DIRITTO DI STAMPA Direttori Giuseppe B “Sapienza” Università di Roma Nicola S D C “Sapienza” Università di Roma Maria Serena V “Sapienza” Università di Roma DIRITTO DI STAMPA Il diritto di stampa era quello che, nell’università di un tempo, veniva a meritare l’elaborato scritto di uno studente, anzitutto la tesi di laurea, di cui fosse stata dichiarata la dignità di stampa. Le spese di edizione erano, budget permettendo, a carico dell’istituzione accademica coinvolta. Conseguenze immediate: a parte la soddisfazione personale dello studente, del relatore e del correlatore, un vantaggio per il curricolo professionale dell’autore, eventuali opportunità di carriera accademica e possibili ricadute positive d’immagine per tutti gli interessati. Università compresa. La dignità di stampa e, se possibile, il diritto di stampa erano quindi determinati dalla cura formale della trattazione, dalla relativa novità del tema di studio, dall’originalità del punto di vista e magari dai risultati “scientifici” della tesi: e cioè dal “vuoto” che, in via di ipotesi, si veniva a riempire in un determinato “stato dell’arte”, e dunque dal valore metodologico, anche in termini applicativi, della materia di studio e dei suoi risultati tra didattica e ricerca. Caratteristica del diritto di stampa, in tale logica, la discrezionalità e l’eccezionalità. La prospettiva di contribuire, così facendo, alla formazione di élites intellettuali. Sulla scia di questa tradizione, e sul presupposto che anche l’università di oggi, per quanto variamente riformata e aperta a un’utenza di massa, sia pur sempre un luogo di ricerca, nasce questa collana “Diritto di stampa”. Sul presupposto, cioè, che la pubblicità dei risultati migliori della didattica universitaria sia essa stessa parte organica e momento procedurale dello studio, dell’indagine: e che pertanto, ferme restando la responsabilità della scelta e la garanzia della qualità del prodotto editoriale, il diritto di stampa debba essere esteso piuttosto che ridotto. Esteso, nel segno di un elevamento del potenziale euristico e della capacità critica del maggior numero possibile di studenti. Un diritto di stampa, che però comporta precisi doveri per la stampa: il dovere di una selezione “mirata” del materiale didattico e scientifico a disposizione; il dovere di una cura redazionale e di un aggiornamento bibliografico ulteriori; il dovere della collegialità e insieme dell’individuazione dei limiti e delle possibilità dell’indagine: limiti e possibilità di contenuto, di ipotesi, di strumenti, di obiettivi scientifici e didattici, di interdisciplinarità. Un diritto di stampa, che cioè collabori francamente, in qualche modo, a una riflessione sulle peculiarità istituzionali odierne del lavoro accademico e dei suoi esiti. Questa collana, dunque, prova a restituire l’immagine in movimento di un laboratorio universitario di studenti e docenti. E l’idea che alcuni dei risultati più apprezzabili, come le tesi di laurea prescelte, possano mettersi nuovamente in discussione mediante i giudizi e gli stimoli di studiosi competenti. Francesco Codato Figli di Prometeo Etica della responsabilità e ricerca scientifica Presentazione di Fabrizio Turoldo Copyright © MMXII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: maggio Ai miei genitori Per quanto breve sia la vita di ognuno, siamo più grandi di noi stessi: i prodotti che fabbrichiamo, gli effetti che provochiamo, hanno una scadenza tanto lunga che non saremo solo noi a doverli affrontare, ma anche i nostri nipoti e i nostri pronipoti, ai quali forse un giorno questi effetti intimeranno il loro altolà. — G. A, L’uomo è antiquato V. (p. ) Ciò che è veramente inquietante non è che il mondo si trasformi in un completo dominio della tecnica. Di gran lunga più inquietante è che l’uomo non è affatto preparato a questo radicale mutamento del mondo. Di gran lunga più inquietante è che non siamo ancora capaci di raggiungere, attraverso un pensiero meditante, un confronto adeguato con ciò che sta realmente emergendo nella nostra epoca. — M. H, L’Abbandono (p. ) Rendere impossibile ai posteri il loro dover essere è l’autentico crimine al quale fanno seguito solo in seconda battuta, per quanto colpevoli possano essere, tutte le frustrazioni del loro volere. Questo non significa che dobbiamo tanto vigilare sul diritto degli uomini futuri — ossia sul loro diritto alla felicità che, date le circostanze del concetto di felicità, sarebbe comunque