Globalismo Affettivo nella disabilità Report sintetico del monitoraggio

Globalismo Affettivo nella disabilità
Report sintetico del monitoraggio
Dipartimento di Scienze Pedagogiche e Didattiche
Università degli Studi di Bari
Anno Accademico 2010-2011
Presentazione
1. Lo sfondo
1.1. Gli studi sull'apprendimento della lectoscrittura in età infantile
2. Quadro teorico del monitoraggio
3. Le Scuole coinvolte
4. Il protocollo del monitoraggio
5. La procedura di analisi dei corpus
6. Le risultanze
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Presentazione Report
Dall'atto della sua costituzione l'équipe tecnico-scientifica del
Progetto "Globalismo affettivo nella disabilità", costituita per la sua
componente universitaria dai Dipartimenti di Scienze Neurologiche e
Psichiatriche e dal Dipartimento di Psicologia e Scienze Pedagogiche
e Didattiche dell'Università degli Studi di Bari, ha ricevuto mandato
dall'Ufficio Scolastico Regionale Scuola della Puglia, per il tramite
della dott.ssa Lucrezia Stellacci, di verificare le possibilità di un accreditamento scientifico del metodo "Globalismo affettivo" con particolare riferimento, per quanto inerisce alla parte pedagogicodidattica, al miglioramento del contesto Scuola dell'infanzia (ove avviene l'applicazione del metodo) e degli apprendimenti degli allievi
(compresi i diversabili nelle aree ICF).
Fra le iniziative avviate per dar corso a tale mandato, il Dipartimento di Psicologia e di Scienze Pedagogiche e Didattiche dell'Università degli Studi di Bari, nelle persone dei proff. Giuseppe Elia, ordinario di Pedagogia Generale e della prof.ssa Loredana Perla, associato di Didattica Generale, ha messo a punto un protocollo di azioni
di monitoraggio pilota - programmato nel periodo maggio-giugno
2011, al termine del quale è stato possibile raccogliere alcuni preziosi
elementi di valutazione utili all'accreditamento del metodo e alla
messa a punto del protocollo generale da far partire in settembre, in
concomitanza con l'avvio della sperimentazione del metodo con i treenni, nell'a.s. 2012-2013.
Si tratta di materiali che hanno un duplice scopo dunque:
a) dare una restituzione del monitoraggio effettuato su un campione teorico di Scuole dell'infanzia nelle quali è stato applicato il meto2
do per almeno un anno;
b) individuare i punti di forza ed eventuali punti di debolezza del
metodo sui quali effettuare una riflessione orientata al miglioramento, così come è previsto negli impianti protocollari di monitoraggio.
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1. Lo sfondo
1. Gli studi sull'apprendimento della lectoscrittura in età infantile
L'applicazione di metodi anticipazionisti degli apprendimenti di lectoscrittura nella Scuola dell'infanzia pone da sempre un problema di
legittimazione psicopedagogica e didattica in tale ordine di Scuola.
Già gli Orientamenti del '91, dando un innegabile contributo alla identificazione di ciò che è essenziale e specifico nella Scuola del
bambino, richiamano e avallano esplicitamente, nella parte dedicata
ai Campi di esperienza, il significato e l'importanza del contatto precoce con la lingua scritta. Vi si legge infatti che "il processo di concettualizzazione della lingua scritta inizia prima dell'ingresso nella
scuola elementare ed è sostenuto dall'immersione in un ambiente ricco di fonti di informazione e di immagini, capace di stimolare anche
la curiosità per la lingua e i modi di scriverla"1. Un'attenzione questa
riconfermata nel testo della Indicazioni Nazionali per i piani di studio
personalizzati delle Attività Educative nelle Scuole dell'infanzia
(D.M.19 febbraio 2004,n.59) e dalle Nuove Indicazioni per il Curricolo per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo di istruzione
(D.M.31 luglio 2007). Un ulteriore contributo di legittimazione ci
viene poi dal fronte della ricerca cognitiva degli ultimi trent'anni che,
ponendo nel dovuto risalto i processi mentali attivati dal possesso
della competenza di lectoscrittura in bambini dai tre ai sei anni, ha
ormai riconosciuto a tale competenza (e alle attività ad essa connesse), precise finalità in ordine allo sviluppo d molteplici competenze
1
Testo ministeriale degli Orientamenti della scuola dell'infanzia.
4
cognitive e meta cognitive complesse. Del resto già da tempo a moltissimi di coloro che si occupano di educazione di bambini era parso
insufficiente spiegare l'acquisizione della competenza scritta in termini di discriminazione di caratteri o di semplice padronanza delle
regole di trascrizione fonografica. Piuttosto è da tempo pienamente
emersa la convinzione dovesse trattarsi del risultato di operazioni di
natura squisitamente concettuale che il bambino mette in atto ben
prima del suo ingresso nella scuola primaria ritenuta da sempre come
la sede più opportuna anche per la sua collocazione strategica (al
centro della scuola di base) per avviare l'apprendimento della lingua
scritta.
Oggi si può dire che molti pregiudizi nei riguardi dell'avvio alle attività di lectoscrittura di bambini anche molto piccoli siano stati superati in ragione degli esiti di numerose ricerche specificamente orientate a chiarire le modalità di acquisizione della lingua scritta in bambini piccolissimi.
