Effetto dell`antagonismo farmacologico dei recettori per gli

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Prospettive
Recenti Prog Med 2011; 102: 75-81
Effetto dell’antagonismo farmacologico
dei recettori per gli endocannabinoidi sull’equilibrio idrosodico
nella cirrosi epatica.
Prospettive terapeutiche
Giancarlo Montanari, Luca Santi, Ferdinando Giannone, Mario Luca Morieri, Marco Domenicali,
Paolo Caraceni, Mauro Bernardi
Riassunto. Gli endocannabinoidi sono sostanze endogene implicate in una molteplicità di processi fisiologici e fisiopatologici del nostro organismo. Recentemente, è stato dimostrato un loro ruolo nella patogenesi della fibrosi
epatica e di alcune complicanze della cirrosi. La modulazione farmacologica del sistema degli endocannabinoidi
rappresenta un potenziale obiettivo della terapia delle epatopatie.
Summary. Effect of the pharmacological antagonism of the endocannabinoid receptors on the sodium balance in liver cirrhosis.
Parole chiave. Antagonismo del recettore CB1, ascite, cirrosi epatica, endocannabinoidi, ipertensione portale.
Key words. Ascites, CB1 receptor antagonism, endocannabinoids, liver cirrhosis, portal hypertension.
Gli endocannabinoidi: aspetti generali
Tuttavia, appare plausibile che alcuni effetti
siano mediati da recettori non ancora identificati1.
Accanto alla più conosciuta azione in molte attività neuropsicologiche (tono dell’umore, nocicezione, memoria, regolazione motoria, senso di sazietà),
gli EC intervengono in una moltitudine di processi
fisiologici e fisiopatologici implicati nella regolazione del metabolismo periferico, della funzione cardiovascolare, dell’apparato gastrointestinale, della
risposta immunitaria ed infiammatoria e della proliferazione cellulare1. I principali effetti degli EC sono riassunti nella tabella 1 (alla pagina seguente).
Più recentemente, sono state isolate altre molecole, tra cui la N-palmitoiletanolamide (PEA) e la Noleoiletanolamide (OEA), che hanno in comune con
gli EC classici le principali vie biosintetiche e degradative, ma non interagiscono con i recettori specifici CB1 e CB2. Appare plausibile che le ricerche
dei prossimi anni porteranno sia all’identificazione
di nuovi EC e molecole ad attività EC-simile, sia ad
una migliore caratterizzazione delle loro funzioni2.
Il primo passo nella identificazione degli endocannabinoidi (EC) fu compiuto nel 1964 quando venne identificato il ∆9-tetraidrocannabinolo (THC), il
principale componente psicoattivo della Cannabis
sativa, pianta conosciuta da millenni per le sue
proprietà psicoattive ed euforizzanti. Mediante
l’analisi dei recettori dei circa 60 fitocannabinoidi
successivamente isolati nella Cannabis sativa, si è
poi giunti alla scoperta degli EC, sostanze lipidiche derivate dall´acido arachidonico normalmente
presenti nell´organismo ed in grado di mimare le
attività del THC1.
Il primo EC ad essere identificato è stato lo Narchidonoiletanolamina o anandamide (AEA) (dal
sanscrito “beatitudine”) seguito dal 2-acylglicerolo
(2-AG). Entrambe queste sostanze sono estremamente lipofile e si comportano come autacoidi con
azioni autocrine o paracrine. La loro azione è mediata principalmente dal legame con i recettori specifici CB1 e CB2, proteine transmembrana accoppiate a una proteina G. Il recettore CB1 è localizzato principalmente a livello del sistema nervoso
centrale e periferico, mentre il CB2 a livello delle
cellule del sistema immunitario; entrambi i recettori sono anche presenti, a concentrazioni inferiori,
nella maggioranza dei tessuti ed organi periferici.
L’AEA si lega anche al Transient Receptor Potential Vanilloid 1 (TRPV1) o recettore vanilloide (VR),
localizzato prevalentemente a livello vascolare.
The endocannabinoids are endogenous mediators implicated in many physiologic and pathophysiologic processes. It has been recently shown that they contribute to the
pathogenesis of liver fibrosis and hemodynamic alterations
of cirrhosis. The pharmacological modulation of the endocannnabinoid system represents a potential target for the
treatment of liver diseases.