un criterio problematico –, ma sul loro dovere, vale a dire sul loro dovere di autentica umanità: quindi sulla loro capacità di attribuirsi e assolvere tale dovere, quella capacità di cui noi li possiamo forse privare con l’alchimia della nostra tecnologia utopica. Vigilare su tutto ciò è il nostro dovere fondamentale verso il futuro dell’umanità. — H. J, Il principio di responsabilità (p. ) Indice Presentazione di Fabrizio Turoldo Introduzione Parte I Da Prometeo all’etica della responsabilità Capitolo I Prometeo tra catene e libertà .. Il furto del fuoco, – .. Progresso e razionalità, – .. La conoscenza scientifica e il dominio della ragione, – .. Prometeo ci ha davvero liberati?, . Capitolo II Breve storia della scienza .. Introduzione, – .. Nascita della scienza: Talete, Anassimandro, Anassimene, – .. Tra fisica ed epistemologia: Eraclito, Parmenide e il problema del mutamento, – .. Al di là dell’esperienza: Platone e la creazione di una fisica teorico matematica, – .. Aristotele e l’importanza delle ricerche empiriche, – .. La matematica ellenistica, – .. Tolomeo, Galeno e il dibattito critico–razionale, – .. Scienza tra Medioevo e Rinascimento, – .. Da Bacone a Copernico: la rivoluzione scientifica, – .. Galileo, Descartes e Newton: alle basi della modernità, – .. Questione di metodo: Bachelard, Kuhn e Popper, . Capitolo III Quale etica per l’era scientifica .. Che cos’è l’etica?, – .. Etica e scienza, – .. Gli effeti del dominio scientifico, – .. L’inutilizzabilità degli schemi etici precedenti, . Figli di Prometeo Capitolo IV Etica della responsabilità .. Riflessioni sul termine responsabilità, – .. Responsabilità in Aristotele, – .. Determinismo e libertà d’agire, – .. Responsabilità verso il futuro, . Parte II Etica della responsabilità: permettere il futuro Capitolo I Bacone: la scienza è potenza .. Bacone, un uomo di scienza, – .. Critica degli antichi e scienza sperimentale , – .. Scienza, potenza e responsabilità, . Capitolo II Max Weber e la scienza a–valutativa .. Max Weber, sociologia e progresso, – .. L’etica della responsabilità, – .. Scienza a–valutativa, . Capitolo III Benedetto Croce e l’impossibilità della responsabilità .. L’unità del reale, – .. Il rapporto con la scienza, – .. Le due teorie della responsabilità crociane, . Capitolo IV Husserl e la responsabilità della filosofia .. Da Croce a Husserl, il recupero della responsabilità, – .. La fenomenologia di Husserl e l’essenza intenzionale, – .. La crisi delle scienze e l’occultamento del senso, – .. La responsabilità del filosofo, . Capitolo V Jonas: responsabilità, paura e futuro .. L’esigenza di una nuova etica, – .. L’etica della responsabilità e l’euristica della paura, – .. L’uomo non è una transizione, è un fine, . Indice Capitolo VI Günther Anders e l’uomo prometeico .. Da Jonas ad Anders: il problema dell’uomo prometeico, – .. Il dislivello prometeico, – .. L’etica della responsabilità proposta da Anders , – .. Speranza e responsabilità, . Capitolo VII Spengler e il movimento antiscientifico .. Il concetto di storia ciclica, – .. L’inverno scientifico, – .. La scienza: un’illusione condizionata culturalmente, . Capitolo VIII Holton e la necessità della scienza .. Dall’antiscienza a Holton, – .. L’impossibilità di cancellare la scienza, – .. Einstein, un modello di corretta ricerca scientifica, – .. Solo la scienza può salvare dalla scienza, . Capitolo IX Religione, scienza e responsabilità .. Premessa, – .. Cattolicesimo, carità e responsabilità, – .. Scienza e Cattolicesimo, – .. La ricerca scientifica deve rispettare il proprio limite, – .. Etica protestante ed etica della responsabilità, – .. Protestantesimo, scienza e dignità dell’uomo, – .. Buddhismo: una religione senza Dio, – .. Karma e scienza, – .. Gli ebrei, il popolo eletto, – .. Ebraismo e progresso, – .. Islam: sottomissione a Dio come assunzione di responsabilità dinanzi all’altro, – .. Islam, scienza e progresso, – .. La Regola d’Oro, . Parte III Aspettando Godot: intersoggettività, verità e filosofia Capitolo I Lévinas: l’altro e il volto nudo .. Introduzione, – .. L’uscita dell’esistente dall’anonimato, – .. La fenomenologia del volto, – .. Il volto nudo, . Indice Capitolo II Ricoeur e il concetto d’imputazione .. Da Lévinas a Ricoeur, – .. L’etica dell’alterità e della responsabilità, – .. Il concetto d’imputazione, – .. L’etica della responsabilità per Ricoeur, . Capitolo III Aspettando Godot: responsabilità antecedente e