Lezione 15 Dall`algebra commutativa alla geometria algebrica.

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Lezione 15
Dall’algebra commutativa alla geometria algebrica.
In questa lezione stabiliamo, in maniera informale, come i principali risultati sugli anelli dimostrati
sinora possano essere applicati allo studio dei sottoinsiemi, dello spazio n-dimensionale su un
campo, definiti da sistemi di equazioni polinomiali.
Sia K un campo. Consideriamo, per un intero positivo n, Kn come un insieme di punti, individuati
da n-uple di coordinate. Per n = 2 e n = 3 possiamo pensare, rispettivamente, al piano ed allo
spazio tridimensionale.
L’oggetto di studio della Geometria Algebrica sono le cosiddette varietà algebriche, ossia i
sottoinsiemi V ⊂ K n che sono gli insiemi delle soluzioni di sistemi di equazioni del tipo
 f1 ( x1 ,...., x n ) = 0

,

 f ( x ,...., x ) = 0
n
 r 1
ove f1 ( x1 ,...., xn ),..., f r ( x1 ,...., xn ) ∈ K [ x1 ,..., x n ] sono polinomi. Alla varietà V così definita è
possibile associare un sottoinsieme I (V ) ⊂ K [ x1 ,..., xn ] :
I (V ) = { f ( x1 ,..., xn ) ∈ K [ x1 ,..., xn ] f (α1 ,..., α n ) = 0 per ogni (α1 ,...,α n ) ∈ V } .
Questo è evidentemente, un ideale (detto ideale di definizione di V), e
( f1 ,..., f r ) ⊂ I (V ).
(1)
Viene da chiedersi se valga l’uguaglianza. Vediamo, a questo proposito, un esempio.
Esempio 15.1 Consideriamo la seguente varietà in K3:
 x12 − x2 = 0

V :  x2 + x3 = 0
 3
 x3 = 0
è immediato constatare che V = {(0,0,0)}. Inoltre I (V ) è formato da tutti e soli i polinomi di
K [ x1 , x 2 , x3 ] che hanno termine noto nullo. Quindi I (V ) = ( x1 , x2 , x3 ) . E si ha che
( x12 − x2 , x 2 + x3 , x33 ) ⊂ ( x1 , x2 , x3 ) ,
ma l’inclusione è stretta. Infatti x1 ∉ ( x12 − x2 , x 2 + x3 , x33 ) . Quindi va chiarito il legame che, in
generale, sussiste tra l’ideale J = ( f1 ,..., f r ) e l’ideale I (V ) . Ripensandoci, il fatto che, in
generale, quest’ultimo sia più grande del primo, non dovrebbe stupirci: infatti, nei punti di V si
annullano i polinomi f1 ,..., f r e le combinazioni lineari di questi ultimi (cioè tutti i polinomi
appartenenti all’ideale J = ( f1 ,..., f r ) , ma non solo: vi si annulla, infatti, anche ogni polinomio
f ∈ K [ x1 ,..., xn ] tale che, per qualche intero positivo m, f m sia una combinazione lineare di
f1 ,..., f r , cioè tale che f ∈ ( f1 ,..., f r ) . Quindi, in generale,
J = ( f1 ,..., f r ) ⊂ I (V ) .
(2)
Ci chiediamo se in questo modo abbiamo modificato la (1) allargando l’ideale ( f1 ,..., f r ) in
maniera sufficiente da avere l’uguaglianza con I (V ) . Ciò non è sempre vero. Consideriamo, ad
esempio, in R2, la varietà
V : x12 + x2 2 = 0
Allora V = {(0,0)}, e I (V ) = ( x1 , x2 ) , e ( x12 + x2 2 ) = ( x12 + x2 2 ) ⊂ I (V ) , ove l’inclusione è
stretta. Qual è dunque la situazione, in generale? Possiamo dimostrare che la (2) è, in realtà, sempre
un’uguaglianza, purché il campo K sia algebricamente chiuso (condizione chiaramente non
soddisfatta da R). In effetti, l’esempio cambia radicalmente se sostituiamo al campo R il campo C.
