CAPITOLO VII Il metodo delle singolarit`a idrodinamiche

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Cap. VII Il metodo delle singolarità idrodinamiche
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CAPITOLO VII
Il metodo delle singolarità idrodinamiche
§ 1. - Il potenziale complesso.
Dato che l’equazione di Laplace non risulta di facile gestione, si
ricorre ad altri metodi, tra i quali il metodo delle singolarità.
Come abbiamo visto, per un moto piano e stazionario valgono le
condizioni di Chauchy-Riemann:
u=
v=
∂ϕ
∂ψ
=
∂x
∂y
∂ϕ
∂ψ
=− .
∂y
∂x
Queste sono condizioni di analiticità, cioè le funzioni di punto
ϕ(x, y) e ψ(x, y), sono funzioni analitiche e ne godono quindi tutte le
proprietà.
In particolare esiste un potenziale complesso w tale che la sua
parte reale è costituita dal potenziale ϕ e la parte immaginaria dalla
funzione di corrente ψ:
w(z) = ϕ(x, y) + iψ(x, y)
(1)
dove z è la variabile complessa che in forma cartesiana risulta:
z = x + iy
com’è noto abbiamo, per le coordinate polari r e θ, anche una forma
trigonometrica:
z = r(cos θ + i sin θ)
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E. Buffoni Idrodinamica
e per la relazione di Euler, che si dimostra confrontando gli sviluppi
in serie, abbiamo l’uguaglianza:
eiθ = cos θ + i sin θ
abbiamo infine la forma esponenziale:
z = reiθ .
Si ricorda inoltre che il numero complesso coniugato rappresenta
il punto simmetrico rispetto all’asse reale: z ∗ = x − iy e che zz ∗
rappresenta il modulo al quadrato r2 = x2 + y 2 .
Allo stesso modo si può definire la velocità complessa, che contiene
le due componenti:
U = u + iv
e la sua coniugata:
U ∗ = u − iv.
La derivata delle funzioni analitiche gode di proprietà che ne semplificano molto il calcolo, in particolare il potenziale complesso può
essere derivato solo lungo l’asse reale:
dw
∂w
∂ϕ
∂ψ
=
=
+i
dz
∂x
∂x
∂x
e per le condizioni di Cauchy-Riemann avremo:
dw
∂ϕ
∂ϕ
=
−i .
dz
∂x
∂y
Pertanto dato che le derivate parziali al secondo membro rappresentano rispettivamente le componenti u e v, possiamo scrivere in
definitiva:
dw
= u − iv = U ∗ .
dz
(2)
Cap. VII Il metodo delle singolarità idrodinamiche
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Quindi la derivata del potenziale complesso è uguale alla velocità
complessa coniugata. Questa relazione è fondamentale per determinare il potenziale complesso, infatti basterà scrivere la velocità
complessa, poi la sua coniugata ed infine integrare la (2).
Il potenziale complesso gode inoltre della proprietà additiva per
cui il potenziale di un moto composto risulta uguale alla somma
dei potenziali di moti piú semplici. In generale questi moti semplici
presentano delle singolarità. cioè dei punti un cui la velocità tende
all’infinito e, per in teorema di Bernoulli, anche la pressione diverge
in valore assoluto. Pertanto questo modo di risolvere i problemi in
idrodinamica assume appunto il nome di metodo delle singolarità.
§2. - Il moto uniforme.
Il piú semplice dei moti che si hanno in idrodinamica è il moto
uniforme, cioè in ogni punto del piano abbiamo un vettore di velocità
costante in modulo, direzione e verso, inoltre è l’unico a non avere
una singolarità.
~ in tutto il piano
Se infatti abbiamo un vettore velocità, costante U
ed in generale inclinato di un angolo α rispetto all’asse delle ascisse,
possiamo scriverne le componenti:
u = U cos α
v = U sin α.
Pertanto la velocità complessa sarà data da:
U = U (cos α + i sin α)
e la complessa coniugata:
U ∗ = U (cos α − i sin α)
quindi, per la formula di Euler:
U ∗ = U e−iα ,
80
E. Buffoni Idrodinamica
pertanto per la (2) avremo:
dw
= U e−iα ,
dz
che integrata fornisce immediatamente il potenziale complesso del
moto uniforme:
w = U e−iα z.
(3)
Nel caso particolare di flusso lungo l’asse x da destra verso sinistra, con α = 0, la precedente si riduce a:
Figura 1: Il moto uniforme.
w = Uz
ossia, con z in forma cartesiana:
w = U x + iU y
pertanto abbiamo:
ϕ = Ux
ψ = U y.
(4)
Cap. VII Il metodo delle singolarità idrodinamiche
81
Il reticolo idrodinamico è quindi costituito da una sorta di centuriazione, o di scacchiera, cioè dei quadrati formati dalle linee equipotenziali a x = cost. e dalle linee di corrente ad y = cost.
Nel caso generale avremo:
w = U e−iα reiθ = U rei(θ−α)
cioé il reticolo sará inclinato di α rispetto all’asse reale.
§3. - Sorgenti e pozzi.
Per sorgenti e pozzi intendiamo delle entità fisico-matematiche,
dei punti dai quali scaturisce del fluido oppure scompare della materia. In inglese per esempio si distingue il pozzo comune, detto well
ed il precedente, chiamato sink.
Consideriamo una sorgente nell’origine, da essa scaturisce una
portata Q per unità di profondità, il fluido si diffonde in tutte le
direzioni del piano in modo isotropo, quindi la velocità radiale V
sarà data da:
Q
.