riflessione sull’uomo .. L’uomo è in perenne attesa, – .. Teoria liberale e teoria comunitarista, – .. John Stuart Mill e la libertà della ricerca, – .. Il pericolo unisce l’umanità, – .. Quale uomo?, . Capitolo IV Il paradigma scientifico e l’importanza della filosofia .. L’etica della responsabilità supera gli effetti del dominio scientifico, – .. La scienza come paradigma e la filosofia come meta–scienza, – .. Prometeo: la scienza è più debole della necessità, . Indice delle opere citate Bibliografia Presentazione Francesco Codato, in questo libro denso, appassionato e ricco di illuminanti spunti critici, sviluppa il tema della riflessione umana sulla scienza, ricollocando la sua funzione all’interno di un quadro esistenziale che vede ancora l’uomo come primo artefice della propria vita. Non è un caso infatti che tutta l’opera sia segnata dalla considerazione positiva dell’idea baconiana secondo cui scienza e potenza umana coincidono. La ricerca di Codato prende le mosse dal mito di Prometeo, considerato a lungo come il simbolo dell’umanità che cerca tramite il progresso incessante la realizzazione di uno stato paradisiaco, che possa consentire agli individui di avvicinare il rango divino. Prometeo è colui che offre la tecnica ai mortali, che dona la possibilità di emanciparsi dai bisogni primari, al fine di concentrare le proprie facoltà verso scopi più elevati. Tale situazione conduce l’uomo verso la ricerca del progresso perenne, che fa abbandonare l’investigazione del reale finalizzata alla ricerca del senso, a favore di un’indagine mirante al progresso per il progresso. L’uomo si trova così in totale balia delle proprie costruzioni, ovvero dell’essere “materialmente” inferiore rispetto al proprio creato. Questa situazione conduce alla frustante esigenza di considerare la scienza come l’unico mezzo, che potrà portare l’uomo al raggiungimento del proprio scopo: essere uguale alla macchina. La riflessione di Codato parte dalla presa di coscienza di questa condizione e non cerca in alcun modo di asserire che la scienza sia il male che minaccia la povera e indifesa umanità, ma sceglie di sposare il pensiero di Holton, il quale considera la scienza “un male necessario”. Holton incarna la figura dello scienziato che, pur asserendo l’impossibilità di cancellare l’esperienza scientifica, colloca tale esperienza all’interno della dimensione umana, distinguendo tra un utilizzo malsano della ricerca, che si vota unicamente all’implementazione del progresso, e un utilizzo corretto di tale forma di procedere, che conduca la ricerca stessa, come sosteneva Bacone, ad essere uno strumento nelle mani dell’uomo. Dunque il cardine di tutta la ricerca ruota attorno alla denun Presentazione cia della fallacia dell’interpretazione data al detto baconiano, che vuole cogliere la chiave teorica dell’implementazione a–critica della scienza, al fine di giungere alla perfezione. Si coglie così come la riflessione sulla scienza non possa prescindere da una riflessione sull’uomo, poiché per Codato la scienza deve tornare ad essere uno strumento che sottostà alle scelte decisionali dell’umanità. L’analisi dell’uomo, inoltre, non può prescindere dalla riconsiderazione etica della scienza, la quale non può essere trovata in nessuna etica storica. Per tal ragione bisogna guardare ad una nuova forma etica, che tenga presente sia la forma imperante del dominio scientifico, sia l’esigenza di senso di cui l’umanità necessità. Tale prospettiva viene offerta dall’etica della responsabilità, che non vuole prescrivere dei comportamenti valevoli a priori, ma vuole che l’uomo muova tenendo sempre presente la propria condizione ontologica, che deve condurre al rispetto di se stessi e dell’umanità dell’altro. L’etica della responsabilità, per Codato, deve rieducare l’uomo al proprio essere un fine e non un mezzo, instaurando una nuova mentalità critica che porti a godere della propria condizione, ed elimini quello stato d’attesa che caratterizza l’età della tecnica. Per fare ciò è necessario rivolgersi alla meta–scienza filosofica, che riflette attorno alla costituzione dei saperi. Il tema, tanto caro a Foucault, della riflessione continua attorno alla genesi dei differenti saperi, permetterà all’uomo di non cadere nei tranelli di una modalità di conoscenza che vuole ergersi a paradigma assoluto, poiché la concezione del vero non si trova per natura all’interno della dimensione mortale. Ciò che Codato fa trapelare