sue opi- ti ciascuno con il proprio personale stile, da nioni sul rock italiano. parte di chi quegli anni li ha vissuti in pieno; testimonianze di chi ha saputo portare il rock 11. BETTY VEZZANI la cantante dei italiano in pasto ad un pubblico più ampio, Modena City Ramblers si racconta ai personaggi che noi dovremmo solo ringrazianostri lettori. re per tutte le emozioni che ci hanno regalato. Direttore Jacopo Aloisi Condirettore Antonio Leoncini Redazione Maurizio Di Battista Gianni Di Sante Armando Di Sabatino Sito Internet www.theshipmagazine.com E-mail [email protected] Impaginazione e Grafica >Sara Odoardi [email protected] >Graphic In Progress graphic_in [email protected] Stampa Tipografia Rosetana Editore Associazione Eidos 2 TheShipMagazine Con la speranza di aver fatto un buon lavoro, li ringraziamo per la splendida collaborazione e vi lasciamo con la promessa di migliorare ed ampliare questa nuova proposta, rendendola sempre più interessante e ricca di contenuti. Jacopo Aloisi e Antonio Leoncini. GLI ANNI DEL ROCK di Guido Lamberti (Ugolino) Il cielo di Roma è più basso di quello di Genova. Riflettevo guardando una nuvola rossa specchiarsi al tramonto. “Stai attento al pallone!” – Era Lucio un po’ urtato con me. Gianni segnava una rete e la squadra non nostra vinceva. La sede della R.C.A. sembrava qualcosa un po’ simile a un lager. Non brutta, anzi, con palazzine pulite e giardini curati, ma il concetto era uguale; con guardiani alle porte, tesserini firmati ai cancelli o una mensa per tutti. Di un ragazzo appena arrivato da Genova era stata la prima impressione. Infatti sembrava il piazzale che l’ora d’aria si giocava al pallone. Gli echi del rock però si sentivano in ogni viale filtrate dai muri: la musica sopra le voci riempiva i pensieri. Ma io com’ero finito lì dentro? Uno dei capi, Roberto Davini, mi aveva chiamato che io al lavoro servivo al bancone. Dovevo firmare un contratto di almeno tre anni più due. “Domani l’aereo e le spese sono tutte pagate. Il disco” – diceva – “a tutti è piaciuto”. Mi sembravo volato nel sogno e la sera a incidere un coro, coinvolto da Lucio (Dalla) e da Gianni (Morandi) per la nuova colonna sonora di Ennio Morricone o forse era un altro. Che anni di folle euforia la fine degli anni sessanta! Sembrava più facile un sogno che dipingere in terra una biglia. A Milano incidevo con Detto Mariano. Suonavano “I Quelli” che poi sarebbero stati la P.F.M. (Mussida, Di Cioccio, con gli altri) non li vedo da anni, però quanto affetto conservo per loro! Ricordo che mentre cantavo era entrato Maurizio Vandelli e Mariano rideva, rideva a vedergli la faccia e diceva di me che ero un Alieno, e Vandelli mi chiese umilmente se poteva suonare per me in un brano. Non l’ho mai ringraziato, lo faccio quarant’anni in ritardo. Galleria del Corso a Milano era viva come un mercato. Si esponevano idee. E pas- sava Battisti, Teocoli, Adriano col Clan, Al Bano e Romina, la Formula Tre, Cuore Matto, e Azzurro, Rose Rosse per te, la Caselli e poi Mina, e Sorrisi e Canzoni, e Mogol. Ho assistito al primo provino di Ron che tremava i suoi quindici anni, ho visto arrivare gli occhiali di Claudio Baglioni e cantare in modo divino, ho saputo del lancio di Nada ancor prima di lei e Arbore e Boncompagni sono saliti sul palco a darmi la mano. I 45 giri giravano di festa in festa, gli L.P. cominciavano a fare raccolta. I ragazzi cercavano nel Rock un nuovo respiro o ogni nota inventava un suo gesto. Nel mio Cantagiro la folla impazzita