Gli endocannabinoidi ed il fegato
Sebbene sia gli epatociti sia le cellule non parenchimali (cellule di Kupffer, cellule di Ito e miofibroblasti) siano in grado di produrre EC in vitro,
l’espressione dei recettori CB1 e CB2 nel fegato è,
in condizioni fisiologiche, molto bassa o addirittura assente.
Dipartimento di Medicina Clinica, U.O. Semeiotica Medica, Alma Mater Studiorum Università di Bologna.
Pervenuto il 10 febbraio 2010.
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Recenti Progressi in Medicina, 102 (2), febbraio 2011
re da una descrizione, seppur succinta, delle turbe
emodinamiche proprie delSede
Azione su
la cirrosi. Queste coinvolSistema nervoso centrale tono dell’umore
gono sia la circolazione arteriosa sistemica, che va
cognizione e memoria
incontro a vasodilatazione
funzione motoria, postura ed equilibrio
periferica prevalentemente
a livello splancnico, sia il
regolazione termica e neuroendocrina
distretto venoso, che risulta essere, sempre a livello
nocicezione
splancnico, abnormemente
nausea e vomito
dilatato a causa dell’ipertensione portale. Tale siappetito
tuazione induce una condiSistema immunitario
proliferazione linfociti B, T, NK
zione di ridotta volemia efficace, intesa come la quomigrazione ed adesione di macrofagi e mastociti
ta (non misurabile) del voswitching anticorpale delle cellule B
lume ematico in grado di
perfondere adeguatamente
Apparato cardiovascolare contrattilità cardiaca e pressione arteriosa negli stati ipotensivi
gli organi, che si crea per lo
infiammazione vascolare
squilibrio tra la capacitanza del territorio vascolare
Apparato gastrointestinale transito intestinale
ed il volume ematico totasecrezione e dolore nelle malattie infiammatorie
le, nonostante questo sia di
regola espanso. L’ipovoleMetabolismo
bilancio energetico
mia efficace determina, inmetabolismo del tessuto adiposo
fatti, l’attivazione compensatoria di sistemi neuro-orinsulino-resistenza
monali ad azione vasocostrittrice ed in grado di
Apparato riproduttivo
motilità, capacitazione e reazione acrosomiale (spermatogenesi)
promuovere ritenzione reCellule tumorali
arresto ciclo cellulare, apoptosi e inibizione della crescita
nale di sodio ed acqua,
quali il sistema reninaangiotensina-aldosterone,
il sistema nervoso simpatico e la secrezione di orTuttavia, nell’ultimo decennio, evidenze sperimone antidiuretico4.
mentali ed osservazioni cliniche hanno chiaraClinicamente, tali eventi si manifestano con la
mente documentato l’attivazione del sistema degli
comparsa di una sindrome circolatoria iperdinaEC nel corso di epatopatie acute e croniche, quali
mica, caratterizzata da tachicardia sinusale e presla steatoepatite alcolica e non alcolica, l’epatite
sione arteriosa tendenzialmente ridotta con ampia
HCV-relata, il danno da ischemia-riperfusione
differenziale, espressione della riduzione delle recomplicato o meno da endotossinemia. Per quanto
sistenze vascolari periferiche e dell’aumento comriguarda la cirrosi, il sistema degli EC è implicato
pensatorio della gittata cardiaca4.
sia nella progressione della fibrosi epatica, sia nelI meccanismi responsabili della vasodilataziola patogenesi di complicanze della malattia conne arteriosa non sono stati definitivamente chiariclamata, come l’ipertensione portale, la sindrome
ti, ma è certo che un ruolo di fondamentale imporcircolatoria iperdinamica, la ritenzione idrosalina
tanza sia svolto dall’aumentata produzione di soe l’ascite, la cardiomiopatia cirrotica e l’encefalostanze ad azione vasodilatatrice, quali l’ossido nipatia epatica. Lo sviluppo di molecole in grado di
trico (NO), il monossido di carbonio, la prostaciclimodulare farmacologicamente il sistema degli EC
na e, come vedremo, gli EC. Tali molecole condiappare, pertanto, un’area di potenziale interesse
zionano una ridotta reattività vascolare agli stinella terapia delle malattie di fegato3.
moli vasocostrittori ed un’esaltazione dello “shearstress” vascolare5.
