Augusto nel Campo Marzio settentrionale Mausoleo di Augusto

annuncio pubblicitario
1
Augusto nel Campo Marzio settentrionale
Mausoleo di Augusto, Pantheon, ara Pacis e c.d. solarium Augusti, i quattro complessi
monumentali più significativi di età augustea nel Campo Marzio settentrionale (fig. 1), hanno tra
loro un collegamento ideologico e programmatico, che gli scavi del 1996/97 dinanzi alla facciata
del Pantheon, e gli scavi del 2007/09 nell’area del mausoleo, condotti dalla Sovraintendenza ai
Beni Culturali di Roma Capitale con il coordinamento di Paola Virgili, hanno ampiamente
confermato. E’ sempre più evidente che i quattro monumenti siano connessi tra loro secondo un
progetto di eccezionale spessore comunicativo: ara Pacis e c.d. solarium devono essersi adeguati
allo schema impostato fin dall’origine tra mausoleo e Pantheon, aggiungendovi nuova linfa
vitale.
Filippo Coarelli ha da tempo intuito acutamente che la scelta del sito dove Agrippa costruì il
Pantheon fosse correlato con la leggenda della scomparsa di Romolo nelle vicinanze della palus
Caprae, mentre passava in rassegna l’esercito. E’ possibile andare oltre, e supporre che l’edificio
sia stato costruito più o meno nel luogo stesso dove, secondo un ramo della tradizione, avvenne
la miracolosa ascensio ad astra del fondatore di Roma, e che sia diventato, a livello simbolico, il
polo di convergenza di un innovativo sistema religioso, come luogo di venerazione delle
principali divinità olimpiche ‒ con grande verosimiglianza dello stesso Romolo/Quirino, e
naturalmente del divus Giulio Cesare, ormai già cooptati in Olimpo ‒ insieme con i membri della
famiglia Giulia in attesa dell’opportuna divinizzazione. Può essere immaginato che il Pantheon
nasca sì con funzione dinastica – come un Augousteion, come afferma Cassio Dione –, ma con la
stringente necessità di creare una sorta di comunicazione tra episodi fino allora non
coerentemente posti in relazione: scomparsa ed apoteosi di Romolo; possibile presenza di tombe
di uomini illustri che bene avevano meritato nei confronti della repubblica nelle vicinanze della
palus Caprae (poi diventata stagnum Agrippae e infine parzialmente ridimensionato per far
spazio al ginnasio di Nerone); uccisione e consecratio di Giulio Cesare, con tutti i suoi
addentellati con la morte e la divinizzazione di Romolo, delle quali sembra essere un calco;
futura apoteosi di Augusto, che le forme di comunicazione dell’epoca avevano presentato come
nuovo Romolo.
Gli scavi eseguiti nel 1996/97, hanno definitivamente confermato che anche il Pantheon di
Agrippa, come l’edificio adrianeo, fosse rivolto verso nord, con un leggero spostamento dell’asse
verso occidente. E’ probabile inoltre che il primitivo Pantheon avesse una pianta simile
all’attuale, ma forse solo nelle proporzioni e non nei modi di copertura (fig. 2). Sembra
comunque certo che l’ingresso del tempio di Agrippa avesse una misura simile a quella attuale
(fig. 3).