aspettava chilometri e ore l’arrivo di Mal e l’urlo la sera arrivava a salutare anche le stelle. In tutto quel ribollire io cercavo un mondo da rifare e le regole del successo inseguivano me per adularmi e poi, magari, cambiarmi. Ma amo pensare che anche la mia resistenza è stata in quegli anni un magnifico brano di rock. » AUTOMOTIVE INTERIOR SYSTEMS Zona Industriale S. Nicolò a Tordino - 64100 TERAMO - Italy Tel. 39 0861 2070 - Fax 39 0861 2070 424 [email protected] www.industrialesud.com R Pizzeria Forno a legna - Ristorante Lungomare Trieste - tel. 085 8930371 Roseto degli Abruzzi TheShipMagazine 3 Tema: origini del rock italiano di Enrico Maria Papes Cari amici, iniziamo col dire che la mia av ve n t u ra come batterista non inizia con il Rock e tanto meno con il Beat ma bensì con il Rock’n’roll di fine anni ’50. I nostri idoli? Fats Domino, Bill Haley, Chuck Berry, Bo Diddley, Little Ricard, Jerry Lee Lewis, Gene Vincent, Eddie Cochran, Elvis Presley e tanti altri pazzi scatenati! Poi arrivarono i “Complessi” e tra quelli che più ci influenzarono ci furono “The Shadows”, con le prime Fender, e “The Camps” con il loro Sax. Periodi irripetibili....iniziarono i grandi sogni.... i giovani cominciavano a contare qualcosa.... Oggi i cambiamenti musicali e di costume cambiano nei decenni (quando cambiano), allora nell’arco di due o tre anni cambiava il mondo! Inizio la mia avventura professionale nel ‘61, anche se penso che per come si suonava a quei tempi di “professionale” c’era davvero poco, con un pazzo scatenato di nome “Clem Sacco”. Il gruppo di cui facevo parte si chiamava “I Califfi di Clem Sacco”. Clem canta canzoni come: “O mama 4 TheShipMagazine voglio l’uovo alla coque”, “Succhiami la vena varicosa”, “Papà,voglio un quarto di leone”,ecc. Al teatro Smeraldo di Milano Clem si esibisce a torso nudo, mutande leopardate, scarpe da tennis e mentre canta “L’uovo alla coque” tira sul pubblico uova crude. Il giorno dopo, dietro invito del direttore del teatro, si ferma al baretto vicino al teatro e fa cuocere alla coque le uova. Nel ’63 entro nel gruppo di “Guidone”, un cantante del Clan Celentano, il gruppo si chiama “Guidone e i suoi amici”. Guidone, malgrado la sua mole di circa 120 Kg, salta sul palco come una gazzella. In questa formazione in seguito si inseriscono Mino Di Martino e Checco Marsella, due futuri componenti i Giganti. Nel ’64 nascono i Giganti con l’inserimento di Sergio Di Martino, fratello di Mino. Nel frattempo era esploso il fenomeno “Beatles” ma devo dire che, per quanto li apprezzassimo, noi andavamo per la nostra strada. In quel periodo frequentiamo “Ghigo Agosti”, quello di “Coccinella”, e nasce una collaborazione che ci portò a fare serate insieme. Storico il periodo del “Santa Tecla” a Milano. Irripetibile!!!! Iniziamo a registrare i primi dischi alternando brani di nostra composizione a cover stando attenti a scegliere brani che non siano già di successo, il primo 45 giri sarà composto da un nostro brano e un brano degli “Everly Brothers”. Credo che tutta la nostra generazione che si buttava in musica fosse assolutamente sprovveduta, non si pensava al denaro ma solo a realizzare i propri sogni. (Penso che oggi sia esattamente il contrario!) Di norma le prove si facevano negli oratori, quando c’era un prete di larghe vedute, o nelle sedi del PCI (Don Camillo e Peppone!!). Incoscienti....si viveva un sogno....e ci si credeva. Sempre nel ’64, in pieno periodo di “guerra fredda” dove le grandi potenze gareggiavano