La ritenzione idrosalina nella cirrosi epatica
Se la vasodilatazione arteriolare rappresenta il
principale fattore nella patogenesi della sindome
circolatoria iperdinamica, alcune osservazioni inI pazienti con cirrosi epatica presentano ritendicano, tuttavia, che anche l’ “intrappolamento” di
zione renale di sodio ed acqua, cui consegue un biuna parte del volume ematico nel distretto venoso
lancio positivo di fluidi che, una volta espanso il vosplancnico (“pooling” venoso) a causa dell’ipertenlume ematico, vanno accumulandosi, nelle fasi
sione portale possa contribuire alla genesi delavanzate di malattia, sotto forma di ascite ed edemi.
l’ipovolemia efficace, specie negli stadi precoci delPer meglio comprendere le alterazioni della malattia6.
l’equilibrio idrosalino, non è possibile prescindeTabella 1. Principali azioni degli endocannabinoidi.
G. Montanari et al.: Effetto dell’antagonismo farmacologico dei recettori per gli endocannabinoidi sull’equilibrio idrosodico nella cirrosi epatica.
A livello renale, i meccanismi della sodioritenzione variano con il progredire della storia naturale della malattia. Nelle fasi iniziali, quando la perfusione
renale è sostanzialmente conservata, l’aldosterone
rappresenta il principale mediatore; tuttavia, anche
noradrenalina, angiotensina, endoteline ed ormone
antidiuretico, i cui livelli plasmatici risultano elevati in questi pazienti, possono esercitare un effetto diretto a livello dei tubuli renali. Con il progredire della malattia e l’aggravarsi della condizione di ipovolemia efficace, l’elemento che più di altri può condizionare il metabolismo tubulare del sodio è rappresentato dalla progressiva compromissione della perfusione renale. In queste circostanze, accanto alla sodioritenzione distale aldosterone-dipendente, assume importanza sempre maggiore il riassorbimento
di sodio da parte del nefrone prossimale, che può divenire il sito prevalente della ritenzione7.
Gli endocannabinoidi
e le alterazioni dell’equilibrio idrosalino
nella cirrosi epatica
Nell’ultimo decennio, una serie di evidenze sperimentali ha progressivamente documentato che il
sistema degli EC può contribuire alla genesi delle
alterazioni dell’equilibrio idrosalino agendo sui
principali eventi emodinamici che ne rappresentano il substrato patogenetico: l’ipertensione portale
e la sindrome circolatoria iperdinamica.
ENDOCANNABINOIDI ED IPERTENSIONE PORTALE
La cirrosi epatica si associa invariabilmente allo sviluppo di ipertensione portale, che causa la formazione delle varici gastroesofagee, la cui rottura
rappresenta una delle complicanze più gravi della
malattia, e contribuisce allo sviluppo di ascite, sindrome epatorenale ed encefalopatia epatica.
L’ipertensione portale risulta dall’aumento delle resistenze vascolari intraepatiche e, per una
quota minore, del flusso ematico nella vena porta.
Mentre quest’ultimo evento è legato all’iperafflusso splancnico secondario alla vasodilatazione arteriosa (vedi oltre), due fattori concorrono all’aumento delle resistenze vascolari intraepatiche: una
componente strutturale, conseguente alla distorsione dell’architettura del fegato per lo sviluppo
della fibrosi e dei noduli rigenerativi, ed una componente dinamica, che dipende dallo squilibrio tra
sostanze vasocostrittrici e vasodilatatrici a livello
locale e contribuisce per circa il 20-30%. Il sistema
degli EC è in grado di influenzare tutte le componenti responsabili dell’ipertensione portale.
ENDOCANNABINOIDI E FIBROSI EPATICA
Tutte le malattie epatiche in grado di produrre un
danno epatico cronico possono attivare il processo
della fibrogenesi quale meccanismo di riparazione.
La persistenza dell’insulto, tuttavia, determina
la deposizione abnorme di matrice extracellulare
da parte dei miofibroblasti che progressivamente
sostituisce la componente parenchimale ed altera
l’architettura vascolare dell’organo.
