Dott.ssa Laura Bruttomesso, Dott. Dario Gaetani, Dott. Roberto Boriani Sbiancamento professionale su denti vitali CONCLUSIONI Attualmente il mercato offre una vastità tale di prodotti che permettono di adattare al singolo paziente un trattamento sbiancante individuale. In base alle esigenze e alle aspettative del paziente e in relazione al grado di discromia presente, si possono combinare le metodiche di sbiancamento professionale alla poltrona e domiciliare. I nostri protocolli prevedono per pazienti con alterazioni cromatiche poco evidenti o con aspettative non molto esasperate, 2 sedute alla poltrona da 2 cicli ciascuna a distanza di una settimana di perossido di idrogeno al 38% oppure trattamento domiciliare di due settimane con perossido di carbamide al 16% (per 6-8 ore) o al 22% (per 2-3 ore). Nel caso in cui ci si trovi di fronte al paziente con discromie molto evidenti o con molte aspettative si possono abbinare entrambi i trattamenti ma limitando il numero di sedute alla poltrona a 2 ed eventualmente aumentando il numero di applicazioni domiciliari. Sconsigliabile inoltre effettuare trattamenti di mantenimento prima di tre mesi ed evitare l’assunzione di cibi e bevande colorate per almeno 36 ore dall’intervento. Evitare esposizioni prolungate e con materiali ad alte concentrazioni in pazienti con disturbi gengivali. Consigliabile a fine trattamento l’utilizzo di paste a base di fluoro e nitrato di potassio al fine di velocizzare il ripristino dell’integrità dei tessuti duri del dente e di ridurre la sensibilità post trattamento. Prima del trattamento con WHITEsmile HOME BLEACHING al 16% (carbamide perossido) Prima del trattamento con WHITEsmile HOME BLEACHING al 16% (carbamide perossido) POWER BLEACHING XTRA 38% HOME BLEACHING 16 - 22 - 35% Negli ultimi anni tra i canoni estetici di un sorriso perfetto un’importanza sempre maggiore viene riservata al colore dei denti pertanto avere un sorriso con denti bianchi e ben allineati sembra ricoprire al giorno d’oggi un’importanza fondamentale. Le nuove tecniche permettono ai più di poter beneficiare di sorrisi luminosi, ma il problema maggiore dei professionisti è cercare di far comprendere al paziente che le nuove metodologie di sbiancamento non sempre sono applicabili. Negli ultimi anni tra i canoni estetici di un sorriso perfetto un’importanza sempre maggiore viene riservata al colore dei denti pertanto avere un sorriso con denti bianchi e ben allineati sembra ricoprire al giorno d’oggi un’importanza fondamentale. Le nuove tecniche permettono ai più di poter beneficiare di sorrisi luminosi, ma il problema maggiore dei professionisti è cercare di far comprendere al paziente che le nuove metodologie di sbiancamento non sempre sono applicabili. DISCROMIE Le discromie dei denti vitali possono essere legati a cause estrinseche o intrinseche: Quelle estrinseche, (tab 1) interessano la parte esterna del dente e sono facilmente eliminabili con strumentazioni meccaniche (polish, airpolish). Le discromie intrinseche (tab 2, 3) interessano l’intero spessore del dente. Si formano dall’interscambio e dall’assorbimento di sostanze tra smalto e dentina con la saliva; In base al tipo di discromia, le tecniche da adottare saranno diverse e cioè: nel caso di pigmentazioni estrinseche, le procedure saranno quelle di igiene orale professionale basato sull’utilizzo di strumenti manuali, sonici, ultrasonici, e di sostanze abrasive come pomice e bicarbonato. Nel caso di pigmentazioni estrinseche si dovrà ricorrere a sostanze chimiche ossidanti che riuscendo a penetrare e a raggiungere la zona di giunzione tra smalto e dentina degradano i complessi sistemi colorati contenenti doppi legami aromatici e chinonici, trasformandoli in composti a basso peso molecolare, nella maggior parte in acidi carbossilici. MATERIALI I principali materiali utilizzati per gli sbiancamenti di denti vitali hanno come minimo comune denominatore il perossido di idrogeno sia come principio attivo principale sia come prodotto reattivo intermedio. L’azione del