Il rapporto alimentazione-salute

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Il rapporto alimentazione-salute: le implicazioni in ambito agricolo, medico e psicologico
Negli ultimi anni la ricerca scientifica ha studiato il legame tra qualità degli alimenti, dieta e salute. Ora
gli sforzi sono indirizzati a chiarire il ruolo dei nutrienti nell’espressione genica e ad integrare le ricerche
tra il settore biologico, delle scienze umane e sociali.
Paolo Ranalli1,Enrico Roda2, Valentina Ranalli 3
Nutrition and health:implications in agricultural, medical and psychological scope
In recent years, considerable interest is addressed to the links between food quality, diet and human health. Efforts
will also addressed to elucidate the role of nutrients in gene expression and research in the biological, human and
social sciences fields will be integrated. This report is focused on the priority research challenges to better understand
the impact of foods and diet on human health, wellbeing and psychological functions.
Il rapporto fra dieta e stato di benessere psicofisico delle persone è un tema di particolare rilievo per la
moderna scienza dell’alimentazione. Al cibo, infatti,
oltre al soddisfacimento dei bisogni primari, si attribuisce la capacità di tutelare e promuovere il benessere delle persone, nonché di prevenire e ridurre il
rischio di malattie.
Ci sono evidenze scientifiche sul collegamento
stretto tra il cervello e l’addome, garantito sia dalla connessione sistema nervoso autonomo-sistema
nervoso enterico (nervo vago, pelvico e splancnico),
sia dalla contemporanea presenza, nel cervello e nel
tratto gastrointestinale, dello stesso gruppo di ormoni (somatostatina, neurotensina, oppioidi ecc.).
Il cervello enterico è, a sua volta, in stretto collegamento col sistema endocrino, molto diffuso all’interno della mucosa gastro-intestinale, e col sistema immunitario che presenta qui un’ampia rete linfatica.
L’addome si presenta, quindi, come un importante complesso neuro-endocrino-immunitario integrato che svolge funzioni con un largo margine di
autonomia ma che, al tempo stesso, subisce pesanti
influenze sia dall’esterno (cibo, input visivi, ecc.) sia
dall’interno (emozioni, convinzioni, abitudini, ecc.).
Mangiare, quindi, non serve solo a ricostituire le
riserve energetiche e strutturali ma serve anche a influenzare i sistemi di regolazione generale dell’organismo (sistema nervoso, immunitario, endocrino),
DNA incluso.
Ciò fa capire l’enorme importanza di una buona
alimentazione per la salute psico-fisica. Poiché gli alimenti derivano direttamente o indirettamente dalle
produzioni agricole, si intuisce il ruolo delle imprese
agro-alimentari per l’approvvigionamento di prodotti adatti a soddisfare fasce di consumatori sempre
più attente ad una alimentazione sana, con valenza
salutistica.
Nuova percezione della sanità pubblica
L’attenzione degli operatori sanitari, finora rivolta
pressoché esclusivamente alla cura delle patologie
acute, dovrà concentrarsi anche sulle malattie croniche, sia per quanto riguarda la loro gestione che la
loro prevenzione. Infatti, le malattie croniche (malattie dimenticate) non rientrano nelle attuali politiche
sanitarie perché, come notano alcuni esperti, derubricate a problema personale.
Con l’aumento della vita media, cresciuta nell’ultimo mezzo secolo da meno di 50 a oltre 75 anni, le
malattie croniche (cardiopatie, cancro, disturbi mentali, malattie respiratorie, dell’ apparato digerente ed
osteo-articolare) sono aumentate. Già oggi il 60%
delle morti ed il 44% delle morti premature a livello
mondiale sono imputabili a malattie croniche.
I più importanti fattori di rischio individuati dagli
studi epidemiologici sono l’ipertensione arteriosa, il
fumo, l’obesità, il soprappeso, l’alcool, la ipercolesterolemia, l’ iperglicemia, la vita sedentaria. Conoscere
i fattori di rischio non è tuttavia sufficiente, però è
fondamentale per rimuoverli.
I cibi funzionali
In tale contesto si inserisce il concetto recentemente introdotto di cibi funzionali, cioè cibi che oltre
alla loro funzione nutrizionale contengono principi
fisiologicamente attivi in grado di avere effetti benefici sullo stato di salute e sulla prevenzione delle
malattie croniche.
