DIRITTO DI STAMPA

Direttori
Giuseppe B
“Sapienza” Università di Roma
Nicola S D C
“Sapienza” Università di Roma
Maria Serena V
“Sapienza” Università di Roma
DIRITTO DI STAMPA
Il diritto di stampa era quello che, nell’università di un tempo, veniva a meritare
l’elaborato scritto di uno studente, anzitutto la tesi di laurea, di cui fosse stata
dichiarata la dignità di stampa. Le spese di edizione erano, budget permettendo, a
carico dell’istituzione accademica coinvolta. Conseguenze immediate: a parte la
soddisfazione personale dello studente, del relatore e del correlatore, un vantaggio
per il curricolo professionale dell’autore, eventuali opportunità di carriera accademica e possibili ricadute positive d’immagine per tutti gli interessati. Università
compresa.
La dignità di stampa e, se possibile, il diritto di stampa erano quindi determinati dalla cura formale della trattazione, dalla relativa novità del tema di studio,
dall’originalità del punto di vista e magari dai risultati “scientifici” della tesi: e cioè
dal “vuoto” che, in via di ipotesi, si veniva a riempire in un determinato “stato
dell’arte”, e dunque dal valore metodologico, anche in termini applicativi, della
materia di studio e dei suoi risultati tra didattica e ricerca. Caratteristica del diritto di stampa, in tale logica, la discrezionalità e l’eccezionalità. La prospettiva di
contribuire, così facendo, alla formazione di élites intellettuali.
Sulla scia di questa tradizione, e sul presupposto che anche l’università di oggi,
per quanto variamente riformata e aperta a un’utenza di massa, sia pur sempre un
luogo di ricerca, nasce questa collana “Diritto di stampa”. Sul presupposto, cioè,
che la pubblicità dei risultati migliori della didattica universitaria sia essa stessa
parte organica e momento procedurale dello studio, dell’indagine: e che pertanto,
ferme restando la responsabilità della scelta e la garanzia della qualità del prodotto
editoriale, il diritto di stampa debba essere esteso piuttosto che ridotto. Esteso, nel
segno di un elevamento del potenziale euristico e della capacità critica del maggior
numero possibile di studenti. Un diritto di stampa, che però comporta precisi
doveri per la stampa: il dovere di una selezione “mirata” del materiale didattico e
scientifico a disposizione; il dovere di una cura redazionale e di un aggiornamento
bibliografico ulteriori; il dovere della collegialità e insieme dell’individuazione dei
limiti e delle possibilità dell’indagine: limiti e possibilità di contenuto, di ipotesi,
di strumenti, di obiettivi scientifici e didattici, di interdisciplinarità. Un diritto di
stampa, che cioè collabori francamente, in qualche modo, a una riflessione sulle
peculiarità istituzionali odierne del lavoro accademico e dei suoi esiti.
Questa collana, dunque, prova a restituire l’immagine in movimento di un
laboratorio universitario di studenti e docenti. E l’idea che alcuni dei risultati più
apprezzabili, come le tesi di laurea prescelte, possano mettersi nuovamente in
discussione mediante i giudizi e gli stimoli di studiosi competenti.
Francesco Codato
Figli di Prometeo
Etica della responsabilità e ricerca scientifica
Presentazione di
Fabrizio Turoldo
Copyright © MMXII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: maggio 
Ai miei genitori
Per quanto breve sia la vita di ognuno, siamo
più grandi di noi stessi: i prodotti che fabbrichiamo, gli effetti che provochiamo, hanno
una scadenza tanto lunga che non saremo
solo noi a doverli affrontare, ma anche i nostri nipoti e i nostri pronipoti, ai quali forse
un giorno questi effetti intimeranno il loro
altolà.
— G. A, L’uomo è antiquato V.  (p. )
Ciò che è veramente inquietante non è che il
mondo si trasformi in un completo dominio
della tecnica. Di gran lunga più inquietante
è che l’uomo non è affatto preparato a questo radicale mutamento del mondo. Di gran
lunga più inquietante è che non siamo ancora
capaci di raggiungere, attraverso un pensiero
meditante, un confronto adeguato con ciò che
sta realmente emergendo nella nostra epoca.
— M. H, L’Abbandono (p. )
Rendere impossibile ai posteri il loro dover
essere è l’autentico crimine al quale fanno
seguito solo in seconda battuta, per quanto
colpevoli possano essere, tutte le frustrazioni
del loro volere. Questo non significa che dobbiamo tanto vigilare sul diritto degli uomini
futuri — ossia sul loro diritto alla felicità che,
date le circostanze del concetto di felicità, sarebbe comunque un criterio problematico –,
ma sul loro dovere, vale a dire sul loro dovere
di autentica umanità: quindi sulla loro capacità di attribuirsi e assolvere tale dovere, quella
capacità di cui noi li possiamo forse privare
con l’alchimia della nostra tecnologia utopica. Vigilare su tutto ciò è il nostro dovere
fondamentale verso il futuro dell’umanità.
— H. J, Il principio di responsabilità (p. )

