38 — l’altra musica Non solo musica «demenziale» I vent’anni di Elio e le Storie Tese di Tommaso Gastaldi Q Elio e le Storie Tese è difficile superare il pregiudizio legato al fatto che la loro musica, oltreché a essere di ottima fattura, è anche comica. Fanno ridere, sono dissacranti, sarcastici e a volte testi espliciti mettono in secondo piano ciò che meglio sanno fare e cioè, suonare. Il genere «demenziale» nasce alla fine degli anni settanta grazie a una definizione di Roberto Freak Antoni che con i suoi Skiantos inaugura una stagione di creatività comico-musicale che con l’arrivo degli EELST segnerà un ulteriore salto in avanti. Perché se è lecito che qualche ascoltatore possa sentirsi offeso e imbarazzato dai temi e dal linguaggio delle loro canzoni, è d’altro canto impossibile negare che ogni singolo membro del gruppo non sia un musicista di altissimo livello: Rocco Tanica, il tastierista, ha suonato e composto una parte del capolavoro di Fabrizio De Andrè «Le Nuvole», ha partecipato alla scrittura di «Perdere l’amore» di Massimo Ranieri e ha collaborato con molti musicisti italiani e internazionali. Il bassista Faso è uno dei migliori interpreti di questo strumento re che inaugurano una tradizione che ritroviamo anche motivo per cui anche Mina lo ha scelto per le registrazionei dischi successivi. Riescono anche a espugnare il Fene dei brani del suo album Bau del 2006. L’italo-svizzestival di Sanremo nel 1996 piazzandosi al secondo posto. ro Christian Meyer, già docente di batteria al CPM di MiNel ’98 muore durante un’esibizione Paolo «Feiez» Panilano, vanta numerose collaborazioni con altrettanti artigada, polistrumentista membro attivo della band, evensti italiani e stranieri. Infine il leader Stefano Belisari, per to che segna in maniera indelebile il gruppo, che fatica a tutti semplicemente Elio: dietro alle sue folte sopracciglia trovare la verve dei primi lavori. Craccracriccrec rispecchia si nasconde un colto musicista diplomato in flauto traveral meglio questo momento di transizione degli EELST, so al Conservatorio «Giuseppe Verdi» di Milano. Oltre che ritrovano nuova energia con Cicciput all’intensa attività con il gruppo, Elio cudel 2003 e Studentessi del 2008. Per quell’arra numerosi progetti paralleli: come flauVicenza guta ironia e l’agilità con cui spaziano tra tista ha ideato assieme a Roberto FabbriTeatro Comunale i generi musicali, spesso sono stati paraciani lo spettacolo Magia di Fiati con bra17 gennaio, ore 20.30 gonati a Frank Zappa: per tutta risposta, ni di Haydn, Maderna, Piazzolla, Coltraproprio in Gattini propongono una versione. Ha partecipato nel ruolo di Figaro alUdine ne «rockeggiante» di «Largo al Factotum» la messinscena di una versione cameristica Teatro Giovanni da Udine dal Barbiere di Siviglia di Rossini. Come didel Barbiere di Siviglia di Rossini e, ancora, è 27 gennaio, ore 20.30 re che molto prima di loro c’era già chi mestato narratore in una riedizione di Pierino Mestre (Ve) scolava con successo musica e sarcasmo. ◼ e il Lupo di Prokofiev, fino a vestire i panTeatro Toniolo ni di Mackie Messer nell’Opera da tre soldi di 28 gennaio, ore 20.30 Brecht, ricevendo i complimenti anche da Luciano Berio. Un discorso a parte va fatSopra. Elio in concerto Verona to per Luca Mangoni, architetto milanese (foto Carolina Tonini e Daniele Colombi Teatro Filarmonico che, osannato dai fans, nel gruppo funge per KDphotos.it). 1 febbraio, ore 20.30 uando si parla di l’altra musica da sorta di uomo immagine. Gli Elio e le Storie Tese festeggiano quest’anno il ventennale della loro carriera discografica con l’uscita dell’album Gattini nel quale ripropongono molti dei loro brani più famosi registrati dal vivo con l’ausilio dell’Orchestra Filarmonica Arturo Toscanini di Milano. La loro scalata al successo inizia nei primi anni ottanta grazie a numerosi concerti in piccoli locali del nord Italia. L’impronunciabile Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu, il loro disco d’esordio, che conteneva brani come «John Holmes» o «Cara ti amo», è seguito nel 1992 da quello che è comunemente considerato il loro capolavoro assoluto, Italyan, Rum Casusu Çikti. Un disco musicalmente ineccepibile in cui ogni brano che compone la track list è zeppa di citazioni musicali mescolate tra loro, campionamenti da film, e molti ospiti come Riccardo Fogli, Skardi e il coro delle Voci Bulga- Sulle note di un delirio telefonico Meg e i PhoneJobs in tour con lo «Psychodelice Show» C za il traduttore in immagini del mio lavoro: è lui che ha curato tutte le foto, la copertina e il video del mio ultimo disco, ed è anche quello al quale vengono idee che riescono bene a sintetizzare i concetti. In questo caso appunto il nome «PhoneJobs», richiama tutta una serie di suggestioni: il nome di Jobs legato alla Apple, ad esempio, che per noi musicisti, ma anche per i videomaker e i fotografi, è la marca di computer senza la quale non riusciremmo a lavorare. La tecnologia ha dunque un ruolo importante nella tua vita artistica? In qualche modo devo tutto alla tecnologia. Quando ho imparato a