Un cibo può divenire funzionale nei seguenti modi:
1.aumentando la concentrazione di un componente naturale in modo da rendere più facile l’effetto
sperato;
2.aggiungendo un componente normalmente non
CRA-Dipt. Trasformazione e valorizzazione dei prodotti agro-industriali, Roma - [email protected]
Cattedra di Gastro-enterologia Policlinico S.Orsola-Malpighi, Università di Bologna
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Psicologa, Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva ad indirizzo Costruttivista ed Evolutivo, Bologna
La bibliografia è presente sul sito www.dalseme.it
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presente in grado di dare effetti benefici;
3.rimpiazzando un componente con effetto deleterio (usualmente un macronutriente) il cui apporto
è generalmente eccessivo (esempio, i grassi) con
un componente che ha un dimostrato effetto benefico (esempio, inulina);
4.aumentando la biodisponibilità di componenti
con effetti benefici.
L’importanza del settore dei cibi funzionali (un
cibo funzionale deve rimanere cibo e quindi componente di una dieta e non trasformarsi in pillola o
capsula) è tale che molte multinazionali vi stanno
investendo ingenti risorse; per esempio, la Nestlè ha
recentemente aperto un settore di ricerca espressamente dedicato a tale segmento produttivo.
È essenziale tuttavia che l’uso di tali alimenti funzionali trovi un fondamento scientifico certo, basato
su dati concreti, prima che si possa definire la loro efficacia ed un effettivo impatto sulla salute. Dopo un
periodo di non certa regolamentazione sia l’ FDA che
EFSA (sono gli organi che negli USA ed in Europa
regolano il mercato degli alimenti in generale ed in
particolare di quelli funzionali) stanno ponendo sempre più l’accento sulla necessità di tali presupposti.
Interazioni nutrienti-geni
I componenti bioattivi dei nutrienti possono interagire con i geni a livello di trascrizione, traduzione
o prodotto genico (attività delle proteine); prioritariamente, modificano i fattori di trascrizione che, legandosi al DNA, modulano l’espressione genica. Il
gruppo più importante di recettori che hanno affinità
con i nutrienti e loro metaboliti sono quelli appartenenti alla superfamiglia dei recettori nucleari, con
48 membri nel genoma umano. Tra questi troviamo
il recettore per il legame dell’acido retinoico, degli
acidi grassi, dei metaboliti del colesterolo, della vitamina D, degli oxisteroli, dei sali biliari e di altri composti idrofobici.
Negli organi attivi dal punto di vista metabolico,
come il fegato, l’intestino e il tessuto adiposo, i fattori di trascrizione agiscono come sensori dei nutrienti
cambiando il livello di trascrizione di alcuni geni in
risposta ai cambi nutrizionali.
I recettori nucleari hanno un ruolo importante
nella regolazione di numerosi processi, inclusi il me-
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Fig.1 La Piramide alimentare pone alla base gli alimenti di consumo quotidiano ed al vertice
quelli che dovrebbero essere mangiati solo occasionalmente per cercare di avere una sana
alimentazione
tabolismo dei nutrienti, lo sviluppo embrionale, la
proliferazione cellulare e la differenziazione. Si comprende, quindi, il ruolo dei nutrienti nella regolazione
di una grande quantità di funzioni cellulari.
Variabilità genetica individuale
Le diversità presenti in ogni DNA, che rendono
unico ogni individuo, sono determinate dalle mutazioni. La maggior parte di queste mutazioni sono
rappresentate da piccole
differenze, anche di un solo nucleotide. La sostituzione di una sola base nucleotidica (per
esempio una timina con una citosina) configura
una variante chiamata polimorfismo di
singolo nucleotide (Single Nucleotide Polymorphisms-SNP). Gli SNPs sono relativamente frequenti,
uno ogni 1000 nucleotidi, ammontando quasi a tre
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Fig. 2. Stili alimentari a
confronto ed effetti sul benessere
milioni per ogni individuo. Il 90% dei geni ne possiede almeno uno; tale presenza determina diversità fenotipica tra le persone (che include diversità
somatiche e attitudinali) e spiega perché non tutti
reagiamo in modo identico alle varie sollecitazioni: i
polimorfismi riescono a rendere ogni individuo unico e inconfondibile, con un modo del tutto esclusivo
di assimilare, metabolizzare ed eliminare i nutrienti. La variabilità genetica individuale, determinando
come i nutrienti vengono assimilati, metabolizzati,
accumulati e infine escreti, è alla base della peculiarità di ciascun individuo nel rispondere alle molecole
introdotte nell’organismo e, in generale, agli stili alimentari e di vita.