Osservazioni cliniche e studi in modelli sperimentali animali hanno dimostrato che il sistema degli EC partecipa al complesso sistema che
regola l’attivazione delle cellule fibrogeniche e
l’accumulo di matrice extracellulare. Pazienti
con epatite C e consumo giornaliero di marijuana presentano uno stadio di fibrosi più avanzato rispetto ai pazienti non consumatori, e l’uso
giornaliero di marijuana rappresenta un fattore predittivo indipendente di progressione della
fibrosi8. Inoltre, l’espressione dei recettori CB1
e CB2 è marcatamente aumentata nella cirrosi
umana, particolarmente a livello dei setti fibrotici 9,10.
La modulazione sperimentale dei recettori CB1
e CB2 attraverso approcci genetici o farmacologici
ha permesso di ottenere importanti informazioni
sul ruolo del sistema degli EC nella fibrogenesi
epatica9,10. In modelli murini di danno epatico cronico indotto dalla somministrazione di tetracloruro di carbonio (CCl4) o di tioacetamide o per mezzo
della legatura del dotto biliare, è stata osservata
meno fibrosi nei topi non esprimenti CB1 così come
in quelli trattati con l’antagonista del CB1, rimonabant, rispetto agli animali di controllo9. Al contrario, topi non esprimenti i recettori CB2 presentano un importante incremento nella fibrosi in seguito ad esposizione a CCl4 rispetto agli animali di
controllo10.
Studi più recenti indicano che la modulazione
farmacologica del sistema degli EC è in grado di
prevenire la progressione della fibrosi non solo
quando la somministrazione del farmaco comincia
prima o in concomitanza dell’applicazione dello stimolo fibrogenico, ma anche quando il trattamento
viene iniziato dopo che lo stadio di cirrosi è stato
già raggiunto. Infatti, ratti con cirrosi indotta da
CCl4 trattati per 10-14 giorni con un’antagonista
del recettore CB1 o un’agonista del recettore CB2
presentano una parziale regressione della fibrosi
in confronto ai rispettivi controlli che hanno ricevuto il placebo11,12.
In sintesi, i recettori CB1 e CB2 esercitano un
effetto opposto: l’attivazione del CB1 ha un’azione
pro-fibrogenica, mentre quella del CB2 anti-fibrogenica, sebbene nelle malattie croniche di fegato
sembra prevalere l’effetto CB1 mediato.
ENDOCANNABINOIDI E RESISTENZE VASCOLARI INTRA-EPATICHE
Mentre appare ovvio che il rallentamento della
progressione o, addirittura, la regressione della fibrosi possa tradursi in una riduzione della pressione portale solo in tempi lunghi, la modulazione
della componente dinamica può avere sicuramente un effetto più rapido.
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Recenti Progressi in Medicina, 102 (2), febbraio 2011
A questo proposito, evidenze sperimentali indicano che l’AEA è in grado di provocare, in un modello di fegato cirrotico isolato e perfuso, un aumento dose-dipendente delle resistenze vascolari
intra-epatiche attraverso la stimolazione della sintesi di eicosannoidi ad azione vasocostrittrice13.
L’antagonismo farmacologico del recettore CB1,
anche in questo caso, sembra esercitare un effetto
protettivo14.
ENDOCANNABINOIDI E SINDROME CIRCOLATORIA IPERDINAMICA
All’inizio degli anni 2000, due studi sperimentali hanno documentato per la prima volta che il
sistema degli EC contribuisce alla riduzione delle
resistenze vascolari periferiche ed all’ipotensione
arteriosa, che caratterizzano la sindrome circolatoria iperdinamica propria della cirrosi epatica
avanzata15,16. Più precisamente, la somministrazione in ratti cirrotici dell’antagonista del recettore CB1, rimonabant, produce un incremento della
pressione arteriosa sistolica ed una riduzione del
flusso ematico nell’arteria mesenterica e della
pressione portale, mentre non si riscontrano effetti in seguito alla sua somministrazione in ratti di
controllo15. Inoltre, l’infusione di monociti isolati
da ratti cirrotici in ratti sani induce ipotensione arteriosa, che viene prevenuta quando gli animali riceventi sono pre-trattati con rimonabant; nessun
effetto ipotensivo si riscontra, al contrario, se si infondono cellule ematiche prelevate da ratti non cirrotici16. Entrambi gli studi, infine, dimostravano
un aumento della concentrazione di AEA nei monociti isolati dai ratti cirrotici rispetto a quella misurata nelle cellule isolate da ratti sani15,16.