(5)
2πr
La sorgente è pertanto una singolarità, perché per r → 0 V → ∞.
La velocità complessa sarà:
V =
U = V (cos θ + i sin θ)
e la complessa coniugata:
U ∗ = V (cos θ − i sin θ).
Quindi per la (2) e la (5) abbiamo:
dw =
dato che z = reiθ avremo:
Q dz
,
2πr eiθ
82
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Q dz
,
2π z
dw =
che integrata fornisce il potenziale complesso di una sorgente:
Q
ln z.
(6)
2π
Per evidenziare il reticolo idrodinamico scriviamo la (6) in coordinate polari:
w=
Q
Q
ln r + i θ,
2π
2π
w=
quindi abbiamo:
ϕ=
Q
ln r
2π
ψ=
Q
θ.
2π
Pertanto il reticolo è costituito da cerchi concentrici che rappresentano le linee equipotenziali, mentre le particelle seguono delle
semirette uscenti dall’origine, che sono le linee di corrente coincidenti
con le traiettorie. Questo reticolo somiglia ad una carta stereografica
polare con i paralleli normali ad i meridiani come deve essere perché
costituiti da due famiglie di curve ortogonali.
Se la sorgente non è nell’origine, ma in un punto zo occorre una
trasposizione delle coordinate per cui la (6) diviene:
w=
Q
ln (z − zo ).
2π
Per i pozzi la trattazione è analoga salvo cambiare il segno, essi
infatti possono essere considerati come delle sorgenti negative.
Applichiamo adesso il teorema di Bernoulli per vedere l’andamento delle pressioni o dei carichi:
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p V2
+
=H
γ
2g
per cui
p
V2
=H−
γ
2g
e sostituendo il valore di V ottenuto dalla (5) abbiamo:
p
Q2
= H − 2 2,
γ
8π gr
da quest’ultima relazione notiamo ancora la presenza della singolarità, la pressione infatti tende a −∞ per r → 0.
§ 4. - Il vortice potenziale.
Nell’origine degli assi abbiamo adesso un filamento vorticoso con
una piccola area σ che ruota in senso antiorario alla velocità angolare
ω. Sappiamo, in base al teorema di Stokes, che la circolazione Γ é
data dalla definizione:
Γ = 2πrV
per cui la velocità V lungo la circonferenza di raggio r sarà data dalla
relazione:
Γ
(7)
2πr
che prende il nome di velocità indotta in analogia alla classiche esperienze di Biot e Savart sul campo magnetico formato da una corrente
elettrica. Nel nostro caso la corrente viene sostituita dal vettore
velocità angolare ed il campo magnetico dalla velocità V 1 .
V =
1
Anche in questo caso notiamo la presenza della singolarità nell’origine, con
la velocità V → ∞ per r → 0.
84
E. Buffoni Idrodinamica
Possiamo pertanto scriverne le componenti:
u = −V sin θ
v = V cos θ.
La velocità complessa sarà:
U = V (− sin θ + i cos θ)
e la complessa coniugata:
U ∗ = −V (sin θ + i cos θ).
moltiplicando ambo i membri per l’immaginario i (i2 = −1), abbiamo:
iU ∗ = −V (i sin θ − cos θ).
ossia:
U∗ =
V
(cos θ − i sin θ).
i
Quindi essendo:
dw
V
= e−iθ
dz
i
pertanto possiamo scrivere:
dw =
Γ
dz,
i2πreiθ
dato che z = reiθ avremo in definitiva:
dw = −
iΓ dz
,
2π z
che integrata fornisce il potenziale complesso di un vortice nell’origine:
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w=−
iΓ
ln z.
2π
85
(8)
Per evidenziare il reticolo idrodinamico scriviamo la (8) in coordinate polari:
w=−
iΓ
Γ
ln r +
θ,
2π
2π
quindi avremo:
ϕ=
ψ=−
Γ
θ
2π
Γ
ln r.
2π
Figura 2: Il reticolo idrodinamico del vortice potenziale.
Pertanto le linee equipotenziali sono delle semirette uscenti dall’origine, mentre le linee di corrente sono rappresentate da dei cerchi
concentrici.
86
E. Buffoni Idrodinamica
Anche in questo caso abbiamo una carta del tipo stereografica
polare con le linee di flusso ed equipotenziali invertite rispetto al
caso della sorgente o del pozzo.
§ 5. - Il vortice composto di Rankine.
Se applichiamo il teorema del Bernulli al campo di moto del paragrafo precedente osserviamo che la superficie piezometrica tende verso
−∞ per r → 0, infatti:
p
V2
=H−
γ
2g
inoltre per il teorema di Stokes:
Γ = 2ωπa2
dove a è il raggio del filamento vorticoso con velocità V = ωr.
Pertanto il carico cinetico in corrispondenza del raggio a sarà:
V2
ω 2 a2
=
.
2g
2g
Se il filamento vorticoso fosse infinitamente piccolo, cioè a → 0,
per la (9) il carico tenderebbe verso −∞. Ma in natura questo non
può accadere, ed allora si forma un nucleo di dimensioni finite che
ruota come un corpo rigido, cioè come un vortice forzato. Quindi
per r ≤ a abbiamo il vortice forzato con V = ωr e la piezometrica
assume la forma di un paraboloide di rivoluzione:
p
ω 2 r2
=
γ
2g
per r = a abbiamo quindi:
p
ω 2 a2
=
γ
2g
Da questo punto in poi, per r > a abbiamo il vortice potenziale
dove le velocità seguono la (7), mentre la piezometrica assume la
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Figura 3: Il vortice composto di Rankine.
forma di un iperboloide di rivoluzione secondo la (9). La profondità della depressione formata dal vortice di Rankine vale pertanto
ω 2 a2 /g, per metà dovuta al nucleo e per la parte superiore al moto
potenziale.