È stato così evidenziato come la scrittura alfabetica rappresenti per il
bambino il punto di arrivo e non di partenza, come erroneamente ritenuto, di tutti i suoi tentativi di arrivare a cogliere la natura del sistema segnico e quanto egli familiarizzi con quest'ultimo con largo
anticipo rispetto ai tempi psicologici ed istituzionali previsti.
Queste ricerche2 hanno dunque scoperto l'esistenza "di una "preistoria" dell'apprendimento della lettura e della scrittura, dimostrando
come il processo di riflessione sulla lingua scritta da parte del bambino non comincia e non finisce a sei anni ma operi in lui in modo
continuo indipendentemente da partenze burocratiche (l'inizio della
scuola elementare)"3.
Analizzando più specificatamente qualche punto essenziale di queste
teorie, cercheremo ora brevemente di coglierne la portata innovativa
interrogandoci in che misura tali conoscenze abbiano influenzato le
prospettive pedagogiche e didattiche sull'apprendimento della scrittura in bambini piccoli al fine di restituire lo sfondo giustificativo della
2
E.Ferreiro, A. Teberosky (1985), La costruzione della lingua scritta nel bambino.
Giunti: Firenze.
3
C. Pontecorvo; G.Tassinari, L.Camaioni (1990), Continuità educativa quattrootto. La Nuova Italia:Firenze.
5
sperimentazione avviata nelle scuole pugliesi col "Globalismo affettivo".
Da Socrate a Dewey, la storia del pensiero filosofico e pedagogico ha
dimostrato che apprendere è sempre scoprire qualcosa da noi stessi.
L'insegnamento non è altro che una sollecitazione al processo di scoperta, cioè alla percezione di un problema e alla autonoma attività di
indagine condotta dal soggetto. Tradotto in termini educativi: non si
tratta di trasmettere una conoscenza ma di costruire le condizioni di
contesto affinché il soggetto scopra questa conoscenza.
È su tale presupposto che si basa l'ipotesi generale delle teorie cognitivistiche e costruttivistiche secondo le quali il bambino costruisce
attivamente la sua conoscenza in interazione con l'ambiente che lo
circonda: "egli cerca e utilizza (l'informazione" in base ad un'ipotesi
sulle caratteristiche o attributi rilevanti, ipotesi che sarà verificata attraverso l'esperienza di casi positivi e negativi del concetto
stesso"4.Già J. Piaget aveva contributo ampiamente a chiarire la
natura epistemologica di tali processi.
Il punto di per sé centrale della sua teoria che maggiormente può interessare ricordare in questa sede è la concezione costruttivistica delle strutture e delle operazioni mentali, cioè delle categorie che regolano l'organizzazione del pensiero e delle sue procedure nell'elaborarre i dati della conoscenza.
Ebbene, gli stimoli ambientali non agirebbero direttamente sull'individuo, condizionandolo (secondo quanto invece sostenuto dal paradigma behaviorista), ma sono elaborati dai sistemi di assimilazione
del soggetto stesso, i cosiddetti "schemi di assimilazione".
Cosa significa questo? Che il soggetto interpreta ed elabora gli stimoli anziché subirli, ponendosi in tal modo al centro dei processi di
apprendimento.
Poiché ben presto Piaget privilegiò lo studio della formazione dei
concetti fisici e matematici, oggi, grazie a lui, sappiamo che "i processi che portano all'acquisizione delle nozioni matematiche elementari non passano per la memorizzazione né per attività meccaniche di
4
J.S.Bruner, J.Goodnow, G.A.Austin (1962). Il pensiero. Strategie e categorie.
Armando:Roma, p.22.
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riproduzione".
Il bambino, in realtà, consegue una conoscenza matematica sempre
più generalizzata costruendosela a prescindere dall'epoca di inizio
dell'apprendimento scolastico o dal metodo usato, ma imparando essenzialmente attraverso la propria azione sul mondo. E, soprattutto,
procedendo mediante grandi ristrutturazioni globali, alcune delle
quali in conflitto rispetto alla meta finale ma indispensabili per giungere ad essa.
Ora, gli sviluppi di questo modello fanno supporre che i bambini,
lungi dal limitarsi ad attendere che qualcuno indichi loro il "come fare" ed il "come dire" delle cose, cerchino invece piuttosto attivamente di risolvere gli interrogativi posti dall'ambiente che li circonda e
formulino su di esso ipotesi cognitive e linguistiche di insospettata
complessità.
Ebbene, molte di queste ipotesi (esattamente come quelle che portano all'acquisizione dei numeri), riguardano l'oggetto culturale "scrittura" del quale il bambino, almeno inizialmente, coglie solo l'aspetto
funzionale( come mezzo di comunicazione tra adulti). Successivamente questa convinzione viene arricchita con la sistematica ricerca
di regolarità e con la selezione di informazioni automaticamente inferite dal contesto linguistico di appartenenza.
