DESCRIZIONE DEI LABORATORI E DELLE STRUTTURE CENTRALIZZATE DI RICERCA E DIAGNOSTICA AVANZATA 1-Laboratori di Biocontenimento. Il primo laboratorio di biocontenimento (BSL3) è stato istituito presso l’INMI nel 1996 per facilitare le attività di ricerca in materia di HIV. Da allora sono stati attivati alcuni altri laboratori di biocontenimento a supporto del progressivo coinvolgimento delle attività di ricerca dell'Istituto sugli agenti altamente patogeni e dei suoi elevati standard operativi in tema di biosicurezzqa degli operatori e della cittadinanza. Una pietra miliare è stata la realizzazione, nel 2002, sotto il coordinamento del Direttore Scientifico corrente, del primo laboratorio BSL4 italiano (glove box) che, insieme con altri laboratori BSL3 (5), ha permesso lo sviluppo di attività di diagnostica avanzata e di ricerca su agenti di Gruppo di Rischio 3 e 4. Oltre alla partecipazione alle principali reti europee e internazionali di laboratori BSL4 (EuronetP4) e nel Global Outbreak Alert and Response Network (GOARN) dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), queste attività hanno sostenuto il riconoscimento dell'Istituto come Centro di Riferimento a livello nazionale ed internazionale per le malattie infettive emergenti e per la preparedness per gli attacchi bioterroristici. 1.1-Principali obiettivi e prospettive di ricerca. Gli obiettivi principali del laboratorio biocontenimento sono i seguenti: a) supportare le indagini in ambito nazionale ed internazionale sui focolai epidemici attraverso la diagnosi di laboratorio delle infezioni dovute ad agenti di Gruppo di rischiogruppo di rischio di rischio 3 e 4; b) sviluppare nuovi metodi per la diagnosi di agenti altamente patogeni; produrre e distribuire preparazioni di riferimento contenenti antigeni o acidi nucleici; d) sviluppare la ricerca su tematiche di biosafety e biosecurity e le indagini sulle procedure per inattivare in sicurezza campioni biologici contenenti agenti altamente patogeni; e) condurre attività di ricerca sulla tubercolosi MDR e XDR; f) condurre indagini di laboratorio su agenti patogeni nuovi o sconosciuti e su aspetti patogenetici e di risposta immunitaria nei confronti di agenti di Gruppo di rischio 3 e 4. Gli sviluppi futuri prevedono un incremento nelle attività di ricerca sugli aspetti patogenetici delle infezioni da agenti di Gruppo di rischio 4 (principalmente CCHFV) e l’allestimento e l’attivazione di un nuovo laboratorio BSL4 che preveda l’utilizzo di tute a pressione positiva (suit based) nel quale possano essere condotti esperimenti su animali di piccola taglia. Un altro sviluppo importante è la partecipazione, nel quadro di un progetto europeo, alla realizzazione di un laboratorio mobile che supporti le indagini sul campo svolte in Europa o in Africa su focolai epidemici dovuti ad agenti infettivi di Gruppo di rischio 3, 4 o sconosciuti. 1.2a-Supporto alle indagini sui focolai epidemici ed alla diagnosi di laboratorio delle infezioni dovute ad agenti di Gruppo di rischio 3 e 4. Questa attività di ricerca in corso, spesso eseguita nel quadro di collaborazioni internazionali, implica l'identificazione e la caratterizzazione molecolare dei virus e l'accertamento di una specifica risposta immunitaria. Alcuni esempi recenti sono: la Febbre Emorragica di CrimeaCongo in Bulgaria, l’ infezione da West Nile Virus in Italia, Grecia e Albania, la Dengue in viaggiatori di ritorno da Asia, Africa, Centro e Sud America, il Chikungunya in viaggiatori di ritorno da India, Isole dell'Oceano Indiano, Sud Est asiatico e in Africa, gli Hantaviruses in Albania, la Febbre Emorragica di Alkhurma in viaggiatori di ritorno dall'Egitto, la febbre emorragica di ebola in Guinea e Liberia. 