giovedì 3 aprile 2014

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Rassegna stampa
Provvisoria
“Virus Ebola”
- Aprile 2014 -
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Infettivologo Simit:No rischi diffusione fuori Africa virus Ebola
"Mai arrivato tanto a Nord"
Roma, 3 apr. (TMNews) - "L`Ebola non si è mai mosso dall`area
geografica dove si è verificata la malattia. I pochissimi casi
che si sono visti fuori dall`Africa hanno coinvolto persone che
hanno raggiunto i paesi d`origine per farsi curare. La catena del
contagio tende ad arrestarsi rapidamente, e raramente supera il
primo contatto". Lo ha detto Massimo Galli, Professore Ordinario
di Malattie Infettive all'Università di Milano e Segretario della
SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali
"Il ceppo di virus Ebola più letale, detto Ebola-Zaire, ha ucciso
fino al 90 % dei contagiati. In passato - hya aggiunto Galli - le
epidemie hanno trovato negli ospedali locali, dotati di mezzi
inadeguati a limitare il contagio, il luogo della loro
amplificazione. La preparazione dei corpi alla sepoltura, che
coinvolge in alcuni paesi l`intero gruppo familiare, ha
rappresentato un ulteriore volano per la diffusione della
malattia in alcune situazioni".
"L`allarme a livello locale - ha spiegato Galli - è assolutamente
dovuto e va mantenuto fino al contenimento della malattia: va
tuttavia ricordato che fino ad ora le epidemie da Ebola non si
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sono mai estese oltre un raggio di poche decine di chilometri dal
punto in cui si sono generate(escludendo ovviamente i pochi casi
in persone che sono riuscite a farsi curare lontano dal luogo
del contagio). La catena del contagio tende ad arrestarsi
rapidamente, al primo o al secondo contatto. L`infezione è
contratta per contatto diretto, con persone e animali malati e
loro fluidi corporei."
La famiglia di virus a cui Ebola appartiene, i Filoviridae, non
si è certo evoluta nella nostra specie: si tratta di una sorte di
`alieni` che, se casualmente ci infettano, si comportano come
`teppisti disadattati`, uccidendo un ospite che per loro non è ne
abituale, ne a loro necessario per continuare a perpetuarsi come
specie. In realtà le specie conosciute di Ebola sono cinque, di
cui solo tre terribilmente patogene e spesso letali, mentre le
altre due individuate molto meno pericolose e una, Ebola Reston,
praticamente non patogena per l`uomo. Negli ultimi anni si è
cominciato a capire che gli Ebola più aggressivi sono
probabilmente virus di alcune specie di pipistrelli.
(Segue)
Red/Nes
031049 APR 14
Infettivologo Simit:No rischi diffusione fuori Africa virus Ebola -2-
Roma, 3 apr. (TMNews) - "In natura sono comuni forse, più di
quanto si pensi - ha proseguito Galli -. Il più pericoloso,
Ebola Zaire, o Zebov, ha fatto la sua prima apparizione nel
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1976, nello Zaire, uccidendo l`88% dei 318 casi. Nello stesso
anno nel Sud Sudan sono stati accertati altri 284 casi con il 53%
di decessi. Si è in seguito scoperto che si trattava di una
diversa specie virale, chiamata Ebola Sudan, che nel 2000-2001 ha
causato, questa volta in Uganda un`altra epidemia, la più vasta
finora registrata, con 425 casi e il 53% di decessi. Tra il
2004-2007 una nuova epidemia nel Congo data da una nuova specie
virale, Ebola Bundibugyo, con 129 casi e il 25% di morti. Poi,
dopo altri episodi più circoscritti, causati alternativamente
dalle tre specie patogene in diversi paesi africani tra il 2009 e
il 2012, quello attualmente in corso in Guinea, sorprendente,
perché è l`episodio più settentrionale mai avvenuto e perché,
salvo smentite,sarebbe causato da ZEboV".
I `misteri` che riguardano Ebola, in realtà, sono ancora molti.
Secondo un recente studio che ha coinvolto 4mila persone e più di
200 villaggi in zone che potevano essere interessate da Ebola, i
sieropositivi per anticorpi contro il virus erano ben il 15% e
nessuno di loro risultava essere mai stato malato. "Delle due
l`una - hanno sottolineato gli specialisti Simit - o esistono
specie di virus non patogene per l`uomo anche nelle aree in cui
possono emergere le specie più aggressive (e in questo caso gli
anticorpi sono espressione di quella che chiamiamo reazione
crociata), oppure esiste la possibilità di venire a contatto con
il virus con cariche insufficienti per avere una infezione
conclamata, ma comunque sufficienti per avere una risposta
anticorpale. Potrebbe anche essere possibile che alcune persone
siano naturalmente capaci di difendersi meglio".
"La probabilità che un turista possa contagiarsi è trascurabile,
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poiché le aree interessate sono in genere remote, fuori dai
circuiti turistici e poiché le località colpite vengono di regola
chiuse all`accesso dall`esterno - ha continuato Galli - Non è una
malattia trasmessa da zanzare, come la malaria (per cui
consigliamo sempre di eseguire la profilassi), ne per via aerea
come l`influenza. Per la trasmissione occorre un contatto fisico
o coni liquidi e secreti corporei dei malati".
Gli specialisti della Simit spiegano in sintomi della malattia:
l`incubazione varia pochi giorni a circa una settimana. La
malattia esordisce con febbre e altri sintomi aspecifici. Spesso
compare un`eruzione cutanea di tipo maculo-papulare seguita da
manifestazioni emorragiche minori sempre a livello cutaneo, per
proseguire con quelle maggiori, soprattutto del tratto
gastrointestinale, con vomito e diarrea emorragici (tecnicamente,
ematemesi e melena) emorragie orali, genitali, anali, caduta
della pressione arteriosa e insufficienza renale. Nell`arco della
seconda settimana della malattia, il paziente muore senza
produrre anticorpi, a differenza di coloro che riescono a
sopravvivere alla malattia. L`intero sistema immunitario è
coinvolto nel tentativo di montare una valida difesa, nella più
parte dei casi, come si è visto, senza successo.
Una possibile buona notizia è che la ricerca per una cura procede
e qualche risultato, molto preliminare e circoscritto a
esperienze di laboratorio, è già stato ottenuto. In particolare
sono in corso ricerche su un anticorpo monoclonale (una specie di
`antisiero`) e su alcuni nuovi farmaci ad azione antivirale.
EBOLA, GALLI (SIMIT): NESSUN RISCHIO DIFFUSIONE FUORI AFRICA (1)
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(9Colonne) Roma, 3 apr - "L'allarme a livello locale è assolutamente dovuto e
va mantenuto fino al contenimento della malattia: va tuttavia ricordato che
fino ad ora le epidemie da Ebola non si sono mai estese oltre un raggio di
poche decine di chilometri dal punto in cui si sono generate .(escludendo
ovviamente i pochi casi in persone che sono riuscite a farsi curare lontano
dal luogo del contagio). La catena del contagio tende ad arrestarsi
rapidamente, al primo o al secondo contatto". Lo afferma Massimo Galli,
professore ordinario di Malattie Infettive all'Università di Milano e
segretario della Simit, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali,
parlando del ceppo di virus Ebola più letale, detto Ebola-Zaire, che uccide
fino al 90% dei contagiati. La famiglia di virus a cui Ebola appartiene, i
Filoviridae, non si è evoluta nella nostra specie: si tratta di una sorte di
'alieni' che, se casualmente ci infettano, si comportano come 'teppisti
disadattati', uccidendo un ospite che per loro non è ne abituale, né a loro
necessario per continuare a perpetuarsi come specie. In realtà le specie
conosciute di Ebola sono cinque, di cui solo tre terribilmente patogene e
spesso letali, mentre le altre due individuate molto meno pericolose e una,
Ebola Reston, praticamente non patogena per l'uomo. Negli ultimi anni si è
cominciato a capire che gli Ebola più aggressivi sono probabilmente virus di
alcune specie di pipistrelli. "In natura sono comuni forse, più di quanto si
pensi - prosegue l'infettivologo -. Il più pericoloso, Ebola Zaire, o Zebov,
ha fatto la sua prima apparizione nel 1976, nello Zaire, uccidendo l'88% dei
318 casi. Nello stesso anno nel Sud Sudan sono stati accertati altri 284 casi
con il 53% di decessi. Si è in seguito scoperto che si trattava di una diversa
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specie virale, chiamata Ebola Sudan, che nel 2000-2001 ha causato, questa
volta in Uganda un'altra epidemia, la più vasta finora registrata, con 425
casi e il 53% di decessi. Tra il 2004-2007 una nuova epidemia nel Congo data
da una nuova specie virale, Ebola Bundibugyo, con 129 casi e il 25% di morti.