all’interno di quest’opera è che la scienza, pur essendo una delle migliori pratiche di conoscenza, deve essere inserita in maniera consona dall’umanità all’interno della propria dimensione. La scienza deve tornare ad essere uno strumento nelle mani sapienti dell’umanità, la quale deve saper riflettere su se stessa e sul proprio futuro. Ne segue che per Codato l’uomo è e deve essere pienamente responsabile delle proprie azioni, che avranno ripercussioni sia nell’immediato che nel futuro. Per tal ragione, l’etica della responsabilità deve far sì che non sia più la scienza a produrre l’umanità, ma che sia l’uomo a produrre e disporre della scienza. Fabrizio Turoldo Università “Ca’ Foscari” di Venezia La scienza incomincia a rivolgersi alla morale e si trova di fronte a un’ombra che va scomparendo. Chiede fino a che punto debba sottomettersi alle leggi morali e l’etica è diventata incapace di mostrare il loro valore. Cresce la sensibilità per gli aspetti distruttivi della scienza e della tecnica e non è mai stato così incerto se l’inaccettabilità della distruzione sia qualcosa di più della volontà di certi gruppi umani di non farsi distruggere o di non distruggere [. . . ] L’etica scientifica può essere soltanto l’etica intrinseca della scienza, cioè la volontà di aumento indefinito della potenza e la subordinazione di ogni altra etica a tale volontà. Quando invece, nella cultura attuale, si mira alla costruzione di un’etica scientifica, ci si illude che la conoscenza scientifica possa stabilire l’esistenza di vincoli etici che limitino la volontà di aumento indefinito della potenza dell’Apparato scientifico–tecnologico. — E. S, La tendenza fondamentale del nostro tempo (pp. –) Introduzione Gli effetti delle nostre azioni sono irreversibili e si espandono impassibilmente, proprio come si dilatano sempre di più i cerchi che noi creiamo lanciando un sasso nell’acqua. — G. A, Il mondo dopo l’uomo, p. Progredire, migliorare e tendere alla perfezione: questi sono i tre principi che guidano l’agire contemporaneo. Guardano l’andamento storico, o semplicemente osservando ciò che ci circonda ci si può facilmente rendere conto che la vita umana è radicalmente mutata negli ultimi secoli attraverso l’impatto che le scoperte scientifiche e tecniche hanno avuto sull’agire quotidiano. Tale agire ha condotto alla mutazione delle consuetudini e delle credenze consolidate, riuscendo a fornire delle risposte originali e organiche ad alcuni degli interrogativi che da sempre animano il dibattito esistenziale. La popolarità e la vastità di pubblico che il movimento scientifico è riuscito a guadagnare, lo hanno consacrato a modello e simbolo incontrovertibile della ricerca di senso del reale. Si può così affermare che se esiste una tendenza che caratterizza il nostro tempo, questa è l’affermazione della scienza in tutte le sue forme. Come sostiene giustamente Severino ogni popolo che vuole sopravvivere, deve conoscere e comprendere il significato del mondo in cui vive. Comprendere vuol dire per la nostra civiltà riuscire a riflettere attorno al senso del termine competenza. Poiché competenza fin dal mondo greco vuol dire acquisire un tipo di capacità che permetta di liberare dal dolore della condizione umana, infatti, lo stesso Severino afferma che “quando la competenza nasce, in Occidente [. . . ] nasce con l’intento di procurare la felicità all’individuo e al gruppo sociale” . Quindi l’esperienza umana, come sottolinea Aristotele nell’Etica Nicomachea, si caratterizza per la volon. E. Severino, L’identità della follia, Rizzoli, Milano , p. . Introduzione tà di ricercare un modo, un ausilio che la possa liberare dalla scomoda incombenza del vivere e che la consacri alla felicità. L’ausilio che il mondo mitico propone all’uomo è il fuoco prometeico. Come rileva Platone il dono del fuoco da parte del titano Prometeo rappresenta la resa mitico–simbolica del sapere tecnico, il quale incarna l’abilità del poter e saper fare, che permetterà all’uomo di sopravvivere e di sviluppare le proprie facoltà ergendolo “a signore” del pianeta. La precarietà e l’ansia che l’individuo prova dinanzi alla meraviglia del creato, viene così attenuata dalla competenza pratica che tramite il lavoro ininterrotto di sviluppo della propria sfera di pertinenza permetterà all’uomo di imporsi sulla natura. Il mito di Prometeo rappresenta quindi il punto di partenza per eccellenza della società occidentale, che fin dai suoi albori