Sulla base di questi risultati e sulla evidenza
che l’endotossina batterica costituisce uno dei principali stimoli per la sintesi di EC17, veniva formulata l’ipotesi che gli elevati livelli di endotossinemia, riscontrabili in corso di cirrosi epatica, inducano la sintesi di notevoli quantità di AEA da parte dei monociti e delle piastrine circolanti, causando vasodilatazione splancnica ed ipotensione arteriosa attraverso l’attivazione del recettore CB1.
Al fine di identificare i meccanismi cellulari alla base di tale vasodilatazione, Domenicali et al.
hanno utilizzato uno modello sperimentale in cui è
stata valutata la risposta vasomotoria delle arteriole di resistenza mesenteriche a livello delle quali viene regolato il flusso ematico nel distretto
splancnico18. L’AEA determina una vasodilatazione dose-dipendente, che risulta essere maggiore
nelle arteriole isolate da ratti cirrotici rispetto a
quelle isolate da ratti sani. Tale effetto vasodilatore non è influenzato dalla rimozione delle cellule
endoteliali o dal pre-trattamento con un inibitore
del NO, suggerendo che l’NO prodotto a livello endoteliale non costituisce un mediatore dell’azione
dell’AEA in tale contesto. Al contrario, il pre-trattamento con la capsaicina, una potente neurotossina in grado di inattivare la risposta delle terminazioni nervose perivascolari, inibisce completamen-
te la vasodilatazione indotta dall’AEA, indicando
come l’azione dell’AEA si esplichi a livello dell’avventizia del vaso, dove sono localizzate le fibre nervose, piuttosto che a livello endoteliale (figura 1).
A conferma di ciò, tecniche di immunofluorescenza
hanno permesso di evidenziare l’aumento dell’espressione del recettore CB1 nelle fibre nervose
perivascolari delle arteriole di resistenza mesenteriche in animali cirrotici18.
L’effetto vasodilatatore dell’AEA risulta essere
parzialmente inibito dal trattamento con il rimonabant (figura 2).
Figura 1. Curve logaritmiche del rilasciamento indotto dalla somministrazione a dosi crescenti di anandamide (AEA)
in arteriole mesenteriche pre-contratte con fenilefrina (10
µM) ed isolate da ratti cirrotici. Le arteriole sono state incubate con placebo (CH, n=7), con l’inibitore dell’ossido
nitrico L-NAME (100 µM, n=10), con capsaicina (CAPS 10
µM, n=8) o sono state denudate dell’endotelio (n=5).
p<0.001: CH+CAPS vs tutti gli altri gruppi.
Figura 2. Curve logaritmiche del rilasciamento indotto dalla somministrazione a dosi crescenti di anandamide (AEA)
in arteriole mesenteriche pre-contratte con fenilefrina (10
µM) ed isolate da ratti cirrotici. Le arteriole sono state incubate con placebo (CH, n=6), con rimonabant SR141716A
(SR 3 µM, n=6), capsazepina (CZ 5 µM, n=4) o con rimonabant SR141716A + capsazepina (CZ+SR, n=5). p<0.01: CH
vs CH+SR e CH vs CH+CZ+SR; p<0.05, CH vs CH+CZ.
G. Montanari et al.: Effetto dell’antagonismo farmacologico dei recettori per gli endocannabinoidi sull’equilibrio idrosodico nella cirrosi epatica.
Nelle fasi avanzate della cirrosi, l’eccesso di liquidi secondario alla ritenzione idrosodica si accumula preferenzialmente nella cavità addominale a
causa dell’ipertensione portale. La comparsa di
ascite rappresenta un evento fondamentale nella
storia naturale della malattia in quanto provoca
un netto peggioramento della prognosi e della qualità di vita del paziente.
Se l’antagonismo del recettore CB1 è in grado
di interferire con le principali turbe emodinamiche
nel contesto delle quali si instaura la ritenzione
idrosodica, è ipotizzabile che tale approccio possa
essere efficace nel prevenire le complicanze ad essa correlate, come il versamento ascitico.