perossido di idrogeno si manifesta mediante liberazione di ossigeno attivo determinando una ossidazione dei pigmenti stessi all’interno dello smalto e tra i tubuli dentinali. Il perossido di idrogeno è un prodotto instabile e può essere utilizzato a varie percentuali che vanno dal 5 al 38%. Aumentando la percentuale aumenta la capacità ossidante ma anche le proprietà caustiche e l’instabilità del prodotto, pertanto richiede un’attenta manipolazione ed una conservazione a basse temperature. L’attivazione può avvenire mediante apporto di calore, luce (alogena, plasma, led, laser ) ultrasuoni. Il perossido di carbamide è un composto cristallino disponibile in varie concentrazioni (16, 22, 35%) che in ambiente umido libera H2O2 e urea suoi principali costituenti. METODI In office I sistemi di sbiancamento alla poltrona (in office) utilizzano prodotti ad alta concentrazione per brevi periodi, pertanto possono essere considerati la prima e unica scelta in caso di discromie moderate ed in pazienti con poca compliance. Parte dell’effetto sbiancante al termine del trattamento, è dovuto anche alla disidratazione dello smalto. Il principio attivo più utilizzato è il perossido di idrogeno a concentrazioni che variano tra il 35 e il 38 % mentre i sistemi di attivazione sfruttano per lo più la luce, sia essa alogena, al plasma, a led o laser. Alternative alla luce possono essere considerati gli ultrasuoni veicolati da apposite docce o attivatori chimici. In ogni caso prima dell’applicazione del prodotto è necessario pulire i denti con pomice e adottare dei meccanismi di protezione dei tessuti molli onde evitare lesioni caustiche degli stessi, ciò può essere ottenuto con la diga classica o con le cosiddette dighe liquide fotopolimerizzabili. Home bleaching In questo caso il principio attivo viene applicato direttamente dal paziente, mediante mascherine individuali con serbatoi sulla superficie vestibolare per contenere l’agente sbiancante. Il principio attivo più utilizzato è il perossido di carbamide a diverse concentrazioni che vanno dal 16 % per 2-3 ore al 35 % per 30-60 minuti. Possono essere utilizzati da soli o associati a sistemi in office per discromie severe, richiedono una certa compliance da parte dei pazienti. Fig. 1 Prima del trattamento con WHITEsmile Power Bleaching Xtra al 38% (perossido di idrogeno) Fig. 2 Dopo il trattamento con WHITEsmile Power Bleaching Xtra al 38% (perossido di idrogeno) Prof. Francesco Riccitiello, Dott.ssa Colomba D’Ambrosio, Dott.ssa Maria Patrizia Di Caprio, Prof.ssa Alessandra Valletta, Prof. Michele Simeone, Dott. Gianrico Spagnuolo, Prof. Sandro Rengo Effetto dell’Aureoseal su cellule pulpari primarie e su una linea continua di cellule ossee La polpa dentale comunica con i tessuti parodontali attraverso il forame apicale e i canali radicolari. L’esposizione della polpa e dei tessuti periradicolari ai microrganismi risulta nello sviluppo di patologia pulpare e periradicolare; pertanto, molti materiali sono stati proposti e utilizzati per l’otturazione del sistema dei canali radicolari. Il materiale ideale dovrebbe essere biocompatibile, insolubile, di facile manipolazione e avere le caratteristiche fisiche richieste in termine di sigillo. L’Aureoseal è un derivato del cemento di Portland, costituito principalmente da piccole particelle idrofile di silicato tricalcico, di alluminato tricalcico, ossido tricalcico e ossido di silicio, che in presenza di acqua subiscono un processo di idratazione determinando la formazione di un gel colloidale e, in seguito all’indurimento del materiale, lo sviluppo di masse cristalline. La sua formulazione aggiunge ai vantaggi dei classici cementi agli ossidi minerali aggregati, ovvero l’ottimo sigillo e adattamento marginale e la capacità di indurimento in ambiente umido, una maggiore plasticità in fase di miscelazione. L’Aureoseal (Mineral Trioxide Aggregate) è un nuovo cemento endodontico a base Portland, la cui formulazione ne migliora il controllo della risposta infiammatoria, la plasticità e la lavorabilità. Il