Del resto è difficile immaginare che questo non avvenga in una società altamente alfabetizzata quale la nostra, in cui i bambini vivono
un contatto precoce con i segno scritti - dei segnali stradali, delle insegne pubblicitarie, dei manifesti, delle scatole contenenti gli oggetti
di consumo più svariati dai quali appaiono incuriositi come da qualunque altro fenomeno.
Eppure gli orientamenti di ricerca che hanno preceduto l'affermarsi
della prospettiva costruttivista hanno trascurato pressoché completamente il ruolo attivo del bambino nel processo di concettualizzazione
della lingua orale e scritta.
Tali ricerche hanno messo in evidenza alcune comuni modalità di
approccio alla scrittura da parte dei bambini piccoli ed una naturale
costanza nella successione delle fasi psicogenetiche di livelli di concettualizzazione il cui sviluppo dipende in modo particolare da alcuni
fattori fondamentali.
1) la quantità e qualità di esperienze con la lingua scritta che il bambino ha l'opportunità di compiere;
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2) l'ampiezza degli stimoli che gli permettono di avanzare ipotesi e di
sperimentare soluzioni modificabili ogni qualvolta gli sembrino insoddisfacenti;
3) la mediazione culturale svolta dall'adulto e dai contesti didattici. In
tal senso appare fondamentale il ruolo della scuola dell'infanzia come
ambiente intenzionalmente e professionalmente strutturato per predisporre interventi, mezzi e strumenti opportunamente sollecitanti al
fine di orientare il bambino a costruire la propria storia.
Il processo di elaborazione cognitiva compiuto dal bambino per avvicinarsi alla conquista della lingua scritta è piuttosto lungo e graduale, nel senso che viene realizzato in tempi individuali diversi anche e
soprattutto in relazione ai diversi rapporti esperiti dai bambini col sistema alfabetico.
In generale, all'interno di questo processo è possibile individuare alcuni "giri di boa" fondamentali nella conquista di nuovo livelli di approssimazione al traguardo della scrittura.
Il primo di questi riguarda il raggiungimento della capacità discriminativa tra disegno e scrittura, capacità che viene acquisita intorno ai
tre anni di età.
In questa fase il codice grafico (che per comodità chiameremo disegno) permette di cogliere la forma e gli attribuiti percettivamente essenziali degli oggetti; quello alfabetico (la scrittura) serve a rappresentare tutto ciò che di un oggetto non si può descrivere graficamente
ovvero il nome, gli attributi complessi, le funzioni, ecc.
Per arrivare a disegnare il bambino deve poter fare una ipotesi sulla
"forma" degli oggetti, ipotesi certamente più semplice perché trova
immediatamente il suo riscontro percettivo; per scrivere deve sviluppare un'ipotesi squisitamente meta cognitiva sull'articolazione linguistica dell'oggetto del quale non sono rappresentati gli elementi figurali bensì il nome.
Così è storicamente avvenuto in Egitto e in Cina col passaggio dalla
scrittura ideografica alla scrittura alfabetica. Così avviene nel bambini quando il segno smette di designare l'oggetto com'è nell'universo
delle cose per designare il concetto com'è nell'universo del linguaggio.
A questa prima discriminazione indispensabile per ogni ulteriore
progresso, seguono ulteriori livelli di conquista: presillabico, sillabico e alfabetico.
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Durante la fase presillabica il bambino comincia a valutare le caratteristiche formali del testo scritto e le sue proprietà. La prima di queste
riguarda la quantità minima di lettere che un segmento scritto deve
possedere perché sia ritenuto leggibile dai bambini (non meno di tre).
Un'altra è che i caratteri della parola siano diversificati (uno scritto
formato da lettere uguali non è ritenuto leggibile). Le regola della
quantità minima e delle lettere caratterizzano l'ipotesi del nome: a
questo punto il bambino è in gradi di attribuire un significato allo
scritto, benché chiaramente non ancora in modo convenzionale.
In questa fase (sillabica), tuttavia, non è stato ancora comoiuto il salto fondamentale: cogliere la corrispondenza tra parti dellos critto ed
emissione sonora, idea base del sistema convenzionale.
Questa conquista caratterizza il livello successivo, quello sillabico, in
cui il bambino riesce a collegare la scrittura al linguaggio come modello sonoro avente caratteristiche diverse rispetto all'oggetto di riferimento.
L'unica differenza rispetto al sistema convenzionale riguarda la scelta
dell'unità sonora da prendere in considerazione, unità che è appunto
la sillaba e non il fonema. Ecco perché questa ipotesi finisce con l'entrare continuamente in conflitto sia con i modelli di scrittura proposti
dal'ambiente quando i conti non tornano tra il numero delle sillabe
sonore e il numero di lettere (avviene spessissimo,a ad esempio, con
la scrittura del nome proprio che quasi tutti i bambini piccoli sanno
già ascrivere alfabeticamente, sia con l'ipotesi della quantità minima
di lettere, per cui le parole bisillabe che dovrebbero essere scritte con
due lettere per aderire alla regola vengono scritte con tre. Quando il
bambino impara ad esercitare un controllo più stabile tra grafema ed
emissione sonora le scritture, sia pure non ancora convenzionali, possono ormai essere definite alfabetiche.
