1. ENERGIA ELETTRICA L'energia elettrica che utilizziamo viene ottenuta dalla trasformazione di altre forme di energia (chimica, idraulica, solare, nucleare,...): ecco perché definiamo l'energia elettrica un'energia secondaria. Le caratteristiche dell'energia elettrica sono: È innanzitutto comoda da usare: basta premere un interruttore ed è subito disponibile. È un 'energia pulita che non produce polveri o residui nel luogo di consumo. Può essere trasportata a migliaia di chilometri di distanza dal luogo di produzione a spese solo di una modesta perdita di energia. Può essere facilmente ritrasformata in altre forme di energia: si pensi ad esempio ai motori elettrici che restituiscono energia meccanica, o ad un forno elettrico, dove viene convertita in energia termica. L'energia elettrica è però difficile da immagazzinare in quantità; i dispositivi che fanno questa funzione (gli accumulatori elettrici, di cui parleremo) sono ingombran-ti, costosi e spesso di breve durata. Questa caratteristica limita l'utilizzazione dell'elettricità come fonte motrice di mezzi mobili, a meno che questi, come ad esempio il treno, non siano riforniti continuamente mediante un filo conduttore. 2. Che cos'è l'elettricità Con il nome di elettricità si intendono tutti quei fenomeni fisici nei quali intervengono cariche elettriche, sia ferme, sia in movimento. Le cariche elettriche sono una delle proprietà fondamentali delle particelle elementari. Per descrivere dove le cariche elettriche sono localizzate e la loro mobilità, conviene partire dalla struttura della materia; questa è formata da particelle piccolissime dette molecole, a loro volta formate da particelle ancora più piccole, dette atomi. Ogni elemento esistente in natura (il ferro, l'oro, il carbonio...) è composto da atomi diversi, dall'idrogeno che ha l'atomo più piccolo e più semplice, agli elementi con gli atomi più complessi, quali l'uranio; tutti gli atomi hanno però una struttura simile. Per questa struttura viene spesso usato un modello, illustrato nella figura 1 elettrone Figura 1 - Struttura dell'atomo Secondo questo modello, al centro dell'atomo vi è un nucleo, che è formato da particelle di due diverse specie, chiamate protoni e neutroni. Attorno al nucleo sono in movimento altre particelle, molto più leggere di protoni e neutroni, chiamate elettroni. Mentre i neutroni non possiedono alcuna carica elettrica, i protoni possiedono una propria carica elettrica, sempre uguale, che viene per convenzione definita positiva; anche gli elettroni possiedono una carica elettrica, uguale in quantità a quella dei protoni, ma di natura opposta, e per questo definita negativa. Un principio fondamentale dell'elettricità afferma che due corpi carichi che possiedano cariche elettriche di tipo opposto (positiva l'uno e negativa l'altro) si attraggono, mentre due corpi che possiedano cariche di ugual tipo (entrambi positiva o negativa) si respingono. Queste azioni di attrazione e repulsione sono una delle manifestazioni della forza elettromagnetica, una delle forze fondamentali che dominano la materia. Questo spiega perché il nucleo, con cariche elettriche positive, tenga legati a sé gli elettroni, con carica negativa. In un atomo, in condizioni normali, il numero degli elettroni (cariche negative) è uguale a quello dei protoni (cariche positive); la carica totale dell'atomo è perciò nulla. 