Poi, dopo altri episodi più circoscritti, causati alternativamente dalle tre
specie patogene in diversi paesi africani tra il 2009 e il 2012, quello
attualmente in corso in Guinea, sorprendente, perché è l'episodio più
settentrionale mai avvenuto e perché, salvo smentite, sarebbe causato da
ZEboV". (SEGUE)
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EBOLA, GALLI (SIMIT): NESSUN RISCHIO DIFFUSIONE FUORI AFRICA (2)
(9Colonne) Roma, 3 apr - Secondo un recente studio che ha coinvolto 4mila
persone e più di 200 villaggi in zone che potevano essere interessate da
Ebola, i sieropositivi per anticorpi contro il virus erano ben il 15% e
nessuno di loro risultava essere mai stato malato. "Delle due l'una spiegano gli specialisti Simit - o esistono specie di virus non patogene per
l'uomo anche nelle aree in cui possono emergere le specie più aggressive (e in
questo caso gli anticorpi sono espressione di quella che chiamiamo reazione
crociata), oppure esiste la possibilità di venire a contatto con il virus con
cariche insufficienti per avere una infezione conclamata, ma comunque
sufficienti per avere una risposta anticorpale. Potrebbe anche essere
possibile che alcune persone siano naturalmente capaci di difendersi meglio".
"La probabilità che un turista possa contagiarsi è trascurabile, poiché le
aree interessate sono in genere remote, fuori dai circuiti turistici e poiché
le località colpite vengono di regola chiuse all'accesso dall'esterno Studio Comunicazione DIESSECOM
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prosegue Galli -. Non è una malattia trasmessa da zanzare, come la malaria
(per cui consigliamo sempre di eseguire la profilassi), né per via aerea come
l'influenza. Per la trasmissione occorre un contatto fisico o con i liquidi e
secreti corporei dei malati". L'incubazione varia da pochi giorni a circa una
settimana. La malattia esordisce con febbre e altri sintomi aspecifici. Spesso
compare un'eruzione cutanea di tipo maculo-papulare seguita da manifestazioni
emorragiche minori sempre a livello cutaneo, per proseguire con quelle
maggiori, soprattutto del tratto gastrointestinale, con vomito e diarrea
emorragici (tecnicamente, ematemesi e melena) emorragie orali, genitali,
anali, caduta della pressione arteriosa e insufficienza renale. Nell'arco
della seconda settimana della malattia, il paziente muore senza produrre
anticorpi, a differenza di coloro che riescono a sopravvivere alla malattia.
L'intero sistema immunitario è coinvolto nel tentativo di montare una valida
difesa, nella più parte dei casi, come si è visto, senza successo. Sono in
corso ricerche su un anticorpo monoclonale (una specie di 'antisiero') e su
alcuni nuovi farmaci ad azione antivirale.
(red)
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Sanita infettivologi virus Ebola puo uccidere
fino a 90 contagiati
MERCOLEDÌ 02 APRILE 2014 17:55
Non si e' mai mosso dall'area
geografica dove si e' verificata la
malattia
Roma, 2 apr. (Adnkronos Salute) - Il
virus Ebola piu' letale, meglio noto
come l'Ebola-Zaire, "puo' uccidere
fino al 90% dei contagiati, ma non si
e' mai mosso dall'area geografica
dove si e' verificata la malattia. I
pochissimi casi che si sono visti fuori dall'Africa hanno coinvolto persone che hanno raggiunto i
paesi d'origine per farsi curare. La catena del contagio tende ad arrestarsi rapidamente, e
raramente supera il primo contatto". Parola di Massimo Galli, infettivologo della Simit, la Societa'
italiana malattie infettive e tropicali. "In passato - aggiunge - le epidemie hanno trovato negli
ospedali locali, dotati di mezzi inadeguati a limitare il contagio, il luogo della loro amplificazione. La
preparazione dei corpi alla sepoltura, che coinvolge in alcuni paesi l'intero gruppo familiare, ha
rappresentato un ulteriore volano per la diffusione della malattia in alcune situazioni".
"L'allarme a livello locale - spiega Galli, ordinario di malattie infettive all'Universita' di Milano e
segretario della Simit - e' assolutamente dovuto e va mantenuto fino al contenimento della
malattia: va tuttavia ricordato che fino ad ora le epidemie da Ebola non si sono mai estese oltre un
raggio di poche decine di chilometri dal punto in cui si sono generate. La catena del contagio osserva - tende ad arrestarsi rapidamente, al primo o al secondo contatto. L'infezione e' contratta
per contatto diretto, con persone e animali malati e loro fluidi corporei".
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La probabilita' che un turista possa contagiarsi "e' trascurabile, poiche' le aree interessate sono in
genere remote - sottolinea l'esperto - fuori dai circuiti turistici e poiche' le localita' colpite vengono
di regola chiuse all'accesso dall'esterno. Non e' una malattia trasmessa da zanzare, come la
malaria (per cui consigliamo sempre di eseguire la profilassi), ne per via aerea come l'influenza.
Per la trasmissione occorre un contatto fisico o coni liquidi e secreti corporei dei malati".
La famiglia di virus a cui Ebola appartiene, i Filoviridae "non si e' certo evoluta nella nostra specie:
si tratta di una sorte di 'alieni' - precisa la Simit - che, se casualmente ci infettano, si comportano
come 'teppisti disadattati', uccidendo un ospite che per loro non e' ne abituale, ne a loro
necessario per continuare a perpetuarsi come specie. In realta' le specie conosciute di Ebola sono
cinque, di cui solo tre terribilmente patogene e spesso letali, mentre le altre due individuate molto
meno pericolose e una, Ebola Reston, praticamente non patogena per l'uomo. Negli ultimi anni si
e' cominciato a capire che gli Ebola piu' aggressivi sono probabilmente virus di alcune specie di
pipistrelli".
"In natura sono comuni forse, piu' di quanto si pensi - prosegue il Galli - Il piu' pericoloso, Ebola
Zaire, o Zebov, ha fatto la sua prima apparizione nel 1976, nello Zaire, uccidendo l'88% dei 318
casi. Nello stesso anno nel Sud Sudan sono stati accertati altri 284 casi con il 53% di decessi. Si e'
in seguito scoperto che si trattava di una diversa specie virale, chiamata Ebola Sudan, che nel
2000-2001 ha causato, questa volta in Uganda un'altra epidemia, la piu' vasta finora registrata, con
425 casi e il 53% di decessi. Tra il 2004-2007 - ricorda - una nuova epidemia nel Congo data da
una nuova specie virale, Ebola Bundibugyo, con 129 casi e il 25% di morti. Poi, dopo altri episodi
piu' circoscritti, causati alternativamente dalle tre specie patogene in diversi paesi africani tra il
2009 e il 2012, quello attualmente in corso in Guinea, sorprendente, perche' e' l'episodio piu'
settentrionale mai avvenuto e perche', salvo smentite,sarebbe causato da ZEboV".