Al termine di questa fase il bambino ha risolto tutti i suoi problemi
logici riguardanti il sistema di scrittura, e li ha risolti con grande anticipo rispetto al suo ingresso nella scuola elementare.
Un dato interessante che emerge dai risultati conseguiti sul versante
delle ricerche relative ai modi un cui evolve la concettualizzazione
della lingua scritta durante l'infanzia, è che l'apprendimento spontaneo del codice alfabetico in qualche modo precorre i tempi dell'insegnamento dello stesso.
I bambini, cioè, sono lettori e scrittori prima dell'iniziazione ufficiale.
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Questo comporta la necessità di tener conto del retroterra conoscitivo-spontaneo di cui il bambino è portatore al suo ingresso nella scuola e nel contempo valorizza il ruolo dell'insegnante di scuola dell'infanzia nell'assumersi l'impegno alla "facilitazione" dell'apprendimento della lingua scritta del bambino. Egli interviene infatti in una fascia di età (tre, sei anni) potenzialmente molto fertile, in cui lo sviluppo cognitivo è influenzato in modo rilevante dagli strumenti di
rappresentazione utilizzati e dalle possibilità fornite dalla cultura.
Ciò equivale a dire che per imparare a leggere e scrivere non basta
che i bambini conoscano la lingua che parlano o che si allenino a riconoscere i segni grafici che rappresentano, ma occorre che fruiscano
di opportunità educative e metodologiche mirate a sollecitare la naturale scoperta della lingua scritta, senza velleità anticipazionistiche di
sorta.
La scuola dell'infanzia può offrire queste opportunità realizzando
contesti idonei per l'alfabetizzazione del bambino. In che modo?
Anzitutto ponendosi tra i suoi tradizionali obiettivi (apprendimento
dei prerequisiti percettivi, linguistici e motori) quelli riguardanti l'oggetto scrittura e gli usi che se ne possono fare (cos'è la scrittura? A
cosa serve? Che funzione ha?).
In secondo luogo accertando, sin dal primo ingresso dei bambini a
scuola, il grado di concettualizzazione della lingua scritta raggiunto
da ciascun bambino.
Va superato un pregiudizio duro a morire circa una divisione di compiti nell'insegnamento apprendimento della lectoscrittura fra scuola
dell'infanzia e scuola primaria: alla prima si chiede di supportare la
prescrittura e l'oralità, alla seconda invece si è sempre chiesto di garantire l'apprendimento della lectoscrittura. Tale separazione oggi
non è più così netta per cui è più che legittimo, dal punto di vista didattico, pensare di avvicinare i bambini alla forma comunicativa che
utilizza il codice scritto con metodi che, escludendo qualsiasi precocismo, insegnino divertendo e soprattutto tenendo insieme codice e
senso. Sono infatti le situazioni, i significati a rendere ai bambini necessario il ricorso al codice: i bambini apprendono a scrivere e a leggere mobilitati da una forte motivazione e curiosità. La tradizione di
pensiero che fino a oggi ha ispirato il sistema educativo, dalla scuola
elementare all’università, ha privilegiato il metodo che riduce il
complesso al semplice, che separa ciò che è legato, che omologa ciò
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che è molteplice, che elimina tutto ciò che apporta disordine e contraddizione al processo di comprensione. Il pensiero che taglia, riduce e isola può certo condurre esperti e specialisti a essere molto produttivi nei loro campi rispettivi. Oggi, tuttavia, la frammentazione
dei saperi, la moltiplicazione dei sottosettori nelle singole discipline,
la proliferazione di linguaggi autoreferenziali creano ostacoli e impedimenti alla comunicazione. Questo spinge a favorire la progettazione di percorsi didattici all’insegna dell’unitarietà e all'applicazione
di metodi che facciano leva su apprendimenti unitari, legati insieme
dal senso. Già nella scuola dell’infanzia questo aspetto risulta evidente, grazie alla riproposizione dei campi di esperienza. I campi di
esperienza non sono né discipline né ambiti disciplinari, ma rappresentano, per gli insegnanti, una sorta di organizzatori concettuali, che
li aiutano ad accompagnare i bambini a dare senso alle molteplici esperienze che vanno compiendo e ordine alla quantità di informazioni che vanno assorbendo, sia a scuola che, e soprattutto, fuori dalla
scuola.
Per quanto riguarda specificatamente gli apprendimenti della lingua
scritta, le risultanza delle molte sperimentazioni condotte nelle scuole
dell'infanzia di tutto il mondo si sono rivelate assai incoraggianti sia
sul versante dello sviluppo dei processi di simbolizzazione che su
quello delle abilità relative alla produzione e fruizione del testo. La
possibilità per i bambini di essere sollecitati in quella che Vygotsky
definiva "area di sviluppo prossimale" dell'intelligenza attraverso
l'applicazione, nella pratica educativa, di curricula di livello immediatamente superiore a quelli da essi normalmente seguiti, sortisce
effetti sorprendenti. Ma soprattutto sono state verificate molte delle
ipotesi introdotte dalle ricerche pioneristiche di Emilia Ferreiro e
Ana Teberosky riguardo le strettissime relazioni esistenti tra sviluppo
del linguaggio e sviluppo del pensiero.