Indice

Presentazione
di Fabrizio Turoldo

Introduzione
Parte I
Da Prometeo all’etica della responsabilità

Capitolo I
Prometeo tra catene e libertà
.. Il furto del fuoco,  – .. Progresso e razionalità,  – .. La conoscenza scientifica e il dominio della ragione,  – .. Prometeo ci ha
davvero liberati?, .

Capitolo II
Breve storia della scienza
.. Introduzione,  – .. Nascita della scienza: Talete, Anassimandro,
Anassimene,  – .. Tra fisica ed epistemologia: Eraclito, Parmenide e
il problema del mutamento,  – .. Al di là dell’esperienza: Platone e
la creazione di una fisica teorico matematica,  – .. Aristotele e l’importanza delle ricerche empiriche,  – .. La matematica ellenistica, 
– .. Tolomeo, Galeno e il dibattito critico–razionale,  – .. Scienza
tra Medioevo e Rinascimento,  – .. Da Bacone a Copernico: la rivoluzione scientifica,  – .. Galileo, Descartes e Newton: alle basi
della modernità,  – .. Questione di metodo: Bachelard, Kuhn e
Popper, .

Capitolo III
Quale etica per l’era scientifica
.. Che cos’è l’etica?,  – .. Etica e scienza,  – .. Gli effeti del dominio scientifico,  – .. L’inutilizzabilità degli schemi etici precedenti, .

Figli di Prometeo


Capitolo IV
Etica della responsabilità
.. Riflessioni sul termine responsabilità,  – .. Responsabilità in Aristotele,  – .. Determinismo e libertà d’agire,  – .. Responsabilità
verso il futuro, .
Parte II
Etica della responsabilità:
permettere il futuro

Capitolo I
Bacone: la scienza è potenza
.. Bacone, un uomo di scienza,  – .. Critica degli antichi e scienza
sperimentale ,  – .. Scienza, potenza e responsabilità, .

Capitolo II
Max Weber e la scienza a–valutativa
.. Max Weber, sociologia e progresso,  – .. L’etica della responsabilità,  – .. Scienza a–valutativa, .

Capitolo III
Benedetto Croce e l’impossibilità della responsabilità
.. L’unità del reale,  – .. Il rapporto con la scienza,  – .. Le due
teorie della responsabilità crociane, .

Capitolo IV
Husserl e la responsabilità della filosofia
.. Da Croce a Husserl, il recupero della responsabilità,  – .. La
fenomenologia di Husserl e l’essenza intenzionale,  – .. La crisi
delle scienze e l’occultamento del senso,  – .. La responsabilità del
filosofo, .

Capitolo V
Jonas: responsabilità, paura e futuro
.. L’esigenza di una nuova etica,  – .. L’etica della responsabilità
e l’euristica della paura,  – .. L’uomo non è una transizione, è un
fine, .
Indice


Capitolo VI
Günther Anders e l’uomo prometeico
.. Da Jonas ad Anders: il problema dell’uomo prometeico,  – .. Il
dislivello prometeico,  – .. L’etica della responsabilità proposta da
Anders ,  – .. Speranza e responsabilità, .

Capitolo VII
Spengler e il movimento antiscientifico
.. Il concetto di storia ciclica,  – .. L’inverno scientifico,  – .. La
scienza: un’illusione condizionata culturalmente, .

Capitolo VIII
Holton e la necessità della scienza
.. Dall’antiscienza a Holton,  – .. L’impossibilità di cancellare la
scienza,  – .. Einstein, un modello di corretta ricerca scientifica, 
– .. Solo la scienza può salvare dalla scienza, .

Capitolo IX
Religione, scienza e responsabilità
.. Premessa,  – .. Cattolicesimo, carità e responsabilità,  –
.. Scienza e Cattolicesimo,  – .. La ricerca scientifica deve rispettare il proprio limite,  – .. Etica protestante ed etica della responsabilità,  – .. Protestantesimo, scienza e dignità dell’uomo,  –
.. Buddhismo: una religione senza Dio,  – .. Karma e scienza, 
– .. Gli ebrei, il popolo eletto,  – .. Ebraismo e progresso, 
– .. Islam: sottomissione a Dio come assunzione di responsabilità
dinanzi all’altro,  – .. Islam, scienza e progresso,  – .. La
Regola d’Oro, .
Parte III
Aspettando Godot:
intersoggettività, verità e filosofia

Capitolo I
Lévinas: l’altro e il volto nudo
.. Introduzione,  – .. L’uscita dell’esistente dall’anonimato,  –
.. La fenomenologia del volto,  – .. Il volto nudo, .
Indice


Capitolo II
Ricoeur e il concetto d’imputazione
.. Da Lévinas a Ricoeur,  – .. L’etica dell’alterità e della responsabilità,  – .. Il concetto d’imputazione,  – .. L’etica della
responsabilità per Ricoeur, .