utilizzare il computer a scopo musicale, sono poi riuscita a realizzare tutta una serie di brani: ho scoperto che potevo diventare una violinista pur non avendo mai studiato il violino, o una batterista, ecc. e mi si è aperto un mondo. Si pensi poi al fatto che oramai, proprio grazie alle nuove tecnologie, si ha la possbilità di costruire un piccolo studio di registrazione anche a casa propria senza dover spendere cifre da capogiro. Lo show porta il nome del tuo ultimo disco, Psychodelice: che repertorio proponi? Sicuramente brani di quel lavoro, ma non solo. Ci sono anche canzoni tratte dal mio primo album solista (Meg, ndr), rilette e riarrangiate, cosa che mi piace molto fare. Prima che uscisse Psychodelice, ad esempio, c’è stato un breve tour di presentazione durante il quale con Mario Conte ci divertimmo a portare in giro un live in duo, solo per piano e voce. Nello show a cui sto lavorando, trattandosi di telefonia e quindi di microtecnologia, con i PhoneJobs abbiamo pensato che la soluzione migliore sarebbe stata quella di rendere i pezzi in forma ancora più club e tecnologica. In questo mi sento totalmente figlia degli anni nei quali buona parte della mia formazione si è venuta a creare, cioè degli anni novanta, quando la cultura del remix era alla base di ciò che faceva un musicista: l’idea cioè di prendere un pezzo e sentire come suona in tutte le salse possibili e immaginabili. (i.p.) ◼ M eg (ex voce femminile dei 99 Posse), arriva in Veneto lo «Psychodelice Show», spettacolo che prende il nome dall’ultimo lavoro in studio della giovane artista, e che avvolge nelle sue intriganti spire il progetto «PhoneJobs», nato la scorsa estate da un’idea di Mario Conte, musicista, produttore e performer, in collaborazione con Marco Caldera e Umberto Nicoletti. Il nuovo disegno si basa sull’utilizzo di Apple iPhone per produrre un vero e proprio spettacolo live. Il telefonino cult di Apple nelle mani di Mario Conte e soci dimostra così di essere in grado di gestire tutta la parte audio, video e le riprese dal vivo di un evento. Sul palco nessuno strumento musicale, né sintetizzatore: solo la voce di Meg e i PhoneJobs con alcuni iPhone usati come controller wireless per pilotare visuals e riprese filmate dal vivo. Una vera novità, quindi, per il panorama italiano e non solo. «Mi piace molto collaborare con persone che, come me, hanno una certa propensione a giocare con la tecnologia», ci spiega Meg. «L’idea di utilizzare l’iPhone come vero e proprio strumento, come vera e propria device tecnologica multiforme, è venuta a Mario Conte, mio collaboratore di vecchia data, il quale ha una certa ossessione positiva nei confronti della tecnologia. Il telefonino diventa così una sorta di poli-strumento… Sì. Sul palco viene utilizzato di volta in volta come campionatore, sintetizzatore, multi-effetto, riassumendo così in sé tutta una serie di strumenti. L’idea del nome di questo trio di pazzi, i PhoneJobs – che sono appunto Mario Conte, Umberto Nicoletti e Marco Caldera – è venuta a Umberto, altro mio strettissimo, fidatisRoncade (Tv) simo e indispensabile New Age Club collaboratore. Umberto è in buona sostan15 gennaio, ore 20.30 apitanato da Meg (foto Umberto Nicoletti). l’altra musica l’altra musica — 39 40 — l’altra musica Le «emozioni primitive» dei Kasabian Insomma, uno stile e un genere che non esistono. Esistono, ma sono sfuggenti: facili da includere, come etichetta, ma non da spiegare a parole. Noi ce ne siamo avvantaggiati: fin dagli inizi non abbiamo avuto paura né dell’elettronica, né delle melodie più eclatanti, più lineari. Pure il vostro nome è temerario: lo avete preso da Linda Kasabian, storica e controversa affiliata alla Manson Family, che partecipò al massacro di Bel Air. di John Vignola A differenza di altri, non siamo particolarmente affascinati dalla figura di Charles Manson. I fatti che lo riguarre dischi che hanno segnato il pop dei secondi andano, però, rappresentano l’altra faccia di una cultura che ni zero. I Kasabian sono un quartetto di Leicester va maneggiata con attenzione. Prenda, se vuole, il nostro che ha esordito nel 2004 con un album, omonimo, nome come un memento. capace di mettere assieme il gusto per la storia del rock e Significa che nella musica ci sono pulsioni di ogni tipo? il senso di avventura del presente; il successivo Empire e il Nella natura umana stanno gli estremi: proprio perché recentissimo West Ryder Pauper Lunatic Asylum non sosiamo dotati di coscienza, possiamo fare imprese merano stati da meno, confermando per il canvigliose e terribili. tante Tom Meighan un ruolo Parliamo delle vostre canzoni: alcuni critici dicono che siete gli eredi del britpop dei Novanta. Non sarebbe mica male se fosse così. Noi amiamo quel periodo, così come ci piace la scena dancefloor degli ultimi dieci anni. Però le canzoni, quasi tutte, sono venute fuori senza pagare pegno a nessuno. Come è possibile? Di certo ci sono molti altri soggetti che ci ispirano, ma quando scriviamo un pezzo cerchiamo di partire dalle emozioni primitive: rabbia, gioia, dolore, amore. Da qui