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Ma non può diffondersi al di fuori dall’Africa
Allarme Ebola, Simit: «Il virus mai arrivato tanto a Nord»
Appelli a non mangiare i pipistrelli, possibili vettori del virus
[3 aprile 2014]
di
Umberto Mazzantini
In Africa cresce l’allarme Ebola e il ceppo più letale
del virus, l’Ebola-Zaire, ha ucciso fino al 90 % dei
contagiati. La Società Italiana Malattie Infettive e
Tropicali (Simit) spiega che i Filoviridae, la famiglia
di virus a cui appartiene Ebola, «Non si è certo
evoluta nella nostra specie: si tratta di una sorta di
“alieni” che, se casualmente ci infettano, si
comportano come “teppisti disadattati”, uccidendo
un ospite che per loro non è né abituale, né a loro
necessario per continuare a perpetuarsi come
specie. In realtà le specie conosciute di Ebola sono
cinque, di cui solo tre terribilmente patogene e
spesso letali, mentre le altre due individuate molto
meno pericolose e una, Ebola Reston, praticamente
non patogena per l’uomo. Negli ultimi anni si è cominciato a capire che gli Ebola più aggressivi sono
probabilmente virus di alcune specie di pipistrelli».
Infatti nelle aree più colpite dell’Africa Occidentale in questi giorni si susseguono gli appelli alla popolazione
a non cibarsi di carne di pipistrello. In Guinea, che attualmente fa fronte ad una propagazione galoppante di
casi di Ebola (il 29 marzo c’erano già stati 77 morti) sta emergendo un altro rischio: la paura e la
stigmatizzazione legate alla malattia sono sempre più evidenti. Molte persone limitano i loro spostamenti,
rifiutandosi di allontanarsi da casa per paura dell’infezione.
L’epicentro dell’infezione sembra Conakry, la capitale delle Guinea e il Senegal ha chiuso le frontiere con la
Guinea nel tentativo di fermare la propagazione della malattia. Casi di Ebola sono stati segnalati anche in
Liberia e probabilmente in Sierra Leone e Guinea Bissau.
Gli specialisti della Simit spiegano in sintomi della malattia: «L’incubazione varia pochi giorni a circa una
settimana. La malattia esordisce con febbre e altri sintomi aspecifici. Spesso compare un’eruzione cutanea
di tipo maculo-papulare seguita da manifestazioni emorragiche minori sempre a livello cutaneo, per
proseguire con quelle maggiori, soprattutto del tratto gastrointestinale, con vomito e diarrea emorragici
(tecnicamente, ematemesi e melena) emorragie orali, genitali, anali, caduta della pressione arteriosa e
insufficienza renale. Nell’arco della seconda settimana della malattia, il paziente muore senza produrre
anticorpi, a differenza di coloro che riescono a sopravvivere alla malattia. L’intero sistema immunitario è
coinvolto nel tentativo di montare una valida difesa, nella più parte dei casi, come si è visto, senza
successo».
Secondo gli esperti della Simit questi sono alcuni dei motivi che possono favorire la propagazione di Ebola:
«In passato le epidemie hanno trovato negli ospedali locali, dotati di mezzi inadeguati a limitare il contagio, il
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luogo della loro amplificazione. La preparazione dei corpi alla sepoltura, che coinvolge in alcuni Paesi l’intero
gruppo familiare, ha rappresentato un ulteriore volano per la diffusione della malattia in alcune situazioni».
I “misteri” su Ebola sono ancora molti. Secondo un recente studio che ha coinvolto 4.000 persone e più di
200 villaggi in zone a rischio Ebola, i sieropositivi per anticorpi contro il virus erano ben il 15% e nessuno di
loro risultava essere mai stato malato.
Alla luce di questi dati, gli scienziati del Simit dicono: «Delle due l’una, o esistono specie di virus non
patogene per l’uomo anche nelle aree in cui possono emergere le specie più aggressive (e in questo caso gli
anticorpi sono espressione di quella che chiamiamo reazione crociata), oppure esiste la possibilità di venire
a contatto con il virus con cariche insufficienti per avere una infezione conclamata, ma comunque sufficienti
per avere una risposta anticorpale. Potrebbe anche essere possibile che alcune persone siano naturalmente
capaci di difendersi meglio».
Il segretario del Simit, Massimo Galli, che è anche Professore ordinario di malattie infettive all’università di
Milano, tranquillizza sulla temuta espansione a nord del terribile virus: «La probabilità che un turista possa
contagiarsi è trascurabile, poiché le aree interessate sono in genere remote, fuori dai circuiti turistici e poiché
le località colpite vengono di regola chiuse all’accesso dall’esterno. Non è una malattia trasmessa da
zanzare, come la malaria (per cui consigliamo sempre di eseguire la profilassi), ne per via aerea come
l’influenza. Per la trasmissione occorre un contatto fisico o coni liquidi e secreti corporei dei malati. L’Ebola
non si è mai mosso dall’area geografica dove si è verificata la malattia. I pochissimi casi che si sono visti
fuori dall’Africa hanno coinvolto persone che hanno raggiunto i paesi d’origine per farsi curare. La catena del
contagio tende ad arrestarsi rapidamente, e raramente supera il primo contatto. L’allarme a livello locale è
assolutamente dovuto e va mantenuto fino al contenimento della malattia: va tuttavia ricordato che fino ad
ora le epidemie da Ebola non si sono mai estese oltre un raggio di poche decine di chilometri dal punto in cui
si sono generate (escludendo ovviamente i pochi casi in persone che sono riuscite a farsi curare lontano dal
luogo del contagio). La catena del contagio tende ad arrestarsi rapidamente, al primo o al secondo contatto.
L’infezione è contratta per contatto diretto, con persone e animali malati e loro fluidi corporei».
Galli spiega che questi virus «In natura sono comuni forse, più di quanto si pensi. Il più pericoloso, Ebola
Zaire, o Zebov, ha fatto la sua prima apparizione nel 1976, nello Zaire, uccidendo l’88% dei 318 casi. Nello
stesso anno nel Sud Sudan sono stati accertati altri 284 casi con il 53% di decessi. Si è in seguito scoperto
che si trattava di una diversa specie virale, chiamata Ebola Sudan, che nel 2000-2001 ha causato, questa
volta in Uganda un’altra epidemia, la più vasta finora registrata, con 425 casi e il 53% di decessi. Tra il 20042007 una nuova epidemia nel Congo data da una nuova specie virale, Ebola Bundibugyo, con 129 casi e il
25% di morti. Poi, dopo altri episodi più circoscritti, causati alternativamente dalle tre specie patogene in
diversi paesi africani tra il 2009 e il 2012, quello attualmente in corso in Guinea, sorprendente, perché è
l’episodio più settentrionale mai avvenuto e perché, salvo smentite, sarebbe causato da Zebov».
Il quadro è molto preoccupante, ma ci potrebbe essere una buona notizia: la ricerca per una cura procede
ed è è già stato ottenuto qualche risultato, molto preliminare e circoscritto a esperienze di laboratorio. In
particolare sono in corso ricerche su un anticorpo monoclonale (una specie di “antisiero”) e su alcuni nuovi
farmaci ad azione antivirale.