Capitolo III
Aspettando Godot: responsabilità antecedente e riflessione sull’uomo
.. L’uomo è in perenne attesa,  – .. Teoria liberale e teoria comunitarista,  – .. John Stuart Mill e la libertà della ricerca,  – .. Il
pericolo unisce l’umanità,  – .. Quale uomo?, .

Capitolo IV
Il paradigma scientifico e l’importanza della filosofia
.. L’etica della responsabilità supera gli effetti del dominio scientifico,  – .. La scienza come paradigma e la filosofia come meta–scienza,  – .. Prometeo: la scienza è più debole della necessità, .

Indice delle opere citate

Bibliografia
Presentazione
Francesco Codato, in questo libro denso, appassionato e ricco di illuminanti spunti critici, sviluppa il tema della riflessione umana sulla scienza,
ricollocando la sua funzione all’interno di un quadro esistenziale che
vede ancora l’uomo come primo artefice della propria vita. Non è un
caso infatti che tutta l’opera sia segnata dalla considerazione positiva
dell’idea baconiana secondo cui scienza e potenza umana coincidono.
La ricerca di Codato prende le mosse dal mito di Prometeo, considerato a lungo come il simbolo dell’umanità che cerca tramite il
progresso incessante la realizzazione di uno stato paradisiaco, che possa consentire agli individui di avvicinare il rango divino. Prometeo è
colui che offre la tecnica ai mortali, che dona la possibilità di emanciparsi dai bisogni primari, al fine di concentrare le proprie facoltà
verso scopi più elevati. Tale situazione conduce l’uomo verso la ricerca
del progresso perenne, che fa abbandonare l’investigazione del reale
finalizzata alla ricerca del senso, a favore di un’indagine mirante al progresso per il progresso. L’uomo si trova così in totale balia delle proprie
costruzioni, ovvero dell’essere “materialmente” inferiore rispetto al
proprio creato. Questa situazione conduce alla frustante esigenza di
considerare la scienza come l’unico mezzo, che potrà portare l’uomo
al raggiungimento del proprio scopo: essere uguale alla macchina.
La riflessione di Codato parte dalla presa di coscienza di questa condizione e non cerca in alcun modo di asserire che la scienza sia il male che
minaccia la povera e indifesa umanità, ma sceglie di sposare il pensiero
di Holton, il quale considera la scienza “un male necessario”. Holton
incarna la figura dello scienziato che, pur asserendo l’impossibilità di
cancellare l’esperienza scientifica, colloca tale esperienza all’interno
della dimensione umana, distinguendo tra un utilizzo malsano della
ricerca, che si vota unicamente all’implementazione del progresso, e
un utilizzo corretto di tale forma di procedere, che conduca la ricerca
stessa, come sosteneva Bacone, ad essere uno strumento nelle mani
dell’uomo. Dunque il cardine di tutta la ricerca ruota attorno alla denun