La dimostrazione sperimentale di questa ipotesi è stata fornita recentemente da uno studio del
nostro gruppo in un modello animale di cirrosi epatica indotta da CCl4 in fase pre-ascitica12. Tale fase
della storia naturale della malattia è stata identificata attraverso l’utilizzo di un test di sovraccarico salino, sviluppato nel nostro laboratorio, che consiste nel quantificare la percentuale di sodio escreta nelle urine durante le 8 ore successive ad un carico salino somministrato per os. Quando tale percentuale scende al di sotto del 60%, circa il 90% dei
ratti sviluppa ascite nelle 3 settimane successive19.
Una volta che il test risultava positivo per due
settimane consecutive, i ratti sono stati randomizzati a ricevere rimonabant alla dose di 10 oppure 3
mg/kg/die, oppure il solo placebo (controlli) per 14
giorni. L’apporto e l’escrezione di sodio sono stati misurati quotidianamente, mentre, al termine delle
due settimane di trattamento, gli animali sono stati sottoposti ad uno studio invasivo dell’emodinamica sistemica e renale e poi sacrificati per valutare il
volume dell’ascite ed il grado di fibrosi epatica.
I dati ottenuti hanno dimostrato che l’antagonismo farmacologico del recettore CB1 in maniera
dose-dipendente riduce l’incidenza e l’entità dello
scompenso ascitico dopo due settimane di trattamento (figura 3). Tale risultato si associava ad un
significativo miglioramento del bilancio giornaliero del sodio, conseguente, in particolare, ad un aumento della sodiuria.
100
80
Presenza di ascite al sacrifico
(%)
ENDOCANNABINOIDI E RITENZIONE IDROSALINA
P = 0.001
P = 0.149
9/10
P = 0.093
60
6/11
40
20
1/10
0
Placebo
SR 3
SR 10
(n=10)
(n=11)
(n=10)
10
P = 0.001
8
Volume di ascite
(ml)
Il CB1, tuttavia, non è il solo ligando attraverso cui si realizza l’azione vasodilatatrice dell’AEA.
Infatti, la capsazepina, che antagonizza il recettore TRPV1 espresso nelle fibre nervose perivascolari, è in grado di inibire parzialmente la vasodilatazione indotta dall’AEA in maniera quantitativamente simile al rimonabant, ma solo la somministrazione concomitante di entrambe le sostanze è
in grado di annullare quasi completamente l’effetto vasodilatatore (figura 2).
In sintesi, l’AEA causa vasodilatazione delle arteriole di resistenza del circolo mesenterico in maniera dose-dipendente attraverso l’attivazione dei
recettori CB1 e TRPV1 situati nelle fibre nervose
perivascolari.
6
4
2
0
Placebo
SR 3
SR 10
(n=9)
(n=6)
(n=1)
Figura 3. Pannello superiore. Incidenza di ascite in ratti cirrotici trattati per 2 settimane con placebo, rimonabant 3
mg/kg/die (SR 3) o rimonabant 10 mg/kg/die (SR 10). Pannello inferiore. Volume di ascite in ratti cirrotici trattati per
2 settimane con placebo, rimonabant 3 mg/Kg/die (SR 3)
o rimonabant 10 mg/kg/die (SR 10).
L’azione positiva del rimonabant sulla ritenzione idrosodica sembra essere mediata dagli effetti
emodinamici del farmaco. Infatti, gli animali trattati con l’antagonista del recettore CB1 presentavano un miglioramento della sindrome circolatoria
iperdinamica, con riduzione dose-dipendente delle
resistenze vascolari periferiche e dell’indice cardiaco, cui si associava aumento della pressione arteriosa media e del flusso nell’arteria renale.
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Recenti Progressi in Medicina, 102 (2), febbraio 2011
Abbiamo considerato anche la possibilità che
l’azione antifibrotica del farmaco e la conseguente
riduzione della pressione portale potessero contribuire alla prevenzione dello scompenso ascitico. Tuttavia, diversi elementi ci inducono a ritenere che,
almeno nel breve termine, questo non costituisca un
meccanismo importante: 1. l’escrezione renale di sodio correlava in maniera significativa con i parametri emodinamici, ma non con il grado di fibrosi
epatica; 2. nel gruppo trattato con il dosaggio più
basso (3 mg/kg/die), il rimonabant riduceva significativamente la formazione di ascite e migliorava i
parametri emodinamici senza influenzare il grado
di fibrosi epatica rispetto ai controlli; 3. la somministrazione di una singola dose di rimonabant è stata in grado di aumentare significativamente la quota di sodio escreta nelle 8 ore successive al sovraccarico salino. Ovviamente, tale effetto acuto non può
essere messo in relazione con l’entità della fibrosi, la
cui modificazione richiede tempi molto più lunghi.