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Roma. Il virus Ebola più mortale, l’Ebola-Zaire, può uccidere
fino al 90% dei contagiati
Scritto il 03/04/2014 da sardegnareporter
Il Virus dell'Ebola non era mai arrivato tanto a Nord, ma non vi è motivo di ritenere che possa
diffondersi al di fuori dall’Africa. Infatti l’Ebola non si è mai mosso dall’area geografica dove si è
verificata la malattia. I pochissimi casi che si sono visti fuori dall’Africa hanno coinvolto persone
che hanno raggiunto i paesi d’origine per farsi curare. La catena del contagio tende ad arrestarsi
rapidamente, e raramente supera il primo contatto”, spiega il Prof. Massimo Galli, infettivologo
SIMIT.
Il ceppo di virus Ebola più letale,detto Ebola-Zaire, ha ucciso fino al 90 % dei contagiati. In passato
le epidemie hanno trovato negli ospedali locali, dotati di mezzi inadeguati a limitare il contagio, il
luogo della loro amplificazione. La preparazione dei corpi alla sepoltura, che coinvolge in alcuni
paesi l’intero gruppo familiare, ha rappresentato un ulteriore volano per la diffusione della malattia
in alcune situazioni.
“L’allarme a livello locale – spiega il Prof. Massimo Galli, Professore Ordinario di Malattie Infettive
all'Università di Milano e Segretario della SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali - è
assolutamente dovuto e va mantenuto fino al contenimento della malattia: va tuttavia ricordato che
fino ad ora le epidemie da Ebola non si sono mai estese oltre un raggio di poche decine di
chilometri dal punto in cui si sono generate.(escludendo ovviamente i pochi casi in persone che
sono riuscite a farsi curare lontano dal luogo del contagio). La catena del contagio tende ad
arrestarsi rapidamente, al primo o al secondo contatto. L’infezione è contratta per contatto diretto,
con persone e animali malati e loro fluidi corporei.”
La famiglia di virus a cui Ebola appartiene, i Filoviridae, non si è certo evoluta nella nostra specie:
si tratta di una sorte di ‘alieni’ che, se casualmente ci infettano, si comportano come ‘teppisti
disadattati’, uccidendo un ospite che per loro non è ne abituale, ne a loro necessario per
continuare a perpetuarsi come specie. In realtà le specie conosciute di Ebola sono cinque, di cui
solo tre terribilmente patogene e spesso letali, mentre le altre due individuate molto meno
pericolose e una, Ebola Reston, praticamente non patogena per l’uomo. Negli ultimi anni si è
cominciato a capire che gli Ebola più aggressivi sono probabilmente virus di alcune specie di
pipistrelli.
“In natura sono comuni forse, più di quanto si pensi – prosegue il Prof. Massimo Galli - Il più
pericoloso, Ebola Zaire, o Zebov, ha fatto la sua prima apparizione nel 1976, nello Zaire,
uccidendo l’88% dei 318 casi. Nello stesso anno nel Sud Sudan sono stati accertati altri 284 casi
con il 53% di decessi. Si è in seguito scoperto che si trattava di una diversa specie virale, chiamata
Ebola Sudan, che nel 2000-2001 ha causato, questa volta in Uganda un’altra epidemia, la più
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vasta finora registrata, con 425 casi e il 53% di decessi. Tra il 2004-2007 una nuova epidemia nel
Congo data da una nuova specie virale, Ebola Bundibugyo, con 129 casi e il 25% di morti. Poi,
dopo altri episodi più circoscritti, causati alternativamente dalle tre specie patogene in diversi paesi
africani tra il 2009 e il 2012, quello attualmente in corso in Guinea, sorprendente, perché è
l’episodio più settentrionale mai avvenuto e perché, salvo smentite,sarebbe causato da ZEboV”.
IL CONTAGIO – I ‘misteri’ che riguardano Ebola, in realtà, sono ancora molti. Secondo un recente
studio che ha coinvolto 4mila persone e più di 200 villaggi in zone che potevano essere interessate
da Ebola, i sieropositivi per anticorpi contro il virus erano ben il 15% e nessuno di loro risultava
essere mai stato malato. “Delle due l’una – spiegano gli specialisti SIMIT – o esistono specie di
virus non patogene per l’uomo anche nelle aree in cui possono emergere le specie più aggressive
(e in questo caso gli anticorpi sono espressione di quella che chiamiamo reazione crociata),
oppure esiste la possibilità di venire a contatto con il virus con cariche insufficienti per avere una
infezione conclamata, ma comunque sufficienti per avere una risposta anticorpale. Potrebbe anche
essere possibile che alcune persone siano naturalmente capaci di difendersi meglio”.
“La probabilità che un turista possa contagiarsi è trascurabile, poiché le aree interessate sono in
genere remote, fuori dai circuiti turistici e poiché le località colpite vengono di regola chiuse
all’accesso dall’esterno – prosegue il Prof. Massimo Galli - Non è una malattia trasmessa da
zanzare, come la malaria (per cui consigliamo sempre di eseguire la profilassi), ne per via aerea
come l’influenza. Per la trasmissione occorre un contatto fisico o coni liquidi e secreti corporei dei
malati”.
SINTOMI - Gli specialisti della Simit spiegano in sintomi della malattia: l’incubazione varia pochi
giorni a circa una settimana. La malattia esordisce con febbre e altri sintomi aspecifici. Spesso
compare un’eruzione cutanea di tipo maculo-papulare seguita da manifestazioni emorragiche
minori sempre a livello cutaneo, per proseguire con quelle maggiori, soprattutto del tratto
gastrointestinale, con vomito e diarrea emorragici (tecnicamente, ematemesi e melena) emorragie
orali, genitali, anali, caduta della pressione arteriosa e insufficienza renale. Nell’arco della seconda
settimana della malattia, il paziente muore senza produrre anticorpi, a differenza di coloro che
riescono a sopravvivere alla malattia. L’intero sistema immunitario è coinvolto nel tentativo di
montare una valida difesa, nella più parte dei casi, come si è visto, senza successo.
Una possibile buona notizia è che la ricerca per una cura procede e qualche risultato, molto
preliminare e circoscritto a esperienze di laboratorio, è già stato ottenuto. In particolare sono in
corso ricerche su un anticorpo monoclonale (una specie di ‘antisiero’) e su alcuni nuovi farmaci ad
azione antivirale.
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Allarme Ebola, Simit: «Il virus mai arrivato tanto a Nord»
Fonte del sito: http://www.greenreport.it
Autore: Alessandro Farulli
In
Africa cresce l’allarme Ebola e il ceppo più letale del virus, l’Ebola-Zaire, ha ucciso fino al 90 % dei
contagiati. La Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali (Simit) spiega che i Filoviridae, la famiglia di virus
a cui appartiene Ebola, «Non si è certo evoluta nella nostra specie: si tratta di una sorta di “alieni” che, se
casualmente ci infettano, si comportano come “teppisti disadattati”, uccidendo un ospite che per loro non è
né abituale, né a loro necessario per continuare a perpetuarsi come specie. In realtà le specie conosciute di
Ebola sono cinque, di cui solo tre terribilmente patogene e spesso letali, mentre le altre due individuate
molto meno pericolose e una, Ebola Reston, praticamente non patogena per l’uomo. Negli ultimi anni si è
cominciato a capire che gli Ebola più aggressivi sono probabilmente virus di alcune specie di pipistrelli».