Presentazione
cia della fallacia dell’interpretazione data al detto baconiano, che vuole
cogliere la chiave teorica dell’implementazione a–critica della scienza,
al fine di giungere alla perfezione. Si coglie così come la riflessione sulla
scienza non possa prescindere da una riflessione sull’uomo, poiché per
Codato la scienza deve tornare ad essere uno strumento che sottostà
alle scelte decisionali dell’umanità. L’analisi dell’uomo, inoltre, non può
prescindere dalla riconsiderazione etica della scienza, la quale non può
essere trovata in nessuna etica storica. Per tal ragione bisogna guardare
ad una nuova forma etica, che tenga presente sia la forma imperante del
dominio scientifico, sia l’esigenza di senso di cui l’umanità necessità. Tale prospettiva viene offerta dall’etica della responsabilità, che non vuole
prescrivere dei comportamenti valevoli a priori, ma vuole che l’uomo
muova tenendo sempre presente la propria condizione ontologica, che
deve condurre al rispetto di se stessi e dell’umanità dell’altro.
L’etica della responsabilità, per Codato, deve rieducare l’uomo al
proprio essere un fine e non un mezzo, instaurando una nuova mentalità critica che porti a godere della propria condizione, ed elimini
quello stato d’attesa che caratterizza l’età della tecnica. Per fare ciò è
necessario rivolgersi alla meta–scienza filosofica, che riflette attorno
alla costituzione dei saperi. Il tema, tanto caro a Foucault, della riflessione continua attorno alla genesi dei differenti saperi, permetterà
all’uomo di non cadere nei tranelli di una modalità di conoscenza che
vuole ergersi a paradigma assoluto, poiché la concezione del vero non
si trova per natura all’interno della dimensione mortale.
Ciò che Codato fa trapelare all’interno di quest’opera è che la
scienza, pur essendo una delle migliori pratiche di conoscenza, deve
essere inserita in maniera consona dall’umanità all’interno della propria dimensione. La scienza deve tornare ad essere uno strumento
nelle mani sapienti dell’umanità, la quale deve saper riflettere su se
stessa e sul proprio futuro. Ne segue che per Codato l’uomo è e deve
essere pienamente responsabile delle proprie azioni, che avranno ripercussioni sia nell’immediato che nel futuro. Per tal ragione, l’etica
della responsabilità deve far sì che non sia più la scienza a produrre
l’umanità, ma che sia l’uomo a produrre e disporre della scienza.
Fabrizio Turoldo
Università “Ca’ Foscari” di Venezia
La scienza incomincia a rivolgersi alla morale
e si trova di fronte a un’ombra che va scomparendo. Chiede fino a che punto debba sottomettersi alle leggi morali e l’etica è diventata
incapace di mostrare il loro valore. Cresce
la sensibilità per gli aspetti distruttivi della
scienza e della tecnica e non è mai stato così
incerto se l’inaccettabilità della distruzione sia
qualcosa di più della volontà di certi gruppi
umani di non farsi distruggere o di non distruggere [. . . ] L’etica scientifica può essere
soltanto l’etica intrinseca della scienza, cioè la
volontà di aumento indefinito della potenza
e la subordinazione di ogni altra etica a tale
volontà. Quando invece, nella cultura attuale,
si mira alla costruzione di un’etica scientifica,
ci si illude che la conoscenza scientifica possa
stabilire l’esistenza di vincoli etici che limitino
la volontà di aumento indefinito della potenza
dell’Apparato scientifico–tecnologico.
— E. S, La tendenza fondamentale del
nostro tempo (pp. –)

Introduzione
Gli effetti delle nostre azioni sono irreversibili e si espandono impassibilmente, proprio
come si dilatano sempre di più i cerchi che
noi creiamo lanciando un sasso nell’acqua.
— G. A, Il mondo dopo l’uomo, p. 
Progredire, migliorare e tendere alla perfezione: questi sono i tre
principi che guidano l’agire contemporaneo. Guardano l’andamento
storico, o semplicemente osservando ciò che ci circonda ci si può
facilmente rendere conto che la vita umana è radicalmente mutata
negli ultimi secoli attraverso l’impatto che le scoperte scientifiche e
tecniche hanno avuto sull’agire quotidiano. Tale agire ha condotto alla
mutazione delle consuetudini e delle credenze consolidate, riuscendo
a fornire delle risposte originali e organiche ad alcuni degli interrogativi che da sempre animano il dibattito esistenziale. La popolarità
e la vastità di pubblico che il movimento scientifico è riuscito a guadagnare, lo hanno consacrato a modello e simbolo incontrovertibile
della ricerca di senso del reale. Si può così affermare che se esiste una
tendenza che caratterizza il nostro tempo, questa è l’affermazione della scienza in tutte le sue forme. Come sostiene giustamente Severino
ogni popolo che vuole sopravvivere, deve conoscere e comprendere
il significato del mondo in cui vive. Comprendere vuol dire per la
nostra civiltà riuscire a riflettere attorno al senso del termine competenza. Poiché competenza fin dal mondo greco vuol dire acquisire un
tipo di capacità che permetta di liberare dal dolore della condizione
umana, infatti, lo stesso Severino afferma che “quando la competenza
nasce, in Occidente [. . . ] nasce con l’intento di procurare la felicità
all’individuo e al gruppo sociale” . Quindi l’esperienza umana, come
sottolinea Aristotele nell’Etica Nicomachea, si caratterizza per la volon. E. Severino, L’identità della follia, Rizzoli, Milano , p. .


