CORRENTE ELETTRICA 1. Prime definizioni In queste brevi note viene abbandonata l’ipotesi che le cariche elettriche siano sempre ferme in posizioni di equilibrio. Si inizia quindi a ipotizzare che le cariche elettriche si possano muovere. Ogni volta che si hanno cariche elettriche in moto si parla di corrente elettrica. Conoscendo la struttura atomica della materia (e in particolare la teoria del legame metallico che tiene insieme gli atomi dei materiali conduttori), è noto che le cariche elettriche mobili sono gli elettroni che possiedono carica elettrica negativa. Vi è una convenzione arbitraria sul verso della corrente elettrica: ogni volta che è presente uno spostamento di cariche elettriche si ha una corrente elettrica il cui verso è quello in cui si abbia flusso di cariche elettriche positive (o in modo equivalente, la corrente elettrica scorre nel verso opposto al moto degli elettroni). Data una corrente elettrica che attraversa un filo omogeneo con sezione costante S, indichiamo con ∆Q la quantità di carica elettrica che attraversa una qualunque sezione del filo nell’intervallo di tempo ∆t. (1.1) Definizione Chiamiamo intensità di corrente elettrica media il rapporto im = ∆Q . ∆t La definizione precedente è corretta nel caso in cui il valore del rapporto indicato sopra non dipende dall’intervallo di tempo ∆t. Se ciò è verificato siamo in presenza di una corrente continua. Nel caso generale, cioè se la corrente che scorre attraverso S è una funzione Q(t) del tempo, è indispensabile definire l’intensità di corrente istantanea, facendo tendere a zero l’intervallo ∆t. Si ha ∆Q Q(t + h) − Q(t) dQ i(t) = lim = lim = Q0 (t) = . ∆t→0 ∆t h→0 h dt Risulta pertanto che i(t) è la derivata di Q(t) rispetto al tempo t. L’unità di misura dell’intensità di corrente elettrica è l’ampere (simbolo A). Un filo conduttore è percorso dall’intensità di corrente di 1 A se attraverso una qualunque sua sezione passa la carica elettrica di 1 C ogni secondo. Una definizione più rigorosa sarà fornita dopo aver introdotto la forza magnetica. 2. Le leggi di Ohm Sperimentalmente si è potuto osservare che, per la maggior parte dei materiali conduttori (detti conduttori ohmici ) la corrente elettrica che passa in un filo elettrico ha intensità che è direttamente proporzionale alla differenza di potenziale applicata ai suoi capi. La costante di proporzionalità (indicata con la lettera R) è una caratteristica del filo ed è chiamata resistenza elettrica. Si ha (2.1) V = Ri La relazione (2.1) è detta prima legge di Ohm 1 L’unità di misura di R è l’ohm il cui simbolo è Ω. Un filo possiede una resistenza di 1 Ω se, quando ai suoi capi viene applicata la differenza di potenziale di 1 V, attraverso di esso scorre una corrente di intensità 1 A. Infine, sempre per via sperimentale, (1)Georg Simon Ohm (1787-1854), fisico tedesco. 1 2 CORRENTE ELETTRICA si nota che la resistenza R di un filo di lunghezza ` e sezione S è direttamente proporzionale alla lunghezza ed inversamente proporzionale alla sezione, cioè ` (2.2) R=ρ . S La relazione (2.2) è detta seconda legge di Ohm. La costante di proporzionalità ρ è chiamata resistività (o resistenza specifica) e dipende dal tipo di materiale di cui è composto il filo conduttore. Si ricava facilmente che la sua unità di misura è Ω · m. (2.3) Osservazione Combinando le due leggi di Ohm, si ha ` V = Ri = ρ i . S ~ diretto dall’estremo a potenziale Poichè nel filo conduttore è presente anche un campo elettrico E, maggiore verso l’estremo a potenziale minore, si ha E = V /`, quindi ρ E = i. S Il modello che spiega le leggi di Ohm è il modello