Il carico totale H è un paraboloide (p/γ = ω 2 r2 /g)per r < a,
mentre risulta costante al di fuori del nucleo.
Sia per il fluido ideale, che per un fluido newtoniano si dimostra
la validità della relazione (7). Notiamo inoltre che nel nucleo non si
ha alcuna dissipazione di energia perché i gradienti di velocità sono
nulli2 , mentre all’esterno, per la (7), abbiamo le tensioni tangenziali
che tendono a frenare il nucleo e, una volta cessata la causa, ne
provocano il dissolvimento.
I vortici osservati nei fiumi, le trombe d’aria, i tornado, i twisters,
sono tutti vortici di Rankine.
Adesso, dopo aver esposto i moti semplici, tutti, tranne il moto uniforme, con una singolarità, passiamo a combinarli, tramite
la semplice somma dei rispettivi potenziali, per ottenere dei moti
composti.
2
Infatti il nucleo si muove come un corpo rigido senza scorrimenti relativi.
88
E. Buffoni Idrodinamica
Figura 4: Il vortice composto in una agitatore magnetico.
§ 6. - Il flusso lungo un semicorpo.
Se combiniamo l’effetto di una sorgente e di un moto uniforme
otteniamo il flusso che investe un corpo che potrebbe rappresentare
la prua di un natante o di una pila di un ponte.
Infatti consideriamo un moto uniforme, che scorre da sinistra
verso destra alla velocità U e una sorgente di intensità Q posta
nell’origine. Il potenziale del moto composto sarà allora:
w = Uz +
Q
ln z,
2π
oppure:
w = U (x + iy) +
Q
ln reiθ
2π
ossia
µ
Q
Q
ϕ + iψ = U x +
ln r + i U y +
θ
2π
2π
per cui avremo il potenziale ϕ:
ϕ = Ux +
e la funzione di corrente ψ:
Q
ln r
2π
¶
Cap. VII Il metodo delle singolarità idrodinamiche
89
Q
θ.
(9)
2π
Sull’asse delle ascisse vi troviamo un punto in cui la velocità U
del moto uniforme viene annullata dalla −V della sorgente. L’ascissa
xo di questo punto detto di stagnazione o di ristagno viene ricavata
ovviamente dalla seguente relazione:
ψ = Uy +
U =−
Q
2πxo
xo = −
Q
.
2πU
pertanto abbiamo:
Per questo punto passa una linea di corrente che, per la (9) assume
il valore:
ψo =
Q
2
essendo infatti y = 0 e θ = π. Ora le linee di corrente mantengono il
loro valore costante pertanto, sempre per la (9), abbiamo:
Q
Q
= Uy +
θ
2
2π
ossia:
y=
Q(π − θ)
2πU
(10)
ed anche:
y
(11)
tan θ
Quindi, per ogni valore di θ, tramite le precedenti è possibile
tracciare la linea di corrente ψo che risulta impenetrabile dalle altre
x=
90
E. Buffoni Idrodinamica
linee e quindi rappresenta la prua di un corpo investito da una corrente uniforme. Per la (10), quando θ → 0, abbiamo la dimensione
trasversale massima del semicorpo:
Q
.
(12)
U
Pertanto per ottenere dei profili sottili occorre impostare dei bassi
valori del rapporto Q/U .
Se in luogo della sorgente consideriamo un pozzo abbiamo la
descrizione di un semicorpo che viene lasciato dalla corrente come
accade nella poppa di un natante od a valle di una pila di ponte.
hmax = 2ymax =
Figura 5: Il semicorpo.
§ 7. - La coppia sorgente pozzo.
Se abbiamo una sorgente nel punto (−a, 0) ed un pozzo in (a, 0),
entrambi di intensità Q, è possibile una costruzione grafica per individuare, per semplice somma vettoriale, le linee di flusso che risultano
essere delle circonferenze passanti per la sorgente ed il pozzo.
Dal punto di vista analitico il potenziale complesso del pozzo sarà:
Cap. VII Il metodo delle singolarità idrodinamiche
w=−
91
Q
ln (z − a)
2π
mentre la sorgente avrà il potenziale:
w=
Q
ln (z + a),
2π
w=
Q
(z + a)
ln
.
2π (z − a)
quindi:
Ponendo z1 = z + a e z2 = z − a, otteniamo:
w=
Q
z1
ln
2π z2
ossia:
w=
Q
r1
Q
ln + i (θ1 − θ2 ),
2π r2
2π
per cui abbiamo:
ϕ=
Q
r1
ln
2π r2
e:
ψ=
Q
(θ1 − θ2 ).
2π
Pertanto per avere ψ = cost. occorre che sia costante la differenza
(θ1 − θ2 ), ma ció avviene solo se le linee di corrente sono degli archi di
circonferenza passanti per la sorgente ed il pozzo e che hanno, come
corda comune, il segmento che li congiunge.
Si può dimostrare che i raggi rψ di questi archi valgono:
rψ = a csc
2πψ
Q
92
E. Buffoni Idrodinamica
Figura 6: La coppia sorgente-pozzo.
ed i loro centri sono sull’asse delle ordinate:
y = −a cot
2πψ
.