Entro questo sfondo si colloca la proposta metodologica del "Globalismo affettivo" di Vito De Lillo, pienamente rispondente alle istanze
della promozionalità nella Scuola dell'infanzia di processi di alfabetizzazione unitari e non anticipazionistici.
2. Quadro teorico del monitoraggio
Per effettuare il monitoraggio abbiamo optato per uno statuto col11
laborativo dell’impianto. La ragione si lega alla necessità di compiere rilevazioni sul campo che consentono l’“immersione” del ricercatore nell’esperienza osservata così come viene vissuta, pensata, agita
dai suoi protagonisti principali: nel caso del'esperienza osservata tali
soggetti sono stati i bambini, gli insegnanti, i dirigenti, le famiglie ai
quali abbiamo chiesto di esprimere significati e valutazioni in relazione al metodo.
Il quadro di riferimento teorico del monitoraggio è stato quello
della fenomenologia empirica (Mortari, 2007, 2010; Perla, 2008,
2009, 2010). Il paradigma fenomenologico è particolarmente appropriato sia perché valorizza profondamente la soggettività dei soggetti
coinvolti, il loro punto di vista sulle pratiche, sia perché agevola la
comprensione delle qualità dei fenomeni e dei significati che tali fenomeni assumono per chi ne fa esperienza. Lo scopo del nostro monitoraggio era far emergere le categorie della qualità dell'esperienza
vissuta estrapolandole dai corpus discorsivi di chi aveva vissuto concretamente l'immersione nel metodo del "Globalismo affettivo".
3. Le Scuole coinvolte
Le Scuole che hanno partecipato alla ricerca sono state 10 (più 14
plessi afferenti alle scuole monitorate).
Tab. 1 - Scuole coinvolte
SCUOLE
Massafra
Molfetta
Bitonto e Palombaio
Andria
Giovinazzo
PLESSI AFFERENTI
2 circoli didattici + 3 plessi
2 circoli didattici + 3 plessi
2 circoli didattici + 3 plessi
2 circoli didattici + 2 plessi
2 circoli didattici + 3 plessi
Tab. 2 - Soggetti coinvolti
INSEGNANTI
Massafra
Molfetta
Bitonto e Palombaio
Andria
NUMERO
13 + 3 SPECIALIZZATE
9 + 2 SPECIALIZZATE
7
7
12
Giovinazzo
8
Tab. 3 - Soggetti coinvolti
DIRIGENTI
Massafra
Molfetta
Bitonto e Palombaio
Andria
Giovinazzo
NUMERO
1
2
2
1
1
Tab. 4 - Soggetti coinvolti
GENITORI
Massafra
Molfetta
Bitonto e Palombaio
Andria
Giovinazzo
NUMERO
15
8
12
10
12
4. Il protocollo del monitoraggio
Nell’itinerario ci siamo avvalsi di tre strumenti: l'intervista di esplicitazione per gli insegnanti e i dirigenti; il focus group per le famiglie
e i video casi per riprendere in aula qualche situazione educativa in atto di applicazione del metodo.
Descriviamo brevemente gli strumenti.
4.1. Intervista di esplicitazione
L'intervista di esplicitazione è stata utilizzate coi Dirigenti e con gli
insegnanti. Ideata da P. Vermersch, essa è finalizzata a favorire la
descrizione a posteriori delle pratiche didattiche realizzate, sulla base
del presupposto che un’azione vissuta è già una “conoscenza in atto”
perlopiù inconsapevole da esplicitare attraverso una “presa di coscienza”. Essa si svolge invitando l'intervistato a verbalizzare le tracce (procedure, segni tangibili, azioni, atti) dell'esperienza svolta.
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Se l’obiettivo generale dell’intervista di esplicitazione è quello di
tutte le interviste qualitative5, ovvero “accedere alla prospettiva del
soggetto studiato”6, cogliendone tutto quanto contribuisca a influenzare, a volte determinare, lo svolgersi dell’azione, l’obiettivo specifico è invece quello della coscientizzazione delle azioni svolte, il che
la rende particolarmente utile entro i protocolli di ricerca sulle pratiche.
Con l'intervista di esplicitazione agli insegnanti siamo andati ad "osservare" i seguenti aspetti:
a) Effetti d’uso del "Globalismo affettivo" con il bambino diversabile
b) Conoscenza del "Globalismo affettivo" (da quanto tempo?)
c) Padronanza del metodo (corretta capacità rappresentazionale delle
fasi)
d) Grado di integrazione del "Globalismo affettivo" nelle progettazioni curricolari
e) Mediatori utilizzati nell'applicazione del "Globalismo affettivo"
f) Punti di forza e punti di debolezza del metodo
g) Apprendimenti maturati grazie all'applicazione del metodo
Sempre con l'intervista di esplicitazione ai dirigenti siamo andati ad
"osservare" i seguenti aspetti:
a) Conoscenza del "Globalismo affettivo" (da quanto tempo?da chi
ne ha sentito parlare?)
b) Diffusione del metodo (corretta informazione alle famiglie)
c) Punti di forza e punti di debolezza del metodo
d) Apprendimenti maturati grazie all'applicazione del metodo
4.2 Focus group
5
A questo proposito vedi L. PERLA, L’intervista per dire della pratica, in C. LANEVE (a cura
di), Analisi della pratica educativa, La Scuola, Brescia 2005, pp. 80-100 ed anche C. RUGGIERO, Alla scoperta del lavoro e dell’organizzazione. L’intervista per descrivere il lavoro,
Maggioli, San Marino 2009.