In tal caso, infatti, si verifica facilmente che x12 + x2 2 = ( x1 + ix2 )( x1 − ix2 ) , da cui segue che
V = {(α , iα ) α ∈ C}∪ {(α ,−iα ) α ∈ C} e J = ( x12 + x2 2 ) = J = I (V ) .
Vale il seguente
Teorema 15.2 (Teorema degli zeri di Hilbert) Sia K un campo algebricamente chiuso, e sia J un
ideale di K [ x1 ,..., xn ] . Sia V = V ( J ) l’insieme dei punti di Kn in cui si annullano tutti i polinomi
appartenenti ad J. Allora V è vuoto se e solo se J = K [ x1 ,..., x n ] . Altrimenti, l’insieme dei polinomi
di K [ x1 ,..., xn ] che si annullano in tutti i punti di V è I (V ) = J .
Dimostrazione: vedi [M], Theorem 5.4. 
Il Teorema degli zeri di Hilbert è il cardine che congiunge l’Algebra Commutativa alla Geometria
Algebrica.
Vediamo anzitutto una sua applicazione alla risoluzione di un problema sugli ideali di polinomi.
Esempio 15.3 Torniamo all’Esercizio 1.29. Dimostriamo che se K è un campo algebricamente
chiuso, allora, nell’anello K [ x, y, z ]
( xy , yz + xz ) = ( xy , yz, xz ) .
(3)
L’inclusione ⊂ è immediata. Proviamo ⊃ . Sia J = ( xy , yz + xz ) , sia V = V (J ) . In base al
Teorema 15.2, basta provare che xy , yz, xz ∈ I (V ) , cioè che xy , yz , xz si annullano in tutti i punti di
K3 in cui si annullano xy , yz + xz . Si tratta, cioè, di provare l’implicazione
 xy = 0
(I)
 xy = 0

⇒  yz = 0

 yz + xz = 0 (II)
 xz = 0

(A)
(B)
(C)
In base alla (I), xy = 0 , cioè vale (A). Inoltre x = 0 , oppure y = 0 . Nel primo caso xz = 0 , nel
secondo caso yz = 0 . In base alla (II), nel primo caso segue che yz = 0, nel secondo caso segue che
xz = 0 . Quindi, in entrambi i casi, si ha xz = yz = 0 , e dunque valgono (B) e (C), come volevasi.
Abbiamo così provato la (3) quando il campo K è algebricamente chiuso. In realtà l’uguaglianza
vale sempre. Basta osservare che
( yz ) 2 = yz ( yz + xz ) − xyz 2 ∈ ( xy , yz + xz ), da cui yz ∈ ( xy , yz + xz ) ,
e concludere dunque che xz = yz + xz − yz ∈ ( xy , yz + xz ) .
Se l’esempio precedente può non sembrare particolarmente complicato, la situazione cambia nel
prossimo esempio.
Esercizio 15.4 In K [ x1 , x 2 , x3 ] si consideri l’ideale I = ( x1 , x2 , x3 ) . Sia, inoltre, J l’ideale generato
dalle somme di tutti i monomi privi di quadrati aventi lo stesso grado.
Provare che, se K è algebricamente chiuso, allora J = I .
Svolgimento:
L’inclusione ⊂ è ovvia. Per provare ⊃ possiamo provare che V ( J ) ⊂ V ( I ) (ne seguirà che
J = I (V ( J )) ⊃ I (V ( I )) = I ) , ovvero che
(I)
 x1 x2 x3 = 0

 x1 x2 + x1 x3 + x2 x3 = 0 (II)
x + x + x = 0
(III)
2
3
 1
⇒
 x1 = 0 (A)

 x2 = 0 (B)
 x = 0 (C)
 3
Se vale (I), si ha che uno tra x1 , x 2 , x3 è nullo. Supponiamo, per fissare le idee, che x1 = 0 (cioè che
valga (A)). Allora x1 x 2 = x1 x3 = 0 , quindi dalla (II) segue che x 2 x3 = 0 . Allora uno tra x2 e x3 è
nullo. Supponiamo, per fissare le idee, che sia x2 = 0 , in modo che valga la (B). Allora dalla (III)
segue che x3 = 0 , cioè vale la (C). Alla stessa conclusione si giunge, per simmetria, in tutti gli altri
casi.