Q
Le linee equipotenziali sono anch’esse degli archi di circonferenza con
raggi rϕ :
Ã
2πϕ
rϕ = a sinh
Q
!−1
con i centri posti sull’asse delle ascisse:
x = a coth
2πϕ
Q
§ 8. - La coppia di vortici.
Abbiamo adesso due vortici con versi di rotazione opposti situati
sull’asse delle ascisse in a e −a ed una circuitazione rispettivamente
di Γ e −Γ.
Cap. VII Il metodo delle singolarità idrodinamiche
93
La soluzione si trova in modo immediato scambiando il potenziale
e la funzione ψ del caso precedente, cioè:
ϕ=
Γ
(θ1 − θ2 ).
2π
ψ=
Γ
r1
ln .
2π r2
per cui abbiamo un reticolo idrodinamico composto dalle linee equipotenziali formate da cerchi che passano per i due vortici con la
geometria delle linee di flusso del paragrafo precedente, mentre le
linee di corrente sono conformate come le equipotenziali della coppia
sorgente-pozzo. Quindi le ψ = cost. sono delle circonferenze attorno
ai due vortici e la velocità indotta al centro tra di essi sarà:
v=
Γ
πa
avente la direzione ortogonale alla congiungente i due centri ed il
verso congruente con i sensi di rotazione3 .
Se i due vortici non sono vincolati e sono posti ad una distanza d
si influenzano reciprocamente con una velocità mutuamente indotta
v = Γ/2πd, pertanto se hanno sensi di rotazione contrari traslano
alla velocità v, se invece hanno lo stesso senso ruotano attorno al
loro centro senza traslare.
3
La spinta idrodinamica di un filetto centrale di area σ vale quindi S = %σv 2 ,
questo lo sanno bene i pesci che, con un doppio colpo di coda, generano una
coppia di vortici e ricevono di conseguenza una forte spinta uguale e contraria ad
S.
94
E. Buffoni Idrodinamica
§ 9. - Il dipolo idrodinamico.
Il dipolo o doppietta è costituito da una coppia sorgente-pozzo
posti a distanza infinitesima.
Il potenziale complesso della coppia, con la sorgente posta sull’asse delle ascisse a distanza finita −a ed il pozzo in a, risulta essere
come nel §7:
w=
Q
{ln(z + a) − ln(z − a)} .
2π
Ci proponiamo di far tendere a zero a e per questo moltiplichiamo il
numeratore ed il denominatore del secondo membro per a:
Qa
w=
2π
(
)
ln(z + a) − ln(z − a)
.
a
Il potenziale complesso del dipolo sarà dato quindi dal limite:
Qa
w = lim
a→0 2π
(
)
ln(z + a) − ln(z − a)
.
a
Abbiamo quindi il prodotto di due limiti:
)
(
Qa
ln(z + a) − ln(z − a)
w = lim
lim
.
a→0 2π a→0
a
Nel primo, per non avere la soluzione banale nulla, ipotizziamo
che, nel passaggio al limite Q vari opportunamente in modo da avere
un valore finito:
lim
a→0
Qa
= m.
2π
Invece il secondo rappresenta il limite del rapporto incrementale, pertanto non è altro che la derivata del logaritmo, pari a 1/z, quindi in
definitiva il potenziale cercato risulta:
w=
m
z
(13)
Cap. VII Il metodo delle singolarità idrodinamiche
95
dove m viene indicato come intensità del dipolo o doppietta.
Per determinare le linee equipotenziali e di flusso moltiplichiamo
ambo i membri della precedente per il complesso coniugato z ∗ , ossia:
w=
mz ∗
zz ∗
quindi:
w=
m(x − iy)
mx
my
= 2
−i 2
2
2
2
x +y
x +y
x + y2
pertanto abbiamo:
ϕ=m
x2
ψ = −m
x
+ y2
x2
y
+ y2
Ogni linea di corrente deve avere un valore costante della ψ, quindi
poniamo ψ = −m/2C, dove C è appunto una costante:
ψ=−
m
y
= −m 2
2C
x + y2
da cui:
x2 + y 2 − 2Cy = 0
ed aggiungendo ad ambo i membri C 2
x2 + y 2 − 2Cy + C 2 = C 2
otteniamo in definitiva:
x2 + (y − C)2 = C 2
che rappresenta un insieme di circonferenze di raggio C tutte passanti
per l’origine con i centri disposti sull’asse delle ordinate.
96
E. Buffoni Idrodinamica
Figura 7: Il dipolo idrodinamico.
Ripetendo il ragionamento per le linee equipotenziali troviamo
che anch’esse sono delle circonferenze ortogonali alle precedenti con
i centri sull’asse delle ascisse.
Nel caso di un particolare valore dell’intensità del dipolo m = U a2
avremo:
ψ = −U
a2 y
,
x2 + y 2
(14)
che rappresenta, rispetto da un osservatore fisso, le linee di corrente
indotte da un cilindro di raggio a che si muove in acqua ferma con
velocità uniforme −U .
§ 10. - Il moto attorno ad un cilindro.
Se uniamo il moto del dipolo di intensità m = U a2 con un moto uniforme otteniamo la rappresentazione del flusso attorno ad un
cilindro di raggio a. Infatti il potenziale complesso risulta essere:
w = Uz + U
a2
.
z
(15)
Cap. VII Il metodo delle singolarità idrodinamiche
97
Moltiplicando il secondo termine del secondo membro per il complesso coniugato z ∗ e raccogliendo i termini otteniamo infine:
Ã
!
