Emmanuel Levinas: Quelques réflexions sur la philosophie de l

Emmanuel Levinas:
Quelques réflexions sur la philosophie de l'hitlérisme
ISBN 2-7463-0250-3 (Payot & Rivages 1997) © Éditions Fata Morgana
1. Le libertà politiche non esauriscono il contenuto di quello spirito di libertà che,
per la civiltà europea, equivale a una certa concezione del destino umano. Essa
consiste in un senso della libertà assoluta dell’uomo rispetto al mondo e delle
possibilità che sollecitano la sua azione. L’uomo si rinnova eternamente di fronte
all’universo. A parlare in termini assoluti, egli non ha storia.
2. Tutto il pensiero filosofico e politico dell’età moderna tende a porre la mente
umana su un piano superiore al reale, scava un abisso tra l’uomo e il mondo.
Rendendo impossibile l’applicazione delle categorie del mondo naturale alla
spiritualità della ragione, colloca il fondo ultimo della mente al di fuori del mondo
brutale e dell’implacabile storia dell’esistenza concreta. Al mondo cieco del senso
comune sostituisce il mondo ricostruito dalla filosofia idealista, intriso di ragione
e sottomesso alla ragione.
3. [una nuova concezione dell’uomo] Le misteriose vie del sangue, l’appello
dell’eredità e del passato, a cui il corpo serve da enigmatico veicolo, perdono la
loro natura di problemi sottoposti alla soluzione di un Io sovranamente libero. […]
L’essenza dell’uomo non è più nella libertà, ma in una sorta di incatenamento.
Essere veramente se stessi non significa alzarsi di nuovo in volo al di sopra delle
contingenze, sempre estranee alla libertà dell'Io; significa invece prendere
coscienza dell'incatenamento originario, unico, al nostro corpo; è soprattutto
accettare tale incatenamento.
4. Ciò che caratterizza la struttura del pensiero e della verità nel mondo
occidentale [...] è la distanza che separa inizialmente l'uomo e il mondo delle idee
in cui sceglierà la sua verità. Egli è libero e solo di fronte a questo mondo. È
libero al punto da poter anche non colmare tale distanza, da non effettuare quella
scelta. Lo scetticismo è una possibilità fondamentale dello spirito occidentale.
5. ...l'ideale germanico appare come una promessa di sincerità e autenticità.
L'uomo non si trova più di fronte a un mondo d'idee tra cui può scegliere la sua
verità con una decisione sovrana della sua ragione libera – è ora come sempre già
legato ad alcune di esse, come è legato per nascita con tutti coloro che sono del
suo stesso sangue.
Totalità e infinito (1961)
1) Questo libro contesta la concezione secondo cui la sintesi del sapere, la totalità
dell'essere abbracciata dall'io trascendentale, la presenza colta nella
rappresentazione e nel concetto e l'interrogazione sulla semantica della forma
verbale dell'essere - stazioni inevitabili della Ragione - siano le istanze ultime del
sensato. Riconducono o conducono alla capacità di assicurare l'accordo di un
mondo e di manifestare così la Ragione fino in fondo? La ragione fino in fondo o la
pace tra gli uomini. [...] Il problema della pace e della ragione è affrontato in
Totalità e infinito a partire da una congiuntura diversa e sicuramente più antica.
(Préface all'ed. Tedesca, 1987)
2) [...] nel discorso di Totalità e infinito non è stato dimenticato il fatto memorabile
che, nella sua terza Meditazione sulla filosofia prima, Descartes incontrava un
pensiero, una noèsi, che non era alla misura del suo noema, del suo cogitatum.
Un'idea che abbagliava e meravigliava il filosofo, invece di collocarsi nell'evidenza
dell'intuizione. [...] Per l'autore di Totalità e infinito fu un grande stupore, dopo la
lezione sul parallelismo noetico-noematico del suo maestro Husserl, che si diceva
lui stesso discepolo di Descartes! (Ibid.)
3) Descartes si impegna in un'opera di negazione infinita [...] un movimento verso
l'abuso che trascina vertiginosamente il soggetto incapace di fermarsi. (p. 94, le
cogito et autrui)
4) L'idea dell'infinito non è un'idea che una soggettività si forgi, incidentalmente,
per riflettere un'entità che non incontra fuori di sé niente che la limiti, che va
oltre ogni limite e, perciò, è infinita. La produzione dell'entità infinita non può
essere separata dall'idea di infinito, poiché è precisamente nella sproporzione tra
l'idea di infinito e l'infinito di cui è un'idea, che tale superamento dei limiti si
produce. L'idea dell'infinito è il modo d'essere - l'infinizione - dell'infinito. L'infinito
non è prima, per rivelarsi dopo. La sua infinizione si produce come rivelazione,
come posizione [mise] in me della sua idea. Si produce nel fatto inverosimile in
cui un essere separato, fissato nella sua identità, il Medesimo, l'Io, contiene
tuttavia in sé - ciò che non può né contenere, né ricevere soltanto in virtù della
propria identità. La soggettività realizza tali esigenze impossibili: il fatto
stupefacente di contenere più di ciò che è possibile contenere. (Préface, p. 12)
5) Questa relazione del Medesimo con l’Altro senza che la trascendenza della
relazione tagli i legami che una relazione comporta, ma senza che tali legami
uniscano in un Tutto il Medesimo e l’Altro, è fissata in effetti nella situazione
descritta da Descartes, in cui l’“io penso” intrattiene con l’Infinito, che non può in
nessun modo contenere e da cui è separato, una relazione chiamata “idea
dell’infinito”. Certo, le cose, o anche le nozioni matematiche e morali ci sono
presenti secondo Descartes attraverso le loro idee e se ne distinguono. Ma l’idea
dell’infinito ha questo di eccezionale, che il suo ideatum oltrepassa la sua idea,
mentre invece per le cose la totale coincidenza della loro realtà “oggettiva” e della
loro realtà “formale” non è esclusa: di tutte le idee diverse dall’Infinito noi
avremmo potuto, a rigore, rendere conto a partire da noi stessi. (“La trascendenza
come idea dell’Infinito”, p. 40)
6) Pensare l'infinito, il trascendente, lo Straniero, non è dunque pensare un
oggetto. (ibid., p. 41)