2.1. Materiali conduttori e materiali isolanti In alcuni elementi (come per esempio i metalli) gli atomi possono perdere facilmente gli elettroni delle orbite più esterne. In un oggetto metallico questi elettroni possono quindi abbandonare l'atomo originario e muoversi Liberamente all'interno dell'oggetto. In altre sostanze, ad esempio nelle soluzioni di sali in acqua, le molecole (cioè gli agglomerati di atomi che formano il sale) possono spezzarsi in due frammenti, uno dei quali presenta normalmente un elettrone (o più di uno) in eccesso, mentre l'altro ne ha uno (o altrettanti) in meno. I due frammenti (detti ioni) possono muoversi liberamente nella soluzione. In entrambi i casi descritti, se attraverso alla sostanza si applica una tensione elettrica (v. paragrafo successivo) si può avere un movimento di cariche elettriche all'interno di essa: cariche negative, trasportate dagli elettroni, nel caso dei metalli; cariche negative e positive, trasportate dagli ioni, nel caso delle soluzioni. I materiali in cui questo movimento di cariche può avvenire si dicono conduttori, mentre quelli in cui gli elettroni sono più saldamente ancorati agli atomi, e quindi non può aversi movimento di cariche, sono detti isolanti. I migliori conduttori sono i metalli, in particolar modo l'argento, il rame e Direzione CONVENZIONALE della corrente l'alluminio; sono buoni conduttori il carbone, il suolo, i corpi umidi, le soluzioni di sali e di acidi. • Sono isolanti il vetro, l'ambra, la bachelite, la porcellana, le materie Figura 2 - Direzione CONVENZIONALE plastiche, la gomma, la seta, il cotone, il legno asciutto, la carta secca. corrente elettrica • I gas sono normalmente isolanti, divengono però conduttori quando alcuni degli elettroni vengono strappati dagli atomi del gas (ad esempio, sotto l'azione di forze elettriche molto intense o se colpiti da altri elettroni, già lanciati dalle stesse forze). Nel gas si innesca allora una scarica, o una breve scintilla, attraverso cui la corrente elettrica fluisce per movimento di elettroni ed atomi carenti di elettroni (ioni). zona di gas ionizzato in cui avviene la scarica Figura 3 Movimento cariche elettriche nei liquidi Figura 4 Movimento cariche elettriche nei gas La conduzione di corrente elettrica avviene: a) Nei metalli, per movimento degli elettroni liberi. b) Nei liquidi, per movimento di ioni positivi e negativi. c) Nei gas ionizzati, per movimento di ioni ed elettroni. 2.2. Tensione e corrente elettrica Immaginiamo di avere due oggetti conduttori tenuti separati e che, come mostrato nella fig. 5, su uno di essi (A) sia stata accumulata una certa quantità di elettroni (carica negativa) sottratti dall'altro (B), che quindi presenta una carica positiva. In queste condizioni, poiché abbiamo visto che cariche uguali si respingono e cariche diverse si attirano, se si volesse trasportare altri elettroni dal corpo A al corpo B, si dovrebbe vincere una forza contraria e quindi spendere una certa energia. Si dice allora che tra i due oggetti esiste una differenza di potenziale elettrico, o più comunemente una tensione elettrica, che è tanto più alta quanto maggiori sono le cariche accumulate sui due oggetti. Questa differenza si Figura 5 - differenza di potenziale tra due corpi misura in volt (simbolo V). Se ora colleghiamo i nostri due oggetti con un filo metallico, gli elettroni cominciano a fluire lungo il filo per spostarsi dal corpo A al corpo B e ristabilire l'equilibrio elettrico. Sotto l'azione di una tensione elettrica si stabilisce cioè nel filo una corrente elettrica. Questa corrente si misura in ampere (simbolo A). La corrente elettrica viene, per convenzione, indicata come un flusso di cariche positive che si muovono da B ad A, anche se è, in realtà, un flusso di elettroni da A verso B. Se i due oggetti non hanno altri collegamenti, il flusso di corrente si affievolisce, e poi si interrompe, via via che le cariche preesistenti sui due oggetti sono neutralizzate da quelle che fluiscono attraverso il filo. Lo stesso accade alla tensione elettrica tra i due oggetti. La corrente continua però a fluire se tra i due oggetti viene collegato un generatore elettrico, cioè un dispositivo capace di mantenere costante la tensione elettrica tra i due oggetti, trasferendo, a spese di una certa energia, un flusso di elettroni da B ad A. Questo generatore può essere una pila, una dinamo, o un altro dispositivo ancora. 