vengono fuori le melodie e i testi, le armoniche e parecchio del resto. Quindi, lavoriamo sulla struttura di ogni brano in maniera meticolosa, come fossero costruzioni fatte di cemento, che non possono permettersi di cadere a terra. Siete celebri per i vostri show dal vivo, e pure per una certa litigiosità fra di voi: le due cose sono collegate? Litigiosi noi? Sta scherzando (sorrichiave per le sonorità di confide, ndr). In ne fra tradizione e innovazione realtà quandel genere. do siamo sul È stato proprio Tom a racpalco rapprecontarci le aspirazioni per il sentiamo uno futuro di questa giovane e spettacolo, ci ammaliante band inglese. trasfiguriamo. Ogni volta che si dice che il Appena scendiarock ha esaurito le sue posmo diventiamo sibilità espressive, arriva un come ora: quasi gruppo come il vostro, a rimettere tutto in timidi (altro sorridiscussione. so, ndr). Credo che sia merito della libertà di uno stile che è nato Spesso nel vostro moper caso. Il rock’n’roll americano metteva assieme la mudo di scrittura hanno sica nera e il country in maniera spontanea. Quello inspazio influenze dichiaglese, le tradizioni europee con il blues. Non c’è mai staratamente etniche, vicine al continente africano. ta una vera pianificazione, una strategia: hanno cercato Come dicevo prima, non sono mediate: arrivano e atdi attuarla le discografiche, con risultati spesso disastrotraversano la nostra ispirazione. Probasi. La storia del rock è andata avanti da sobilmente nascono dagli ascolti di tutla, fino a oggi, accogliendo moltissime sfuRoncade (Tv) ti noi: ci piace il folk, a qualsiasi latitudimature e movimenti parecchio distanti fra New Age Club ne geografica venga ideato e suonato. ◼ di loro. 20 febbraio, ore 20.30 l’altra musica T l’altra musica — 41 S norità diverse, più blande ma non per questo meno cupe. Dopo la pubblicazione di OK:KO, nel 2002, una raccolta formata da vari brani dal vivo di Ego:Echo, Olivier Manchion lascia la band e al suo posto subentra il bassista italiano Manuel Fabbro. Il sesto album firmato Ulan Bator esce nel 2003. Si tratta di Nouvel Air, disco che segna un profondo cambiamento del gruppo verso atmosfere più placide e che si avvale della collaborazione di Robin Guthrie (ex chitarrista dei Cocteau Twins) alla produzione, e di Egle Sommacal (ex Massimo Volume) alla seconda chitarra. Nel 2005, con l’aiuto della casa discografica Jestrai, la band francese pubblica Rodeo Massacre, album per il quale il gruppo si avvale anche della collaborazione di Emidio Clementi, ex cantante dei Massimo Volume, per la re- aranno di scena il 9 gennaio allo Zion Rock Club di Conegliano gli Ulan Bator, gruppo francese le cui origini musicali si basano sul krautrock (termine coniato dalla stampa e critica angloamericana in riferimento alla scena musicale costituita dai gruppi attivi in Germania negli anni settanta) e sul post-rock, prendendo spunto da formazioni come Faust, Can e Sonic Youth. Il gruppo si forma a Parigi nel 1993 dall’idea di due musicisti francesi: Amaury Cambuzat e Olivier Manchion. Nel 1995, assieme al batterista Frank Lantignac, pubblicano il loro primo album, Ulan Bator. La particolarità che fin dagli esordi viene notata è che la musica di questo gruppo non segue l’impostazione tipica della forma-canzone (ritornello, strofa, ritornello) ma si basa soprattutto sull’istinto dei tre musicisti, che spaziano liberamente all’interno delle prorpie composizioni, riuscendo a essere estremamente comunicativi anche con la quasi totale assenza di una voce solista. Nel 1996, con l’uscita del mini album 2 Degrees, gli Ulan Bator iniziano la loro collaborazione dal vivo con i leggendari, teutonici Faust, dando vita ad un paio di concerti collettivi. Ipnotici, melodici e volutamente estremi, gli Ulan Bator si strutturano sulla classica line-up rock (voce, chitarra, basso, batteria) e, anche se le parti cantate non sono molte, soprattutto per quanto riguarda i primi album, la voce di Cambuzat riesce comunque a emergere tetra, cupa, lontana eppur avvolgente. Sul fronte italiano, la band viene «scoperta» dal Consorzio Produttori Indipendenalizzazione del brano «La femme cannibale». Con queti, capitanato da Giovanni Lindo Ferretti e Gianni Masto lavoro gli Ulan Bator fanno ritorno alle atmosfere inroccolo, che producono in Italia sia una raccolta dei primi candescenti del passato, a un rock che è allo stesso temdue album, Polaire, sia l’album Vegetale e li portano con lopo scarno e maestoso. ro in tour per molti concerti. Ed è proprio il live la dimenDel 2007 è Ulaanbaatar, preziosa raccolta di materiale sione che più caratterizza la band francese, che sul palco inedito. Dopo una pausa di quasi due anni, nel 2009 gli risulta ancora più intensa e coinvolgente. Ulan Bator tornano in pista con l’ep Soleils. Nel ’98, mentre l’italiano Matteo Dainese – ex batterista La data di Conegliano testimonierà ancora una volta codei Jitterbugs, Meathead e Here – si accinge a prendere il me dal vivo la band francese sappia dispiegare un’energia posto di Lantignac, gli Ulan Bator firmano un contratto inconsueta e