concepisce la competenza tecnica come lo strumento primario per tutelare l’effimerità della propria esperienza terrena. Che Prometeo costituisca una risorsa importante per la genesi della nostra società, si può facilmente riscontrare nelle interpretazioni millenarie che da Esiodo a Eschilo, passando per Dante, Hölderlin, Goethe e Shelley si sono succedute non disperdendo e esaurendo mai il nucleo portante del mito. Il dono del fuoco ad opera del titano consegna all’umanità l’abito mentale della consacrazione al progresso, ovvero instaura il bisogno continuo di avanzamento che solo conduce alla felicità. L’uomo ben presto si accorge che per poter condurre con sempre maggior efficienza il movimento del progresso, deve calcolare e progettare in modo rigoroso ogni suo passo. Questa consapevolezza porta allo sviluppo dell’idea di razionalizzazione del mondo, che come si evince dal fulcro della ricerca genealogica niciana trova il suo cardine nel pensiero di Socrate . Il pensiero Socratico ha inaugurato l’era dell’ottimismo teoeretico, ovvero dell’incondizionata fiducia nella capacità della scienza di penetrare all’interno della natura delle cose. Infatti, il nucleo fondamentale del pensiero di Socrate è che non possa esistere vita, nel senso pieno del termine, senza ricerca. Tale asserto riposa sul fatto che il pensiero possa riuscire, seguendo il filo conduttore della causalità, non solo a conoscere l’essere, ma . Vedi Platone, Protagora, d. . Per Nietzsche Socrate incarna la nascita dell’episteme e quindi l’inizio della strategia metafisica occidentale, cioè di tutto ciò che oggi comunemente intendiamo quando parliamo di scienza. Introduzione anche a correggerlo. Quindi, la vita diventa per Socrate una continua ricerca della verità, in modo da rendere il pensiero, capace di liberare la vera conoscenza dall’errore. Non è un caso che i tre punti su cui si basa l’ottimismo socratico si possono così sintetizzare: la virtù è sapienza, si pecca solo per ignoranza e solo il virtuoso è felice. Socrate, come sostiene Nietzsche, apre la via all’interno della quale tutta la cultura occidentale si muove. In questo modo Socrate si erge ad emblema del dominio della ragione sulle altre facoltà, tale dominio porta alla razionalizzazione del mondo che permette l’incrementarsi del fuoco prometeico. Si intuisce così che i due cardini che animeranno la competenza occidentale, saranno fin dall’antichità: razionalità e progresso. Come mette in luce Amsterdamski , l’ideale di scienza impostosi a partire dal XVII secolo, si fonda proprio sull’equazione tra scienza (razionalità) e progresso (benessere). Da ciò appare chiaro che la competenza che caratterizza l’andamento della società occidentale sarà la scienza che si sviluppa dal dono fatto da Prometeo. Codesta tecnica applicativa si costituirà come il mezzo primario che permetterà all’uomo di progettare una vita che con l’andare del tempo e con l’ausilio della ricerca e della sperimentazione perenne, diverrà sempre più agevole e felice. Tale situazione permetterà a Bacone di affermare che scienza e potenza umana coincidono. Bisogna però sottolineare come la scienza fino al XVII secolo era pensata unicamente come un mezzo, ovvero come un ausilio nelle mani sapienti dell’uomo. Quindi razionalità e progresso erano funzionali e assoggettate al dominio dell’uomo. Per tal motivo la scienza non poteva essere definita né buona né malvagia, poiché non custodiva un fine in sé, ma servire l’umanità era il suo unico fine. Questa situazione si trova oggi completamente rovesciata, infatti all’interno della nostra società, scienza e tecnologia sembrano aver trovato dei propri fini e un proprio sviluppo. La scienza si trova in uno stato di tale avanzamento che non sembra più lecito piegarla alle esigenze umane, ma viceversa sembra lecito piegare gli individui alle sue esigenze. Il fuoco che Prometeo ha regalato all’umanità e che doveva essere alimentato e espanso continuamente, sembra aver lasciato i luoghi sicuri del proprio braciere, innescando un gigantesco incendio che brucia ogni componente della vita. Non è un caso che Guy Debord sostenga: “non si chiede più alla scienza . S. Amsterdamski, “Scienza”, in Enciclopedia Einaudi, vol. XII, Torino . Introduzione di capire il mondo [. . . ] le si chiede di giustificare istantaneamente tutto ciò che si fa” . Tutto ciò che essa deve giustificare, non è altro che il proprio bisogno incessante di ricerca, che possa permettere di