presente studio dimostra anche l’ottima biocompatibilità del prodotto. L’Aureoseal può essere utilizzato sia come materiale da otturazione retrograda in endodonzia chirurgica, che per l’incappucciamento pulpare diretto, l’apicificazione, la riparazione di perforazioni e Figura 1 di riassorbimenti radicolari (Fig.1). In particolare i cementi a base Portland sono da considerarsi il materiale di prima scelta nel caso di riparazioni delle perforazioni del pavimento della camera pulpare o dei canali radicolari. La perforazione radicolare, complicanza frequente durante il trattamento endodontico e la preparazione del post-space, causa una reazione infiammatoria nei tessuti parodontali in contatto. Se la regione perforata può essere chiusa precocemente, in modo che non sopraggiunga l’infezione, c’è la possibilità della rigenerazione del parodonto. Anche nel caso dell’incappucciamento diretto, la promozione della capacità proliferativa e differenziativa delle cellule con cui il materiale viene in contatto, è di fondamentale importanza per il successo clinico. Scopo del presente lavoro era valutare la biocompatibilità di Aureoseal sugli stipiti cellulari con cui viene a contatto nei più comuni usi clinici, ovvero le cellule ossee e le cellule pulpari. MATERIALI E METODI I fibroblasti primari di polpa (HPC), ottenuti da terzi molari estratti da pazienti giovani, erano coltivati in Dulbecco’s Minimal Essential Medium (DMEM) con 10% fetal calf serum (FCS), 100U/ml di penicillina, 100 mg/ml di streptomicina. Cellule di osteosarcoma umano (U2OS) erano coltivate in McCoy’s medium. Le cellule venivano disposte sul fondo dei pozzetti di una multiwell da 96, ed incubate per le successive 24 h. L’Aureoseal veniva preparato secondo le indicazioni della casa produttrice sul fondo di pozzetti da 16 mm di diametro di una multiwell da 24 e lasciato indurire per 24 h in atmosfera umidificata contenente 5% di CO2 a 37°. In ogni pozzetto veniva aggiunto 1,5 ml di mezzo di coltura e lasciato incubare per le successive 24 h. Dopo l’esposizione delle colture cellulari agli estratti di Aureoseal, la vitalità e l’attività metabolica cellulare erano determinate dalla capacità delle deidrogenasi mitocondriali di clivare il sale di tetrazolio 3-[4,5-dimetiltiazol-2-yl]-2,5-difenil tetrazolio bromide (MTT) al colorante formazano. Attraverso l’uso di uno spettrofotometro le densità ottiche venivano misurate a 550nm. Il test è stato eseguito in triplicato su ciascuna linea cellulare. RISULTATI L’attività mitocondriale è stata espressa in valore percentuale, assegnando alla popolazione controllo il valore del 100% (Fig.2 e 3). L’esposizione delle cellule pulpari e delle cellule ossee agli estratti di Aureoseal non determinava diminuzioni dell’attività mitocondriale rispetto al controllo. In aggiunta, l’effetto sulle cellule ossee era di un aumento statisticamente significativo della vitalità cellulare. Figura 2 Figura 3 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI I test di biocompatibilità che utilizzano estratti di materiali endodontici sono utili per lo screening della citotossicità in vitro, in quanto simulano l’effetto delle eventuali sostanze tossiche rilasciate sui tessuti vitali adiacenti. Per tale ragione in questo studio sono state impiegati gli stipiti cellulari con cui il materiale viene a contatto (fig.1), ovvero le cellule primarie di polpa dentaria e le cellule di osteosarcoma umano (U2OS), strettamente rassomiglianti agli osteoblasti umani nella loro abilità di esprimere alti livelli di markers ossei. Il test di citotossicità utilizzato in questo studio misurava l’attività delle deidrogenasi mitocondriali, attraverso la trasformazione dell’MTT a colorante formazano. Tale reazione ha luogo solo nelle cellule viventi e metabolicamente attive. I nostri risultati dimostrano che il tasso di sopravvivenza cellulare non risultava ridotto nelle linee cellulari sottoposte al trattamento con gli estratti di Aureoseal, ma, al contrario, si verificava un aumento della vitalità