Ã
!
a2
a2
w = U 1 + 2 x + iU 1 − 2 y,
r
r
quindi abbiamo la funzione potenziale e di corrente:
Ã
!
a2
ϕ=U 1+ 2 x
r
Ã
(16)
!
a2
ψ = U 1 − 2 y.
r
(17)
Un particolare valore della costante da dare alla funzione ψ per ottenere una linea di corrente ψ = cost. è ψ = 0. La precedente i
annulla per y = 0, quindi l’asse delle ascisse risulta una linea di flusso, ma lo è anche il cilindro di raggio a perché per r = a abbiamo un
altro zero della funzione di corrente.
Tutte le altre linee di flusso, che hanno un valore della costante
diverso da zero, avvolgeranno il cilindro dato che le linee di corrente
non si possono intersecare. Le linee equipotenziali saranno invece ad
esse ortogonali per formare il reticolo idrodinamico.
Le velocità si ottengono al solito derivando il potenziale complesso:
U a2
U a2 −i2θ
U =U− 2 =U− 2 e
z
r
∗
e tenendo conto della formula di Euler arriviamo infine alla velocità
complessa:
U =U −U
a2
a2
cos
2θ
−
iU
sin 2θ
r2
r2
dove la parte reale indica la componente u mentre quella immaginaria
la v. Esaminiamo ora le velocità sulla superficie del cilindro, notiamo
che entrambe le componenti sono nulle nei punti A (θ = π) e B(θ =
0), detti per questo punti di ristagno, mentre la u raggiunge il valore
98
E. Buffoni Idrodinamica
massimo, pari a 2U , alla spalla, cioè nei punti C e D dove θ = π/2 e
θ = 3/2π.
L’andamento delle pressioni sulla superficie si ricava tramite il
teorema del Bernoulli: infatti se H è il carico totale lontano dal
cilindro, nella zona indisturbata, abbiamo:
U2
p
=H−
,
γ
2g
nei due punti di ristagno abbiamo invece p/γ = H perché si annulla
in carico cinetico, mentre alla spalla, con la velocità massima pari a
2U otteniamo:
p
U2
=H −4 .
γ
2g
Rappresentando i carichi notiamo che si forma un’onda simmetrica con due creste ai punti di ristagno ed un cavo piú pronunciato
sull’asse.
Ora se integriamo tutte le pressioni p agenti sul cilindro possiamo
ottenere la forza R che il fluido trasmette al cilindro e viceversa,
cioè la resistenza al moto incontrata dal corpo quando si muove in
un fluido fermo. Però per la simmetria delle velocità e quindi delle
pressioni questo integrale risulta nullo:
R=
Z 2π
0
padθ = 0.
Quindi in un fluido perfetto non esistono forze, cioè resistenze
al moto, il discorso risulta generale, vale per tutti i corpi e prende
il nome di paradosso di D’Alembert perché formulato per la prima
volta proprio dall’enciclopedista francese.
Le resistenze, come vedremo, esistono nel fluido reale e sono
dovute al distacco delle scie vorticose a valle dei corpi. Se infatti
misuriamo il carico effettivo esistente sulla superficie del cilindro lo
troviamo fino alla spalla coincidente con quello teorico, procedendo
verso poppa invece notiamo dei carichi piú bassi e non esiste la simmetria, in coda abbiamo un carico minore che a monte ed è proprio
questa differenza che genera una forza contraria al moto.
Cap. VII Il metodo delle singolarità idrodinamiche
99
§ 11. - La circolazione attorno ad un cilindro.
Come abbiamo visto il moto potenziale non può prevedere le resistenze, però è in grado di fornire l’espressione della portanza cioè
di una forza ortogonale alla direzione del flusso. Se infatti ammettiamo l’esistenza di una circuitazione Γ attorno al cilindro di raggio a,
abbiamo il potenziale complesso:
w = Uz +
U a2
Γ
− i ln z,
z
2π
che opportunamente sviluppata in coordinate cilindriche r e θ fornisce
la funzione potenziale ϕ e di corrente ψ:
Ã
!
a2
Γ
ϕ = U r 1 + 2 cos θ +
θ
r
2π
Ã
(18)
!
a2
Γ
ψ = U r 1 − 2 sin θ −
ln r.
r
2π
(19)
Quest’ultime coincidono con le (17) e (18) del papragrafo precedente quando la circuitazione è nulla. Infatti in questo caso abbiamo
la simmetria del campo di moto, mentre la circuitazione con la sue
velocità indotte:
v=
Γ
2πr
porta ad una asimmetria tra le parti superiore ed inferiore. Per il teorema di Bernoulli quindi dove esiste una minor velocità avremo una
maggior pressione e viceversa. Ne nascerà quindi una forza trasversale al moto detta portanza. Kutta e Joukowsky hanno dimostrato
in un celebre teorema che la portanza P risulta pari a4 :
P = −%ΓU.
4
(20)
Il fenomeno è anche conosciuto come effetto Magnus, qundo si mette in rotazione un cilindro si ottiene una forza trsversale al flusso, questo portò ad una
strana applicazione: la rotonave che al posto delle vele aveva dei cilindri verticali
posti in rotazione
100
E. Buffoni Idrodinamica
In figura notiamo che per:
1) Γ = 0 abbiamo la simmetria;
2) Γ = 2πaU i punti di ristagno si spostano, nasce una portanza;
3) Γ = 4πaU i punti di ristagno coincidono in sommitá;
4) Γ = 6πaU si ha una zona di circolazione che non partecipa al
flusso.