un’intensità emotiva davvero autentica. (i.p.) ◼ con la Young Records e, avvalendosi della collaborazione di Michael Gira (Swans), danno alla luce Ego:Echo (2000), probabilmente il disco più Conegliano (Tv) Sopra: Ulan Bator (1995-98): Amaury Cambuzat, complesso della loro storia. In questo nuoZion Rock Club Olivier Manchion, Franck Lantignac vo lavoro i brani sono tutti cantati, le so9 gennaio, ore 21.00 (foto di Renaud Monfourny). l’altra musica L’ipnotismo melodico degli Ulan Bator l’altra musica 42 — l’altra musica L’acid-jazz degli Incognito a Padova Dave Matthews Band tra jazz, rock e country I L di Guido Michelone ncognito è il maggior gruppo acid-jazz che esiste fin dal lontano 1981, quando esordisce su disco con un album dal titolo più che eloquente, Jazz-funk, che fa dell’incrocio tra quasi tutte le sonorità afroamericane (soul, r’n’b, fusion, new jazz) una singolare poetica, dove convivono spettacolarità e virtuosismo. E proprio dal leader e chitarrista Bluesy, al secolo Jean-Paul Maunick, originario di Mauritius, parte da Londra la carica di questo gruppo, attorno al quale ruotano diversi orchestrali, oltre la splendida e potente voce di Maysa Leak. Ma è Bluesy a spiegare il senso, la fortuna e le radici della band, oggi di scena con Adventures in Black Sunshine (Challenge, Egea). Come sei arrivato a uno stile «black» così originale? Padova – Gran Teatro Da sempre sono in23 gennaio, ore 20.30 cantato dal potere che ha la musica di riunire la gente e dall’amore per il ballo. Il mio sogno era quello di giocare con sonorità ricche di colori, puntando sull’uso del ritmo, cioè forti cadenze con le linee del basso molto funky e molto fluide; e mi piace anche punteggiare le parti vocali con i suoni degli ottoni, insomma fiati molto potenti. Perché il nome Incognito? Significa qualcosa di sconosciuto, che ha permesso che noi, come gruppo, andassimo oltre i limiti delle tendenze e delle mode. Senza guardare il colore delle pelle o l’età fisica, se si ha del talento da far viaggiare, c’è un posto per chiunque dentro noi stessi, in incognito appunto. Quindi Incognito acquista un significato quasi sociale? Sì. In un mondo regolato dalle limitazioni e dall’industria del pop, il nome e la nostra etica forniscono un terreno di confronto uguale per tutti, musicisti e pubblico. Quali sono i musicisti che preferisci artisticamente? Quelli dotati di originalità, di cuore e di anima, come ad esempio D’Angelo, i Foo Fighters, Raul Midon, Amy Winehouse, i White Stripes, Soil and Pimp Sessions, Jill Scott, Portishead, Lalo Schifrin e tanti altri… ◼ Dave M atthews Band, che nel 2009 Padova ha pubblicato il nuo- Palasport San Lazzaro vo album Big Whiskey and 25 febbraio, ore 20.30 the GrooGrux King, tipico fenomeno a stelle e strisce ma difficile da etichettare a tutti i costi, appartiene all’onda di band definite «hippie-happie», che dalla metà degli anni novanta s’affianca al pessimismo del grunge per rinverdire piuttosto l’anima trasgressiva dei favolosi «Sixties». In tal senso anche la Dave Matthews Band, guidata dal cantante/chitarrista di origini sudafricane, offre un sound allegro e a tinte vivaci, dove l’esibizione dal vivo risulta il clou estetico, l’apoteosi definitiva, sulla scia dei mitici Grateful Dead e Allman Brothers Band. Di queste jam-band – come Phish, Widespread Panic, Blues Traveller – la Dave Matthews Band, oltre a macinare tournée americane da cinquantamila spettatori a concerto, vende quantità strabilianti di dischi grazie a musiche di qualità: c’è il jazz, il rock, il country, a livello strumentistico c’è il violino, ci sono i fiati, la chitarra classica al posto di quella elettrica, nel pieno rifiuto delle norme dello showbiz, che magari garantisce esistenze tranquille ma toglie molto in popolarità internazionale e in potere commerciale. «Non vogliamo passare la nostra vita fra le pagine di “Rolling Stone”», affermava già undici anni or sono Dave Matthews al settimanale «Mucchio Selvaggio». Non a caso il leader del gruppo in un’altra occasione rivela: «Io mi preoccupo per tutto ciò che può inaridire l’ispirazione. E mi ossessiona immaginare da dove nascerà la prossima musica. Conosco bene la sensazione che provo quando scrivo un testo che mi piace. Ma ora credo di essere probabilmente più critico con ciò che colloco insieme a quel testo, e allora continuo a pensare che devo semplificare tutto sempre di più. Non mi piace dubitare di me stesso, mi piacerebbe non guardare al futuro come a una montagna da scalare. Preferirei guardare al futuro come a una passeggiata lunga, tranquilla e diritta». (g.m.) ◼ a l’altra musica — 43 Da Pat Metheny a Paolo Fresu un nuovo «Veneto Jazz Winter» nell’ambito del jazz contemporaneo, efficacissimo ponte tra il grande pubblico e le sonorità più raffinate: questa nuova avventura, che lui stesso definisce «un vero salto verso nuovi territori e una nuova direzione concettuale per creare una piattaforma illimitata per l’invenzione musicale e la performance», conferma la sua natura di instancabile ricercatore di nuove direzioni e vedremo che ne penserà