cellulare. Pertanto, Aureoseal dimostrava un’elevata biocompatibilità sia nei confronti delle cellule pulpari che di quelle ossee. L’aumento della vitalità cellulare potrebbe essere uno dei meccanismi che favorisce la riparazione tissutale in vivo. Prof. Aldo Macchi Dott.ssa Fabiola Giudice Antibiotici locali in parodontologia SOMMARIO Scopo del presente lavoro è quello di valutare il potenziale effetto aggiuntivo di una soluzione filmogena adesiva a base di piperacillina sodica, nel trattamento delle tasche parodontali in confronto al classico trattamento di levigatura radicolare. Sono stati selezionati 30 pazienti affetti da malattia parodontale, metà dei quali sottoposti all’applicazione di piperacillina sodica dopo le sedute di root-planing. L’esecuzione di misurazioni parodontali ha permesso di valutare, in termini di variazioni della profondità di tasca e sanguinamento al sondaggio, che il chemioterapico preso in esame, associato al trattamento di terapia causale, rappresenta un valido ausilio nella terapia parodontale. INTRODUZIONE Il trattamento d’elezione della malattia parodontale è quello meccanico: igiene orale domiciliare, scaling, root-planing ed eventuale terapia chirurgica. Per quanto efficace, questo tipo di trattamento permette l’asportazione di non più dell’80% dei batteri, per questo è stato preso in considerazione anche il trattamento chemioterapico delle lesioni parodontali . Le vie di somministrazione degli antibiotici nella terapia parodontale sono due: sistemica e topica. Alcuni studi testimoniano l’efficacia dell’associazione fra il trattamento strumentale e la terapia antibiotica sistemica nella cura delle parodontopatie ; tuttavia questa modalità di somministrazione non risulta priva da effetti collaterali come reazioni di ipersensibilità, sviluppo di resistenze batteriche, intolleranze gastrointestinali, senza dimenticare che il principio attivo esplica la sua azione primaria sui microrganismi presenti nell’ospite e solo in concentrazioni ridotte a livello della microflora gengivale. Contrariamente, l’applicazione topica di antibiotici consente di ridurre questi rischi e di disporre di livelli adeguati del principio attivo nei siti di applicazione, se vengono utilizzate formulazioni farmaceutiche in grado di consentire un rilascio prolungato e controllato della sostanza terapeutica. Tali chemioterapici possono ridurre effetti avversi come la percezione di cattivo sapore e l’alterazione della colorazione del dente. Scopo dello studio è quello di valutare l’efficacia clinica di una soluzione filmogena adesiva a base di piperacillina Tabella 1 Valutazione clinica dell’efficacia di un antibiotico locale nella terapia delle tasche parodontali Figura 1 sodica 100% (PERIOCILLIN®) come coadiuvante alla terapia strumentale delle tasche parodontali. MATERIALI E METODI La piperacillina sodica è una penicillina semisintetica ad ampio spettro d’azione, con una spiccata efficacia sui batteri Gram- ed anaerobi caratterizzata dalla presenza di un anello beta lattamico che svolge un ruolo specifico nell’azione antibatterica: la sua azione si manifesta penetrando all’interno della cellula batterica e ancilando in modo selettivo e irreversibile le proteine leganti le penicilline (PBP) , enzimi essenziali della membrana microbica che hanno il compito di assicurare la sintesi del vallo batterico, struttura protettiva alla lisi osmotica, e di guidare la forma del microrganismo nella fase di crescita e moltiplicazione cellulare. Pertanto in difetto di PBP il microrganismo va incontro a processi di autolisi. Periocillin si presenta come una soluzione fluida a base di alcool etilico (95%) nel quale sono disciolte due resine acriliche (Eugragit®) che dopo l’applicazione solidificano rapidamente per evaporazione dell’alcool ed assicurano un rilascio graduale e costante della piperacillina per 7/10 giorni. In caso di non totale utilizzo del prodotto, è possibile conservarlo per 4 settimane ad una temperatura di 4° C, a temperatura ambiente la validità si riduce ad 1 settimana. Per