Le ali degli aerei funzionano con lo stesso principio, la forma particolare del loro profilo provoca una maggior velocità all’estradosso
che non nella parte inferiore, nasce una differenza di pressione ed una
forza verso l’alto, detta appunto portanza, che sostiene l’aeromobile.
Il ghiaccio sulle ali non le appesantisce ma turba il delicato meccanismo visto in precedenza e può provocare un disastroso annullamento
della portanza.
§ 12. - Il flusso attorno ai corpi affusolati.
Se abbiamo un corpo affusolato con simmetria assiale, possiamo
rappresentarne il flusso utilizzando, invece di un’unica coppia sorgente pozzo, un numero infinito di esse distribuite opportunamente
sull’asse in modo da ottenere, con le sorgenti, un flusso divergente a
prua per poi farlo convergere a poppa mediante la distribuzione dei
pozzi.
Detta q = q(x0 )[m2 /s.] la portata per unitá di lunghezza distribuita dalle sorgenti o assorbita dai pozzi, funzione della sola ascissa x0 , dobbiamo avere la condizione che tutta la portata uscita dalle
sorgenti si riversa nei pozzi:
Z L
0
q(x0 )dx0 = 0
(21)
dove x0 indica la posizione della sorgente da cui scaturisce, o viene
assorbita, la portata elementare dQ = q(x0 )dx0 . Quindi la funzione
q(x0 ) sarà positiva o negativa a seconda se ci troviamo nella zona delle
sorgenti od in quella dei pozzi. Il potenziale complesso sará allora:
dw =
q(x0 )
ln(z − x0 )dx0
2π
Cap. VII Il metodo delle singolarità idrodinamiche
Figura 8: Il moto con circuitazione attorno ad un cilindro.
101
102
E. Buffoni Idrodinamica
e quindi possiamo scrivere il potenziale complesso del flusso composto
dal moto uniforme e la distribuzione delle sorgenti:
w = Uz +
Z L
q(x0 )
2π
0
ln(z − x0 )dx0
ponendo z = z − x0 , la parte immaginaria del potenziale complesso,
cioé la ψ diviene allora:
ψ = Uy +
Z L
q(x0 )
2π
0
θdx0
ma essendo:
θ = tan−1
y
x − x0
otteniamo in definitiva:
ψ = Uy +
Z L
q(x0 )
0
2π
tan−1
y
dx0 .
x − x0
Il profilo del corpo è una linea di corrente che passa per i punti di
stazionarietà, quindi vale ψ = 0, pertanto abbiamo l’equazione:
Z L
q(x0 )
y
dx0 = 0.
(22)
2π
x − x0
0
Da questa potremmo ottenere, almeno in via teorica, la funzione di
distribuzione q(x0 ) una volta nota la forma del corpo attraverso la
funzione y = f (x).
La precedente equazione integrale però non è semplice da risolvere, quindi spesso si passa al problema indiretto od inverso, cioè una
volta ipotizzata la funzione q(x0 ), si tratta di trovare, per tentativi,
il contorno del corpo y = f (x) che soddisfi l’equazione precedente.
Questo metodo fu ideato da Rankine e successivamente applicato
largamente da Fuhrmann che determinò le forme corrispondenti a
vari distribuzioni. Si tratta di solidi cosiddetti penetranti perché
presentano un basso coefficiente di resistanza, dell’ordine di 0,05,
Uy +
tan−1
Cap. VII Il metodo delle singolarità idrodinamiche
103
quindi molto piú basso di quello di un cilindro di ugual dimensione
trasversale, che come sappiamo, è dell’ordine dell’unità.
Tutto questo trova una logica spiegazione dall’ampia dimensione
della scia che si distacca da un corpo tozzo, come il cilindro, mentre
i solidi di Fuhrmann presentano una scia molto contenuta con delle
conseguenti modeste resistenze dovute alle depressioni di poppa.
§ 13. - Le scie di Helmholtz.
Helmholtz introdusse le scie a valle dei corpi per eliminare il
paradosso di D’Alembert.
Se specialmente il corpo presenta degli spigoli vivi la forza centrifuga per le particelle che vi transitano vicino diventa molto grande
a causa del piccolo raggio di curvatura, quindi Helmholtz ipotizzò
il distacco della corrente e la conseguente formazione di una regione
di fluido fermo, che fu chiamata appunto scia di Helmholtz. In realtà la scia non è affatto in quiete, ma si presenta molto vorticosa,
la determinazione della sua forma risulta molto complicata, tuttavia
basta supporne l’esistenza per giustificare le forze che si oppongono
al moto.
Consideriamo infatti un corpo tozzo come una pila di ponte medievale, a monte abbiamo tutta l’energia specifica totale della corrente per l’arresto dei filetti nel punto di ristagno, mentre a valle, a
causa della turbolenza nella scia troviamo una perdita di carico pari
a 2U 2 /2g, la differenza tra le pressioni di monte e di valle risulta
quindi:
∆p = 2γ
U2
,
2g
che da luogo alla una forza R esercitata dal fluido sulla pila di
dimensione trasversale d:
R = 2dγ
U2
,
2g
confrontando quest’ultima con la relazione che ci fornisce la resistenza
di una corpo:
104
E. Buffoni Idrodinamica
R = Cx dγ
U2
,
2g
abbiamo la giustificazione che i corpi tozzi, con spigoli vivi presentano
proprio un coefficiente di resistenza sperimentale pari a 2. Quindi,
ripetiamo che basta supporre la presenza della scia vorticosa che, con
le perdite di carico porta ad una resistenza reale.