il pubblico. È rivolto invece ai più piccoli il concerto di domenica 10 gennaio al Teatro Accademia di Conegliano: si chiama «Le fiabe del di Enrico Bettinello jazz» e muove dall’idea di avvicinare i bambini alla musica afroamericana atna vera e propria invasione di E per gli appassionati traverso racconti ispirati a grandi musijazz nei teatri di tutto il Venedi musica sperimentale cisti della storia del jazz, con brani eseto, come è consuetudine per la ed elettronica, a Padova guiti dal vivo, letture, proiezioni e giorassegna Veneto Jazz Winter, in prodal 19 febbraio al 5 marzo chi interattivi. In scena le musiche di gramma da gennaio ad aprile: tanti i gli appuntamenti Duke Ellington e John Coltrane eseprotagonisti, tanti i fili che intrecciano del «Nu Fest» guite dal quartetto del pianista Corrale diverse proposte, alternando grandi do Guarino. eventi a progetti speciali per Riannodando poi i tanti fii bambini, nomi internazioli che si incrociano nel pronali e stelle di casa nostra. gramma dell’inverno di VeMa procediamo con orneto Jazz, grande spazio dine e segnaliamo anzitutal pianoforte (considerato to un evento che non mansempre più come strumento cherà di incuriosire gli apin grado di muoversi oltre i passionati: il 24 febbraio al confini del linguaggio jazziPalasport di Bolzano, tappa stico), con Riccardo Arrighifuori regione in sinergia con ni a Chioggia il 29 gennaio, il Südtirol Jazzfestival Alil trio di Remo Anzovino a to Adige, prima italiana per Conegliano il 6 febbraio, Luil nuovo progetto di Pat Medovico Einaudi al Comunatheny, dal titolo «The Orchele di Vicenza il 20 febbraio e strion Project Tour». Questo l’incontro tra Carlo Balzaretoriginale e futuristico conti e Enrico Intra a Chioggia certo vedrà il popolare chiil 12 marzo. Non manchetarrista americano sul palco ranno poi i maestri più secon una formazione davveguiti del jazz di casa nostra, ro insolita, costituita da ben da Enrico Rava con Gianlu25 strumenti meccanici che ca Petrella e Gianluigi Trolui stesso dirigerà, servendovesi – saranno a Conegliano si di un sistema ad alta tecil 19 febbraio – al duo comnologia, interagendo così in posto da Paolo Fresu e Raltempo reale con la propria ph Towner, che si esibirà a chitarra. Inutile sottolineare Jesolo il primo weekend di una volta ancora il ruolo che marzo. Gli appassionati delnegli ultimi decenni la mule voci femminili non si lasica di Pat Metheny ricopre sceranno sfuggire Sarah Jane Morris o Saba, entrambe a Chioggia, mentre la chitarra virtuosa di Bireli Lagrene sarà a Conegliano il 12 marzo. Per quanto riguarda poi l’appuntamento con la musica A sinistra: Saba; sperimentale ed elettronica, saranno tra il 19 febbraio e sopra: il 5 marzo a Padova gli appuntamenti del Nu Fest, giunEnrico Rava. to alla sua quarta edizione: come nelle precedenti annate, ai concerti si affiancheranno workshop e installazioni, eventi e dj-sets. Tra i nomi di spicco segnaliamo la raffinata Mira Calyx e il sempre affascinante Fennesz (con i visual di Giuseppe La Spada), il cinematico Jon Hopkins (collaboratore di artisti come Coldplay e Brian Eno) e i pionieri del dubstep francese, i Caterva. Questo e molto altro in un inverno a tutto jazz e dintorni: per ogni dettaglio si può consultare il sito www.venetojazz.com. ◼ l’altra musica U 44 — l’altra musica Un altro Carnevale «Sensation» S Carnevale «Sensation» anche se con un budget decisamente ridotto rispetto all’anno scorso. Ma Marco Balich, regista dell’evento e direttore artistico di Venezia Marketing & Eventi, promette di fare miracoli anche con un solo milione di euro a disposizione. Per la grande festa di febbraio resta immutato il format delle due passate edizioni, con un senso per ogni sestiere più la mente che avrà il suo fulcro in Piazza San Marco e una madrina ancora top secret per non rovinare l’effetto sorpresa. Si incomincia sabato 6 febbraio con uno show in Piazza al quale seguirà, domenica mattina a mezzogiorno, il volo dell’Angelo dal campanile di San Marco. Nel pomeriggio, con inizio alle 15, l’ormai tradizionalissima Festa delle Marie con corteo da San Pietro di Castello fino in Piazza. Ma la vera festa, come di consueto, sarà nelle calli e nei campi e sarà quella spontanea della gente che arriverà in laguna per guardare e farsi guardare. L’anno scorso il popolo del arà un l’altra musica di Manuela Pivato Carnevale toccò il milione e quest’anno, nonostante i tagli, si ripromette di fare il bis. Largo quindi al concorso della maschera più bella con la giuria presieduta dal Premio Oscar Gabriella Pescucci. Largo alle serate di tango all’ombra del campanile da sabato 13 a lunedì 15. Larghissimo al «Drag Queen beauty pageant», il nuovo concorso a livello europeo con, in giuria, la Compagnia de Calza I Antichi. E largo a tutti i sensi, per dieci giorni più all’erta e baldanzosi che mai. ◼ Sopra: Drag Queen beauty pageant edizione 2008 (da carnevale.venezia.it) ristorante e caffetteria Situato al pianterreno di Palazzo Querini Stampalia, il nuovo Qcoffee si apre in un incantevole giardino interno: armonico equilibrio