2.3. Leggi di Ohm 2.3.1. I legge Quello che abbiamo schematizzato al termine del paragrafo precedente è un circuito elettrico elementare. Per poter analizzare che cosa succede in un circuito occorre ancora introdurre una importante legge dell'elettrotecnica. Tornando all'esempio precedente, ci possiamo chiedere come siano legate tra loro la tensione elettrica e la corrente che inizia a scorrere tra A e B quando essi vengono collegati. La legge di Ohm ci dice che: "L'intensità di corrente I che passa in un filo conduttore e la tensione elettrica V tra le due estremità del filo sono direttamente proporzionali tra loro; il fattore di proporzionalità esprime la resistenza elettrica R che il filo oppone al passaggio della corrente". In formula: V (volt) = I (ampere) x R (ohm) La resistenza elettrica si misura in ohm (simbolo Ω). La legge di Ohm, esprimendo il legame tra tensione e corrente, può ovviamente essere scritta in modo da esprimere la corrente che percorre un filo conduttore quando è nota la tensione tra le estremità del filo; oppure per conoscere la resistenza di un conduttore dopo aver misurato la tensione tra le estremità e la corrente che lo percorre. Cioè: I (ampere) = V (volt) / R (ohm) R (ohm) = V (volt) /1 (ampere) 2.3.2. I legge La resistenza elettrica di un conduttore dipende: • Dal materiale. Ciascun materiale oppone una diversa resistenza al passaggio della corrente elettrica. L'argento, il rame e l'alluminio sono i metalli che oppongono la resistenza minore: per questa ragione gli ultimi due sono impiegati nei circuiti come fili conduttori di corrente. • Dalla lunghezza e dalla sezione del filo conduttore. La resistenza è direttamente proporzionale alla lunghezza del filo: un filo lungo oppone una maggiore resistenza al passaggio della corrente rispetto ad un filo più corto. La resistenza è inversamente proporzionale alla sezione (area trasversale) del filo: un filo di piccolo diametro oppone una maggiore resistenza al passaggio della corrente rispetto ad un filo di diametro maggiore. R=ρ.l/s / simboli usati negli schemi elettrici e la composizione di un circuito elettrico elementare. LAMPADA PILA Resistenza 2.4. Potenza ed energia: effetto Joule Abbiamo visto che per spostare una carica elettrica, superando una tensione elettrica di verso tale da op-porsi al movimento, si deve fornire una certa energia; reciprocamente, quando le cariche fluiscono nel filo sotto l'azione della tensione, viene liberata dell'energia. Se ciò avviene in un motore elettrico l'energia liberata si trasforma per la maggior parte in energia meccanica; se invece avviene in un filo conduttore (ad esempio la resistenza di un forno) essa si trasforma totalmente in energia termica (effetto Joule). La grandezza che indica l'energia liberata in ogni unità di tempo è la potenza P, misurata in watt (simbolo: W); essa è data dal prodotto tra tensione e corrente. In formula: P (watt) = V (volt) x I (ampere) Spesso la potenza elettrica viene misurata in kilowatt: 1 kW = 1000 W; oppure in megawatt: 1 MW = 1.000.000 W = 1000 kW Applicando la legge di Ohm si riconosce facilmente che la potenza liberata in un conduttore per effetto Joule si può esprimere anche come il prodotto della resistenza per il quadrato della corrente. In formula: P = V x I = (I X R) x I = I 2 x R oppure come il rapporto tra quadrato della tensione e resistenza P = V x I = V x V/R = V2/R L'energia E liberata o assorbita complessivamente in una dato intervallo di tempo t è data dal prodotto della potenza per il tempo; nel campo dell'elettrotecnica si usa spesso come unità di misura per questa grandezza il kilowattora, che corrisponde ad un kilowatt per un'ora: E (kilowattora) = P (kilowatt) X t (ore) = P (watt) X t (ore) / 1000 È importante ricordare bene che il kilowattora non è una misura di potenza. ma di energia.