6
P. CORBETTA, Metodologie e tecniche della ricerca sociale, il Mulino, Bologna 1999, p.
405.
14
Il focus group è stato invece utilizzato con le famiglie.
Si tratta di interviste rivolte a gruppi omogenei di 7/12 persone, la cui
attenzione è focalizzata su un argomento specifico (nel nostro caso la
domanda era su cosa pensassero del metodo), che viene scandagliato
in profondità. Un moderatore indirizza e dirige la discussione tra i
partecipanti e ne facilita l'interazione. Ogni partecipante ha l'opportunità di esprimere liberamente la propria opinione rispetto all'argomento trattato; la comunicazione nel gruppo è impostata in modo aperto e partecipato, con un'alta propensione all'ascolto. Il contraddittorio positivo che ne consegue consente di far emergere i reali punti
di vista, giudizi, pre-giudizi, opinioni, percezioni e aspettative del
pubblico di interesse in modo più approfondito di quanto non consentano altre tecniche di indagine. La tecnica (Stewart - Shamdasani,
1990; Morgan, 1993; Krueger, 1994) trae origine dalle ricerche sociali sulle dinamiche dei piccoli gruppi.
Con i focus group siamo andati ad "osservare" nelle famiglie i seguenti aspetti:
a) Rappresentazione del "Globalismo affettivo" da parte dei bambini
(cosa dicono e raccontano a casa?)
b) Conoscenza del "Globalismo affettivo" (da parte dei genitori)
c) Valutazioni del metodo
d) Punti di forza e punti di debolezza del metodo
e) Apprendimenti maturati grazie all'applicazione del metodo
4.3 I videocasi
Abbiamo ripreso una situazione video in tutte le Scuole visitate, utilizzando una videocamera fissa durante le attività di drammatizzazione e mobile durante la compilazione delle schede pre-compilate o
nella gestione di attività con micro-gruppi
Durata delle attività videoriprese: media di 20 minuti
La videopedagogia è un approccio proficuo nei monitoraggi delle
pratiche didattiche poiché ricrea non solo la voce dei protagonisti,
come nelle interviste, ma anche il comportamento, il contesto fisico e
15
la direzione dello sguardo; consente una situated-research (Tochon,1999) in cui è possibile rivedere l'esperienza osservata con finalità di comprensione e riflessione post-attive più profonde.
Con i video siamo andati ad "osservare" in aula i seguenti aspetti:
a) Rappresentazione del "Globalismo affettivo" da parte dei bambini
b) Azioni dei bambini
c) Azioni degli insegnanti
d) Clima d'aula
e) Punti di forza e punti di debolezza
5. La procedura di analisi dei corpus
L'applicazione dei dispositivi ci ha consentito di ottenere un quantitativo notevole di corpus discorsivi e video che abbiamo sottoposto
a QDA (Qualitative Data Analysis), assumendola nella versione meno oggettivistica, quella di Strauss e Corbin (1990; Cipriani, 2008; Tarozzi, 2008).
QDA è una procedura di analisi GT (Grounded Theory) basata su
un impianto prevalentemente bottom-up, costruito su un ciclo ricorsivo di tre momenti: la raccolta dei dati (data-collection), la codifica
dei dati e l’analisi dei dati. Il percorso segue poi un’evoluzione crescente in astrattezza e formalizzazione: dalla realtà fenomenica si arriva al dato e poi da questo alla emergenza di alcune categorie definienti l'oggetto specifico di studio.
Per quanto riguarda i materiali video, anch'essi sono stati sottoposti a
Qda individuando delle unità descrittive significative rispetto al fenomeno osservato. Si è proceduto alla revisione delle unità descrittive per eliminare ripetizioni e sovrapposizioni. Si sono raccolte le unità descrittive significative in “unità di significato ” video e identificate le “strutture invarianti essenziali” del fenomeno.
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Fig. 2 - Fasi del procedimento di analisi GT
Teoria
Livello 3
Codifica selettiva
Core category
Livello 2 Codifica assiale
Vengono esaminati i dati del livello 1
e abbozzate le macrocategorie
Livello 1 Codifica aperta
Una grande quantità di dati grezzi vengono
individuati ed etichettati (labelling)
6. Le risultanze
E veniamo alle risultanze.
In linea generale abbiamo riscontrato in tutte le Scuole visitate un'altissima
motivazione fra gli insegnanti, i dirigenti e le famiglie all'applicazione del
metodo.
I giudizi sono stati positivi all'unanimità; gli effetti sortiti sul piano degli
apprendimenti altamente produttivi in tutti i bambini, in modo specifico nei
bambini portatori di qualche diversabilità che hanno potuto giovarsene per
aspetti non soltanto legati alla sfera della socializzazione.
Andiamo ora a dettagliare i riscontri emersi per tipologia di corpus testuali
analizzati.