la realizzazione della ricerca sono stati selezionati 30 pazienti affetti da malattia parodontale che presentavano PSR 3 o 4 nei sei sestanti. Sono stati esclusi pazienti allergici alle penicilline, diabetici, Tabella 2 Figura 2 cardiopatici, con malattie sistemiche gravi, donne in gravidanza, in trattamento con altri antibiotici o cortisonici. Ad ogni paziente è stato eseguito un sondaggio parodontale iniziale (Fig 1), seguito da 2 sedute di scaling e root-planing a distanza di 7 giorni l’una dall’altra. Solo in 15 soggetti, dopo la strumentazione manuale e con ultrasuoni, è stata applicata in ogni tasca parodontale, una quantità pari a 5mg di piperacillina con l’ausilio di un ago atraumatico. A distanza di un mese dalla terapia causale è stata eseguita una scheda parodontale finale (Fig 2). RISULTATI E CONCLUSIONI Tutti i dati raccolti dalla compilazione computerizzata delle mappe parodontali sono stati analizzati statisticamente e comparati. I dati ottenuti in termini di variazione della profondità di tasca vengono espressi in percentuale (Fig 3) e mostrano come nel caso del Periocillin si sia ottenuto un guadagno di attacco clinico pari a 1,67 mm per tasca (+34,12%), mentre la sola levigatura radicolare 0,88 mm (25,55%). Dato importante arriva dalla diminuzione dei siti con sanguinamento (Fig 4), infatti la riduzione del BoP dopo l’utilizzo di Periocillin è quasi del doppio rispetto alla levigatura radicolare. E’ importante tenere in considerazione che nessuno dei pazienti sottoposti all’uso della piperacillina ha riportato casi di intolleranza e non è stato comunicato nessun tipo di effetto collaterale, pertanto l’associazione della terapia meccanica di levigatura radicolare, alla terapia antibiotica topica con Periocillin è da considerarsi sempre più auspicabile per controllare in maniera migliore l’evolversi della malattia parodontale. Prof. Giancarlo Pongione, Dott. Raffaele Esposito, Dott. Salvatore Gaeta, Dott.ssa Sarah Paoletta Evolution Fiber Post Ricostruzioni: una valida alternativa al perno fuso Grande importanza riveste per il successo a lungo termine dei perni in fibra l’effetto ferula, intendendo per ferula una banda di struttura dentale in corrispondenza dell’aspetto gengivale di una preparazione della corona(1). Studi presenti in letteratura hanno evidenziato che una ferula di altezza verticale pari a 1 mm raddoppia la resistenza alla frattura dei denti restaurati rispetto a quelli restaurati senza ferula(4). Nel momento in cui non si dispone di una ferula adeguata è necessario eseguire un allungamento di corona clinica o una estrusione ortodontica(1). La preparazione molto conservativa del dowel space, auspicabile nella maggior parte dei casi, obbliga però alla scelta di un perno molto sottile che in caso di assenza di pareti residue può non rappresentare la scelta clinica più appropriata in quanto sotto carichi diagonali il perno può flettere, o rompersi e portare ad un insuccesso. In questi casi vi è stato, negli ultimi anni, un ritorno da parte di molti clinici, ai perni fusi in metallo che grazie alla loro rigidità garantiscono una maggiore tenuta del complesso perno-moncone protesico pur Il restauro del dente trattato endodonticamente ha subito, negli ultimi anni, notevoli cambiamenti con l’utilizzo sempre più diffuso dei materiali compositi, nell’impiego dei quali, per minimizzare i rischi di fallimento è emersa la necessità di conservare, ove possibile il massimo quantitativo di struttura dentale coronale e radicolare e contemporaneamente di colmare il gap che normalmente si registra a livello coronale, tra il perno in fibra di forma tradizionale e le pareti del canale. con un maggior rischio di scaricare a li- un caso clinico esemplificativo, le indivello radicolare degli stress molto elevati cazioni all’utilizzo dei nuovi perni in fibra “Evolution Fiber Post”. con il rischio di frattura della radice. L’idea di avere dei perni in fibra concet- Si tratta di perni in fibra di vetro pretensionate ad alta densitualmente simili a tà e resina