Per il cilindro di diametro d il comportamento è analogo salvo
avere una perdita di carico inferiore per l’assenza di spigoli vivi.
Abbiamo infatti una perdita pari solo a U 2 /2g, quindi avremo:
∆p = γ
U2
,
2g
R = dγ
U2
,
2g
ed infine:
per cui il Cx risulta, come ordine di grandezza, pari all’unitá (Cx =
1, 3).
Figura 9: A valle di un cilindro si forma una larga scia.
Nei solidi penetranti invece la corrente viene accompagnata con gradualità verso la coda in modo da non avere distacchi, infatti sono
quest’ultimi i responsabili della depressione che si genera a valle.
Cap. VII Il metodo delle singolarità idrodinamiche
105
Figura 10: La scia sottile a valle di un corpo penetrante (Cx = 0, 05).
La questione è analoga ai moti interni, per esempio in un venturimetro, dove nella parte convergente non si possono avere distacchi, come a prua, mentre la parte divergenze è costituita di solito da
un divergente molto ampio (< 10o ) in modo da rendere minima la
perdita di carico.
Tutto ciò per i fluidi a bassa viscosità, quindi in moto turbolento,
per gli oli invece in moto laminare, sono le tensioni tangenziali le responsabili della resistenza. L’integrale di queste sarà tanto maggiore
quanto lo è la superficie laterale del corpo, ne consegue che i corpi
affusolati presentano una maggior resistenza di quelli tozzi ma con
minor superficie laterale di contatto. Se infatti eseguiamo un esperienza con una sferetta ed un corpo affusolato dello stesso diametro,
con una forma simile da una goccia, se li facciamo cadere in un fluido molto viscoso, notiamo che la sfera risulta piú veloce del corpo
allungato e raggiunge per prima il fondo del recipiente.
§ 14. - L’apparato sperimentale di Hele-Shaw.
Questo apparato, che consiste in due pareti di vetro molto vicine
(2mm), dove l’acqua vi scorre in moto laminare, consente di visualizzare le linee di corrente di un moto potenziale piano.
Abbiamo infatti visto, nel capitolo IV, che il profilo di velocità
nel moto laminare tra due lastre piane, distanti 2h è parabolico:
u(z) =
1 dp 2
(h − z 2 ).
2µ dx
106
E. Buffoni Idrodinamica
Figura 11: L’apparato sperimentale di Hele-Shaw.
Nel piano mediano, al centro tra le due lastre, cioè per z = 0, la
velocità risulta proporzionale al gradiente di pressione:
u=
h2 dp
,
2µ dx
poniamo ora la costante k = h2 /2µ ed introducendo le due componenti del moto piano la u e la v possiamo scrivere:
u=k
v=k
∂p
∂x
∂p
,
∂y
dove le derivate parziali debbono essere necessariamente introdotte
perché la componente u risulta eseguita per y costante, mentre v viene
calcolata con x costante. Esse soddisfano l’equazione di continuità
per il moto piano:
∂u ∂v
+
=0
∂x ∂y
Cap. VII Il metodo delle singolarità idrodinamiche
107
e dato che k è una costante, otteneniamo in definitiva l’equazione di
Laplace:
∂2p ∂ 2p
+
= 0.
∂x2 ∂y 2
Quindi questo significa che sul piano mediano si instaura un moto
potenziale piano stazionario, moto che soddisfa appunto l’equazione
di Laplace e la funzione kp(x, y) può essere considerata come una
funzione di corrente.
Pertanto se tra le due lastre viene introdotta la sagoma di un
corpo, mediante dei tubicini che immettono dei filamenti di inchiostro
colorato, si possono visualizzare le linee di corrente attorno al corpo
stesso.
§ 15. - Il metodo delle immagini.
Supponiamo di avere due sorgenti o due pozzi situati sull’asse
della ascisse rispettivamente in a e −a. Se Q è la loro intensità
abbiamo il potenziale complesso:
w=
Q
{ln(z + a) + ln(z − a)}
2π
ponendo z1 = z + a e z2 = z − a, possiamo scrivere:
w=
Q
ln z1 z2
2π
e quindi posiamo ottenere le funzioni potenziale e di corrente:
ϕ=
ψ=
ossia:
Q
ln r1 r2
2π
Q
(θ1 + θ2 )
2π
108
E. Buffoni Idrodinamica
·
¸
Q
y
y
ψ=
tan−1
+ tan−1
.
2π
a+x
a−x
Tra tutte le linee poniamo l’attenzione sull’asse y, esso divide il
campo in due parti totalmente indipendenti, due flussi separati.
Questo da luogo al metodo delle immagini, infatti per una sorgente od un pozzo posti ai margini di un acquifero, l’influenza di
questo margine, di questa frontiera viene simulata con una sorgente
immagine od un pozzo immagine virtuale.
Lo stesso accade per i vortici, se in vortice si trova vicino al confine del campo di moto risentirà della velocità indotta dal vortice
immagine e sarà costretto a traslare parallelamente alla frontiera.
§ 16. - Le forze idrodinamiche tra sorgenti e pozzi.