di Drude che considera gli elettroni di conduzione di un metallo come particelle di un gas che si muovono in maniera disordinata in tutte le direzioni, la cui energia cinetica media dipende dalla temperatura. Gli elettroni in moto vengono paragonati a delle sferette che si muovono in un fluido viscoso la cui viscosità è causata dal disturbo degli ioni del reticolo. Questo attrito aumenta con l’aumentare della temperatura: ciò spiega l’aumento delle resistenza con la temperatura. Gli elettroni di un filo conduttore non sottoposto ad alcun campo elettrico, nell’ambito di questo modello, possiedono una velocità quadratica media vqm che può essere determinata applicando la teoria cinetica dei gas: r 3KB T , vqm = me essendo KB = 1, 38 × 10−23 J · K−1 la costante di Boltzman, me la massa dell’elettrone e T la temperatura assoluta (cioè espressa in kelvin). Ad esempio, a 20◦ C si ha r 3KB T vqm = = 1, 54 × 105 m/s . me L’effetto di questa alta velocità è comunque nullo poichè la temperatura fa si che il moto avvenga ~ al filo, in tutte le direzioni con velocità risultante nulla. Applicando però un campo elettrico E la velocità degli elettroni (nella direzione del campo applicato) dopo un breve tempo, a causa dell’attrito incontrato, arriva ad un valore limite chiamata velocità di deriva (o di drift) che ha un valore di pochi mm/s. Come detto poco sopra, la resistività di un materiale conduttore non è costante in quanto dipende dalla temperatura. Sempre sperimentalmente si verifica che per ogni materiale ohmico la resistività, per valori non troppo piccoli della temperatura, aumenta con l’aumentare della temperatura stessa con una legge lineare della forma ρ = ρ0 (1 + αt) , ◦ essendo t la temperatura espressa in C e α è un parametro dipendente dal metallo in questione (per la maggior parte dei materiali metallici vale circa 4 × 10−3 · ◦1C ). Per temperature al di sotto di una decina di kelvin, la dipendenza di ρ dalla temperatura è data da ρ = ρ0 + βT 5 , essendo ρ0 e β due valori che dipendono dal metallo e T è misurata in kelvin. Nella tabella seguente sono riportati alcuni valori della resistività di alcuni materiali. CORRENTE ELETTRICA 3 Materiale Resistività ρ a 20◦ C (Ω · m) Acqua distillata 5 × 103 Alluminio 2, 82 × 10−8 Ambra 5 × 1014 Argento 1, 59 × 10−8 Ferro 10−7 Legno 108 Mercurio 95, 78 × 10−8 NaCl (soluzione satura) 0, 044 Oro 2, 44 × 10−8 Ottone 0, 08 Platino 10−7 Polistirolo maggiore di 1014 Rame 1, 72 × 10−8 Silicio 2500 Vetro ordinario 1010 Zinco 5, 8 × 10−8 Esistono materiali (chiamati superconduttori ) che si comportano in modo diverso. A temperature dell’ordine di qualche kelvin le resistività e, quindi, le resistenze diventano nulle. 3. L’effetto Joule Quando gli elettroni di conduzione si muovono all’interno di un conduttore dissipano energia (a causa dell’attrito che incontrano) e tale energia coincide con il lavoro speso dalla batteria per mettere in movimento gli stessi elettroni, cioè per far si che la corrente circoli. Questa dissipazione di energia si chiama effetto Joule. Il lavoro L risulta: ∆V 2 ∆t , R essendo Q la quantità di carica che si è mossa nell’intervallo di tempo ∆t, ∆V è la differenza di potenziale ai capi della resistenza, i è l’intensità di corrente che passa attraverso la resistenza e R è la resistenza del resistore. L = Q∆V = i∆V ∆t = Ri2 ∆t = (3.1) Definizione Chiamiamo potenza il rapporto tra il lavoro L (energia) e l’intervallo di tempo ∆t in cui si è svolto tale lavoro (energia): L . P= ∆t Nel nostro caso, quindi, la potenza dissipata per effetto Joule da un resistore è P = ∆V i = ∆V 2 = Ri2 . R