1.2b-Sviluppo di nuovi metodi diagnostici per agenti altamente patogeni. Ci sono pochissimi kit diagnostici disponibili in commercio nel campo dei virus emergenti, pertanto i laboratori coinvolti in questo campo di ricerca devono sviluppare autonomamente la maggior parte degli strumenti diagnostici specifici. Questo viene spesso realizzato nel quadro di collaborazioni e reti di ricerca internazionali che facilitano lo scambio di ceppi di riferimento, di procedure e di esperienze. Per supportare indagini sui focolai e la preparedness nazionale per questi agenti, sono state allestite diverse preparazioni antigeniche (tra cui filovirus, CCHF, Arenavirus, non variolaOrthopoxviruses, Chikungunya, Dengue, WNV, AHFV, l'influenza aviaria A/H5N1, ecc), e messi a punto test di micro neutralizzazione da effettuare in condizioni di biosicurezza di livello 3 (Dengue, Chikungunya, WNV, HPAI, ICE) e 4 (CCHFV). Inoltre, sono state messe a punto sulla base della letteratura scientifica o realizzati ex novo numerose metodiche di biologia molecolare per identificare agenti specifici o per agevolare una rapida diagnosi differenziale. Alcuni delle metodiche originali sono state sviluppate nel quadro di collaborazioni internazionali (vaiolo e altri orthopoxviruses, filovirus) e di altre collaborazioni a livello nazionale (Chikungunya, AHFV, O 'Nyong Nyong, influenza pandemica H1N1). Inoltre ai fini di poter rispondere alle nuove minacce epidemiche sono stati messi a punto, nel 2012 tecniche diagnostiche per i nuovi ceppi influenzali (quali ad esempio H7N9 di origine cinese), gli Hantavirus del nuovo continente (epidemia nello Yosemity Park) ed il nuovo coronavirus proveniente dalla penisola arabica (MERS-CoV). Per quanto attiene la sierologia di particolare valore è l’acquisizione di materiali (sieri e preparazioni antigeniche) per la diagnosi di infezioni da Filovirus acquisite e sperimentate nei nostri laboratori nell’ambito di una erecitazione eseguita in comune ai CDC di Atlanta, USA. In ambito batteriologico sono state messe a punto e valutate nell’ambito di EQA dedicati metodi diagnostici molecolari e colturali per la diagnosi di infezioni ad elevata pericolosità sostenute da agenti di Gruppo di rischio 3 quali l’antrace, la tularemia, la peste, la brucellosi, la morva e la melioidosi. Inoltre è stata acquisita la strumentazione per l’avvio della loro identificazione con tecniche proteomiche. I relativi ceppi di riferimento sono stati conservati presso la Banca Biologica dell’Istituto. 1.2c-Produzione e distribuzione di preparazioni antigeniche o di acidi nucleici di riferimento. Questi materiali biologici sono necessari per implementare esercitazioni di External Quality Assurance o per sviluppare metodi diagnostici "in house". In questo contesto, sono stati prodotti e distribuiti a livello nazionale ed internazionale stock virali da isolati completamente caratterizzati (WNV, Chikungunya). In collaborazione con reti europee (EuronetP4) ed internazionali (Global Health Security Action Group Laboratorio rete GHSI-LN e OMS) sono state organizzate esercitazioni di EQA e WetLab su virus di Gruppo di rischio 4. Queste attività, ancora in corso, sono finanziate in parte dalla Commissione Europea. 1.2d-Ricerca in tema di Biosafety e Biosecurity ed esame delle procedure per inattivare in sicurezza campioni biologici contenenti agenti altamente patogeni. La maggior parte dei ricercatori che lavorano nei laboratori BSL4 concorda sul fatto che le misure di biosicurezza attuate in un laboratorio di biocontenimento non dispongono di solide fondamenta evidence-based. La ricerca in questo settore mira appunto a sviluppare le basi scientifiche per questo tipo di misure con l’obiettivo di armonizzare le procedure di laboratorio e fornire supporto alla realizzazione di legislazione e linee guida specifiche, a livello nazionale europeo ed internazionale. Alcune delle ricerche svolte in questo ambito riguardano le procedure di inattivazione che possano essere applicate a campioni biologici prima della loro uscita/trasferimento dai laboratori BSL4, verso laboratori con un livello di biocontenimento inferiore, senza alterarne sostanzialmente le caratteristiche o l'uso di procedure di inattivazione/disinfezione non aggressive nei confronti dell'ambiente (disinfezione a base perossido di ossigeno vs formalina, irradiazione con raggi gamma utilizzando una fonte di radioattività non duratura). Parte di queste attività sono state svolte nell’ambito della infrastuttura di ricerca europea dei laboratori BSL4 (ERINHA) di cui coordiniamo le attività di implementazione delle procedure di biosicurezza e di addestramento del personale. 