in armamenti nucleari e dove si viveva la grande paura della bomba atomica, scrivemmo appunto “La bomba atomica” che uscì poi nel ’66 come retro di “Tema”. E pensare che all’inizio puntavamo come facciata A su “La bomba atomica” ma poi presentammo “Tema” nel ’66 al “Disco per l’estate” e fu un’esplosione. Vendemmo circa un milione di copie e per la prima volta in Italia un “Complesso” arrivò in testa alle classifiche. La TV, praticamente solo un canale, che fino ad allora aveva snobbato i complessi fu costretta ad aprire le porte a questo nuovo fenomeno. Per la chiarezza, definire i Giganti un gruppo Beat credo non sia esatto e forse anche limitativo e teniamo poi conto che in Italia per la gran parte delle persone il “Beat” era considerato un genere musicale o un modo di vestire, non gli si dava certo il valore originario della “Beat generation”. Diciamo pure che i Giganti sono stati “anche” Beat. Era anche il periodo della guerra in Vietnam (ma è mai esistito un periodo in cui non ci fossero guerre?!!) e nel ’66 scrivemmo “Proposta”, meglio ricordata come “Mettete dei fiori nei vostri cannoni” e la presentammo a Sanremo del ’67 piazzandoci terzi, ma primi come vendite di dischi. Questo slogan viene usato ancora oggi alle manifestazioni per la pace. Va bene, per ora finisco qui.....la storia sarebbe ancora lunga.....magari la prossima volta..... Ma ricordiamo, erano periodi in cui si aveva molto, ma molto meno ma si era molto, ma molto più felici!Un abbraccio a tutti. » MATERIALI PER RISCALDAMENTO E SANITARI Tel. 085 8004519 - 8008503 Via Metauro, 7 Tel. 085 8930502 - 8930528 TheShipMagazine 5 Il Rock E I Delirium di Ettore Vigo La mia prima v e r a esperienza musicale, 1962, il mio primo gruppo( I Delfini) da notare il repertorio, Peppino di Capri, Renato Carosone, Los Marcellos Ferial, per poi passare a Sergio Endrigo(mio cavallo di battaglia :io che amo solo te!) Bruno Martino, Fred Buongusto, molto adatti per i locali notturni Negli anni della “canzonetta”, cominciava a farsi largo un certo genere chiamato Beat, tra gli urlatori come Joe Sentieri, Tony Dallara...ecc... Cantanti come Rita Pavone ,Caterina Caselli ,Gianni Morandi...ecc...tutti inevitabilmente influenzati dalla forza musicale proveniente dalle culture Americane e anglosassoni, dal grande successo dei mitici Beatles e Rolling Stones nacquero molti gruppi anche in Italia, es. DikDik, Camaleonti, Equipe 84, quasi tutti inizialmente come “coveristi” per necessità di marcheting,per poi azzardare qualche brano inedito con notevole successo. Un gruppo da ricordare per il personale uso delle voci : i Giganti (Enrico Maria Papes). Verso la metà degli anni 60 arrivarono frotte di gruppi dalla GranBretagna , The Rocks, I Renegades, the Primitives.(Mal). Fine anni 60,i grandi festival pop come l’isola di Wight e Woodstock, contagiarono il mondo intero, anche in Italia i gruppi nascevano come funghi, ricordare i nomi di tutti i gruppi che operavano nelle cantine genovesi è praticamente impossibile, ne nomino qualcuno per riallacciarmi alla storia Sagittari, i Jet , Trolls, Plep,Latte e Miele Bats, da questi ultimi si staccarono Nico DiPalo (entrato nei Trolls ora New Trolls) e Pino DiSanto nei Sagittari ora Delirium. Nel 1969 io e il mio gruppo, decidemmo di inserire un nuovo elemento, sentito durante una jem session in un locale , questo elemento si chiamava Ivano Fossati, il suono del flauto ci portò ad un repertorio Jethro Tull , Joe Coker, king Crimson, Vanilla Fudge... inizia