Assai meno evanescente risulta invece il rapporto fondante tra mausoleo di Augusto e
Pantheon, il monumento funerario e il monumento dell’apoteosi, già intuito nell’Ottocento da
Heinrich Nissen, ma respinto in seguito per la tendenza a proporre per il Pantheon di Agrippa un
orientamento della sua facciata verso sud. L’asse del Pantheon, come quello dei limitrofi saepta,
è spostato di qualche grado ad occidente rispetto al polo. Tale asse, proiettato verso nord,
incrocia, con una leggerissima variazione di orientamento, il mausoleo (fig. 4). Poiché i due
monumenti sono stati realizzati a ridotta distanza di tempo – il mausoleo di Augusto, i cui lavori
avevano preso avvio per primi, era ormai in avanzato stato di lavorazione nel 23 a. C., quando le
sue porte furono aperte per ospitare le ceneri di Marcello; il Pantheon fu dedicato da Agrippa il
27 o meglio il 25 a. C. –, la loro posizione su un asse pressappoco uguale non solo non appare
casuale, ma deve obbligatoriamente essere il risultato di un progetto urbanistico unitario, che i
recenti scavi davanti al mausoleo hanno precisato. Il rapporto tra i due monumenti era stato
ulteriormente sottolineato dalla configurazione della platea a lastre di travertino antistante il
mausoleo, la cui tessitura, come hanno rilevato gli archeologi, non è in asse perfetto con la
facciata, ma orientata secondo la direttrice che collegava il centro del mausoleo con il centro del
Pantheon, con una divergenza di qualche pur minimo grado. E’ possibile, anche se non certo,
2
che la correzione ottica fosse stata già applicata in età augustea; comunque sia, essa è stata
mantenuta, o ripristinata, nei decenni seguenti. Si ha insomma l’impressione che in un momento
imprecisato – ma forse ancora in età augustea – si sia voluto correggere la lieve differenza di
orientamento tra i due edifici per accentuarne il collegamento simbolico: e non è inverosimile
che ciò sia avvenuto al momento della costruzione del Pantheon, posteriore di qualche anno al
mausoleo.
L’opaion del Pantheon sembra essere un diaframma aperto fra terra e cielo, e simbolicamente
potrebbe anche alludere al passaggio attraverso cui, come già era avvenuto per Romolo,
archetipo di Augusto e degli imperatori romani, era possibile per un mortale ascendere
all’Olimpo.
I raggi del sole, fluendo dall’opaion del Pantheon, colpiscono tuttora le pareti del tempio
proprio come un riflettore di scena, scandendo il passare delle stagioni ed evidenziando in
determinati giorni e in determinati orari, l’una o l’altra delle esedre o delle edicole. La fascia
luminosa si dirigeva, e usciva dalla porta d’ingresso privilegiando non la data degli equinozi, che
cade a metà dell’edificio, sulla cornice superiore dell’ordine intermedio, ma la data del 21 aprile,
la nascita di Roma: a mezzogiorno esatto, il faro di luce centrava, e centra ancora, l’ingresso del
tempio (fig. 5); e non c’è dubbio che il fenomeno riguardasse anche l’edificio di Agrippa, del
quale l’edificio adrianeo ha preservato la monumentale porta di bronzo. Quale impressione se, a
quell’ora, l’imperatore fosse entrato nel Pantheon, illuminato dal sole come da un riflettore di
scena!
L’inserimento del c.d. solarium Augusti e dell’ara Pacis a metà strada circa tra mausoleo di
Augusto e Pantheon doveva essere parte integrante dello stesso programma, sebbene i due
monumenti siano stati realizzati più di un decennio dopo, quando ormai Agrippa era morto.
L’obelisco pertinente al c.d. solarium, insieme con un altro collocato sulla spina del circo
Massimo, forse in collegamento con l’antico tempio di Sol, fu trasportato a Roma da Heliopolis
in Egitto. Ambedue gli obelischi furono dedicati al Sol tra la seconda metà del 10 e la prima metà
del 9 a.C., forse nell’ambito di un più vasto programma calendariale che comportò, tra il 9 e l’8
a.C., la correzione del calendario giuliano e l’intitolazione al princeps del mese Sextilis, che
divenne Augustus. Dedicati nel periodo in cui Augusto rivestiva la potestà tribunizia per la
quattordicesima volta (dal 26 giugno del 10 al 25 giugno del 9 a.C.), sarebbe suggestivo
circoscrivere, in via d’ipotesi, la data o al 1 agosto del 10 a.C., ventennale della vittoria su
Alessandria d’Egitto, oppure al 30 gennaio del 9 a.C., in coincidenza con la dedica dell’ara
Pacis, e quindi in una giornata cronologicamente più vicina alla riforma calendariale. L’obelisco,
come afferma Plinio, era lo gnomone di una meridiana il cui funzionamento, alla sua epoca, non
era più corretto. L’asse centrale, disegnato sul pavimento, era perfettamente orientato nord-sud, e
la sua altezza complessiva doveva essere tale da consentire all’ombra dell’obelisco di toccarne
con la sua punta – un globo di bronzo – il vertice superiore a mezzogiorno del solstizio d’inverno
e il vertice inferiore a mezzogiorno del solstizio d’estate. La funzione precipua dello strumento,
secondo Plinio, era la differente misura in lunghezza tra i giorni e le notti.