d’acqua, pietra e verde progettato alla fine degli anni ‘50 da Carlo Scarpa. Gestito da Mariagrazia Cassan e Guglielmo Pilla, il caffè ristorante, disegnato da Mario Botta, offre i suoi servizi non solo a chi frequenta le mostre, il Museo e le attività della Fondazione Querini Stampalia, ma a chiunque desideri rilassarsi in uno spazio speciale. Lo chef prepara specialità della cucina tosco/veneta e piatti di pesce, anche crudo. Ampia selezione di vini dall’Italia e dal mondo. Qcoffee Fondazione Querini Stampalia - Santa Maria Formosa Castello 5252 VENEZIA 041 0991307 [email protected] chiuso domenica sera e lunedì by la colmbina Enoteca Ristorante La Colombina Via Contessa Beretta, 31 Villanova di Farra, Gorizia 0481 889061 [email protected] chiuso martedì sera e mercoledì l’altra musica — 45 Le note dell’Elefante Rosso A Mestre una nuova «casa per la musica» È in piena attività a Mestre una vera e propria «ca- l’altra musica sa per la musica». Si tratta dell’Elefante Rosso, giovane realtà che ha preso corpo da una pura e radicale visione collettiva di creazione e mantenimento della cultura musicale. La casa vuole essere una struttura di contenimento per idee, progetti e prospettive future. L’Elefante Rosso è già un’etichetta discografica, di- attività dell’Elefante Rosso, l’obiettivo è anche quello di avvicinare il jazz al pubblico dell’elettronica e viceversa, per creare un laboratorio che operi senza la presunzione di insegnare, ma con il desiderio di crescere. Oltre alle attività culturali e collettive, lo spazio è anche un luogo di ritrovo serale che si presenta molto accogliente e caloroso per chi è semplicemente in cerca di passare una serata in compagnia, ascoltando buona musica dal vivo o dj set. La programmazione ha finora già incluso alcuni tra gli artisti migliori al mondo – si pensi ad esempio all’inaugurazione dell’Elefante Rosso che ha visto sul suo palco il William Parker Quartet, una delle figure più rispettate nella scena jazz mondiale contemporanea – della Soul Nu-funk: i Cro-Magnon, Mark deClive Lowe, Volcov, Dorian Concept, Jamal Mos, Dean Bowman, Sandra NKake, Prosumer, Mark Cremins, Dego, Paul Randolph, e tanti altri musicisti, che si sono esibiti accanto agli artisti locali. Volcov Los Hermanos (Underground Resistance-Detroit) stribuita in tutto il mondo tramite Rush Hour (Olanda), che stampa il suo materiale soprattutto su vinile. Ed è in via di sviluppo la creazione di spazi collettivi e di strutture che possano servire i musicisti che cercano nuovi stimoli di crescita e di confronto. Non da ultimo, il progetto aspira anche a divenire un nuovo fulcro vitale per la realizzazione di registrazioni e pubblicazioni, con l’intento di sostenere e mantenere viva la cultura afro-beat radicata nel jazz, il soul, la musica funk, disco e house. Gettando uno sguardo d’insieme alle Sul finire del 2009 hanno richiamato una folta schiera di appassionati le due date dei Los Hermanos (Underground Resistance-Detroit), che hanno visto ospite speciale PiranhaHead. È quindi seguito uno special «Electronic Jazz» dove la band di Detroit ha voluto riprendere il percorso evolutivo della techno al contrario, ritornando al concetto di jazz per rileggerlo con le apparecchiature di ultima generazione e con i suoni elettronici più contemporanei. All’Elefante Rosso il crossover tra elettronica e jazz non rimane solo una parola, ma diviene una filosofia marcata e affondata nelle radici del locale mestrino, che ha già lasciato un marchio indelebile nella scena musicale locale. (Per maggiori informazioni: www.elefanterosso.com). (i.p.) ◼ 46 — l’altra musica Il Nuovo Canzoniere Italiano: i Dischi del Sole l’altra musica L’ di Gualtiero Bertelli attività discografica legata al Nuovo Canzoniere Italiano ebbe origine dalla pubblicazione a cura delle «Edizioni Avanti!» del libro più disco I canti della Resistenza Italiana nel 1960. Ma per arrivare a una vera e propria attività di edizioni discografiche bisognerà attendere fino al 1962 quando, contemporaneamente alla rivista, prendono vita i «Dischi del Sole», etichetta di proprietà prima delle «Edizioni Avanti!» e poi delle «Edizioni del Gallo». Questa etichetta nasceva con lo scopo di riproporre «in registrazioni originali o in accurate ricostruzioni il patrimonio popolare del canto sociale e politico»1. Il primo disco, quello che porta la sigla DS1, contiene un appello elettorale di Pietro Nenni del 1962, e il secondo disco in catalogo è il già citato Canti della Resistenza italiana; in rapida successione nel giro di un anno vennero poi prodotti i primi undici dischi. Dopo questa fase di avvio, in cui si delinearono i percorsi che le Edizioni intraprenderanno negli anni successivi, la produzione continuò su più versanti che rispecchieranno le diverse attività promosse e realizzate dalle Edizioni e dal Nuovo Canzoniere Italiano. La pubblicazione dei Dischi del Sole si concluse nel 1980, dopo 18 anni di attività. Produrre dischi in quegli anni era faticoso e molto costoso; la loro distribuzione (come oggi per certi versi) il punto dolente. Circoli Arci e