il cammino verso il rock, rock progressivo, cambio di genere, cambio di nome, nascono i Delirium. La promozione della Fonit prevedeva la partecipazione ai vari festival pop come: Viareggio, Palermo, ecc....... Ecco i grandi gruppi “prog” emergono: Banco DMS, Premiata FM. Orme. The Trip. Il Balletto di bronzo. Area. ecc.... Un piccolo aneddoto su Palermo, poco prima di salire sul palco a metà serata ci fu un tentativo di invasione del palco da parte del pubblico, la polizia si trovò in difficoltà, salimmo lo stesso e sentendo Canto di Osanna gli agitati si calmarono e cominciarono a cantare con noi, per gli organizzatori fummo gli “eroi” della serata. Da Palermo a SanRemo, idea di andare al festival fu della Cetra(ora che ricordo non era ancora Fonit),accettammo con riluttanza, poi l’idea di rivoluzionare i canoni classici del festival ci stimolò. La partecipazione al festival servì per farci conoscere a livello internazionale...al ritorno dal festival il Direttore ci convocò nel suo ufficio e per ringraziarci ci regalò...una bella scatola di Gianduiotti...urraaaa, scherzi a parte, andare a Sanremo fu la scelta giusta. Negli anni ottanta il “genere” progressive diventa sempre più di nicchia.... in Italia, soltanto i cultori di tale genere continuano a seguirne l’evoluzione, intanto commercialmente veniamo invasi dalla disco music, evoluzione del rock...forse. Quasi 20 anni di buio , nei quali resistevano con caparbietà, soltanto pochi , es.: PFM, Banco, Orme e pochi altri. Nel 2003 Pino Di Santo mi ha contattato per riformare ancora i Delirium con Martin Grice. Visto il feeling che c’era stato con Martin ho accettato con entusiasmo e come volevasi dimostrare stanno nascendo delle cose interessanti “musicalmente parlando”. Con i nuovi arrivati Roberto Solinas chitarra e Fabio Chighini basso l’armonia è completa . Il resto è storia recente.... » Nascita del progressive di Aldo Tagliapietra Parlare della situazione musicale Italiana degli anni 70, vuol dire fare un salto nella “preistoria” della musica rock. La musica che andava per la maggiore era quella del pop americano: Paul Anka, Neil Sedaka, Bobby Darin, Elvis, ecc... I giovani degli anni 60 ascoltavano tutto ciò che veniva dall’America mentre i loro genitori ascoltavano Nilla Pizzi, Achille Togliani, Natalino otto, ecc.. Quelli che più tardi hanno dato una svolta importante alla musica, sono stati i Beatles e i Rolling Stones e tutto il movimento del Beat inglese. Ma fu nel 70 che nacque il Progressive in Italia. Noi Orme avevamo già sentito aria di Progressive, ma avevamo bisogno di una conferma. Abbiamo preso un pulmino a noleggio e siamo partiti per l’isola di Wight per andare a seguire il Festival omonimo. Fu l’esperienza più importante della nostra carriera. Abbiamo sentito tutti i più grandi nomi dell’epoca: Jimmy Hendrix, i Doors, i Taste, i Jethro Tull, gli Who e tanti tanti altri. Al nostro ritorno cominciammo a lavorare su un nuovo disco che poi si sarebbe chiamato COLLAGE. Fu un grande successo e l’anno dopo la Polygram ci fece fare un’altro disco: UOMO DI PEZZA; quell’anno ci dettero il nostro primo Disco d’oro. L’anno successivo registrammo FELONA E SORONA con il quale prendemmo il nostro secondo Disco d’oro. In quegli anni l’Italia era, dopo l’Inghilterra, il paese più all’avanguardia sul genere Progressivo e ancor oggi siamo molto stimati all’estero proprio per questo. L’Italia scoprì i Genesis, i Van der graaf generetor, i Gentle Giants, prima della loro Inghilterra. In