Dal testo di Plinio non si desumono altre informazioni. Le opinioni al giorno d’oggi oscillano
tra l’ipotesi che l’obelisco fosse lo gnomone della sola linea meridiana ‒ e in effetti si sono
trovati i resti del disegno della sola meridiana centrale ‒, oppure di un gigantesco orologio solare
disegnato sul lastricato circostante, con fortissime componenti astrologiche in funzione di
Augusto (fig. 6). Gli scavi non hanno purtroppo risolto definitivamente la questione, anche se si
tende ormai a dare maggiore credito alla prima ipotesi. Eppure, può essere frutto della casualità
che la base dell’obelisco, pur essendo a non poca distanza dall’ara Pacis, fosse orientata e in
asse con l’altare? che la sua ombra, proiettata sul pavimento, ne toccasse l’apice a mezzogiorno
del solstizio d’inverno, la giornata in cui Ottaviano era stato concepito? che, qualora la linea
equinoziale fosse stata effettivamente disegnata sul pavimento, l’ombra avrebbe potuto scivolare
lungo codesta linea il 23 settembre, il giorno della sua nascita, e puntare verso l’ara Pacis, anche
se non la toccava effettivamente?
3
Era nello stesso tempo dato particolare risalto sia alla data della nascita quando la luna, che
aveva un valore fondamentale nell’oroscopo antico, si trovava in Capricorno, sia alla data del
concepimento che cade anch’essa, per un’altra di quelle coincidenze fortuite di cui è disseminata
l’intera vita di Augusto, nel segno del Capricorno, più o meno all’unisono con la nascita del sole,
celebrata, seguendo un’antica tradizione egiziana, il 25 dicembre, e con l’avvio dell’anno nuovo,
e della speranza dell’avvento di una nuova età dell’oro.
La dimostrazione di Michael Schütz, che l’altare augusteo, dedicato per il ritorno di Augusto
dalle province occidentali dell’impero, fosse stato orientato di modo che il suo asse di simmetria,
nella sua estensione verso oriente, corrispondesse alla regione dell’aurora, o del sorgere del sole,
il 21 aprile, giorno dei Parilia e della nascita di Roma, tende ad accentuare una lettura simbolica
del complesso. Schütz si è domandato a ragione perché l’ara Pacis non fosse orientata secondo
l’asse della linea equinoziale (corrispondente più o meno, nel caso dell’equinozio di autunno,
con la data di nascita di Augusto, il 23 settembre) che, invece, era tangente agli stipiti delle porte
del suo recinto (fig. 7). Si può rispondere, con un certo margine di verosimiglianza, che per il suo
orientamento era stato privilegiato il riferimento simbolico alla nascita di Roma, senza
rinunciare, tuttavia, a una relazione con la nascita di Augusto. L’incrocio della linea equinoziale
del 23 settembre con l’asse di simmetria collegato al 21 aprile sottolineava il destino del principe
quale nuovo fondatore di Roma.
Un analogo filo conduttore, a carattere cosmologico, lega il raffinatissimo sistema struttivo
del Pantheon con il mausoleo e con il c.d. solarium Augusti in Campo Marzio. Il Pantheon, con i
suoi possibili collegamenti con il mito della morte e dell’apoteosi di Romolo, sembra adeguarsi
alla medesima logica che spinse Ottaviano a ripristinare, nel periodo compreso fra il 31 e il 27 a.