Introduzione
tà di ricercare un modo, un ausilio che la possa liberare dalla scomoda
incombenza del vivere e che la consacri alla felicità. L’ausilio che il
mondo mitico propone all’uomo è il fuoco prometeico. Come rileva
Platone il dono del fuoco da parte del titano Prometeo rappresenta
la resa mitico–simbolica del sapere tecnico, il quale incarna l’abilità del poter e saper fare, che permetterà all’uomo di sopravvivere
e di sviluppare le proprie facoltà ergendolo “a signore” del pianeta.
La precarietà e l’ansia che l’individuo prova dinanzi alla meraviglia
del creato, viene così attenuata dalla competenza pratica che tramite il lavoro ininterrotto di sviluppo della propria sfera di pertinenza
permetterà all’uomo di imporsi sulla natura. Il mito di Prometeo
rappresenta quindi il punto di partenza per eccellenza della società
occidentale, che fin dai suoi albori concepisce la competenza tecnica
come lo strumento primario per tutelare l’effimerità della propria
esperienza terrena. Che Prometeo costituisca una risorsa importante
per la genesi della nostra società, si può facilmente riscontrare nelle
interpretazioni millenarie che da Esiodo a Eschilo, passando per Dante, Hölderlin, Goethe e Shelley si sono succedute non disperdendo e
esaurendo mai il nucleo portante del mito. Il dono del fuoco ad opera
del titano consegna all’umanità l’abito mentale della consacrazione al
progresso, ovvero instaura il bisogno continuo di avanzamento che
solo conduce alla felicità. L’uomo ben presto si accorge che per poter
condurre con sempre maggior efficienza il movimento del progresso,
deve calcolare e progettare in modo rigoroso ogni suo passo. Questa
consapevolezza porta allo sviluppo dell’idea di razionalizzazione del
mondo, che come si evince dal fulcro della ricerca genealogica niciana
trova il suo cardine nel pensiero di Socrate . Il pensiero Socratico ha
inaugurato l’era dell’ottimismo teoeretico, ovvero dell’incondizionata
fiducia nella capacità della scienza di penetrare all’interno della natura
delle cose. Infatti, il nucleo fondamentale del pensiero di Socrate è
che non possa esistere vita, nel senso pieno del termine, senza ricerca.
Tale asserto riposa sul fatto che il pensiero possa riuscire, seguendo
il filo conduttore della causalità, non solo a conoscere l’essere, ma
. Vedi Platone, Protagora, d.
. Per Nietzsche Socrate incarna la nascita dell’episteme e quindi l’inizio della strategia metafisica occidentale, cioè di tutto ciò che oggi comunemente intendiamo quando
parliamo di scienza.
Introduzione

anche a correggerlo. Quindi, la vita diventa per Socrate una continua
ricerca della verità, in modo da rendere il pensiero, capace di liberare
la vera conoscenza dall’errore. Non è un caso che i tre punti su cui
si basa l’ottimismo socratico si possono così sintetizzare: la virtù è
sapienza, si pecca solo per ignoranza e solo il virtuoso è felice. Socrate, come sostiene Nietzsche, apre la via all’interno della quale tutta
la cultura occidentale si muove. In questo modo Socrate si erge ad
emblema del dominio della ragione sulle altre facoltà, tale dominio
porta alla razionalizzazione del mondo che permette l’incrementarsi
del fuoco prometeico. Si intuisce così che i due cardini che animeranno la competenza occidentale, saranno fin dall’antichità: razionalità
e progresso. Come mette in luce Amsterdamski , l’ideale di scienza
impostosi a partire dal XVII secolo, si fonda proprio sull’equazione tra
scienza (razionalità) e progresso (benessere). Da ciò appare chiaro che
la competenza che caratterizza l’andamento della società occidentale
sarà la scienza che si sviluppa dal dono fatto da Prometeo. Codesta
tecnica applicativa si costituirà come il mezzo primario che permetterà all’uomo di progettare una vita che con l’andare del tempo e con
l’ausilio della ricerca e della sperimentazione perenne, diverrà sempre
più agevole e felice. Tale situazione permetterà a Bacone di affermare che scienza e potenza umana coincidono. Bisogna però sottolineare
come la scienza fino al XVII secolo era pensata unicamente come un
mezzo, ovvero come un ausilio nelle mani sapienti dell’uomo. Quindi
razionalità e progresso erano funzionali e assoggettate al dominio dell’uomo. Per tal motivo la scienza non poteva essere definita né buona
né malvagia, poiché non custodiva un fine in sé, ma servire l’umanità
era il suo unico fine. Questa situazione si trova oggi completamente
rovesciata, infatti all’interno della nostra società, scienza e tecnologia sembrano aver trovato dei propri fini e un proprio sviluppo. La
scienza si trova in uno stato di tale avanzamento che non sembra più
lecito piegarla alle esigenze umane, ma viceversa sembra lecito piegare gli individui alle sue esigenze. Il fuoco che Prometeo ha regalato
all’umanità e che doveva essere alimentato e espanso continuamente,
sembra aver lasciato i luoghi sicuri del proprio braciere, innescando
un gigantesco incendio che brucia ogni componente della vita. Non
è un caso che Guy Debord sostenga: “non si chiede più alla scienza
. S. Amsterdamski, “Scienza”, in Enciclopedia Einaudi, vol. XII, Torino .