Infatti nelle aree più colpite dell’Africa Occidentale in questi giorni si susseguono gli appelli alla popolazione
a non cibarsi di carne di pipistrello. In Guinea, che attualmente fa fronte ad una propagazione galoppante di
casi di Ebola (il 29 marzo c’erano già stati 77 morti) sta emergendo un altro rischio: la paura e la
stigmatizzazione legate alla malattia sono sempre più evidenti. Molte persone limitano i loro spostamenti,
rifiutandosi di allontanarsi da casa per paura dell’infezione. L’epicentro dell’infezione sembra Conakry, la
capitale delle Guinea e il Senegal ha chiuso le frontiere con la Guinea nel tentativo di fermare la
propagazione della malattia. Casi di Ebola sono stati segnalati anche in Liberia e probabilmente in Sierra
Leone e Guinea Bissau. Gli specialisti della Simit spiegano in sintomi della malattia: «L’incubazione varia
pochi giorni a circa una settimana. La malattia esordisce con febbre e altri sintomi aspecifici. Spesso
compare un’eruzione cutanea di tipo maculo-papulare seguita da manifestazioni emorragiche minori sempre
a livello cutaneo, per proseguire con quelle maggiori, soprattutto del tratto gastrointestinale, con vomito e
diarrea emorragici (tecnicamente, ematemesi e melena) emorragie orali, genitali, anali, caduta della
pressione arteriosa e insufficienza renale. Nell’arco della seconda settimana della malattia, il paziente muore
senza produrre anticorpi, a differenza di coloro che riescono a sopravvivere alla malattia. L’intero sistema
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immunitario è coinvolto nel tentativo di montare una valida difesa, nella più parte dei casi, come si è visto,
senza successo». Secondo gli esperti della Simit questi sono alcuni dei motivi che possono favorire la
propagazione di Ebola: «In passato le epidemie hanno trovato negli ospedali locali, dotati di mezzi
inadeguati a limitare il contagio, il luogo della loro amplificazione. La preparazione dei corpi alla sepoltura,
che coinvolge in alcuni Paesi l’intero gruppo familiare, ha rappresentato un ulteriore volano per la diffusione
della malattia in alcune situazioni». I “misteri” su Ebola sono ancora molti. Secondo un recente studio che ha
coinvolto 4.000 persone e più di 200 villaggi in zone a rischio Ebola, i sieropositivi per anticorpi contro il virus
erano ben il 15% e nessuno di loro risultava essere mai stato malato. Alla luce di questi dati, gli scienziati del
Simit dicono: «Delle due l’una, o esistono specie di virus non patogene per l’uomo anche nelle aree in cui
possono emergere le specie più aggressive (e in questo caso gli anticorpi sono espressione di quella che
chiamiamo reazione crociata), oppure esiste la possibilità di venire a contatto con il virus con cariche
insufficienti per avere una infezione conclamata, ma comunque sufficienti per avere una risposta anticorpale.
Potrebbe anche essere possibile che alcune persone siano naturalmente capaci di difendersi meglio». Il
segretario del Simit, Massimo Galli, che è anche Professore ordinario di malattie infettive all'università di
Milano, tranquillizza sulla temuta espansione a nord del terribile virus: «La probabilità che un turista possa
contagiarsi è trascurabile, poiché le aree interessate sono in genere remote, fuori dai circuiti turistici e poiché
le località colpite vengono di regola chiuse all’accesso dall’esterno. Non è una malattia trasmessa da
zanzare, come la malaria (per cui consigliamo sempre di eseguire la profilassi), ne per via aerea come
l’influenza. Per la trasmissione occorre un contatto fisico o coni liquidi e secreti corporei dei malati. L’Ebola
non si è mai mosso dall’area geografica dove si è verificata la malattia. I pochissimi casi che si sono visti
fuori dall’Africa hanno coinvolto persone che hanno raggiunto i paesi d’origine per farsi curare. La catena del
contagio tende ad arrestarsi rapidamente, e raramente supera il primo contatto. L’allarme a livello locale è
assolutamente dovuto e va mantenuto fino al contenimento della malattia: va tuttavia ricordato che fino ad
ora le epidemie da Ebola non si sono mai estese oltre un raggio di poche decine di chilometri dal punto in cui
si sono generate (escludendo ovviamente i pochi casi in persone che sono riuscite a farsi curare lontano dal
luogo del contagio). La catena del contagio tende ad arrestarsi rapidamente, al primo o al secondo contatto.
L’infezione è contratta per contatto diretto, con persone e animali malati e loro fluidi corporei». Galli spiega
che questi virus «In natura sono comuni forse, più di quanto si pensi. Il più pericoloso, Ebola Zaire, o Zebov,
ha fatto la sua prima apparizione nel 1976, nello Zaire, uccidendo l’88% dei 318 casi. Nello stesso anno nel
Sud Sudan sono stati accertati altri 284 casi con il 53% di decessi. Si è in seguito scoperto che si trattava di
una diversa specie virale, chiamata Ebola Sudan, che nel 2000-2001 ha causato, questa volta in Uganda
un’altra epidemia, la più vasta finora registrata, con 425 casi e il 53% di decessi. Tra il 2004-2007 una nuova
epidemia nel Congo data da una nuova specie virale, Ebola Bundibugyo, con 129 casi e il 25% di morti. Poi,
dopo altri episodi più circoscritti, causati alternativamente dalle tre specie patogene in diversi paesi africani
tra il 2009 e il 2012, quello attualmente in corso in Guinea, sorprendente, perché è l’episodio più
settentrionale mai avvenuto e perché, salvo smentite, sarebbe causato da Zebov». Il quadro è molto
preoccupante, ma ci potrebbe essere una buona notizia: la ricerca per una cura procede ed è è già stato
ottenuto qualche risultato, molto preliminare e circoscritto a esperienze di laboratorio. In particolare sono in
corso ricerche su un anticorpo monoclonale (una specie di “antisiero”) e su alcuni nuovi farmaci ad azione
antivirale.
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economia ecologica e sviluppo sostenibile.
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VIRUS EBOLA, LA PAROLA AGLI INFETTIVOLOGI SIMIT
redazione | 03/04/2014
Virus Ebola: mai arrivato tanto a Nord, ma non vi è motivo di ritenere che possa diffondersi al di fuori dall’Africa.
“L’Ebola non si è mai mosso dall’area geografica dove si è verificata la malattia. I pochissimi casi che si sono visti
fuori dall’Africa hanno coinvolto persone che hanno raggiunto i paesi d’origine per farsi curare. La catena del
contagio tende ad arrestarsi rapidamente, e raramente supera il primo contatto”, spiega il Prof. Massimo Galli,
infettivologo SIMIT.
Il ceppo di virus Ebola più letale, detto Ebola-Zaire, ha ucciso fino al 90% dei contagiati. In passato le epidemie
hanno trovato negli ospedali locali, dotati di mezzi inadeguati a limitare il contagio, il luogo della loro
amplificazione. La preparazione dei corpi alla sepoltura, che coinvolge in alcuni paesi l’intero gruppo familiare, ha
rappresentato un ulteriore volano per la diffusione della malattia in alcune situazioni.
“L’allarme a livello locale – spiega il Prof. Massimo Galli, Professore Ordinario di Malattie Infettive
all’Università di Milano e Segretario della SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali – è
assolutamente dovuto e va mantenuto fino al contenimento della malattia: va tuttavia ricordato che fino ad ora le
epidemie da Ebola non si sono mai estese oltre un raggio di poche decine di chilometri dal punto in cui si sono
generate. (Escludendo ovviamente i pochi casi in persone che sono riuscite a farsi curare lontano dal luogo del
contagio). La catena del contagio tende ad arrestarsi rapidamente, al primo o al secondo contatto. L’infezione è
contratta per contatto diretto, con persone e animali malati e loro fluidi corporei.”