C, sacerdozi e riti ormai obsoleti, i più antichi di Roma, riferiti nella maggioranza dei casi
all’autorità di Romolo stesso. E’ il caso del sacerdozio dei fetiales, caduto in disuso almeno dal II
secolo a.C., del sacerdozio di rango equestre dei Caeninenses ‒ destinato probabilmente a
celebrare riti e culti della città sconfitta e distrutta, e ripristinato da Ottaviano secondo formule a
noi sconosciute, forse al momento stesso in cui procedeva al restauro, dietro suggerimento di
Attico, del tempio di Giove Feretrio, dove Romolo aveva deposto gli spolia opima di Acron, re
di Caenina ‒, del sacerdozio dei fratres Arvales ‒ di cui si era quasi perduta memoria e che un
aition di età augustea attribuiva a Romolo ‒, inoltre dei sodales Titii, attribuito a sua volta al
collega sabino di Romolo, Tito Tazio.
L’operazione “romulea” ebbe più fasi. Nella prima fase, conclusasi nel gennaio del 27 a.C.,
quando Ottaviano accettò il cognomen Augustus, si può innestare, a fianco del mausoleo, anche il
Pantheon con il suo possibile orientamento secondo il percorso del sole il 21 aprile. La si
potrebbe interpretare come un tentativo di imporre a Roma un potere assoluto, per certi aspetti
lungo il solco già tracciato da Cesare, ma nel nome del fondatore di Roma: e sappiamo che
qualche senatore compiacente aveva proposto di chiamarlo “nuovo Romolo”, visto che Ottaviano
aveva simbolicamente ri-fondato la città dopo decenni di instabilità politica nel segno della pace.
In questa logica potrebbe leggersi anche l’interessante parallelo tra gli oroscopi del
concepimento e della nascita di Romolo e di Ottaviano/Augusto. Il filosofo e astronomo
Tarutius, amico di Varrone, avrebbe studiato, in base ai documenti superstiti, l’oroscopo di
Romolo, e avrebbe così stabilito che il giorno del suo concepimento fosse, secondo il più antico
calendario egiziano, il 24 giugno del 772 a.C. (solstizio d’estate), durante un’eclissi di sole
visibile in Egitto ma non a Roma, e il giorno della sua nascita il 24 marzo del 771 a.C.
(equinozio di primavera). Può mai essere un caso che le date si intersechino in chiasmo (quasi)
perfetto con quelle del concepimento e della nascita di Ottaviano/Augusto, nei giorni del
solstizio d’inverno e dell’equinozio d’autunno? I collegamenti sarebbero ancora più stringenti se,
come taluni studiosi suppongono, l’oroscopo fosse letto e interpretato secondo il più aggiornato
calendario alessandrino: in tal caso, il concepimento di Romolo sarebbe avvenuto il 19 dicembre,
e la nascita il 18 settembre, con uno scarto di pochi giorni rispetto ad Ottaviano.
4
Qualunque fosse il programma nel Campo Marzio, esso dovette subire a partire dal 27 a.C. un
accorto viraggio verso soluzioni più attenuate e meno rivoluzionarie. Nel caso del Pantheon, che
dichiarava l’intenzionalità di impostare un parallelismo con il primo re di Roma, Augusto si
accontentò, per il momento, di essere relegato, insieme con Agrippa, nel pronao del tempio.
Nell’interno non mancava tuttavia la statua di culto del divo Cesare che, nello svolgere la
funzione di mediatore tra le divinità olimpiche – prime fra tutte Venere e Marte –, Romolo
divinizzato e la gens Iulia, secondo una logica già suggerita da alcuni principi di età grecoellenistica, contribuiva a creare le condizioni dalle quali sarebbe scaturita a tempo dovuto la
divinizzazione dello stesso Augusto.