Introduzione
di capire il mondo [. . . ] le si chiede di giustificare istantaneamente
tutto ciò che si fa” . Tutto ciò che essa deve giustificare, non è altro
che il proprio bisogno incessante di ricerca, che possa permettere
di tendere continuamente al miglioramento della situazione attuale.
Questo miglioramento appare però utopico, poiché la perfezione a
cui la scienza tende, derivante dal dono prometeico, non è altro che il
raggiungimento dell’estasi divina in terra. Va da sé, che la conoscenza
di tale situazione è totalmente impossibile, quindi l’atteggiamento
progressista insito nella scienza stessa non potrà mai essere eliminato.
In codesto sistema di riferimento culturale anche la ragione umana
muta e si convince che sia lecito abbandonare il primato ontologico
dell’esistenza a vantaggio della ricerca scientifica. Come sottolinea
Horkheimer soggettività e strumentalità divengono i due caratteri che
definiscono l’idea moderna di ragione. Soggettività sottolinea il passaggio da una concezione oggettiva, che riconosce nella natura e nelle
relazioni sociali un ordine razionale, ad una soggettività che riserva ai
processi mentali il compito di definire l’ordine della realtà. La strumentalità riguarda l’inversione del rapporto tra intelletto e volontà,
che porta non più la volontà al servizio della ragione, ma fa sì che
la ragione selezioni i mezzi più adatti per raggiungere gli obbiettivi
indicati dalla volontà . Per tal motivo il nuovo ordine della realtà verrà
stabilito tenendo ben presente il primato ontologico delle scienze e
i suoi bisogni, persuadendo la volontà a perpetuare la necessità di
progresso e costringendo la ragione a trovare i mezzi più consoni
(ricerca scientifica), per perpetuare l’asservimento. La conoscenza del
mondo in cui viviamo, porta i filosofi della Scuola di Francoforte, con
Adorno e Habermas in prima linea, a definire la scienza un potente
veleno, privo di vera riflessione e forza liberatrice. Questa definizione,
a mio parere, dovrebbe essere addebitata più al clima culturale che
ha elevato la scienza a unica forma di pensiero (privando di valore
ogni sapere che non sia scientifico), più che alla scienza stessa. Quindi,
consapevoli del fatto che la nostra società è fondata su un sapere razionalistico e progressista, eliminare tale situazione porterebbe ad una
negazione delle origini stesse dell’occidente. Mi sembra più consono
. G. Debord, Commentari sulla società dello spettacolo, contenuto in La società dello
spettacolo, Baldini Castoldi Dalai, Milano , p. .
. Vedi M. Horkheimer, Eclisse della ragione, Einaudi, Torino .
Introduzione

rivolgersi alla scienza non come al male che minaccia di distruggere il
mondo, ma come alla possibilità di una vita migliore. Tale possibilità
deve però tenere in considerazione quella che è la dignità dell’uomo
che si esplica nella possibilità di progettazione e che preservi tale opportunità anche per le generazioni future. Infatti come scrive Natoli:
“siccome è lui (l’uomo) a immettere il rischio nella natura, a maggior
ragione deve trovare dentro di sé la sua misura. Quindi, il motivo
tragico dell’assunzione del limite oggi si trova molto determinatamente sotto la voce della responsabilità, e addirittura della responsabilità
nei confronti della natura, oltre che degli altri uomini. Mentre prima
l’uomo era custodito nella natura, oggi ne è lui il responsabile” .
Ne segue che mi sembra di primaria importanza riflettere attorno
al concetto, mai banale, di responsabilità e alle sfaccettature che esso
assume all’interno della nostra vita, dominata dall’imperativo del fare
e dell’acquisire. Suddetta riflessione diviene un’esigenza di primario
interesse ben necessitata dalla speranza verso un futuro migliore che
sottende ad ogni singola azione dell’uomo. Così, persuaso dai versi
di Sofocle: “molte sono le cose del mondo che ispirano sgomento,
ma nessuna più dell’uomo” ritengo che la riflessione sulla scienza
non possa prescindere dalla riflessione sull’uomo e sull’uso che egli
compie della scienza. Poiché come sostiene Gramsci: “Chimica applicata ai gas asfissianti, lacrimogeni, ulceranti, meccanica applicata
ai cannoni di lunga portata [. . . ] Sì, ma anche la zappa può spaccare i
crani” . Per questo motivo occorre rivolgersi all’uomo e alla responsabilità che esso intrattiene all’interno del mondo in cui vive, che si
deve riflettere nella salvaguardia della possibilità del futuro per le generazioni che verranno. Il male non è la scienza, ma l’uso che l’uomo
fa della scienza, fraintendono quello che è il senso primario del dono
prometeico e interiorizzando in maniera sbagliata il detto bacconiano.
Quindi, basarsi su un’etica che tenga conto delle responsabilità che
l’uomo scientifico intrattiene verso sé e verso chi verrà, appare l’unico
modo credibile per persuadere ad un ritorno alla considerazione della
scienza come strumento (non soggetto totalizzante) privilegiato per
lo sviluppo umano.
. S. Natoli, Libertà e destino nella tragedia greca, Morcelliana, Brescia , pp. –.
. Sofocle, Antigone, vv. –.
. A. Gramsci, Merce, in Sotto la mole, Einaudi, Torino , p. .