Per quanto riguarda le interviste agli insegnanti è emerso quanto segue.
a) Induzione spontanea della scoperta del principio alfabetico (indipendentemente dalle istruzioni esplicite).
L'applicazione del metodo crea un ambiente di apprendimento in cui i
bambini accedono alla scoperta del principio alfabetico senza forzature, lu17
dicamente; i bambini diversabili appaiono pienamente integrati nell'atmosfera di gioco fantastico creata dall'insegnante.
b) Alto grado di integrazione sociale del bambino diversabile
c) Approfondita rappresentazione verbale delle fasi del metodo
Tutte le insegnanti sono risultate altamente padrone dello schema di attuazione del metodo. Attraverso l'intervista di esplicitazione si richiede l'operazione non facile di evocazione delle azioni: ebbene in tutte le insegnanti
questa rappresentazione è stata condotta a termine senza difficoltà.
d) Integrazione produttiva nelle progettazioni per campi di esperienza
Il metodo "Globalismo affettivo" si presta ad essere integrato con facilità in
tutti i Campi di esperienza ed è stato integrato produttivamente nei curricola.
e) Coinvolgimento del gruppo: partecipazione e democrazia.
Il metodo è altamente coinvolgente sul piano della motivazione e della partecipazione; si presta dunque a stimolare fortemente la costruzione dello
spirito di gruppo e di squadra alimentando curiosità, attesa, comunione fra i
bambini.
f) Attivazione della corporeità
Le attività di drammatizzazione previste dal metodo promuovono l'educazione corporea e motoria.
g) Velocizzazione delle fasi di passaggio dal riconoscimento della lettera alla scrittura delle lettere.
E' stata riscontrata da parte delle insegnanti una velocizzazione dei tempi di
transizione dal riconoscimento delle lettere alla scrittura delle lettere.
h) Rapidità degli apprendimenti di lectoscrittura (anticipo a 3 anni/mezzo)
e familiarizzazione digitale. Il metodo autorizza a ipotizzare un anticipo a
tre anni degli apprendimenti di lectoscrittura.
i) Approdo spontaneo alla scrittura.
Anche i bambini diversabili approdano alla scrittura senza forzature.
l) Utilizzo del laboratorio. Risulta assai positivo l'utilizzo del mediatore
laboratoriale.
m)Necessità di attrezzature a supporto delle storie (pc in aula)
Gli insegnanti hanno lamentato il bisogno di sostenere le storie dal punto di
vista digitale e maggiore supporto informatico (LIM e pc in aula).
n) Necessità di avviare il metodo all’ inizio dell’anno scolastico.
Si è ravvisata la necessità di avviare il metodo "Globalismo affettivo" a inizio anno scolastico. Il metodo crea molta attesa nei bambini che avvertono
uno scarto rispetto alle altre attività del curricolo.
Per quanto riguarda le interviste ai dirigenti è emerso quanto segue:
a) Disponibilità degli insegnanti a ripetere il metodo
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Tutti i dirigenti hanno evidenziato la disponibilità attestata dagli insegnanti alla ripetizione del metodo. In alcune scuole si era già al terzo anno di applicazione con successo.
b) Positività delle reazioni delle famiglie.
Le famiglie hanno reagito assai positivamente all'applicazione del
metodo e questo ha incoraggiato la riapplicazione nelle scuole pilota.
c) Motivazione alta alla sperimentazione
Abbiamo riscontrato un'alta motivazione verso la sperimentazione e
l'assoluta disponibilità dei dirigenti ad accogliere il gruppo di ricerca
e a favorire le rilevazioni sul campo.
d)Contributo alla diffusione dello spirito di ricerca
I dirigenti hanno evidenziato che il metodo stimola la diffusione dello spirito di ricerca ed è di sprone all'innovazione.
e) Plausibilità delle ipotesi anticipazioniste nel rispetto dei bisogni dei piccoli.
Il metodo può essere proficuamente applicato anche ai bambini molto piccoli: i dirigenti ritengono plausibile l'ipotesi di una generalizzazione del metodo nelle sezioni eterogenee poiché l'applicazione non
ha fatto evidenziare alcuna forzatura anticipazionistica degli apprendimenti.
f) I bambini diversabili e “difficili” si integrano nel contesto immaginoso delle storie, ma il beneficio entra nel piano di realtà.
Assai positivi i giudizi per quanto riguarda la maturazione degli apprendimenti cognitivi in tutte le aree ICF.
g) Integrazione insegnanti-bambini.
I dirigenti hanno raccolto giudizi positivi dagli insegnanti in modo
particolare per quanto riguarda le funzioni ponte della fata letterina.
h) Maggiore efficacia in sezioni omogenee
i) Necessità di attrezzature (pc in aula)
l) Formazione da estendere a tutti i docenti
Un elemento individuato in tutti i corpus dei dirigenti inerisce la necessità di una formazione da estendere all'intero corpo docente.
Per quanto riguarda i focus group alle famiglie è emerso quanto segue:
a) I bambini ne parlano.
Molto alto il livello di gradimento manifestato dai genitori. I bambini
raccontato a casa di quanto si svolge a scuola durante l'applicazione
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del metodo.
b) le storie vengono raccontate, drammatizzate, disegnate a casa
c)Apprendimenti osservabili
I genitori hanno notato che i bambini a casa scrivono con facilità le
parole imparate a scuola.
d)Motivazione alta: si va a scuola perché c’è il maestro computeraio.