quel periodo i dischi che vendevano di più erano quelli “non commerciali”. Nei programmatori radio e nei giornali c’era il gusto di cercare le cose nuove ed originali. La trasmissione radio più seguita era Per voi giovani condotta da Carlo Massarini. Fu la trasmissione che ci lanciò. Oggi che tutto è omologato, che tutto è commercio, è difficile capire che 30 anni fa le cose erano esattamente all’opposto. La musica di quegli anni ha aiutato molto le radio cosidette “libere”, ma oggi purtroppo quelle radio non si ricordano più di quella musica. Nel 75 siamo andati a registrare a Los Angeles, l’anno dopo a Londra e poi a Parigi. Avevamo imparato tutto quello che c’era da imparare nella registrazione. Quando decidemmo di fare il nuovo disco, per “reazione” lo facemmo in casa. Si trattava di FLORIAN ed eravamo alla fine degli anni 70, mentre la disco music cominciava ad invadere il pianeta. Gli anni 80 sono stati anni bui per il nostro genere e molti gruppi sono spariti. Noi siamo stati fortunati e ci riteniamo dei sopravissuti. La ripresa ebbe inizio a metà anni 90 e oggi siamo molto soddisfatti di come stando andando le cose. E’ appena uscito un nostro DVD di un concerto fatto a Bethlemm ( Philadelphya ) e abbiamo molti concerti da fare durante l’estate. Venite a sentirci. » TheShipMagazine 7 IL PALCO? Di Diego Galeri Partire da Brescia alle 6.00 del mattino, stipati in un vecchio Ducato bianco di quinta mano, carico di strumenti, vivande, audiocassette e riviste di ogni tipo... fermarsi durante il viaggio più volte per evitare il surriscaldamento del motore, espletare le funzioni corporali primarie e acquistare stronzate in autogrill...arrivare al luogo del concerto alle 18.00 e constatare che il posto è una piazza sul mare di uno dei tanti splendidi paesi della costa pugliese, che fa un caldo terribile ma c’è una gradevole brezza e soprattutto che la piazza è deserta... non c’è nemmeno il palco...solo lo scheletro senza le assi...chiamare (da una cabina!!!) l’agenzia a Milano e chiedere delucidazio ni...”Tranquilli il concerto è lì e si fa, recuperiamo il responsabile e lo facciamo venire da voi, aspettate al palco..!”....aspettare al palco significa aspettare un’ora e, nel frattempo, fare un bagno...sei ragazzi della pianura lombarda (noi cinque più il fonico, prima amico che fonico), bianchi come borotalco, i più in mutande, approcciano il mare del sud...l’interminabile viaggio sta già regalando le prime soddisfazioni... L’ora è passata e il sale crea problemi di prurito sulla pelle... l’organizzatore, o presunto tale, arriva...si presenta e dice che dobbiamo andare in tre al paese adiacente a prendere le assi del palco che sono servite la sera prima per una sfilata in discoteca...detto fatto ma bisgona tornare alla disco8 TheShipMagazine teca un’altra volta con un mezzo più capiente perché nel nostro furgone “non ci stanno”...”ci stanno vi dico”...”no non ci stanno abbiamo provato”....”torniamo alla discoteca, vedrete che ci stanno, le ho viste io ieri, stanno la”....risolvere le incomprensioni dovute al diverso utilizzo dei vocaboli nei rispettivi idiomi... finalmente trasportare le assi a destinazione...nel frattempo, con calma, arriva il service che, vista la situazione, sfasa ulteriormente il proprio sincro con il mondo...ore 10, il palco e il PA sono funzonanti e a disposizione ...montare gli strumenti e fare un breve soundcheck...tutto ok... mancano 5 minuti all’inizio del concerto...scendere dal palco...saltare la cena a piè