Introduzione
Struttura dell’opera
La ricerca prende avvio dalla constatazione della sempre maggior importanza, come è emerso in precedenza, della relazione fra scienza e
vita. Si comincia con la prima sezione intitolata: Da Prometeo all’Etica
della responsabilità, che indaga come la vita si sia votata razionalisticamente ad assecondare il dominio della ragione e del calcolo. Dopo
aver constatato ciò, mi sono interrogato attorno al dilemma prometeico. Infatti, mi sono chiesto se Prometeo, metafora del progresso
tecnico, con i suoi doni ci abbia liberato, oppure abbia stretto maggiormente quelle catene del bisogno, che intrappolano la dimensione
umana. Da tale analisi emerge che la scienza e la ricerca scientifica
divengono le modalità che sorreggono il nostro modo di vivere. Per
tal ragione ho voluto ricostruire una brevissima storia della scienza,
persuaso dall’idea che il metodo niciano–foucaultiano della genealogia
sia il metodo migliore per dare ragione contestuale, alle asserzioni
che ho mosso in precedenza. Così, chiarita la genesi di quello spirito
scientifico che persuade tutte le menti, ho voluto mettere in chiaro che cosa s’intenda con il termine etica e quali rapporti nascano
nell’interazione tra essa e la scienza. In tal maniera ho voluto porre
in luce come tutte le etiche cosidette storiche, non siano adeguate
ad affrontare i tre problemi principali che la ricerca scientifica porta
alla luce. I tre problemi sono: ambivalenza degli effetti, superiorità
della tecnica sull’agire speculativo, problema metafisico. Ne segue che
bisognerà cercare una nuova forma etica che possa dar risposta all’esigenza del tempo e alle necessità che esso comporta. Tale etica sarà:
l’etica della responsabilità. L’ultimo capitolo di questa prima parte
vuole mettere in luce il significato della parola responsabilità, che a
mio parere deve poggiare sulla linea storico–evolutiva derivante dal
termine latino res–rem ponderare e il legame profondo di tale concetto
con la dimensione temporale. La seconda parte intitolata: Etica della
responsabilità: permettere il futuro, prende l’avvio dal bisogno di chiarire
come l’idea baconiana di scienza e potenza, unita all’idea weberiana di
progresso, siano state completamente fraintese, divenendo i baluardi
della nuova ricerca scientifica. A discapito di quanto si è formalizzato
nel pensiero scientifico, i due autori proponevano un’idea di scienza
che fosse un puro strumento nelle mani umane, finalizzato al dominio
del reale. Codesto mezzo doveva in primo luogo rispettare il limite
Introduzione