Abbiamo dunque provato che, se K è un campo algebricamente chiuso, allora, in K [ x1 , x 2 , x3 ] , gli
ideali J = ( x1 x2 x3 , x1 x2 + x1 x3 + x2 x3 , x1 + x2 + x3 ), I = ( x1 , x2 , x3 ) sono tali che V ( J ) = V ( I ) ,
cioè, essi definiscono in K3 la stessa varietà, che è l’insieme ridotto al solo punto ( 0,0,0).
Nell’esempio precedente, gli ideali I e J sono diversi, ma ammettono entrambi un sistema minimale
di 3 generatori. La situazione è ben diversa nel prossimo esercizio.
Esercizio 15.5 Sia K un campo algebricamente chiuso. Provare che la varietà di K 4 definita dalle 6
equazioni
x1 x 2 = x1 x3 = x1 x4 = x2 x3 = x 2 x4 = x3 x4 = 0
(4)
può essere definita da 3 equazioni.
Svolgimento: Si possono ottenere le 3 equazioni richieste applicando la costruzione dell’Esercizio
15.4 al contrario.
Proviamo che il sistema
x1 x2 x3 x4 = 0


 x2 x3 x4 + x1 x3 x4 + x1 x2 x4 + x1 x2 x3 = 0
x x + x x + x x + x x + x x + x x = 0
 1 2 1 3 1 4 2 3 2 4 3 4
(I)
(II)
(III)
equivale a (4). Ovviamente, ogni soluzione di (4) è anche soluzione di (I), (II) e (III). Viceversa,
supponiamo che il punto ( x1 , x2 , x3 , x 4 ) ∈ K 4 sia soluzione del sistema formato da (I), (II), (III). Da
(I) segue che una delle coordinate del punto è nulla; supponiamo, senza ledere la generalità, che sia
x1 = 0 . Allora x1 x3 x4 = x1 x2 x4 = x1 x2 x3 = 0 , per cui dalla (II) segue che x2 x3 x 4 = 0 . Quindi una
delle ultime tre coordinate del punto è nulla. Per fissare le idee, possiamo supporre, senza ledere la
generalità, che sia x2 = 0 . Dalla (III) segue allora che x1 x 2 = x1 x3 = x1 x 4 = x 2 x3 = x2 x 4 = 0 , per
cui x3 x 4 = 0 . Abbiamo così provato che il punto considerato è soluzione della (4), come volevasi.
Esercizio 15.6* Sia K un campo algebricamente chiuso. Provare che la varietà di K 6 definita dalle
15 equazioni
x1 x2 = x1 x3 = x1 x4 = x1 x5 = x1 x6 = x2 x3 = x2 x4 = x2 x5 = x2 x6 =
x3 x4 = x3 x5 = x3 x6 = x4 x5 = x4 x6 = x5 x6 = 0
può essere definita da 5 equazioni.
Un’opportuna tecnica computazionale consente, negli Esercizi 15.5 e 15.6, di trovare, per una
varietà di Kn definita da un certo numero r di monomi, altre equazioni, in numero s minore di r, che
la definiscono ugualmente. Non è un caso se si ha sempre s ≤ n (vedi anche gli Esercizi 15.3 e
15.4).
Teorema 15.7 (Eisenbud, Graham Evans jr.) Sia A un anello polinomiale noetheriano di
dimensione n. Allora, per ogni ideale proprio I di A esistono f1 ,..., f n ∈ A tali che I = ( f1 ,.., f n ).
Dimostrazione: vedi [EG], Theorem 1. 