pari...risalire sul palco dopo i 5 minuti a disposizione e iniziare il concerto...ci conoscono in pochi ma quei pochi fanno un gran casino... e siamo contenti...a più di mille chilometri da casa... a suonare...la nostra musica...non ci si può credere! Finire il concerto e smontare gli strumenti ...caricare il furgone e ritornare a casa... a casa?...si a casa..si sape- va, era previsto, niente alloggio...c’era una cena ma non c’è stato tempo...beh, poco importa il concerto è andato bene..siamo sempre contenti...a Brescia nessuna band fa queste cose...orgogliosi e un po’ altezzosi... arrivare a casa la mattina (tarda) del giorno dopo... cercando di sopravvivere al traffico della gente “che lavora per davvero”, al caldo umido della nostra città e alla proposta di qualcuno di fermarsi al “babyK” per un caffè ...raggiungere in uno stato pietoso la propria abitazione, la propria camera da letto e appunto il letto...poche mosse decise... buio...sono... Era l’89, i Timoria sbarcavano per la prima volta al sud, con un ep all’attivo e già parecchi concerti fatti ma solo in Lombardia e dintorni...questo breve racconto dal gusto un po’ nostalgico racconta di un periodo incredibile in cui nessuno di noi sapeva esattamente quello che stava succedendo se non che la nostra musica iniziava a piacere a molti e le cose stavano prendendo la piega giusta...tutto il resto era nuovo, inesplorato, inedito e in alcuni casi proprio da inventare...ma l’entusiasmo e la passione cieca ci hanno guidato allora come oggi.... oggi anche se molte cose sono cambiate... prima di tutto le persone con cui condivido la musica (allora i Timoria oggi i Miura), poi il music business, internet, i media ( fa paura la buia voragine culturale in cui ci stanno facendo precipitare!!), le vicende personali, drammatiche in alcuni casi e spledide in altri... ma la musica per fortuna resta... ed è la più solida certezza.» www.miuramusic.com Discografia: Timoria Macchine e Dollari (Polydor) 1989 Colori che Esplodono (Polydor)1990 Ritmo e Dolore (Polydor) 1991 Storie per Vivere (Polydor) 1992 Viaggio Senza Vento (Polydor) 1993 2020 Speedball (Polydor) 1995 Etabeta (Polydor) 1997 Senza Tempo-10anni (Polydor) 1998 1999 (Polydor) 1999 El Topo Grand Hotel (Polydor) 2001 Un Aldo Qualunque sul Treno Magico (Polydor) 2002 Live-Generazione Senza Vento (Polydor) 2003 Miura In Testa (Volume/edel) 2005 Croci (Target/Prismopaco) 2008 Intervista a Pino Scotto Pino Scotto rappresenta sicuramente un pezzo importante della storia del rock nazionale. Partiamo dalle tue origini, cosa significava per te fare rock? Come si è visti da parte del pubblico e della critica? Questa mia esigenza è nata a 17 quando per fare musica sono scappato a Napoli per fare musica in una grande città. L’esigenza è nata ascoltando musicisti come Muddy Waters, Jerry Lee Lewis Rolling Stones, Beatles etc. anche se poi col passare del tempo mi sono reso conto che questa scelta mi avrebbe portato ad attraversare un percorso molto difficile in questo paese. Invece da parte dei pubblico e critica ho sempre avuto giudizi positivi. Cosa pensi della storia del rock italiano? Qualcosa da invidiare ad altri paesi? Negli anni 70 l’Italia ha prodotto band importanti come P.F.M., Banco del Mutuo Soccorso, New Trolls etc. gruppi che non avevano niente da invidiare alla scena internazionale, poi purtroppo col passare degli anni e con l’arrivo della disco music questo fenomeno si è andato un po’ diradando ritornando poi alla grande negli anni ‘80 e