Ci sono numerosi polimorfismi associati al rischio
di malattie cardiovascolari e diabete, così come ci
sono geni che tendono ad essere più suscettibili di
altri a determinati nutrienti.
Sulla base di questi criteri alcuni SNP sono stati
associati a particolari fenotipi come le
malattie coronariche del cuore e il diabete mellito
di tipo 2 potendo in tal modo dimostrare come una
dieta ‘personalizzata’ possa modificare l’insorgere di
queste patologie.
Nutrigenetica e Nutrigenomica
Rappresentano due aree di ricerca scientifica nell’ambito delle quali vengono studiate le relazioni fra nutrizione e genoma dell’individuo. La nutrigenetica si occupa della identificazione delle variazioni
genetiche nell’uomo che causano differenze nella risposta ai nutrienti introdotti con la dieta, con l’obiettivo di valutare i rischi e i benefici per l’individuo di
determinate componenti della dieta. In altri termini,
la nutrigenetica analizza come un determinato assetto genetico possa condizionare la risposta dell’or-
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ganismo di fronte ad un alimento; essa rende conto
della diversità di risposta di fronte ad un alimento, in
virtù delle diversità presenti nel corredo genetico da
un soggetto a un altro.
La nutrigenomica studia le conseguenze dell’azione di nutrienti sull’espressione genica, ovvero tenta
di chiarire i meccanismi molecolari determinati dagli alimenti che regolano la trascrizione genica e la
conseguente azione di proteine e metaboliti; è una
scienza che integra genomica funzionale, nutrizione
e salute, ed è guidata dai paradigmi della biologia
molecolare.
Le basi concettuali di questa nuova branca medica
possono essere riassunte nei seguenti punti:
−− i composti introdotti con la dieta possono esercitare a livello del genoma umano effetti diretti o
indiretti, alterando l’espressione e/o la struttura
dei geni;
−− la dieta può rappresentare un fattore di rischio
o uno strumento di prevenzione per le patologie
degenerative;
−− il grado in cui la dieta può influenzare il bilancio
salute/malattia dipende dal corredo genetico di
ciascun individuo;
−− un intervento nutrizionale basato sulla conoscenza del genotipo e dello stato di nutrizione dell’individuo può essere usato per prevenire o curare
le patologie.
Dieta personalizzata o individuale
La specificità del rapporto paziente/dieta è dimostrata dal fatto che, ad esempio, alcuni individui
soffrono di ipertensione nonostante seguano diete
iposodiche mentre altri presentano alti livelli di colesterolo pur mangiando cibi a basso contenuto di
amido e grassi.
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La chiave è la variabilità genetica individuale: infatti non esistono alimenti giusti o sbagliati ma regimi
alimentari più o meno adatti. Le recenti scoperte inerenti il genoma umano ci forniscono gli strumenti e
le basi per comprendere i meccanismi molecolari e
sostituire alle diete standardizzate un’alimentazione
personalizzata calibrata sul corredo genetico di ciascuno.
La più affascinante delle opportunità che si aprono nel campo della nutrigenetica è lo sviluppo, partendo dalle differenze genetiche individuali, di una
nutrizione personalizzata, allo scopo di ottenere una
effettiva terapia dietetica salutare in grado di prevenire o ritardare l’insorgenza di patologie correlate all’alimentazione, per singoli individui o per particolari
sottogruppi.
Nasce così il nuovo concetto della dieta personalizzata, studiata e messa a punto per ciascun individuo, una volta conosciuto il proprio DNA.
Per essere più chiari, facciamo alcuni esempi:
−− Il polimorfismo del gene MTHFR, ad esempio, è
coinvolto nei meccanismi che portano alla produzione di omocisteina, una molecola che aumenta
il rischio di trombosi e di malattie cardiovascolari,
se presente nel sangue in quantità elevata. Chi ha
un certo tipo di variante genica si avvantaggia di
diete ricche di acido folico, che riducono l’ omocisteina e il rischio di malattie cardiovascolari. Per
ovviare a queste problematiche viene consigliata
una dieta ricca di spinaci, broccoli, cereali, legumi
ed un’adeguata integrazione di acido folico.