La famiglia di virus a cui Ebola appartiene, i Filoviridae, non si è certo evoluta nella nostra specie: si tratta di una
sorte di ‘alieni’ che, se casualmente ci infettano, si comportano come ‘teppisti disadattati’, uccidendo un ospite
che per loro non è ne abituale, ne a loro necessario per continuare a perpetuarsi come specie. In realtà le specie
conosciute di Ebola sono cinque, di cui solo tre terribilmente patogene e spesso letali, mentre le altre due individuate
molto meno pericolose e una, Ebola Reston, praticamente non patogena per l’uomo. Negli ultimi anni si è cominciato a
capire che gli Ebola più aggressivi sono probabilmente virus di alcune specie di pipistrelli.
“In natura sono comuni forse, più di quanto si pensi – prosegue il Prof. Massimo Galli - Il più pericoloso, Ebola
Zaire, o Zebov, ha fatto la sua prima apparizione nel 1976, nello Zaire, uccidendo l’88% dei 318 casi. Nello stesso
anno nel Sud Sudan sono stati accertati altri 284 casi con il 53% di decessi. Si è in seguito scoperto che si trattava di
una diversa specie virale, chiamata Ebola Sudan, che nel 2000-2001 ha causato, questa volta in Uganda un’altra
epidemia, la più vasta finora registrata, con 425 casi e il 53% di decessi. Tra il 2004-2007 una nuova epidemia nel
Congo data da una nuova specie virale, Ebola Bundibugyo, con 129 casi e il 25% di morti. Poi, dopo altri episodi più
circoscritti, causati alternativamente dalle tre specie patogene in diversi paesi africani tra il 2009 e il 2012, quello
attualmente in corso in Guinea, sorprendente, perché è l’episodio più settentrionale mai avvenuto e perché, salvo
smentite,sarebbe causato da ZEboV”.
IL CONTAGIO – I ‘misteri’ che riguardano Ebola, in realtà, sono ancora molti. Secondo un recente studio che ha
coinvolto 4mila persone e più di 200 villaggi in zone che potevano essere interessate da Ebola, i sieropositivi per
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anticorpi contro il virus erano ben il 15% e nessuno di loro risultava essere mai stato malato. “Delle due l’una –
spiegano gli specialisti SIMIT – o esistono specie di virus non patogene per l’uomo anche nelle aree in cui possono
emergere le specie più aggressive (e in questo caso gli anticorpi sono espressione di quella che chiamiamo reazione
crociata), oppure esiste la possibilità di venire a contatto con il virus con cariche insufficienti per avere una infezione
conclamata, ma comunque sufficienti per avere una risposta anticorpale. Potrebbe anche essere possibile che alcune
persone siano naturalmente capaci di difendersi meglio”.
“La probabilità che un turista possa contagiarsi è trascurabile, poiché le aree interessate sono in genere remote, fuori
dai circuiti turistici e poiché le località colpite vengono di regola chiuse all’accesso dall’esterno – prosegue il Prof.
Massimo Galli -Non è una malattia trasmessa da zanzare, come la malaria (per cui consigliamo sempre di eseguire la
profilassi), ne per via aerea come l’influenza. Per la trasmissione occorre un contatto fisico o coni liquidi e secreti
corporei dei malati”.
SINTOMI – Gli specialisti della Simit spiegano in sintomi della malattia: l’incubazione varia pochi giorni a circa
una settimana. La malattia esordisce con febbre e altri sintomi aspecifici. Spesso compare un’eruzione cutanea di tipo
maculo-papulare seguita da manifestazioni emorragiche minori sempre a livello cutaneo, per proseguire con quelle
maggiori, soprattutto del tratto gastrointestinale, con vomito e diarrea emorragici (tecnicamente, ematemesi e melena)
emorragie orali, genitali, anali, caduta della pressione arteriosa e insufficienza renale. Nell’arco della seconda settimana
della malattia, il paziente muore senza produrre anticorpi, a differenza di coloro che riescono a sopravvivere alla
malattia. L’intero sistema immunitario è coinvolto nel tentativo di montare una valida difesa, nella più parte dei casi,
come si è visto, senza successo.
Una possibile buona notizia è che la ricerca per una cura procede e qualche risultato, molto preliminare e
circoscritto a esperienze di laboratorio, è già stato ottenuto. In particolare sono in corso ricerche su un anticorpo
monoclonale (una specie di ‘antisiero’) e su alcuni nuovi farmaci ad azione antivirale.
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EMERGENZA EBOLA: ANCHE
ARABIA SAUDITA CHIUDE
FRONTIERE AD AFRICANI
APRILE 3, 2014 REDAZIONE LASCIA UN COMMENTO
PROVENIENTI DA LIBERIA, GUINEA E SIERRA LEONE – Dopo il Senegal, che ha chiuso le sue frontiere con
la Guinea; e il Marocco che ormai controlla tutti gli africani provenienti dalle zone colpite che arrivano all’aeroporto di
Casablanca, anche l’Arabia Saudita prende misure di emergenza e sospende la concessione di visti ai pellegrini in arrivo
dai paesi africani colpiti dal contagio per visitare la Mecca.
Abbiamo già detto che MSF ha detto, due giorni fa, che “ci troviamo di fronte a un’epidemia di dimensioni mai viste in
relazione alla distribuzione dei casi sul territorio con molte città colpite nel Sud e casi nella Capitale”. Per ora sono
Guinea, Liberia, Sierra Leone e forse Nigeria i paesi colpiti.
Intanto, gli esperti del Simit avvisano che Ebola ‘non era mai arrivata tanto a nord‘.
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03/04/2014
Virus Ebola, SIMIT: “Mai arrivato tanto a
Nord"
Il ceppo di virus Ebola più letale,detto Ebola-Zaire, ha ucciso fino al 90 % dei
contagiati. In passato le epidemie hanno trovato negli ospedali locali, dotati di mezzi
inadeguati a limitare il contagio, il luogo della loro amplificazione. La preparazione dei
corpi alla sepoltura, che coinvolge in alcuni paesi l’intero gruppo familiare, ha
rappresentato un ulteriore volano per la diffusione della malattia in alcune situazioni.
“L’allarme a livello locale – spiega il Prof. Massimo Galli, Professore Ordinario di
Malattie Infettive all'Università di Milano e Segretario della SIMIT, Società
Italiana Malattie Infettive e Tropicali - è assolutamente dovuto e va mantenuto
fino al contenimento della malattia: va tuttavia ricordato che fino ad orale epidemie
da Ebola non si sono mai estese oltre un raggio di poche decine di chilometri
dal punto in cui si sono generate.(escludendo ovviamente i pochi casi in persone
che sono riuscite a farsi curare lontano dal luogo del contagio). La catena del
contagio tende ad arrestarsi rapidamente, al primo o al secondo contatto. L’infezione
è contratta per contatto diretto, con persone e animali malati e loro fluidi corporei.”
La famiglia di virus a cui Ebola appartiene, i Filoviridae, non si è certo evoluta nella
nostra specie: si tratta di una sorte di ‘alieni’ che, se casualmente ci infettano,
si comportano come ‘teppisti disadattati’, uccidendo un ospite che per loro
non è ne abituale, ne a loro necessario per continuare a perpetuarsi come
specie.In realtà le specie conosciute di Ebola sono cinque, di cui solo tre terribilmente
patogene e spesso letali, mentre le altre due individuate molto meno pericolose e una,
Ebola Reston, praticamente non patogena per l’uomo. Negli ultimi anni si è cominciato
a capire che gli Ebola più aggressivi sono probabilmente virus di alcune specie di
pipistrelli.