anche da allora l’Italia sia per quanto riguarda il blues che il jazz e metal non ha assolutamente niente da invidiare ai migliori gruppi stranieri, anche se purtroppo per questi generi nel nostro paese è sempre mancato l’appoggio delle major e degli addetti ai lavori. Quali sono state, a tuo avviso, la band che hanno segnato il rock nazionale e quali invece sono state fondamentali per la tua evoluzione? Per quanto riguarda le band italiane, le ho citate prima, invece come band internazionali sicuramente Led Zeppelin, Deep Purple e Black Sabbath. TheShipMagazine 9 Cosa ti da la forza di continuare a scatenare il pubblico con i tuoi concerti? La passione...l’amore sviscerato per la musica che mi ha salvato la vita e mi ha dato la forza di affrontare questa società che non regala niente a nessuno e ancora oggi questo mio sogno continua a darmi grosse emozioni e questa cosa la sto toccando con mano nel tour che sto facendo, dove vedo grande riscontro di pubblico e grande energia da parte della band che mi accompagna. Qual è il tuo pensiero sul rock italiano moderno? Quali le differenze essenziali con quello degli anni 80? La differenza fra i musicisti che calcavano le scene negli anni ‘80 e le nuove generazioni di oggi è che questi ragazzi sono molto più preparati tecnicamente perché oggi ci sono molte più scuole, anche se poi a volte nel loro modo di suonare si sente la mancanza del cuore.. ragazzi che invece di iniziare dal blues cominciano subito con musicisti con Malmsteen, Steve Vai senza parlare poi dei vari black metal, death metal etc. Ti ringraziamo per la gentilezza e disponibilità. Hai qualcosa da dire ai nostri lettori o vuoi lasciare un saluto? A te la battuta finale. Ringrazio voi e per quanto riguarda i lettori il mio messaggio è sempre lo stesso: supportate le band e i musicisti italiani perché non hanno niente da invidiare a nessuno e poi non smettete mai di sognare! Long live rock n roll! » 10 TheShipMagazine BETTY DEI MODENA CITY RAMBLERS INTERVISTA BETTY foto: Alessandro Pozzi Come sei arrivata sui palcoscenici importanti e in che modo ti ha segnato questa esperienza? Io e i componenti dei Modena ci conoscevamo già musicalmente. Direi che le nostre strade si sono incrociate in modo abbastanza naturale. Sono arrivata un po’ all’improvviso su palcoscenici importanti e non più giovanissima, e questa cosa è stata sicuramente una bellissima sorpresa, per me. Il salto è stato davvero notevole! Appena entrata nella band ci siamo chiusi in sala prove per poter imparare e riarrangiare in chiave live i brani da inserire in scaletta. Poi, partiti a Marzo col tour, dopo pochissimo tempo, ero già in piazza San Giovanni a Roma per il concerto del Primo Maggio davanti a centinaia di migliaia di persone! Abbiamo avuto inoltre due lunghi periodi di registrazione in studio e ciò mi ha permesso, tra l’altro, di vivere a 360 gradi il lavoro di cantante. Siamo stati molto impegnati in attività promozionali con interviste, show-case, partecipazioni televisive a trasmissioni musicali, concerti di beneficenza ecc.. Insomma, ho vissuto il tutto in modo abbastanza totalizzante, il tempo mi è letteralmente volato. Ero “dentro alla ruota” e non ho fatto nemmeno in tempo a fermarmi un attimo per rendermi conto che questa esperienza stava succedendo proprio a me! Cantare è una cosa che avrei da sempre voluto fare a livello professionale...Farlo poi con un gruppo come i Modena City Ramblers che coniugano momenti di divertimento ad altri di riflessione e