C'è un alto livello motivazionale dei bambini nei riguardi della proposta: i bambini vanno a scuola gioiosamente in attesa del Maestro
Computeraio.
Per quanto riguarda i video casi ripresi in aula è emerso quanto segue:
a) Clima gioioso, socializzante.
Coinvolgimento affettivo, creatività e partecipazione dei bambini in
maniera differenziata nelle attività del metodo a seconda dell’età: in
tutte le attività del metodo (comprese le fasi di compilazione delle
schede e degli esercizi al computer) per i bambini più grandi di 4-5
anni; nelle drammatizzazioni, nelle canzoni, nell’ascolto delle storie
per i bambini più piccoli (3 anni).
b)Espansione dell’Io dei bambini (sentimento di competenza)
Apprendimento dei fondamenti di letto-scrittura ed integrazione dei
bambini con bisogni educativi speciali, in particolare nelle attività al
computer e nella drammatizzazione delle storie. E' molto sollecitato
il sentimento di competenza. Personalizzazione e differenziazione
delle attività del metodo del globalismo da parte delle insegnanti nei
diversi istituti scolastici. Efficacia delle attività svolte da 2 insegnanti
in compresenza
c) Grande produzione di materiali (segno di un’attività fiorita nel
lungo tempo).
Presenza in tutte le classi di numerosi prodotti di documentazione realizzati dai bambini, guidati dalle insegnanti, che testimoniano i vari
passaggi del metodo e che personalizzano le classi. Efficacia della
dimensione “magica”: tutti i bambini credono nell’esistenza del
“mondo delle lettere”, nella vita propria delle letterine, nella figura
del computeraio (il Maestro De Lillo). Durante le attività del metodo
anche le stesse insegnanti diventano “computeraie” (una sorta di “de20
legate” del computeraio). Si registrano espressioni e domande dei
bambini che confermano la convinzione magico-fantastica della genesi delle lettere (i.e. Computerario, come sta la lettera B? - Maestra, quando arriva la computeraia?). Questa dimensione ha una fortissima influenza sulla motivazione dei bambini e sull’apprendimento
cognitivo della lettura e della scrittura.Entusiasmo ed orgoglio da
parte degli insegnanti nel diventare protagonisti di una sperimentazione didattica nuova, riconosciuta come efficace, divertente ed in
grado di stimolare ogni giorno attività didattiche personalizzate e più
funzionali di altri metodi tradizionali sia nell’apprendimento della
letto-scrittura (in particolare dei bambini diversamente abili) sia nella
gestione della classe.
d) Costruzione preordinata dell'evento.
Disomogeneità degli ambienti destinati alle attività del metodo ed efficacia del metodo anche in spazi ristretti. Minore efficacia, invece,
nelle scuole con scarsa strumentazione, in particolare in assenza del
computer e del videoproiettore (il computer, particolarmente efficace
a livello cognitivo nella risoluzione di esercizi individuali, non è presente in tutte le scuole e, spesso, deve essere utilizzato a turno da un
gruppo numeroso di bambini, generando anche momenti di tensione;
il videoproiettore, presente in un numero esiguo di scuole, permette
alle insegnanti di coinvolgere l’intero gruppo classe). Qualche difficoltà è emersa nell'effettuare l'analisi a conclusione delle attività: i
bambini conoscono già le storie e le insegnanti riepilogano quanto
fatto in forma di “spettacolarizzazione”. Occorre partire nelle analisi
dall'inizio dell'anno. In alcune scuole (ad esempio, ad Andria),
l’accoglienza nei confronti dei ricercatori ha portato alla preparazione di un vero e proprio spettacolo teatrale, con genitori, Dirigenti,
corpo docente in veste di pubblico e bambini preparati con costumi e
parti recitate. In molte occasioni il ruolo dell’insegnante è stato sostituito dal Maestro De Lillo, il quale ha ulteriormente indirizzato le attività con i bambini verso la forma di “spettacolo”. L’analisi del monitoraggio pilota ha evidenziato la necessità di condurre delle videoriprese durante le varie fasi del metodo (dall’inizio), in classe, con i
soli insegnanti, per comprendere quanto le attività del metodo aiutino
l’insegnante nell’avviamento delle attività di letto-scrittura rispetto a
pratiche didattiche quotidiane.
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Necessità inoltre di preparare le videoriprese (utilizzando almeno 2
videocamere, una fissa e una mobile) in modo da limitare il più possibile la reattività dei soggetti videoripresi.
Alla luce di quanto emerso e pur in considerazione del campione teorico osservato,si attribuisce validazione piena al metodo e si suggerisce l'allargamento del monitoraggio in estensione e in profondità:sarebbe interessante valutare gli effetti del metodo in gruppi che
ne hanno fruito al termine del 2° anno della scuola primaria (in concomitanza con la somministrazione delle prove Invalsi) e nella comparazione con un gruppo di controllo.
Bari, 4 febbraio 2012
Giuseppe Elia, Loredana Perla
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