tendere continuamente al miglioramento della situazione attuale. Questo miglioramento appare però utopico, poiché la perfezione a cui la scienza tende, derivante dal dono prometeico, non è altro che il raggiungimento dell’estasi divina in terra. Va da sé, che la conoscenza di tale situazione è totalmente impossibile, quindi l’atteggiamento progressista insito nella scienza stessa non potrà mai essere eliminato. In codesto sistema di riferimento culturale anche la ragione umana muta e si convince che sia lecito abbandonare il primato ontologico dell’esistenza a vantaggio della ricerca scientifica. Come sottolinea Horkheimer soggettività e strumentalità divengono i due caratteri che definiscono l’idea moderna di ragione. Soggettività sottolinea il passaggio da una concezione oggettiva, che riconosce nella natura e nelle relazioni sociali un ordine razionale, ad una soggettività che riserva ai processi mentali il compito di definire l’ordine della realtà. La strumentalità riguarda l’inversione del rapporto tra intelletto e volontà, che porta non più la volontà al servizio della ragione, ma fa sì che la ragione selezioni i mezzi più adatti per raggiungere gli obbiettivi indicati dalla volontà . Per tal motivo il nuovo ordine della realtà verrà stabilito tenendo ben presente il primato ontologico delle scienze e i suoi bisogni, persuadendo la volontà a perpetuare la necessità di progresso e costringendo la ragione a trovare i mezzi più consoni (ricerca scientifica), per perpetuare l’asservimento. La conoscenza del mondo in cui viviamo, porta i filosofi della Scuola di Francoforte, con Adorno e Habermas in prima linea, a definire la scienza un potente veleno, privo di vera riflessione e forza liberatrice. Questa definizione, a mio parere, dovrebbe essere addebitata più al clima culturale che ha elevato la scienza a unica forma di pensiero (privando di valore ogni sapere che non sia scientifico), più che alla scienza stessa. Quindi, consapevoli del fatto che la nostra società è fondata su un sapere razionalistico e progressista, eliminare tale situazione porterebbe ad una negazione delle origini stesse dell’occidente. Mi sembra più consono . G. Debord, Commentari sulla società dello spettacolo, contenuto in La società dello spettacolo, Baldini Castoldi Dalai, Milano , p. . . Vedi M. Horkheimer, Eclisse della ragione, Einaudi, Torino . Introduzione rivolgersi alla scienza non come al male che minaccia di distruggere il mondo, ma come alla possibilità di una vita migliore. Tale possibilità deve però tenere in considerazione quella che è la dignità dell’uomo che si esplica nella possibilità di progettazione e che preservi tale opportunità anche per le generazioni future. Infatti come scrive Natoli: “siccome è lui (l’uomo) a immettere il rischio nella natura, a maggior ragione deve trovare dentro di sé la sua misura. Quindi, il motivo tragico dell’assunzione del limite oggi si trova molto determinatamente sotto la voce della responsabilità, e addirittura della responsabilità nei confronti della natura, oltre che degli altri uomini. Mentre prima l’uomo era custodito nella natura, oggi ne è lui il responsabile” . Ne segue che mi sembra di primaria importanza riflettere attorno al concetto, mai banale, di responsabilità e alle sfaccettature che esso assume all’interno della nostra vita, dominata dall’imperativo del fare e dell’acquisire. Suddetta riflessione diviene un’esigenza di primario interesse ben necessitata dalla speranza verso un futuro migliore che sottende ad ogni singola azione dell’uomo. Così, persuaso dai versi di Sofocle: “molte sono le cose del mondo che ispirano sgomento, ma nessuna più dell’uomo” ritengo che la riflessione sulla scienza non possa prescindere dalla riflessione sull’uomo e sull’uso che egli compie della scienza. Poiché come sostiene Gramsci: “Chimica applicata ai gas asfissianti, lacrimogeni, ulceranti, meccanica applicata ai cannoni di lunga portata [. . . ] Sì, ma anche la zappa può spaccare i crani” . Per questo motivo occorre rivolgersi all’uomo e alla responsabilità che esso intrattiene all’interno del mondo in cui vive, che si deve riflettere nella salvaguardia della possibilità del futuro per le generazioni che verranno. Il male non è la scienza, ma l’uso che l’uomo fa della scienza, fraintendono quello che è il senso primario del dono prometeico e interiorizzando in maniera sbagliata il detto bacconiano. Quindi, basarsi su un’etica che tenga conto