librerie particolarmente 1. Il primo LP fu Le canzoni di Bella Ciao che fu anche il disco che in assoluto vendette, e continua a vendere, più copie. Poi seguirono titoli che, ancora una volta, illustrano l’ampiezza della ricerca del NCI. Troviamo gli autori della prima ora (Ivan Della Mea, Giovanna Marini, Fausto Amodei, Gualtiero Bertelli, Alberto D’Amico, Gruppo Padano di Piadena) accanto a «novità», individui e gruppi, che avranno una presenza notevole nell’attività del NCI (Paolo Pietrangeli, Alfredo Bandelli, Stefano Ricatti, il Canzoniere del Lazio, il Gruppo Operaio «’E Zezi» di Pomigliano d’Arco). Incontriamo voci di ogni parte del mondo come Barbara Dane dagli Stati Uniti (I Hate the Capitalist System) e Judith Reyes dal Messico (Messico oppresso); documenti della ricerca storica ed etnomusicale come Il 29 Luglio del 1900 (Gaetano Bresci), Arrendersi o perire. Le giomate del 25 Aprile, Il cavaliere crudele. La ballata popolare in Piemonte. Troviamo ampiamente rappresentata e sviluppata la ricerca e la riproposta del canto sociale (Canti socialisti, comunisti, anarchici e così via, ma anche Canti del lager a cura di Sergio sensibili effettuavano la vendita, ma i prodotti erano quasi sempre lasciati in conto vendita con non rare difficoltà nel recupero del venduto, per mille ragioni anche organizzative. Tutto ciò rese molto complicata l’impresa; ciononostante il catalogo arrivò a 219 titoli raccolti in sette collane, oltre alla ristampa di 64 titoli su musicassette. Il primo formato discografico dei Dischi del Sole fu l’inusitato Extended Play (EP), un supporto della dimensione del più diffuso 45 giri (17 cm di diametro), ma registrato alla velocità di 33 giri. Questo permetteva di inserirvi dalle 4 alle 6 canzoni. Era un formato che collocava la produzione in un certo settore del mercato, in quanto veniva utilizzato prevalentemente per riprodurre letture teatrali e di poesia, musica classica e in ogni caso produzioni che potremmo definire «di nicchia». La musica destinata al consumo di massa preferiva il 45 giri che «girava» ininterrottamente sui giradischi casalinghi, sulle indimenticate «valigette» e, soprattutto, nei juke box. Con quel formato furono prodotte le prime serie di dischi che comprendevano ciò che la ricerca in quegli anni aveva raccolto accanto alle prime esperienze di nuove canzoni d’impegno sociale2. Scorrendo quei 79 titoli si ha una descrizione ampia delle tematiche che I Dischi del Sole, e quindi il NCI, avevano scelto di percorrere. L’avvento del Long Playing e lo sviluppo delle varie attività permisero di dare ancora più spazio a questa ricerca, in parte recuperando quanto già avviato, in parte promuovendo nuove ricerche e nuovi autori. La collana più ampia, e antologica dell’attuale catalogo è «L’Altra Italia» che raccoglie in 97 LP la produzione dal 1965 al 19803. Le altre collane meriLiberovici e così via…). Sono documentati gli eventi importanti come il primo e il secondo Folk Festival Internazionale di Torino (1965/1966), gli spettacoli del NCI come Bella ciao (1964/65), Ci ragiono e canto (1966), Addio Venezia Addio (1967), La grande paura (1969). Si trovano dischi assolutamente preziosi come Il lamento dei mendicante di Matteo Salvatore, Gli Aggius, coro del Galletto di Gallura, Un uomo che viene dal sud di Cicciu Busacca, uno dei più grandi cantastorie siciliani. Spiccano particolarmente due dischi che rappresentano il rapporto del NCI con le avanguardie musicali e sociali negli anni 68/69: Non consumiamo Marx di Luigi Nono, incentrato sulla contestazione della Biennale del 1968, e Il fiume furore di Giorgio Gaslini, registrato nel ’68 durante l’occupazione dell’Università Statale di Milano. 2. Pubblicità dei Dischi del Sole stampata sul retro di copertina della rivista il N.C.I. n. 3, 1963. 3. Il Catalogo dei Dischi del Sole nella collana EP «I dischi del sole» ha raccol- tano una citazione, seppur rapida, per la ricchezza culturale che ancor oggi rappresentano. L’Italia nelle canzoni raccoglie 6 titoli che rappresentano, attraverso il canto e il documento orale, la storia del nostro paese affrontando temi come : La Prima Internazionale, La grande guerra, il Delitto Matteotti, Di Vittorio. Gli Archivi Sonori, a cura dell’Istituto Ernesto de Martino, documentano campagne di ricerca ed eventi davvero unici: dalla documentazione di una delle forme più belle e complete di teatro popolare di strada, i Maggi della Bismantova, Al Congresso Mondiale Anarchico di Carrara, dalla Lotta per la casa di Roma a quella della Filati Lastex di Bergamo. Sono complessivamente 13 titoli che sarebbe bellissimo non andassero dispersi, ma raccolti in biblioteche e scuole e magari adeguatamente digitalizzati. Infine sono da illustrare i 33 titoli della collana «Gli uomini, le opere e i giorni», ancora registrazioni sul campo che testimoniano la persistenza dei repertori e della storia nella memoria del tessuto popolare. Tra questi volumi, tutti interessantissimi, voglio ricordare Italia – Le stagioni degli anni ’70, un doppio LP che raccoglie uno straordinario viaggio sonoro