1.2e-Attività di ricerca su MDR e XDR-TB. Ogni anno circa 200 isolati/campioni clinici di M. tuberculosis sono testati con metodi colturali e molecolari per indagare la presenza di resistenza ai farmaci. Nella Banca Biologica dell’INMI è stata depositata/stoccata una raccolta di più di 600 isolati che consentirà lo studio dei meccanismi di sviluppo della farmaco resistenza e l’effettuazione di analisi filogenetiche. 1.2f-Indagini di laboratorio su agenti patogeni nuovi o sconosciuti; ricerca su aspetti patogenetici e sulla risposta immunitarie nei confronti di agenti di Gruppo di rischio 3 e 4. Questa ricerca si propone di studiare i meccanismi dell'immunità innata verso questi agenti, sviluppare metodi molecolari per rilevare agenti virali sconosciuti e scoprire i meccanismi che facilitano la diffusione di zoonosi. Questo ultimo campo di attività viene sviluppato nel quadro di un progetto di di ricerca europea (PRE-DEMICS) della durata di 5 anni. 2-Banca Biologica INMI La Banca Biologica è un archivio di campioni clinici di pazienti di Malattie Infettive, linee cellulari, ceppi virali e batterici e relativi acidi nucleici. Offre un servizio di preparazione dei campioni e conservazione a lungo termine per i ricercatori dell’INMI così come, nel quadro di collaborazioni stabilite/formalizzate, di altri centri di ricerca, con i seguenti obiettivi: realizzazione di progetti di ricerca e studi osservazionali, conservazione obbligatoria di campioni diagnostici, campioni diagnostici residui, sieri baseline/tempo zero di operatori sanitari impegnati in attività particolari, libraries di cellule e di ceppi patogeni, e realizzazione di un repository di ceppi e campioni provenienti da malattie infettive emergenti e rare. (Vedere la sezione Biobank) La prima Banca Biologica dell'INMI è stata progettata ed è diventata operativa all'inizio del 2000. Nel 2005, sempre sotto il coordinamento del Direttore Scientifico attuale, è diventata operativa una nuova Banca Biologica che a partire dal 2007 ha acquisito autonomia funzianale come U.O.C.,. La Banca occupa una superficie di 250 metri quadrati suddivisi in quattro aree principali: Il laboratorio BSL3 per la preparazione dei campioni, una zona deposito con contenitori ad azoto liquido, una zona deposito con congelatori meccanici -80/-20 ° C ed un’area di controllo e di gestione. L'ampia area di deposito è suddivisa in due camere separate: una dedicata ai contenitori di azoto liquido e l'altra è riservata ai congelatori meccanici a -80 ° C e -20 ° C. L'area del primo deposito, che ospita 8 contenitori di azoto liquido (330 litri) può ospitarne fino a 23. Un serbatoio principale di azoto liquido (istallato all'esterno dell'edificio) alimenta tutti i dispositivi di stoccaggio (contenitori di azoto liquido, sistema di back-up per i congelatori a -80 ° C, control rate freezer) attraverso una conduttura a vuoto. Il deposito dei congelatori meccanici ospita 30 congelatori a -80 ° C (530 litri) e 6 congelatori a -20 ° C. La preparazione dei campioni è effettuata adottando i più elevati standard di biosicurezza all’interno di un laboratorio mantenuto costantemente sotto pressione negativa. I campioni congelati possono essere trasferiti all’area di deposito solo attraverso un "pass-through box" che effettua la sanificazione dei materiali tra due porte interbloccate. I materiali possono attraversare in entrambe le direzioni per mezzo di diverse operazioni di manipolazione. Una unità centrale di