della condizione propriamente umana e il diritto di progettazione
della stessa. A Weber dobbiamo anche una delle migliori e più note
formulazioni dell’etica della responsabilità, che si basava sulla scelta
e ponderazione dell’azione individuale per salvaguardare il futuro
e la possibilità dell’altrui agire. Tale idea di etica della responsabilità venne messa in crisi da Benedetto Croce, il quale in un primo
memento afferma che l’individuo è pienamente libero di scegliere
e quindi di agire responsabilmente. Successivamente torna sui suoi
passi e afferma che l’individuo non può essere mai considerato responsabile, poiché la scelta dell’azione non spetta a lui, ma spetta al
corso storico della società, che impone all’individuo stesso questa
o quell’azione. La responsabilità viene così ridotta da Croce, ad un
accorgimento pratico–sociale che garantisce la perpetuazione dello
schema dominate. Tale schema è ovviamente quello della scienza
e del proprio sviluppo ininterrotto. Questa situazione viene chiarita
in particolare dalla fenomenologia di Husserl il quale ben descrive
la crisi di senso che caratterizza la cultura occidentale, evidenziando
la misura in cui il paradigma scientifico è divenuto l’unico modello
conoscitivo, accettato come valido. A tale pensiero, oppone ciò che
lui stesso definisce la responsabilità filosofica, ovvero l’esigenza che la
filosofia non si mantenga solo nella pura teoresi, ma si faccia carico dei
problemi che il mondo le presenta, proponendo un’alternativa valida
all’occultamento di senso che mina la cultura europea. Ad Husserl si
deve il primo passo che porterà una serie di filosofi contemporanei ad
occuparsi della figura della responsabilità. Su tutti spicca Hans Jonas,
che potrebbe essere definito il padre della formulazione dell’etica della
responsabilità. Egli, infatti, ripensa l’etica in modo da adeguarla alle
esigenze che il nostro tempo mette in luce, non dimenticando mai il
rispetto per la dignità umana. Un altro autore che deve essere citato
è Günther Anders, il quale pone in evidenza il dislivello, nominato
da egli stesso dislivello prometeico, crescente fra gli esiti della ricerca
scientifica e l’uomo. Tale situazione porta al nascere di un pensiero
anti–scientifico, che fonda le sue radici nell’opera di Oswald Spengler.
Codesto movimento identifica nella scienza, il male da eliminare per
tornare ad una vita pienamente umana. Questo concetto viene però
sminuito dall’indagine di Gerald Holton che sostiene che il mondo ha
irrimediabilmente bisogno della scienza. Infatti, la scienza è talmente
radicata nel reale, che ha un assoluto bisogno di progredire per evitare

Introduzione
catastrofi maggiori nel futuro. Quindi, la ricerca scientifica si configura come un bisogno necessario per porre rimedio ai mali che la stessa
ricerca produce. Dopo aver riflettuto attorno a questi temi, mi sembra
di fondamentale importanza ricercare la correlazione che intercorre
tra la scienza e uno dei saperi che più animano la vita terrena, ovvero
il sapere religioso. Per questo motivo ho dedicato il capitolo  ad una
correlazione delle più diffuse religioni storiche al tema della ricerca
scientifica e della responsabilità. Da tale analisi emerge che tutte le
religioni hanno a cuore la tutela dell’altro. Questo principio di tutela
dell’altro viene espresso da ciò che si è soliti chiamare Regola d’Oro.
Tale constatazione, apre la terza parte di questa ricerca intitolata: Aspettando Godot: intersoggettività, verità e filosofia. Questa sezione inizia con
due capitoli dedicati ai due filosofi che hanno posto il tema dell’intersoggettività, come tutela dell’altro, a cardine della loro ricerca: Lévinas
e Ricoeur. I due autori portano a concepire che i caratteri fondamentali
attorno ai quali l’etica della responsabilità deve prendere forma sono
l’intersoggettività e l’azione antecedente. La presa di coscienza dei
due pilastri che compongono l’etica della responabilità, porta ad interrogarsi sulla possibilità di limitare la ricerca scientifica. Per svolgere
tale riflessione sarà di fondamentale importanza la considerazione del
pensiero di John Stuart Mill, il quale afferma il principio di tolleranza
culturale. Tale principio sostiene che tutto deve esser tutelato nel limite di non nuocere alla società e quindi alla vita. La scienza supera
questo vincolo, e per tal motivo la collettività può lecitamente valutare
la sospensione di alcune sue ricerche al fine di garantire la vita. La
possibilità di porre dei limiti alla scienza mette in luce, che il vero
problema dell’era scientifica è costituito dalla mancanza di riflessione
da parte dell’uomo attorno alla propria condizione. La conclusione
della ricerca è affidata ad un capitolo intitolato: Il paradigma scientifico
e l’importanza della filosofia. Esso vuole mettere in luce, che l’uomo
per riflettere su se stesso deve avvalersi della filosofia e in particolare
della filosofia storica. Codesta forma filosofica, che ho chiamato meta–scienza, prende il via dall’indagine foucaultiana attorno al costituirsi
di ogni verità. Codesto atteggiamento conduce l’uomo a ritenere la
ricerca scientifica non come una verità assoluta, ma come uno dei
tanti paradigmi esistenti. Inoltre, in questo ultimo capitolo, mi sono
ricondotto anche al pensiero severiniano. Infatti, Severino afferma che
il Prometeo descritto da Eschilo, si accorge che la tecnica che dona
Introduzione

all’umanità non è il rimedio definitivo all’ansia e alla frustrazione del
stato precario dei mortali. Per Severino Prometeo concepisce che tale
téchne è solo uno dei rimedi che aiuteranno l’uomo nella progettazione degli ausili strumentali, utili al condurre la propria vita. Questa è
l’idea fondamentale che l’etica della responsabilità deve restituire alla
scienza, ovvero di un ritorno autentico all’idea del dono prometeico,
che possa far concepire la scienza come un ausilio. Quindi, come uno
strumento al servizio dell’uomo.