attraverso il nostro paese alla vigilia di quelli che sono stati chiamati «gli anni di piombo». Infine c’è la collana dei 45 giri denominata «La linea rossa», ma a quest’impresa val la pena di dedicare più spazio in un prossimo articolo. Dicevo in apertura che stampare questi dischi era molto oneroso e diffonderli lo era ancor di più. Noi li portavamo ai concerti, ma nella maggior parte dei casi viaggiavamo in treno e i mitici LP non erano proprio semplici da trasportare. Negozi e circoli qualcosa riuscivano a vendere. Una buona mano ce la davano i banchetti esposti alle feste estive dell’Unità e dell’Avanti. Per poter ridurre i costi di stampa bisognava tirare 2.000 copie, e venderle tutte per coprire le spese. Non era un’impresa facile (neanche oggi per la verità!) e molti titoli non ci riuscivano, tant’è che per quei titoli talvolta venivano stampate meno copie con costi unitari superiori. Però, poiché ciascuno di noi per la cessione dei diritti fonografici (non d’autore) prendeva una cifra uguale per tutti (lire 200.000 che non erano pochissime, quasi due stipendi di maestro elementare quando ho inciso il mio primo LP I giorni della lotta), le maggiori vendite di alcuni compensavano le perdite di altri e così il catalogo poté prendere corpo e peso, non solo culturale. Eravamo tutti consapevoli che concorrere alla produzione di certi titoli era un dovere per chi, come noi, non scriveva canzoni per andare a Sanremo. Un aspetto positivo della situazione è che la pubblicità, per il nostro tipo di produzione, era piuttosto semplice e relativamente poco costosa. Con circa 100 copie omaggio venivano soddisfatte le richieste di quelle testate e di quei giornalisti che erano disponibili a scrivere o trasmettere informazione sulla nostra produzione. Il pubblico, naturalmente selezionato, riduceva in maniera significativa il numero delle testate e dei programmi. Oggi sarebbe impensabile: solo per avere una presenza con un minimo di consistenza in radio, tv e giornali, diciamo pure «amici», ragioniamo in termini di parecchie centinaia di copie. La conseguenza è che spesso si spende molto di più per la promozione che per la produzione di un cd. Ma come avere oggi i «Dischi del sole»? Esistono ancora, sono acquistabili? Spesso si trovano offerte su eBay che sparano prezzi da antiquariato. Ma i resti del magazzino dei Dischi del sole è stato affidato al distributore Materiali Sonori che li vende via internet. Non so a oggi quale sia la consistenza della giacenza. Finita quella, di tanto lavoro resterà il ricordo e qualche collezione privata. Sono stati ristampati in cd da Ala Bianca, un editore discografico indipendente di Modena, ma solo 43 titoli, purtroppo. Quelli più «rari», difficili, con poco mercato sono rimasti in archivio. Non so chi e non so come, ma uno sforzo qualcuno dovrebbe farlo, visto che è un patrimonio e un’esperienza che al mondo ha pochi uguali. ◼ to le serie di dischi che vennero prodotte con questo formato dal 1962 al 1969. Esse sono: «I canti sociali», tra i quali: Canti della Resistenza (10 EP), Canti e inni socialisti (3 EP), Canti comunisti italiani (2 EP), Canti repubblicani (1 EP), Canti anarchici (2 EP), Canti del lavoro (5 EP), Il povero soldato (2 EP), Canzoni del carcere (2 EP); «I canti popolari», tra i quali: Canzoni d’osteria, Santi del mio paese, La donna lombarda, Lu picurare. Canzoni popolari abruzzesi, La disispirata: Canzoni popolari sarde… Ma anche le prime incisioni di ricercatori-esecutori come: Caterina Bueno (La brunettina), Luisa Ronchini (Nineta cara), Giovanna Daffini (La Mariuleina. Canzoni padane), Giuseppe Ganduscio (Quantu basilicò); «Serie sperimentale» che nei suoi 10 numeri raccolse le prime incisioni di chi diventò poi voce permanente del Nuovo canzoniere (Ivan Della Mea, Fausto Amodei, Gualtiero Bertelli, Alberto D’Amico, Peppino Marotto, il Gruppo Padano di Piadena, ma anche testimonianze uniche di voci e proposte straordinarie come quelle di Gianni Nebbiosi (E ti chiamaron matta), un disco sulla follia davvero anticipatore dei tempi, Diego De Palma (Io vi parlo di Milano) morto giovanissimo in un incidente stradale, Rudy Assuntini (Uccidi e capirai) o di gruppi testimoni del loro tempo come: Il Canzoniere Pisano (Canzoni per il potere operaio, Quella notte davanti alla bussola), il Canzoniere Riminese (Avola 2 dicembre 1968). In questo settore del catalogo si trovano documentate presenze culturali che hanno segnato la storia della cultura «alternativa» in Italia: da Dario Fo a Milly, da Laura Betti a Maria Monti. E ancora documenti storici provenienti dall’Italia e dal mondo, come: L’appello elettorale di Nenni del 1962, Atene in Piazza del 1965, Rodolfo Morandi, Hi-Chi-Min, Un nastro da Mosca, L’oriente è rosso, Viva la revolucion, e tanti altri. Curioso e decisamente unico in questo catalogo Come nascono i bambini, dedicato all’educazione sessuale dei piccoli, tema molto controverso e soprattutto osteggiato nella scuola del tempo. Doveva essere l’inizio di una collana di dischi per l’infanzia che si fermò lì. l’altra musica l’altra musica — 47