Per come è formato il campo di moto due sorgenti si respingono
mentre due pozzi si attraggono.
Se abbiamo infatti due zattere su di un lago e, da entrambe, per
mezzo di un tubo profondo, forato lateralmente, viene aspirata una
portata Q, esse si avvicinano, invece se la portata viene immessa nel
lago sono costrette ad allontanarsi. Quindi ci domandiamo quale sia
l’entità di queste forze.
Nel moto stazionario la forze sono dovute alle quantità di moto
mv riferite allunità di tempo, cioè %Qv.
Ora nel caso di una sorgente isolata nessuna forza può agire su si
essa, ma se viene investita, per esempio da un flusso uniforme U la
quantità di moto varia di %QU e sulla sorgente agisce una forza di
tal modulo in direzione e verso di U .
Se invece abbiamo due sorgenti il modulo della forza risulta:
f = %Q1 v
dove v è la velocità indotta dalla seconda sorgente posta a distanza
r:
Q2
v=
.
2πr
Cap. VII Il metodo delle singolarità idrodinamiche
109
Quindi in definitiva il modulo della forza diviene:
f=
% Q1 Q2
.
2π r
ed agirà nella stessa direzione di r.
Questo per il moto piano, nel caso tridimensionale invece la velocità indotta dalle seconda sorgente è data dal rapporto tra la portata
e la superficie della sfera di raggio r:
v=
Q2
.
4πr2
pertanto la forza risulta:
% Q1 Q2
(23)
4π r2
ed ha la stessa direzione della congiungente, di repulsione per le
sorgenti, di attrazione per i pozzi.
La precedente (24) risulta inoltre analoga alla legge di Coulomb
per l’elettrostatica ed alla legge di gravitazione universale di Newton,
anche se si comprende che la natura di tali forze è molto diversa. Si
ha infatti a che fare con forze elettrostatiche in un caso e con quelle
gravitazionali nell’altro.
Tuttavia, eseguendo i calcoli in un certo modo, si può avere una
curiosità.
f=
Note curiose.
a) La gravitazione universale.
Se due zone dello spazio accumulano materia per un tempo t come due pozzi
idrodinamici di intensità Q1 e Q2 , abbiamo alla fine due masse m1 = %Q1 t e
m2 = %Q2 t. Se ricaviamo da queste le portate Q1 e Q2 e le sostituiamo nella
(23) otteniamo proprio la legge di gravitazione universale di Newton:
f =G
m1 m2
r2
dove adesso la costante di gravitazione vale: G = 1/4π%t2 . Ora se introduciamo nella precedente un valore della densità dello spazio pari a circa 7 atomi di
idrogeno per m3 : (% = 1.2 · 10−26 [Kg/m3 ]: densità degli spazi interstellari) ed un
110
E. Buffoni Idrodinamica
tempo di accumulazione pari a quello che ci separa dal big-bang, cioè dell’ordine di
10 miliardi di anni, otteniamo un valore di G = 6.67 · 10−11 [N m2 /Kg 2 ] cioè quasi
il valore, accertato sperimentalmente, della costante di gravitazione universale
(6.6732 · 10−11 ).
Questo è un fatto interessantissimo perché implica che la costate G dipenda
dal tempo. Nei primi istanti, dopo il big-bang, doveva avere un valore molto
elevato, infatti c’era moltissima energia, ma con quasi assenza di materia e quindi
un bassissimo valore di %.
Inoltre la precedente espressione di G potrebbe spiegare il fenomeno cosiddetto della massa mancante perché in certe zone % sarebbe piú bassa e di conseguenza
avremmo un valore maggiore di G. Le forze di attrazione maggiormente intense
non sarebbero quindi dovute ad una fantomatica massa invisibile ma semplicemente ad un valore localmente elevato di G che evidentemente non sarebbe piú
una costante. La massa invisibile costituirebbe quindi un falso problema.
b) Uno strano fluido.
Lo spazio fisico costituisce un continuo quindi si può assimilare ad un fluido
perfetto con una densità evanescente. Infatti quest’ultima risulta % = kT /c2 dove
k rappresenta la costante di Boltzmann e c la velocità della luce. Per T = 3 gradi
assoluti abbiamo % = 4.6 · 10−40 [Kg/m3 ].
Ora le equazioni di Euler, in assenza di gradienti si riducono a:
uj
∂ui
∂ui
+
= 0.
∂xj
∂t
Se adesso ammettiamo l’isotropia con uj = U e deriviamo le precedenti prima
rispetto a xj e poi rispetto al tempo, dato che valgono le condizioni sull’invertibilità dell’ordine di derivazione, dall’uguaglianza delle derivate miste otteniamo
l’equazione di D’Alembert:
U2
∂ 2 ui
∂ 2 ui
=
∂xj ∂xj
∂t2
dalla quale, com’è noto, si ricava l’equazione d’onda della meccanica quantistica. Quindi abbiamo delle onde che si propagano all velocità U , però la loro
lunghezza è limitata inferioremente dalla relazione di De Broglie: λ = h/mU .
Notiamo che h/m ha le dimensioni: [L2 T −1 ], cioè di una viscosità cinematica.
Siamo quindi in presenza di uno strano fluido che si comporta come nel moto
turbolento seguendo le equazioni di Euler e la legge di De Broglie.
Lo spazio fisico, che possiede una viscosità dinamica, riferita all’unità di
volume, pari ad h, come si può constatare facilmente, sembra quindi essere non
il palcoscenico degli eventi, ma il protagonista.
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