Dal Teorema 15.7 segue che, se K è un campo algebricamente chiuso, ogni varietà di Kn può essere
sempre definita da un sistema di n equazioni. Per poter leggere l’enunciato in questi termini,
bisogna sapere che due ideali di K [ x1 ,..., xn ] definiscono la stessa varietà se e solo se hanno lo
stesso radicale. Per rendersene conto, occorre approfondire la nozione di varietà V ( I ) di Kn
associata ad un ideale I di K [ x1 ,..., xn ] .
Lemma 15.8 Sia K un campo. Per ogni ideale I ⊂ K [ x1 ,..., xn ] si ha che V ( I ) = V ( I ) . Inoltre,
ogni ideale di definizione di una varietà è un ideale radicale.
Dimostrazione: L’inclusione ⊂ segue dal fatto che I ⊂ I : un punto che annulla tutti i polinomi di
I in particolare annulla tutti i polinomi di I. Proviamo l'inclusione ⊃ . Sia α ∈ V ( I ), e sia
f ∈ I . Allora esiste un intero m > 0 tale che f m ∈ I , così f m (α ) = 0, da cui segue che f (α ) = 0.
Data l'arbitrarietà di f, si conclude che α ∈V ( I ). La seconda affermazione è ovvia. 
Corollario 15.9 Sia K un campo. Siano I e J ideali di K [ x1 ,..., xn ] . Se I ⊂ J , allora
V ( I ) ⊃ V ( J ) . Se K è algebricamente chiuso, vale anche il viceversa, ed in tal caso, in particolare, si
ha
I = J se e solo se V ( I ) = V ( J ).
Dimostrazione: Se I ⊂ J , allora in ogni punto in cui si annullano tutti i polinomi di J si
annullano, in particolare, tutti polinomi di I , ossia V ( I ) ⊃ V ( J ) , e quindi, per il Lemma 15.8,
si ha V ( I ) ⊃ V ( J ) . Viceversa, se V ( I ) ⊃ V ( J ) , allora ogni polinomio che si annulla in ogni punto
di V ( I ) si annulla, in particolare, in ogni punto di V ( J ) , ossia I (V ( I )) ⊂ I (V ( J )) . Se K è
algebricamente chiuso, dal Teorema 15.2 segue allora che
I ⊂ J.
Lemma 15.10 Sia K un campo, e siano I e J ideali propri di K [ x1 ,..., xn ] . Allora
V ( I ∩ J ) = V ( IJ ) = V ( I ) ∪ V ( J ) .
Dimostrazione: La prima uguaglianza segue dall’Esercizio 1.27 b) alla luce del Corollario 15.9.
Proviamo la seconda uguaglianza. In base al Corollario 15.9, essendo IJ ⊂ I , IJ ⊂ J , si ha che
V ( I ) ∪ V ( J ) ⊂ V ( IJ ) . Proviamo l’altra inclusione. Sia v un punto di Kn in cui si annullano tutti i
polinomi di IJ. Se esistessero f ( x) ∈ I , g ( x) ∈ J , tali che f ( v ) ≠ 0, g ( v) ≠ 0 , allora in v non si
annullerebbe il polinomio f ( x ) g ( x) ∈ IJ , contro l’ipotesi. Quindi in v si annullano tutti i polinomi
di I, oppure tutti i polinomi di J. Ciò prova che V ( IJ ) ⊂ V ( I ) ∪ V ( J ) .
Nota In ciascuno degli esercizi precedenti abbiamo determinato due diversi sistemi di equazioni
che definiscono la stessa varietà. In base al Corollario 15.9 essi generano due diversi ideali I e J di
K [ x1 ,..., xn ] che hanno lo stesso radicale, sotto l’ipotesi che K sia algebricamente chiuso. In realtà,
in tutti gli esempi considerati, si ha I = J sempre, anche se K non è un campo algebricamente
chiuso, anzi, anche se K è un qualsiasi anello commutativo unitario. Per dimostrarlo, naturalmente,
non si deve passare attraverso il Teorema degli zeri di Hilbert, ma si devono invece effettuare
calcoli diretti nell’anello dei polinomi. Tutti i dettagli si possono trovare in [SV].