“In natura sono comuni forse, più di quanto si pensi – prosegue ilProf. Massimo
Galli - Il più pericoloso, Ebola Zaire, o Zebov, ha fatto la sua prima apparizione nel
1976, nello Zaire, uccidendo l’88% dei 318 casi. Nello stesso anno nel Sud Sudan
sono stati accertati altri 284 casi con il 53% di decessi. Si è in seguito scoperto che si
trattava di una diversa specie virale, chiamata Ebola Sudan, che nel 2000-2001 ha
causato, questa volta in Uganda un’altra epidemia, la più vasta finora registrata, con
425 casi e il 53% di decessi. Tra il 2004-2007 una nuova epidemia nel Congo data da
una nuova specie virale, Ebola Bundibugyo, con 129 casi e il 25% di morti. Poi, dopo
altri episodi più circoscritti, causati alternativamente dalle tre specie patogene in
diversi paesi africani tra il 2009 e il 2012, quello attualmente in corso in Guinea,
sorprendente, perché è l’episodio più settentrionale mai avvenuto e perché, salvo
smentite,sarebbe causato da ZEboV”.
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IL CONTAGIO – I ‘misteri’ che riguardano Ebola, in realtà, sono ancora molti.
Secondo un recente studio che ha coinvolto 4mila persone e più di 200 villaggi in
zone che potevano essere interessate da Ebola, i sieropositivi per anticorpi contro il
virus erano ben il 15% e nessuno di loro risultava essere mai stato
malato. “Delle due l’una – spiegano gli specialisti SIMIT – o esistono specie di virus
non patogene per l’uomo anche nelle aree in cui possono emergere le specie più
aggressive (e in questo caso gli anticorpi sono espressione di quella che chiamiamo
reazione crociata), oppure esiste la possibilità di venire a contatto con il virus con
cariche insufficienti per avere una infezione conclamata, ma comunque sufficienti per
avere una risposta anticorpale. Potrebbe anche essere possibile che alcune persone
siano naturalmente capaci di difendersi meglio”.
“La probabilità che un turista possa contagiarsi è trascurabile, poiché le aree
interessate sono in genere remote, fuori dai circuiti turistici e poiché le località colpite
vengono di regola chiuse all’accesso dall’esterno – prosegue il Prof. Massimo Galli Non è una malattia trasmessa da zanzare, come la malaria (per cui consigliamo
sempre di eseguire la profilassi), ne per via aerea come l’influenza. Per la trasmissione
occorre un contatto fisico o coni liquidi e secreti corporei dei malati”.
SINTOMI - Gli specialisti della Simit spiegano in sintomi della malattia:
l’incubazione varia pochi giorni a circa una settimana. La malattia esordisce con febbre
e altri sintomi aspecifici. Spesso compare un’eruzione cutanea di tipo maculo-papulare
seguita da manifestazioni emorragiche minori sempre a livello cutaneo, per proseguire
con quelle maggiori, soprattutto del tratto gastrointestinale, con vomito e diarrea
emorragici (tecnicamente, ematemesi e melena) emorragie orali, genitali, anali,
caduta della pressione arteriosa e insufficienza renale. Nell’arco della seconda
settimana della malattia, il paziente muore senza produrre anticorpi, a differenza di
coloro che riescono a sopravvivere alla malattia. L’intero sistema immunitario è
coinvolto nel tentativo di montare una valida difesa, nella più parte dei casi, come si è
visto, senza successo.
Una possibile buona notizia è che la ricerca per una cura procede e qualche
risultato, molto preliminare e circoscritto a esperienze di laboratorio, è già
stato ottenuto. In particolare sono in corso ricerche su un anticorpo monoclonale
(una specie di ‘antisiero’) e su alcuni nuovi farmaci ad azione antivirale.
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L'ebola si avvicina, ma resta in Africa
La variante più micidiale del virus, la Zaire, può uccidere fino al 90% delle persone contagiate. Non si è mai spinta
tanto a Nord quanto in quest'ultima epidemia, ma in sostanza non s'è mai mossa dall'area geografica in cui si è
manifestata la malattia
REDAZIONE
VENERDÌ 4 APRILE 2014, 12:00
Non c'è motivo di ritenere che il virus dell'Ebola possa diffondersi al di fuori dell'Africa. La
rassicurazione viene dagli infettivologi della Simit, la Società italiana di malattie infettive e
tropicali. Anche se, stando alle ultime notizie diffuse da Medici senza frontiere, nella sola Guinea
le locali autorità sanitarie hanno individuato più di 120 persone che potrebbero essere state
infettate, con almeno 78 morti; e otto casi di Ebola sono stati confermati nella capitale. Conakry.
Un numero imprecisato di altre infezioni, sospette o diagnosticate, sono state segnalate in Sierra
Leone e Liberia.
«L’allarme a livello locale – spiega Massimo Galli, professore di Malattie infettive all'Università
di Milano e segretario della Simit - è assolutamente dovuto e va mantenuto fino al contenimento
della malattia: va tuttavia ricordato che fino a ora le epidemie da Ebola non si sono mai estese
oltre un raggio di poche decine di chilometri dal punto in cui si sono generate, escludendo
ovviamente i pochi casi in persone che sono riuscite a farsi curare lontano dal luogo del contagio.
La catena del contagio tende ad arrestarsi rapidamente – aggiunge - al primo o al secondo
contatto. L’infezione è contratta per contatto diretto, con persone e animali malati e loro fluidi
corporei».
Virus "alieni". La famiglia di virus a cui Ebola appartiene, i Filoviridae, non si è evoluta nella
nostra specie, sottolinea quindi la Società scientifica. Si tratta di una sorta di “alieni” che, se
casualmente ci infettano, si comportano come “teppisti disadattati”, uccidendo un ospite che per
loro non è abituale e nemmeno necessario per continuare a perpetuarsi come specie. Le specie
conosciute di Ebola sono cinque, di cui solo tre molto patogene e spesso letali, mentre le altre
due lo sono molto meno e una, Ebola Reston, praticamente non è patogena per l’uomo. Negli
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ultimi anni si è cominciato a capire che gli Ebola più aggressivi sono probabilmente virus di
alcune specie di pipistrelli.
Le epidemie. In natura questi virus sono probabilmente più comuni di quanto si pensi. Il più
pericoloso, Ebola Zaire (o Zebov), è comparso per la prima volta nel 1976 in Zaire e uccise l’88%
dei 318 casi individuati. Nello stesso anno nel Sud Sudan furono accertati altri 284 casi con il
53% di decessi. In seguito si scoprì che si trattava di una diversa specie virale, chiamata Ebola
Sudan, che nel 2000-2001 causò, questa volta in Uganda, un’altra epidemia, la più vasta finora
registrata, con 425 casi e il 53% di decessi. Tra il 2004-2007 una nuova epidemia nel Congo
provocata da una nuova specie virale, Ebola Bundibugyo, con 129 casi e il 25% di morti. Poi,
dopo altri episodi più circoscritti, causati alternativamente dalle tre specie patogene in diversi
Paesi africani tra il 2009 e il 2012, quello attualmente in corso in Guinea, risulta «sorprendente
– osserva Galli - perché è l’episodio più settentrionale mai avvenuto e perché, salvo
smentite,sarebbe causato da Zebov».
I “misteri” di Ebola. Sono ancora molti. Secondo un recente studio che ha coinvolto 4 mila
persone e più di 200 villaggi in zone che potevano essere interessate da Ebola, ricorda la Simit, i
sieropositivi per anticorpi contro il virus erano ben il 15% e nessuno di loro risultava essere mai
stato malato. Perciò «delle due l’una: o esistono specie di virus non patogene per l’uomo anche
nelle aree in cui possono emergere le specie più aggressive – spiegano gli specialisti - e in questo
caso gli anticorpi sono espressione di quella che chiamiamo reazione crociata, oppure esiste la
possibilità di venire a contatto con il virus con cariche insufficienti per avere una infezione
conclamata, ma comunque sufficienti per avere una risposta anticorpale. Potrebbe anche essere
possibile che alcune persone siano naturalmente capaci di difendersi meglio».