testimonianza, è un’esperienza che gratifica e di cui sento l’enorme importanza. Un gruppo collaudato come i Modena City Ramblers come ha vissuto l’arrivo di una voce femminile? Credo che la scelta di una voce femminile da parte del gruppo sia stata fortemente desiderata. Per questo abbiamo leggermente riveduto certe versioni di alcuni brani, adattandole alla mia voce e in vista di un approccio tutto “al femminile”. Ho cercato, insomma, di appropriarmene al meglio. In quanto donna vengo più volentieri identificata, da parte del gruppo, come voce per interpretare ballate, o brani lenti, dolci e malinconici (prettamente femminili, insomma, per certa tradizione). Può sembrare un po’ stereotipata come associazione, ma, del resto è un ruolo che mi sta bene, dato che va contestualizzato all’interno di un gruppo completamente maschile, in cui, dopo tanto tempo, forse, si avvertiva la necessità di una figura femminile per determinati motivi.. Penso infatti alla nuova possibilità di poter dar voce a quei sentimenti ed emozioni maggiormente legati all’universo femminile, o a quei brani in cui vengono espresse le dure condizioni di lavoro e di resistenza delle donne del presente e del passato. TheShipMagazine 11 Come sei arrivata alla musica irlandese? Il fascino per questa musica è nato in primo luogo da viaggi fatti in Irlanda, ascoltando direttamente la loro musica tradizionale nei pub o in festival. Il divertimento, certo, ma anche le “songs” tristi, intense o “arrabbiate” sulle dure condizioni sociali e politiche del popolo Irlandese per secoli oppresso dal suo “eterno nemico”, l’Inghilterra. In secondo luogo è stata una sorta di “percorso di formazione”. Percepivo che la mia voce stava apprendendo una cultura altra, una modalità diversa di canto, parallelamente all’acquisizione della storia piuttosto “dannata” di un popolo che ha creato e diffuso molti dei suoi canti in nome di una “resistenza culturale e umana”. Da qui il passo verso l’accostamento (pur con le debite differenze, ovviamente) ai canti resistenziali e di lotta italiani è stato breve. Il lavoro fatto da me e Luca Giacometti (bouzoukista/mandolinista dei MCR che purtroppo non è più tra noi a causa di un incidente), col quale avevo formato il duo Beyond the wire, è stato quello di prendere in mano e di arrangiare un po’, seguendo il nostro gusto, alcuni di questi canti tradizionali. E’ sempre stata la tua passione, la musica irlandese? Quali gruppi hanno segnato la tua formazione musicale? Io ho sempre comunque ascoltato e apprezzato più generi musicali contemporaneamente. Rock, folk, avanguardia, classica, etnica...Ogni genere ha le sue perle indiscutibili e fondamentali. Per quanto riguarda i gruppi italiani, nella mia formazione musicale ho amato i C.S.I., De Andrè, Cristina Donà, Ustmamo’, Mau Mau, La piva dal carnèr, e tanti altri. Grande importanza ha avuto poi Giovanna Marini (etnomusicologa) che ha lavorato sul canto popolare italiano sociale, politico e di Resistenza. Uscendo dall’Italia, i Clash, Patty Smith, Sinead O’Connor, Michelle Shocked, R.E.M., Jeff e Tim Buckley, Nick Drake, il folk sperimentale di Amy Denio, i Velvet Underground, Laurie Anderson, Mano Negra, Négresses vertes, Sonic Youth, Rage against the machine, Bjork, Any Di Franco, Nusrat Fateh Ali Khan, Waterboys, Pogues, The Bothy Band, i canti e le sonorità balcaniche (Goran Bregovich), la musica kletzmer (Hana Roth, Moni Ovadia) e tanta musica popolare di altri paesi e regioni del mondo. » 12 TheShipMagazine