controllo mantiene tutti i parametri di conservazione sotto controllo e garantisce condizioni ottimali mediante procedure automatiche di riempimento. Tutti gli allarmi (temperatura, livello di azoto, alimentazione, ecc) vengono automaticamente registrati e archiviati. In caso di guasto, l'unità centrale di controllo segnala questa situazione critica e attiva automaticamente il riempimento di sicurezza (back up refilling) di azoto liquido dei congelatori meccanici. Un software avanzato integrato al web gestisce tutti i dispositivi di conservazione e di sicurezza. Tutte le informazioni relative ai campioni raccolti sono memorizzate in un database dedicato e fornito di software che permette la tracciatura/monitoraggio dei campioni. La Banca Biologica è gestita da personale dedicato ed opera secondo gli standard nazionali ed internazionali per Centri di Risorse Biologiche. 2.1-Principali obiettivi e prospettive di ricerca La Banca Biologica ospita una vasta raccolta di materiali biologici (> 400.000 campioni) provenienti da vecchie collezioni preesistenti. Attualmente sono archiviati nella Banca Biologica più di 120 diverse collezioni e progetti di raccolta / ricerca, conservati negli oltre 20 anni di attività dell’INMI nel campo delle malattie infettive. La Banca Biologica si propone di essere un supporto importante per la ricerca epidemiologica e biomedica, sia di base che clinica. Possibili esiti di tale ricerca potrebbero essere: a) la scoperta di nuovi agenti infettivi o collegamenti eziologici tra agenti patogeni conosciuti e malattie umane, b) una nuova visione della patogenesi di malattie infettive acute e croniche, c) la validazione di nuovi metodi diagnostici o la scoperta di nuovi biomarcatori legati all'evoluzione della malattie, d) la valutazione delle manifestazioni di resistenza alla terapia antivirale o antimicrobica. L’INMI offre l'esperienza e l'utilizzo della struttura per la conservazione a lungo termine di campioni biologici (raccolta, preparazione, conservazione, rilascio e spedizione di campioni) per sperimentazione clinica o progetti di ricerca, anche per i centri collaboratori. I partner principali comprendono la Fondazione italiana ICONA (coorte italiana di pazienti naïve HIV), l’infrastruttura euopea di ricerca BBMRI (Biobanking e Biomolecolare Resources Research Infrastructure), la rete internazionale EVA (European Virus Archive). La Banca Biologica dell’INMI ha una collaborazione di lunga data con altre istituzioni / reti internazionali per la condivisione di ceppi di Classe 3 e 4 in conformità con le leggi locali e internazionali che limitano la distribuzione di materiali biologici a potenziale “uso duplice”. L’attività della Banca Biologica in questo campo è stata rilevante per il riconoscimento di INMI come "Centro di collaborazione OMS per l'assistenza clinica, diagnosi, di risposta e formazione sulle malattie altamente infettive". Essa partecipa a importanti progetti europei QUANDHIP (Esercizi di certificazione della qualità e connessione in rete sulla rilevazione di agenti patogeni altamente infettivi) come parte del repository europeo degli agenti di Classe 4. È anche molto attiva nelle reti nazionali ed è uno dei partecipanti del MHB (la Rete Nazionale delle banche biologiche di ospedali polispecialistici) nel quadro del nodo italiano della infrastruttura di ricerca europea BBMRI (BBMRI-IT). Recentemente ha ricevuto un finanziamento di ricerca nell'ambito del Programma pilota per la creazione della rete di Centri di Risorse Biologiche (CBR-Net), in qualità di coordinatore della "Rete Italiana delle Banche Biologiche di Malattie Infettive ". L'ulteriore sviluppo si basa sulla realizzazione di una Cell Factory per la preparazione e la conservazione delle cellule staminali, in grado di operare secondo le norme GMP, per sostenere la ricerca su terapie innovative nelle malattie infettive e nel trapianto di fegato. 