D’ora in poi supporremo, salvo avviso contrario, che il campo K sia algebricamente chiuso.
Osservazione 15.11 Una varietà algebrica V = V ( I ) ⊂ K n deve essere pensata non tanto come
associata all’ideale I, ma come associata al suo ideale di definizione I (V ) ⊂ K [ x1 ,..., xn ] (ed in
effetti si ha V = V ( I (V )).) Le proprietà geometriche di una varietà dovranno allora corrispondere a
proprietà algebriche comuni a tutti gli ideali che lo hanno come radicale. Tra queste proprietà vi è,
in base all’Esercizio 14.20, la dimensione di Krull dell’anello quoziente K [ x1 ,..., xn ] / I (V ) , detto
anello delle coordinate di V. Occorre allora definire opportunamente la dimensione della varietà V.
Richiamiamo di seguito alcune nozioni inerenti al corso di Geometria Algebrica.
Sull’insieme K n si definisce topologia di Zariski la topologia i cui chiusi sono le varietà algebriche
di K n . Un insieme chiuso si dice irriducibile se non è unione di due sottoinsiemi chiusi
propriamente contenuti in esso. La dimensione (topologica) di un insieme chiuso si definisce come
l’estremo superiore delle lunghezze delle catene formate da suoi sottoinsiemi chiusi irriducibili.
Se P1 ,..., Pr sono i primi minimali di I (V ) , allora dal fatto che I (V ) = P1 ∩ ∩ Pr , in base al
Lemma 15.10, segue che
V = V ( P1 ) ∪ ∪ V ( Pr ) .
Si prova allora che la varietà V è irriducibile se e solo se I (V ) è un ideale primo. In base al
Corollario 15.9, l’assegnazione V → I (V ) stabilisce una corrispondenza biunivoca tra le varietà
irriducibili di K n e gli ideali primi di K [ x1 ,..., xn ].
In generale, V ( P1 ),...,V ( Pr ) si dicono le componenti irriducibili di V.
Esempio 15.12 Nell’Esercizio 14.21 abbiamo considerato, nell’anello A = K [ x, y ] , l’ideale
radicale I = ( x 2 − xy + x, xy − y 2 + y ) , e l’anello quoziente
A = A / I . Abbiamo provato che
dim A = 1 . Consideriamo in K2 la varietà V = V ( I ) , definita da
x 2 − xy + x = xy − y 2 + y = 0 ,
ossia
x( x − y + 1) = y ( x − y + 1) = 0 .
Questa condizione equivale a richiedere che sia x = y = 0 oppure x − y + 1 = 0 . Quindi I = I (V ) e
V = {(0, 0)} ∪ r ,
ove r è la parallela alla prima bisettrice passante per il punto (0,1) . La varietà V è dunque l’unione
di un punto (dimensione topologica 0) e di una retta (dimensione topologica 1): queste sono le
varietà associate, rispettivamente, agli ideali P1 = ( x, y ) e P2 = ( x − y + 1) , che sono i primi minimali
di I. Ora, se W è una varietà irriducibile contenuta in V, allora W = V ( P), dove P è un ideale primo
tale che P ⊃ P1 ∩ P2 . Allora P ⊃ P1 oppure P ⊃ P2 . Ma in A, le catene di ideali primi contenenti P1
hanno lunghezza massima 0, quelle contenenti P2 hanno lunghezza massima 1. Dunque le catene di
varietà irriducibili contenute in V hanno lunghezza massima 1, ossia dim V = 1.
In generale, le catene di varietà irriducibili contenute in V = V ( P1 ) ∪ ∪ V ( Pr ) sono in
corrispondenza biunivoca con le catene di ideali primi contenenti uno degli ideali Pi . Se ne deduce
il seguente
Teorema 15.13 Sia K un campo algebricamente chiuso e sia A = K [ x1 ,..., xn ] , e sia V una varietà di
K n . Allora dim V = dim A / I (V ).