Riconfermati i caposaldi teorici di quella res publica in apparenza riconsegnata al senato e al
popolo romano, il principe, pur proseguendo nel percorso della restauratio dei costumi
tradizionali, non sembra essersi più interessato in maniera specifica dei problemi religiosi, con
l’importante eccezione della celebrazione dei ludi Saeculares, che segnavano simbolicamente,
dopo l’importante vittoria politica sui Parti nel 20 a.C., la definitiva conclusione di un torbido
passato e l’avvio di una nuova età dell’oro. Solo quando, morto Emilio Lepido, nel 12 a.C. poté
finalmente rivestire l’altissima carica di pontefice massimo, Augusto riuscì a completare il suo
programma religioso, con la nomina delle cariche sacerdotali rimaste vacanti e con la
riorganizzazione amministrativa della città cui affiancò il culto del genius Augusti e dei lares
Compitales. L’operazione fu definitivamente compiuta il 1 agosto del 7 a.C.
Ma Augusto si preoccupò anche di correggere il calendario riformato da Giulio Cesare in
quanto, per un errore interpretativo, il giorno addizionale, invece di essere inserito ogni quattro
anni secondo l’avvertenza degli astronomi, era stato intercalato ogni tre anni. L’operazione, di
competenza dei pontefici, era di per sé semplice, ma permise di salutare l’evento in modo
appariscente: se in occasione della riforma giuliana il mese Quintilis fu soprannominato Iulius,
con la riforma augustea il mese Sextilis divenne Augustus. Era un altro omaggio di sapore
“superumano” più di qualsiasi altro rivolto al principe. Non si scelse, però, né il mese del
concepimento né della nascita, bensì agosto, il mese in cui Ottaviano aveva ottenuto per la prima
volta i fasces, e poi, entrato vittorioso ad Alessandria, aveva chiuso definitivamente l’era delle
guerre civili, riportando a Roma ricchezze in quantità, e la pace. Per dovizia di motivazioni, nei
giorni tra il 13 e il 15 del mese, Ottaviano aveva celebrato il suo triplice trionfo. Il destino di
Augusto volle che morisse proprio in agosto, il 19 del mese: sembra che l’abbia fatto apposta!
Se il nuovo calendario riuscì ad imporsi, ciò fu dovuto alla straordinaria capacità di preservare
comunque, malgrado la capillare presenza imperiale, gli elementi essenziali della tradizione:
nulla di fondamentale veniva a mancare del tempo repubblicano, ed il tempo imperiale da esso
scaturiva come un’estensione naturale e organica: ma lì era la rottura.
Augusto aveva approfittato dell’occasione per procedere ad una nuova rivoluzione, con la
quale il calendario poneva il principe al centro di un nuovo ordine cosmico. E della coscienza e
dell’orgoglio per i risultati ottenuti, sono testimoni i numerosi calendari rinvenuti in tutta Italia,
così forte era il collegamento tra il nuovo calendario e il sistema politico-religioso augusteo.
Tolto il conto dei dies fasti e nefasti dalle mani dei sacerdoti e della vecchia nobiltà, il calendario
diventava un duttile strumento del principato e celebrava con la dovuta pompa il nuovo assetto
dell’impero.
Augusto era nato ‒ come afferma l’editto del proconsole Paolo Fabio Massimo contenente i
decreti del koinon d’Asia sulla riforma calendariale ‒ per il bene dell’intera umanità, e per tale
motivo meritava onorificenze che erano ben piccola cosa rispetto ai benefici ottenuti. La sua
nascita andava perciò considerata simile alla nascita di un dio, e il suo compleanno celebrato
degnamente come il momento d’avvio di un mondo migliore. La speranza di Virgilio, che
auspicava la nascita di chi potesse dare un nuovo ordine al mondo, era ormai una realtà che la
simbologia della meridiana solare del Campo Marzio da un lato, del nuovo calendario asiatico
dall’altro, volevano celebrare degnamente.
5
6
7
8
9
Scarica