Il contagio. «La probabilità che un turista possa contagiarsi è trascurabile – rassicura ancora
Galli - poiché le aree interessate sono in genere remote, fuori dai circuiti turistici e poiché le
località colpite vengono di regola chiuse all’accesso dall’esterno. Non è una malattia trasmessa da
zanzare, come la malaria per la quale consigliamo sempre di eseguire la profilassi, nè per via
aerea come l’influenza. Per la trasmissione occorre un contatto fisico o con i liquidi e secreti
corporei dei malati».
I sintomi. Gli specialisti della Simit spiegano che l’incubazione varia da pochi giorni a circa una
settimana. La malattia esordisce con febbre e altri sintomi non specifici. Spesso compare
un’eruzione cutanea di tipo maculo-papulare seguita da manifestazioni emorragiche minori
sempre a livello cutaneo, per proseguire con quelle maggiori, soprattutto del tratto
gastrointestinale, con vomito e diarrea emorragici, emorragie orali, genitali, anali, caduta della
pressione arteriosa e insufficienza renale. Nell’arco della seconda settimana della malattia, il
paziente muore senza produrre anticorpi, a differenza di coloro che riescono a sopravvivere alla
malattia. L’intero sistema immunitario è coinvolto nel tentativo di montare una valida difesa,
nella più parte dei casi, come si è visto, senza successo.
Una possibile buona notizia. La ricerca per una cura procede e qualche risultato, molto
preliminare e circoscritto a esperienze di laboratorio, è già stato ottenuto. In particolare sono in
corso ricerche su un anticorpo monoclonale (una specie di “antisiero”) e su alcuni nuovi farmaci
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giovedì 3 aprile 2014
Simit - Virus Ebola: “mai arrivato tanto a Nord, ma non vi è motivo di ritenere che possa
diffondersi al di fuori dall’Africa”
Il ceppo di virus Ebola più letale,detto Ebola-Zaire, ha ucciso fino al 90 % dei contagiati. In passato le
epidemie hanno trovato negli ospedali locali, dotati di mezzi inadeguati a limitare il contagio, il luogo
della loro amplificazione. La preparazione dei corpi alla sepoltura, che coinvolge in alcuni paesi l’intero
gruppo familiare, ha rappresentato un ulteriore volano per la diffusione della malattia in alcune
situazioni.
“L’allarme a livello locale – spiega il Prof. Massimo Galli, Professore Ordinario di Malattie Infettive
all'Università di Milano e Segretario della SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali - è
assolutamente dovuto e va mantenuto fino al contenimento della malattia: va tuttavia ricordato che fino
ad ora le epidemie da Ebola non si sono mai estese oltre un raggio di poche decine di chilometri dal punto
in cui si sono generate.(escludendo ovviamente i pochi casi in persone che sono riuscite a farsi curare
lontano dal luogo del contagio). La catena del contagio tende ad arrestarsi rapidamente, al primo o al
secondo contatto. L’infezione è contratta per contatto diretto, con persone e animali malati e loro fluidi
corporei."
La famiglia di virus a cui Ebola appartiene, i Filoviridae, non si è certo evoluta nella nostra specie: si
tratta di una sorte di ‘alieni’ che, se casualmente ci infettano, si comportano come ‘teppisti disadattati’,
uccidendo un ospite che per loro non è ne abituale, ne a loro necessario per continuare a perpetuarsi
come specie. In realtà le specie conosciute di Ebola sono cinque, di cui solo tre terribilmente patogene e
spesso letali, mentre le altre due individuate molto meno pericolose e una, Ebola Reston, praticamente
non patogena per l’uomo. Negli ultimi anni si è cominciato a capire che gli Ebola più aggressivi sono
probabilmente virus di alcune specie di pipistrelli.
“In natura sono comuni forse, più di quanto si pensi – prosegue il Prof. Massimo Galli - Il più pericoloso,
Ebola Zaire, o Zebov, ha fatto la sua prima apparizione nel 1976, nello Zaire, uccidendo l’88% dei 318
casi. Nello stesso anno nel Sud Sudan sono stati accertati altri 284 casi con il 53% di decessi. Si è in seguito
scoperto che si trattava di una diversa specie virale, chiamata Ebola Sudan, che nel 2000-2001 ha causato,
questa volta in Uganda un’altra epidemia, la più vasta finora registrata, con 425 casi e il 53% di decessi.
Tra il 2004-2007 una nuova epidemia nel Congo data da una nuova specie virale, Ebola Bundibugyo, con
129 casi e il 25% di morti. Poi, dopo altri episodi più circoscritti, causati alternativamente dalle tre specie
patogene in diversi paesi africani tra il 2009 e il 2012, quello attualmente in corso in Guinea,
sorprendente, perché è l’episodio più settentrionale mai avvenuto e perché, salvo smentite,sarebbe
causato da ZEboV”.
IL CONTAGIO – I ‘misteri’ che riguardano Ebola, in realtà, sono ancora molti. Secondo un recente studio
che ha coinvolto 4mila persone e più di 200 villaggi in zone che potevano essere interessate da Ebola, i
sieropositivi per anticorpi contro il virus erano ben il 15% e nessuno di loro risultava essere mai stato
malato. “Delle due l’una – spiegano gli specialisti SIMIT – o esistono specie di virus non patogene per
l’uomo anche nelle aree in cui possono emergere le specie più aggressive (e in questo caso gli anticorpi
sono espressione di quella che chiamiamo reazione crociata), oppure esiste la possibilità di venire a
contatto con il virus con cariche insufficienti per avere una infezione conclamata, ma comunque
sufficienti per avere una risposta anticorpale. Potrebbe anche essere possibile che alcune persone siano
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naturalmente
capaci
di
difendersi
meglio”.
“La probabilità che un turista possa contagiarsi è trascurabile, poiché le aree interessate sono in genere
remote, fuori dai circuiti turistici e poiché le località colpite vengono di regola chiuse all’accesso
dall’esterno – prosegue il Prof. Massimo Galli - Non è una malattia trasmessa da zanzare, come la malaria
(per cui consigliamo sempre di eseguire la profilassi), ne per via aerea come l’influenza. Per la
trasmissione occorre un contatto fisico o coni liquidi e secreti corporei dei malati”.
SINTOMI - Gli specialisti della Simit spiegano in sintomi della malattia: l’incubazione varia pochi giorni a
circa una settimana. La malattia esordisce con febbre e altri sintomi aspecifici. Spesso compare
un’eruzione cutanea di tipo maculo-papulare seguita da manifestazioni emorragiche minori sempre a
livello cutaneo, per proseguire con quelle maggiori, soprattutto del tratto gastrointestinale, con vomito e
diarrea emorragici (tecnicamente, ematemesi e melena) emorragie orali, genitali, anali, caduta della
pressione arteriosa e insufficienza renale. Nell’arco della seconda settimana della malattia, il paziente
muore senza produrre anticorpi, a differenza di coloro che riescono a sopravvivere alla malattia. L’intero
sistema immunitario è coinvolto nel tentativo di montare una valida difesa, nella più parte dei casi, come
si
è
visto,
senza
successo.
Una possibile buona notizia è che la ricerca per una cura procede e qualche risultato, molto preliminare e
circoscritto a esperienze di laboratorio, è già stato ottenuto. In particolare sono in corso ricerche su un
anticorpo monoclonale (una specie di ‘antisiero’) e su alcuni nuovi farmaci ad azione antivirale.
Francesco
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