−− Il gene dell’interleuchina-6 (IL-6) codifica per una
citochinina ad azione pro-infiammatoria coinvolta
nella regolazione della risposta infiammatoria sia
acuta che cronica: i polimorfismi che riguardano
tale gene rappresentano, ad esempio, un fattore
di rischio per l’infarto.
−− Il gene del recettore della vitamina D (VDR) è
coinvolto nell’omeostasi del calcio e nella mineralizzazione dell’osso, con una implicazione
nell’assorbimento di calcio. Basterebbe aumentare il quantitativo di vitamina D3 con la dieta
(assumendo, per esempio, tuorlo d’uovo, latte,
olio di fegato di merluzzo, ecc.) per ovviare a tale
problematica.
−− Dall’analisi dei polimorfismi di alcuni fattori di
trascrizione, per esempio i PPARs, che risultano
coinvolti tra l’altro nei meccanismi di regolazione
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dell’insulino resistenza, si può intervenire nella
prevenzione della Sindrome Metabolica e del Diabete Mellito.
La medicina predittiva
In campo medico, le nuove conoscenze sul Genoma Umano hanno permesso il consolidarsi di un
settore definito come “Medicina Predittiva”, ovvero
una medicina che, basandosi sulle informazioni ricavabili dalla costituzione genetica di un individuo,
possa anticipare una stima del rischio di quest’ultimo di sviluppare una determinata patologia durante
il corso della vita.
Un supporto alla medicina predittiva è rappresentato dal test genetico che serve a fare uno screening
di polimorfismi genetici associati al metabolismo
dei nutrienti; si basa sull’analisi dei polimorfismi
che esercitano un importante ruolo in svariati eventi
metabolici: processi infiammatori, processi di detossificazione e attività antiossidante, sensibilità all’insulina, stato di salute del sistema cardiovascolare e
delle ossa, intolleranza al glutine, al lattosio e ad altri
metaboliti. In particolare, il test si concentra su un
panel di 50 polimorfismi genetici, localizzati su 36
geni (nei geni investigati sono inclusi anche quelli
che regolano il colesterolo, la obesità e il diabete).
Strategie di sviluppo del settore
L’alimentazione coinvolge sempre più diversi
aspetti: essa non è più concepita come mero apporto
di nutrienti agli organismi umani che riescono così
a soddisfare le esigenze del loro metabolismo, che
è alla base della vita quotidiana e delle attività che
svolgono. Il consumatore moderno è molto attento
alla qualità del cibo ed alla sua possibile valenza nutraceutica per aumentare il benessere e prevenire patologie che potrebbero insorgere nel corso della vita;
nello stesso tempo, il rapporto con il cibo potrebbe
divenire anche conflittuale, soprattutto nei giovani,
poiché rappresenta uno snodo nel quale convergono disturbi psico-cognitivi indotti o favoriti da nuove
mode/tendenze o da nuovi contesti sociali. In breve,
il concetto di alimentazione coinvolge tre aree che
devono comunicare tra loro: produzione degli alimenti (che attiene all’agricoltura), il consumo degli
alimenti e il rapporto con la salute (che attiene alla
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medicina), il rapporto tra alimentazione e sfera psichica (che attiene alla psicologia).
Aspetti agricoli Le nuove frontiere della nutrizione identificano nei vegetali (fra i quali, gli ortaggi)
la fonte più importante di componenti nutraceutici
(carotenoidi, acidi organici, polifenoli, oligosaccaridi,
ecc.) che non nutrono però proteggono l’organismo
con diversi meccanismi: azione antiossidante nei
confronti dei radicali liberi, protezione degli acidi
grassi polinsaturi, sviluppo di una flora batterica intestinale favorevole alla salute dell’organismo ospite.
La qualità dei prodotti agro-alimentari, sia di massa
che di nicchia, costituisce perciò un fattore chiave
della competitività delle imprese italiane. Le ricerche
in atto sono indirizzate al miglioramento della qualità e della valenza salutistica del cibo, attraverso molteplici interventi: sviluppo di cultivar con maggiore
contenuto di composti bioattivi, impiego di strategie
di coltivazione idonee ad esaltare l’accumulo di tali
metaboliti, selezione di microrganismi probiotici
per la realizzazione di alimenti funzionali, sviluppo
di prodotti minimamente trattati (prodotti di IV e V
gamma), identificazione di descrittori che qualificano la materia prima ed i prodotti che da essa derivano e ne tracciano il legame con il suolo, il territorio
di provenienza ed il metodo di produzione (tracciabilità).