Dimostrazione: vedi [I], § 1.9.
Osservazione 15.14 Sia K un campo algebricamente chiuso e, nelle ipotesi dell’Osservazione
15.11, sia M un ideale massimale contenente I. Ci chiediamo cosa sia la varietà V ( M ) rispetto alla
varietà V = V ( I ) .
Si ha, per il Corollario 15.9, V ( M ) ⊂ V , e, inoltre, dim V ( M ) = dim A / M = 0 in base al Teorema
15.13 ed al Corollario 14.10. Proviamo che V ( M ) è formata da un singolo punto. Supponiamo per
assurdo che vi siano due punti distinti u = (α1 ,..., α n ), v = ( β1 ,..., β n ) ∈ V ( M ) . Allora, per ogni
f ∈ M = I (V ( M )) , essendo f (u ) = f ( v ) = 0 , ed in virtù di quanto stabilito nell’Esercizio 10.12, si
ha che f ∈ ( x1 − α1 ,..., xn − α n ) ∩ ( x1 − β1 ,..., xn − β n ) . Dunque
M ⊂ ( x1 − α1 ,..., xn − α n ) ∩ ( x1 − β1 ,..., xn − β n ) ,
il che, data la massimalità di M, è possibile se e solo se
M = ( x1 − α1 ,..., xn − α n ) = ( x1 − β1 ,..., xn − β n ) ,
ossia se e solo se u = v .
Quindi ogni ideale massimale definisce un punto (e viceversa, anche quando K non è
algebricamente chiuso, ogni punto è definito da un ideale massimale): al punto u = (α1 ,..., α n ) ∈ K n
corrisponde l’ideale massimale
M = ( x1 − α1 ,..., xn − α n ) ∈ K [ x1 ,..., xn ] .
Concludiamo questa lezione dando un’idea del significato geometrico della localizzazione rispetto
ad un ideale massimale.
Esempio 15.15 Consideriamo, nel piano reale R2, la retta V definita da y = 0 . Il suo anello delle
coordinate è R[V ] = R[ x, y ] /( y ) . La localizzazione di quest’ultimo rispetto all’ideale massimale
( x, y ) R[ x, y ] /( y ) (che corrisponde all’origine) è
( R[ x, y] /( y) )( x, y ) R[ x, y ]/( y ) ≅ R[ x]( x ) .
Consideriamo inoltre la parabola W di equazione y − x 2 = 0 , ed effettuiamo la localizzazione del
suo anello delle coordinate R[W ] = R[ x, y ] /( y − x 2 ) rispetto allo stesso ideale:
( R[ x, y] /( y − x ) )
2
( x , y ) R[ x , y ]/( y − x 2 )
≅ R[ x, x 2 ]( x , x2 ) = R[ x]( x ) .
Ritroviamo, a meno di isomorfismo, lo stesso anello. Il motivo geometrico è il seguente: intorno
all’origine, la retta e la parabola si assomigliano. (Attenzione: questo non ha nulla a che vedere con
la condizione di tangenza!).
Per avere un confronto, consideriamo ora l’unione delle bisettrici dei quadranti, ossia la varietà
definita dall’equazione x 2 − y 2 = 0 .
Questa, intorno all’origine, è formata da due rami (presenta un “incrocio”). Ci aspettiamo che la
differenza rispetto alla retta e alla parabola emerga dall’esame della localizzazione, nell’origine,
dell’anello delle coordinate. Si ha
( R[ x, y] /( x
2
− y2 ))
( x , y ) R[ x , y ]/( x 2 − y 2 )
,
che non è isomorfo a R[ x]( x ) . Infatti non è integro: si ha il seguente prodotto nullo
x + y + ( x2 − y 2 ) x − y + ( x2 − y2 ) ( x2 − y 2 )
=
,
1
1
1
(5)
in cui nessuno dei fattori è nullo. Se, ad esempio, il primo fosse nullo, allora si avrebbe
( f ( x, y ) + ( x 2 − y 2 ))( x + y + ( x 2 − y 2 )) = ( x 2 − y 2 )
per qualche f ( x, y ) ∉ ( x, y ) .