delle responsabilità che l’uomo scientifico intrattiene verso sé e verso chi verrà, appare l’unico modo credibile per persuadere ad un ritorno alla considerazione della scienza come strumento (non soggetto totalizzante) privilegiato per lo sviluppo umano. . S. Natoli, Libertà e destino nella tragedia greca, Morcelliana, Brescia , pp. –. . Sofocle, Antigone, vv. –. . A. Gramsci, Merce, in Sotto la mole, Einaudi, Torino , p. . Introduzione Struttura dell’opera La ricerca prende avvio dalla constatazione della sempre maggior importanza, come è emerso in precedenza, della relazione fra scienza e vita. Si comincia con la prima sezione intitolata: Da Prometeo all’Etica della responsabilità, che indaga come la vita si sia votata razionalisticamente ad assecondare il dominio della ragione e del calcolo. Dopo aver constatato ciò, mi sono interrogato attorno al dilemma prometeico. Infatti, mi sono chiesto se Prometeo, metafora del progresso tecnico, con i suoi doni ci abbia liberato, oppure abbia stretto maggiormente quelle catene del bisogno, che intrappolano la dimensione umana. Da tale analisi emerge che la scienza e la ricerca scientifica divengono le modalità che sorreggono il nostro modo di vivere. Per tal ragione ho voluto ricostruire una brevissima storia della scienza, persuaso dall’idea che il metodo niciano–foucaultiano della genealogia sia il metodo migliore per dare ragione contestuale, alle asserzioni che ho mosso in precedenza. Così, chiarita la genesi di quello spirito scientifico che persuade tutte le menti, ho voluto mettere in chiaro che cosa s’intenda con il termine etica e quali rapporti nascano nell’interazione tra essa e la scienza. In tal maniera ho voluto porre in luce come tutte le etiche cosidette storiche, non siano adeguate ad affrontare i tre problemi principali che la ricerca scientifica porta alla luce. I tre problemi sono: ambivalenza degli effetti, superiorità della tecnica sull’agire speculativo, problema metafisico. Ne segue che bisognerà cercare una nuova forma etica che possa dar risposta all’esigenza del tempo e alle necessità che esso comporta. Tale etica sarà: l’etica della responsabilità. L’ultimo capitolo di questa prima parte vuole mettere in luce il significato della parola responsabilità, che a mio parere deve poggiare sulla linea storico–evolutiva derivante dal termine latino res–rem ponderare e il legame profondo di tale concetto con la dimensione temporale. La seconda parte intitolata: Etica della responsabilità: permettere il futuro, prende l’avvio dal bisogno di chiarire come l’idea baconiana di scienza e potenza, unita all’idea weberiana di progresso, siano state completamente fraintese, divenendo i baluardi della nuova ricerca scientifica. A discapito di quanto si è formalizzato nel pensiero scientifico, i due autori proponevano un’idea di scienza che fosse un puro strumento nelle mani umane, finalizzato al dominio del reale. Codesto mezzo doveva in primo luogo rispettare il limite Introduzione della condizione propriamente umana e il diritto di progettazione della stessa. A Weber dobbiamo anche una delle migliori e più note formulazioni dell’etica della responsabilità, che si basava sulla scelta e ponderazione dell’azione individuale per salvaguardare il futuro e la possibilità dell’altrui agire. Tale idea di etica della responsabilità venne messa in crisi da Benedetto Croce, il quale in un primo memento afferma che l’individuo è pienamente libero di scegliere e quindi di agire responsabilmente. Successivamente torna sui suoi passi e afferma che l’individuo non può essere mai considerato responsabile, poiché la scelta dell’azione non spetta a lui, ma spetta al corso storico della società, che impone all’individuo stesso questa o quell’azione. La responsabilità viene così ridotta da Croce, ad un accorgimento pratico–sociale che garantisce la perpetuazione dello schema dominate. Tale schema è ovviamente quello della scienza e del proprio sviluppo ininterrotto. Questa situazione viene chiarita in particolare dalla fenomenologia di Husserl il quale ben descrive la crisi di senso che caratterizza la cultura occidentale, evidenziando la misura in cui il paradigma scientifico è divenuto l’unico modello conoscitivo, accettato come valido. A tale pensiero, oppone ciò che lui stesso definisce la responsabilità filosofica, ovvero l’esigenza che la filosofia non si mantenga solo nella pura teoresi, ma si faccia carico dei problemi che il mondo le