Aspetti clinici Sappiamo che la salute della cellula,
e quindi dell’organismo, dipende dall’integrità dei
suoi componenti e i radicali liberi sono i principali
responsabili del danneggiamento cellulare. Poiché lo
stress, al pari di pasti troppo abbondanti e laboriosi,
causa situazioni di eccesso di radicali liberi, occorre
aggiungere alla dieta più soppressori di radicali liberi
quali: vitamine E, C, A, B1, B5, B6, zinco, selenio, cisteina, glutatione, bioflavonoidi, tra gli altri.
Le principali vitamine entrano nel circuito fisiologico della maturazione e dell’attivazione delle cellule
immunitarie; sicché quello che mangiamo e come lo
mangiamo influenza il nostro sistema immunitario.
Dal punto di vista medico, importanti aree di ricerca riguardano la identificazione di biomarker
nutrizionali e lo sviluppo di modelli di studio adeguati ottimali. L’impossibilita di usare tessuti umani
costringe all’utilizzo di modelli animali efficaci, tra i
quali i topi transgenici e knock out, ed all’uso delle
innovative tecnologie in vitro. L’utilizzo di queste tecniche sarà di aiuto per la scoperta di nuovi geni tar-
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get della dieta e la caratterizzazione dei meccanismi
che stanno alla base di una determinata patologia.
Le conoscenze ottenute sono utili, a loro volta, agli
agronomi/genetisti vegetali per progettare l’introduzione dei caratteri desiderati nelle varietà del futuro.
Aspetti psicologici e cognitivi Come accennato, il
disagio psichico può riflettersi anche nel rapporto
con il cibo e in particolari modalità di alimentarsi. In
questo senso il cibo può fungere da valvola di sfogo
attraverso cui si esprime un profondo e significativo disagio personale. È opinione comune ormai tra
i maggiori esperti del settore come alla base dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) possa
essere ricondotto un gruppo eterogeneo di fattori
eziologici (ambiente familiare, fattori genetici, fattori sociali). Oltre alle dinamiche intrafamiliari, aventi
un importante ruolo nel determinare l’insorgenza di
tali problematiche, è evidente come alcuni “dettami”
imperanti nella società occidentale, pubblicizzati e
divulgati dai media, abbiano un ruolo fondamentale nella sempre più larga diffusione di tali disturbi:
l’idea di bellezza e successo coincidente con modelli
di magrezza estrema, a discapito delle conseguenze dannose sulla salute; lo stile di vita moderno, la
vita frenetica volta a raggiungere questi obiettivi, la
gratificazione personale che, di conseguenza, va a
coincidere con il successo in tutti gli ambiti di vita e
a tutti i costi. Nel gruppo dei DCA si annovera, oltre
ad anoressia nervosa e bulimia, il binge eating disorder: abbuffate compulsive in assenza di condotte di
eliminazione, che possono determinare problemi di
obesità, e quindi tutte le implicazioni negative per
la salute che ne derivano. Sono diverse le proposte
di trattamento psicologico per il superamento di tali
disturbi. Oltre ad un necessario supporto volto a far
emergere ed elaborare il disagio personale e il vissuto doloroso profondo che si esprime nel difficile
rapporto con il cibo, si può intervenire attraverso
l’applicazioni di terapie ad orientamento cognitivocomportamentale, dimostratisi molto efficaci anche
nel trattamento di queste problematiche. L’applicazione prevede l’utilizzo di varie tecniche volte a regolare il rapporto con il cibo, sia a livello comportamentale che cognitivo. Per ciò che attiene la sfera
comportamentale, l’obiettivo è quello di disabituare il
comportamento di ricerca compulsiva di cibo, inserendo anche una vera e propria ri-educazione al mangiare sano, in modo da riequilibrare così il proprio
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organismo; sul piano cognitivo invece il lavoro sarà
finalizzato a modificare le convinzioni disfunzionali
relative alla propria immagine corporea, a prendere
consapevolezza delle emozioni connesse all’assunzione compulsiva di cibo e che stanno alla base della
ricerca compulsiva di cibo. È inoltre necessario un
monitoraggio costante del paziente, una volta che
quest’ultimo abbia intrapreso questo percorso, in
modo da supportarlo in ogni fase del trattamento.