Ma l’uguaglianza si ha se e solo se x 2 − y 2 divide f ( x, y )( x + y ) , cioè se e solo se x − y divide
f ( x, y ) , ed in tal caso, però, f ( x, y ) ∈ ( x, y ) . Dunque il primo fattore in (5) non può essere nullo.
Analogamente si prova che il secondo fattore non è nullo.
Osservazione 15.16 In realtà, la “somiglianza” stabilita nella prima parte dell’esempio precedente
tra la retta V e la parabola W è “globale”. Tra V e W sussiste infatti un isomorfismo di varietà
algebriche, ossia un’applicazione bigettiva a componenti polinomiali
V →W
( x,0) ( x, x 2 )
la cui inversa è dello stesso tipo:
W →V
( x, x 2 ) ( x, 0)
A questa corrisponde un isomorfismo tra i corrispondenti anelli delle coordinate, che sono entrambi
isomorfi a R[ x].
Un’analoga relazione non sussiste invece tra la retta e la curva del piano reale di equazione
x3 − y 2 = 0, illustrata nella figura qui sotto. Infatti non sono isomorfi gli anelli R[ x] e
R[ x] /( x 3 − y 2 ). Il primo è regolare, mentre non lo è il secondo: non è regolare la sua localizzazione
rispetto all’ideale ( x , y ), come stabilito nell’Esercizio 14.28 (b).
Questa mancanza di regolarità corrisponde alla presenza, nell’origine 0, di una singolarità della
curva. Nell’origine si annullano entrambe le derivate parziali del polinomio f ( x, y ) = x 3 − y 2 , ossia
 ∂f

∂f
è nullo il vettore  (0), (0)  .
∂y
 ∂x

In generale, dati m polinomi f1 ,..., f m ∈ K [ x1 ,..., xn ], si definisce matrice jacobiana di f1 ,..., f m la
matrice
 ∂f 
J ( f1 ,..., f m ) =  i 
,
 ∂x i =1,...,m
 j  j =1,...,n
il cui determinante (nel caso in cui sia m = n) è detto jacobiano.
Questa matrice svolge un ruolo fondamentale nell’individuazione delle singolarità.
Il prossimo enunciato è riferito, per comodità, a varietà passanti per l’origine, ma ciò non lede la
generalità: è sempre possibile ricondursi a tale situazione tramite un’opportuna traslazione.
Teorema 15.17 (Criterio dello jacobiano) Sia K un campo, e siano f1 ,..., f m ∈ K [ x1 ,..., xn ] polinomi
aventi termine noto nullo. Allora, posto A = ( K [ x1 ,..., xn ] /( f1 ,..., f m ))( x1 ,..., xn ) , si ha
emb.dim A = n − rank J ( f1 ,..., f m )(0).
In particolare, A è regolare se e solo se dim A = n − rank J ( f1 ,..., f m )(0).
x
x1
,..., n ) come unico ideale
1
1
massimale, e A / M ≅ K . Si ponga inoltre M = ( xi ,..., xn ), I = ( f1 ,..., f m ). Infine, indichiamo con
M 1 ed I1 i sotto-K-spazi di K [ x1 ,..., xn ] generati dai polinomi omogenei di grado 1 appartenenti ad
Dimostrazione: Si noti che A è un anello locale avente
M =(
M ed M 2 + I rispettivamente. Allora
2
emb.dim A = dim K M / M = dim K M /( M 2 + I ) = dim K M 1 / I1.
Ma M 1 ha come base xi ,..., xn , mentre un sistema di generatori
T
da J ( f1 ,..., f m )(0)( x1 ,..., xn ) . Ciò conclude la dimostrazione.
di I1 è formato
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