epossidica quelli fusi in metallo con il moncone già (unica struttura per preformato. Il diameperno e moncone) tro di emergenza dei ma dotati di un moperni è proporzionale dulo di elasticità molalla dimensione ed to più favorevole, graalla altezza del monzie all’utilizzo delle fi- Fig. 1 Caso clinico iniziale cone ma non scende bre di vetro, potrebmai al di sotto dei 2 be rappresentare una mm. soluzione, in particoGarantendo resistenlare nei casi di forti diza e stabilità al perno struzioni coronali. I’impiego del kit è Scopo del presente molto intuitivo, trovialavoro è quello di valutare, con l’ausilio di Fig. 2 Presenza di viti all’interno dei canali mo infatti i perni giusti per 8 diverse tipologie di denti, tutti con codifica colore, in base al dente da restaurare e per ogni tipologia possiamo disporre di tre differenti diametri S - M – L. Il kit è infine completato da 5 frese calibrate per la preparazione dell’alloggiamento del perno CASO CLINICO Paziente E.M. di anni 36 giunge alla nostra osservazione lamentando fastidi a carico del 2.1 e del 2.2 e richiedendo un miglioramento dell’estetica del gruppo frontale (Fig. 1). Dopo aver rimosso le viti metalliche (Fig. 2) si è proceduto al ritrattamento endodontico del 2.1 e del 2.2 e allo sbiancamento. Durante le fasi di sbiancamento si è però evidenziata una frattura coronale totale a carico del 2.1. Vista la grossa perdita di struttura coronale sana e lo scarso effetto ferula, in questi casi, viene suggerito da alcuni clinici di utilizzare dei perni metallici fusi. Il ricorso a tali perni se da un lato aumenta la probabilità di tenuta, grazie alla sua rigidità, dall’altro aumenta il rischio di frattura radicolare e limita il clinico dal punto di vista estetico. In casi come questo, il ricorso a dei perni tipo “Evolution Fiber Post” oltre a migliorare la prognosi a lungo termine, grazie al più favorevole modulo elastico, consente di utilizzare corone in ceramica integrale. Dopo aver preparato, con le specifiche frese calibrate il canale, si è presa un impronta del dowel space per personalizzare in laboratorio il moncone con del materiale composito (Fig. 3 e 4) Questa operazione normalmente non necessaria, è stata fatta per ridurre al minimo le fasi di rifinitura del moncone all’interno del cavo orale. Il caso clinico è stato quindi completato eseguendo due corone in ceramica integrale su 2.1 e 2.2 e due faccette su 1.1 e 1.2. (Fig. 5). Fig. 3 Perno Evolution Fiber Post per incisivi centrali superiori Fig. 4 In laboratorio si aggiunge del composito per rendere più funzionale la parte coronale e minimizzare i ritocchi in bocca Fig. 5 Caso clinico terminato Si ringrazia il Sig. Roberto Della Neve di Napoli per la realizzazione dei manufatti protesici. BIBLIOGRAFIA 1. Post placement and restoration of endodontically treated teeth: a literature review. Oral Health, september 2005, 63-83. 2. Heydecke G, Butz F, Strub JR: racture strength and survival rate of endodontically treated maxillary incisors with approximal cavities after restoration with different post and core system: an in vitro study: J Dent 2001 Aug; 29(6): 427-433. 3. Hunter AJ, Feiglin B, Williams JF: Effects of post placement on endodontically treated teeth. J Prosthet Dent 1989 Aug 62(2):166-72. 4. Sorensen JA, Engelman MJ, Ferrule design and fracture resistance of endodontically treated teeth. J Prosthet Dent 1990 May; 63(5): 529-36. 5. Stankiewics NR, Wilson PR. The ferrule effect: a literature review. Int Endod J 2002; 35:575-81. 6. McLean A: Predictably restoring endodontically treated teeth. J Can Dent Assoc 1998; 64(11):7827. 7. Musikant BL, Cohen BI, Deutsch AS: The relationship of post design to the long term success of endodontically restored teeth. Compendium, 2001, 22:974-988. 8. Scotti R, Ferrari M: Perni in fibra: presupposti teorici e applicazioni cliniche: Masson 2002. 9. Fichera G, Dinapoli C, Ferrari P, Re D: Restaurativi postendodontica con perni in fibra, indicazioni e tecnica operativa. Il Dentista Moderno n°9, novembre 2005, pp 23-55.