GLI ENDOCANNABINOIDI E LA CIRROSI NELL’UOMO
I dati sul sistema degli EC nella cirrosi epatica
umana sono limitati. Come già detto, l’espressione
dei recettori CB1 e CB2 è marcatamente aumentata nel fegato cirrotico, particolarmente a livello
dei setti fibrotici9,10. Inoltre, un incremento della
concentrazione di AEA è stata documentata nel
plasma20 e nei monociti15 di pazienti con cirrosi.
A tale proposito, il nostro gruppo ha recentemente dimostrato che il contenuto di AEA, ma non
quello di 2-AG, è aumentato nel plasma e nel fegato di pazienti cirrotici confrontati a soggetti di
controllo comparabili per età e sesso. Inoltre, la
concentrazione di AEA nelle vene sovra-epatiche,
che drenano direttamente il sangue dal fegato, correla direttamente con parametri indicativi di insufficienza epatica, quali bilirubinemia ed INR. Le
maggiori differenze, tuttavia, si sono riscontrate
nelle concentrazioni di OEA e PEA, che sono risultate diverse volte più elevate nel plasma e nel fegato dei pazienti con cirrosi rispetto ai controlli. Il
significato biologico di quest’ultimo rilievo è da
chiarire in quanto queste molecole, con struttura
chimica simile a quella degli EC, esercitano effetti ancora non ben definiti, presentando bassa o
nessuna affinità per i recettori CB1 e CB2 ed interagendo con altri recettori, quali il PPAR ed, almeno per quanto riguarda l’OEA, il TRPV121.
Nel complesso, le evidenze disponibili sembrano confermare anche nell’uomo il dato sperimentale di un’intensa attivazione del sistema degli EC
in corso di cirrosi epatica.
Prospettive terapeutiche
Sulla base di quanto detto, la modulazione del
sistema degli EC, in particolare attraverso l’antagonismo del recettore CB1, è apparsa un’interessante prospettiva terapeutica.
Nel corso del 2008 è stato introdotto in commercio il rimonabant, primo antagonista del recettore CB1, con l’indicazione obesità, sindrome
metabolica ed insulino-resistenza. Tuttavia, pochi mesi dopo, le agenzie regolatorie americana
ed europea hanno imposto il ritiro del farmaco
dal mercato in seguito al riscontro di un’elevata
incidenza di effetti collaterali di tipo psichiatrico, rappresentati da disturbi del tono dell’umore che, in soggetti predisposti, potevano anche
creare depressione maggiore con rischio suicidario. Oltre al rimonabant, è stato poi sospeso
lo sviluppo anche di altri farmaci ad azione inibitoria del recettore CB1, come il taranabant e il
CP945,598.
Allo scopo di evitare gli effetti collaterali dell’antagonismo del CB1 sul sistema nervoso centrale e contemporaneamente sfruttare le azioni a
livello periferico, sono attualmente in corso di sviluppo molecole che non sono in grado di superare
la barriera ematoencefalica.
Accanto agli antagonisti del CB1, numerosi
ricercatori si stanno, inoltre, concentrando sulle
potenzialità degli agonisti del recettore CB2 e di
molecole in grado di interferire con la sintesi e
la degradazione degli EC. Pertanto è plausibile
che nel prossimo decennio, accanto ad una migliore conoscenza delle molteplici azioni degli
EC, nuove molecole in grado di modulare tale sistema possano raggiungere il vaglio della sperimentazione clinica.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Prof. Mauro Bernardi
Alma Mater Studiorum Università di Bologna
Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Sant’Orsola-Malpighi
U.O. Semeiotica Medica
Dipartimento di Medicina Clinica
Via Albertoni, 15
40138 Bologna
E-mail: [email protected]
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