presenta, proponendo un’alternativa valida all’occultamento di senso che mina la cultura europea. Ad Husserl si deve il primo passo che porterà una serie di filosofi contemporanei ad occuparsi della figura della responsabilità. Su tutti spicca Hans Jonas, che potrebbe essere definito il padre della formulazione dell’etica della responsabilità. Egli, infatti, ripensa l’etica in modo da adeguarla alle esigenze che il nostro tempo mette in luce, non dimenticando mai il rispetto per la dignità umana. Un altro autore che deve essere citato è Günther Anders, il quale pone in evidenza il dislivello, nominato da egli stesso dislivello prometeico, crescente fra gli esiti della ricerca scientifica e l’uomo. Tale situazione porta al nascere di un pensiero anti–scientifico, che fonda le sue radici nell’opera di Oswald Spengler. Codesto movimento identifica nella scienza, il male da eliminare per tornare ad una vita pienamente umana. Questo concetto viene però sminuito dall’indagine di Gerald Holton che sostiene che il mondo ha irrimediabilmente bisogno della scienza. Infatti, la scienza è talmente radicata nel reale, che ha un assoluto bisogno di progredire per evitare Introduzione catastrofi maggiori nel futuro. Quindi, la ricerca scientifica si configura come un bisogno necessario per porre rimedio ai mali che la stessa ricerca produce. Dopo aver riflettuto attorno a questi temi, mi sembra di fondamentale importanza ricercare la correlazione che intercorre tra la scienza e uno dei saperi che più animano la vita terrena, ovvero il sapere religioso. Per questo motivo ho dedicato il capitolo ad una correlazione delle più diffuse religioni storiche al tema della ricerca scientifica e della responsabilità. Da tale analisi emerge che tutte le religioni hanno a cuore la tutela dell’altro. Questo principio di tutela dell’altro viene espresso da ciò che si è soliti chiamare Regola d’Oro. Tale constatazione, apre la terza parte di questa ricerca intitolata: Aspettando Godot: intersoggettività, verità e filosofia. Questa sezione inizia con due capitoli dedicati ai due filosofi che hanno posto il tema dell’intersoggettività, come tutela dell’altro, a cardine della loro ricerca: Lévinas e Ricoeur. I due autori portano a concepire che i caratteri fondamentali attorno ai quali l’etica della responsabilità deve prendere forma sono l’intersoggettività e l’azione antecedente. La presa di coscienza dei due pilastri che compongono l’etica della responabilità, porta ad interrogarsi sulla possibilità di limitare la ricerca scientifica. Per svolgere tale riflessione sarà di fondamentale importanza la considerazione del pensiero di John Stuart Mill, il quale afferma il principio di tolleranza culturale. Tale principio sostiene che tutto deve esser tutelato nel limite di non nuocere alla società e quindi alla vita. La scienza supera questo vincolo, e per tal motivo la collettività può lecitamente valutare la sospensione di alcune sue ricerche al fine di garantire la vita. La possibilità di porre dei limiti alla scienza mette in luce, che il vero problema dell’era scientifica è costituito dalla mancanza di riflessione da parte dell’uomo attorno alla propria condizione. La conclusione della ricerca è affidata ad un capitolo intitolato: Il paradigma scientifico e l’importanza della filosofia. Esso vuole mettere in luce, che l’uomo per riflettere su se stesso deve avvalersi della filosofia e in particolare della filosofia storica. Codesta forma filosofica, che ho chiamato meta–scienza, prende il via dall’indagine foucaultiana attorno al costituirsi di ogni verità. Codesto atteggiamento conduce l’uomo a ritenere la ricerca scientifica non come una verità assoluta, ma come uno dei tanti paradigmi esistenti. Inoltre, in questo ultimo capitolo, mi sono ricondotto anche al pensiero severiniano. Infatti, Severino afferma che il Prometeo descritto da Eschilo, si accorge che la tecnica che dona Introduzione all’umanità non è il rimedio definitivo all’ansia e alla frustrazione del stato precario dei mortali. Per Severino Prometeo concepisce che tale téchne è solo uno dei rimedi che aiuteranno l’uomo nella progettazione degli ausili strumentali, utili al condurre la propria vita. Questa è l’idea fondamentale che l’etica della responsabilità deve restituire alla scienza, ovvero di un ritorno autentico all’idea del dono prometeico, che possa far concepire la scienza come un ausilio. Quindi, come uno strumento al servizio dell’uomo.