Considerazioni conclusive
Le priorità di ricerche nell’area dell’alimentazione
in rapporto alla salute si possono individuare:
1)nel miglioramento delle proprietà salutistiche dei
cibi tradizionali e innovativi attraverso l’aumento
del contenuto di componenti/sostanze bioattive
nelle materie prime prodotte in campo e negli
alimenti ottenuti dopo trasformazione da parte
dell’industria;
2)in studi finalizzati a comprendere il meccanismo
di regolazione genetica della biosintesi dei fitonutrienti nelle piante per migliorare le conoscenze
indispensabili a progettare l’introduzione dei caratteri desiderati nelle varietà del futuro;
3)nell’approfondimento delle conoscenze inerenti i
meccanismi molecolari attraverso i quali singoli
geni, o loro combinazioni, rispondono ai cambiamenti nella dieta e nello stile di vita (esposizione al fumo di sigaretta, consumo di alcol ecc.),
rendendo un individuo particolarmente sensibile
a contrarre un certo tipo di patologia e di far luce
sui meccanismi tramite i quali la dieta, influenzando l’espressione genica, può esercitare un effetto protettivo;
4)nella validazione del concetto per cui le diete
non possono più essere compilate solamente
sulla base delle calorie ma devono tenere conto
anche delle diversità metaboliche individuali. Ciò
coinvolge, in particolare, la prevenzione primaria nell’età scolare: studi svolti su popolazioni di
bambini in Emilia Romagna hanno dimostrato
che è possibile ridurre i rischi di soprappeso e
cardio-vascolari in breve tempo attraverso interventi a basso costo (promozione dell’attività fisica regolare e dell’applicazione della dieta mediterranea);
5)nella condivisione della esigenza di sottoporsi
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La flora batterica intestinale
L’intestino umano ospita un numero quasi inimmaginabile di microrganismi
(fino a 100 trilioni): questa grande mole di commensali capaci di comunicare
tra loro e con l’organismo che li alberga beneficia del flusso costante di sostanze
nutritive e di una temperatura costante. A sua volta, l’organismo ospite beneficia
della capacità della microflora intestinale di sintetizzare vitamina K, di esercitare un effetto trofico sulle cellule epiteliali intestinali, di conservare e ridistribuire
energia (dal 7 al 10% del fabbisogno giornaliero) da carboidrati non digeriti mediante la produzione di acidi grassi a catena corta, di inibire lo sviluppo di patogeni, di sostenere l’integrità della barriera intestinale e di mantenere l’ omeostasi
immunitaria della mucosa.
Per tali ragioni la flora batterica intestinale ha un ruolo centrale sia nella nutrizione che nel mantenimento della salute e, nella sua complessità e funzione,
gioca un ruolo unico nel nostro organismo.
Studi condotti negli animali germ-free hanno dimostrato che l’assenza di una
microflora residente modifica la struttura e la funzione della parete intestinale
(villi più allungati, cripte più corte, placche di Payer inferiori per numero e densità,
ridotta stimolazione dei plessi motorii).
Gli studi sul microbioma intestinale, utilizzando le procedure meta-genomiche,
hanno consentito una classificazione dei batteri intestinali in tre grandi gruppi
(enterotipi): Batterioidi, Prevotella e Ruminococcus. Di essi, alcuni sono giudicati
benefici (esempio, Bifidobatteri e Lattobacilli), altri benigni (esempio, specie metanogene e saccarolitiche di clostridi e bacteroidi), poichè in grado di contrastare
l’eccessiva moltiplicazione di specie dannose per la salute umana.
Il microbioma si pone quandi in una posizione centrale nei sofisticati rapporti
tra alimentazione, energia, funzioni intestinali incluso il sistema immunitario.
a test genetico per scoprire la possibilità di avere una predisposizione ad una o più malattie in
modo da prevenirne lo sviluppo con dietoterapie mirate;
6)nell’approfondimento della prevenzione e della
cura, con un approccio interdisciplinare (dietetico, medico, psicologico), dei disturbi del comportamento alimentare: un insieme di patologie
(obesità, anoressia, bulimia e altri disturbi alimentari) che rappresenta una realtà diffusa e preoccupante;
7)nella promozione della ricerca e sviluppo nel settore delle piccole e medie imprese che ambiscono
a produrre cibi ad alto valore salutistico. Tenendo
conto che la maggior parte di queste imprese non
ha esperienza in ricerca e sviluppo è fondamentale stimolare la creazione di reti di laboratori e
di imprese con lo scopo di passare con rapidità
al trasferimento ed all’assorbimento dei risultati
delle ricerche da parte delle imprese.
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