3-Strutture di sequenziamento massivo Recentemente l’evoluzione delle tecniche di sequenziamento ha subito un’accelerazione che ha portato allo sviluppo dei cosiddetti “sequenziatori di ultima generazione” (next generation sequencing, NGS). I sistemi di NGS rappresentano un enorme avanzamento rispetto ai metodi classici finora utilizzati, perché in un unico esperimento si ottiene una grandissima quantità di dati che con le tecniche tradizionali si otterrebbero in mesi di lavoro. Per questo motivo si parla di tecniche dall’elevato contenuto informativo (sequenziamento massivo, high throughput). Fin dalle prime applicazioni in ambito virologico, il sequenziamento basato su sistemi di ultima generazione rivelato scenari insospettati e potenzialità enormi per i laboratori che si dedicano allo studio ed alla diagnosi delle infezioni virali. L’approccio di sequenziamento massivo ai genomi virali sostanzialmente si basa su due orientamenti: l’approccio amplicon e l’approccio shogun. Nel primo caso si realizza l’analisi clonale ultrafine (approccio ”ultradeep”) di determinati tratti di genoma, il che, nel contesto dei genomi virali, si traduce nella possibilità di indagare la variabilità genetica dei virus caratterizzati da un’enorme diversità, come l’HIV, l’HCV e l’HBV. Ciò comporta anche la possibilità di evidenziare varianti presenti come componenti minoritarie, e di studiarne l’evoluzione dinamica. Mediante l’approccio shogun, invece, si realizza la sequenza di tutti gli acidi nucleici presenti in un determinato campione, anziché di tratti specifici. Con tale approccio, utilizzando appositi strumenti di bioinformatica, è possibile concatenare le sequenze casuali così ottenute sulla base dei tratti che presentano sovrapposizione, e ricostruire la sequenza di interi genomi virali e/o batterici. La NGS, con l’approccio shogun ha ampliato enormemente le potenzialità di applicazioni in ambito di metagenomica, facilitando la possibilità di identificazione di patogeni nuovi. Una ulteriore applicazione della NGS in ambito microbiologico è la ricostruzione di interi ecosistemi microbici (microbioma e viroma) presenti in vari campioni clinici, senza la necessità di una preventiva amplificazione in coltura. Nel 2007 è stata presa la decisione di fare un investimento cospicuo in questa tecnologia innovativa presso l’INMI, e alla fine dell'anno è stata istituita la core facility “Massively Parallel Pyrosequencing” coordinata dal Direttore del Laboratorio di Virologia. La piattaforma prescelta è stato il sistema GS-FLX 454 prodotto dalla Roche, le cui caratteristiche consentono l’analisi di sequenze abbastanza lunghe da permettere diverse applicazioni in campo virologico. L'obiettivo principale di questa risorsa è quello di realizzare la caratterizzazione approfondita dei genomi microbici, presenti in isolati da coltura pura o in campioni clinici ottenuti da pazienti affetti da malattie infettive che frequentano il Dipartimento Clinico dell’INMI o i centri che svolgono attività di ricerca in collaborazione con l’INMI. Questa facility copre l'intero flusso di lavoro, a partire dalle fasi analitiche di preparazione, amplificazione e sequenziamento del campione all'analisi bioinformatica, ivi compresi la preparazione del set base di informazioni di sequenza, il filtraggio, la mappatura, il montaggio delle sequenze, la rilevazione della variabilità degli amplicon, la ricostruzione di interi genomi virali/microbici, e l'analisi filogenetica dei set di sequenze ottenute. La struttura è equipaggiata con la piattaforma 454 Roche di ultima generazione (GS FLX+ System) con una potenzialità di produzione di 700 megabasi in 23 ore di funzionamento, una lunghezza media delle reads di 700 basi (85% delle basi genera reads >500 bp e 45% delle basi genera reads >700 bp). Come corollario, sono presenti uno strumento analogo di minori dimensioni (Junior) per applicazioni in scala ridotta, e tutte le attrezzature ausiliarie per la quantificazione del DNA (Agilent Bioanalyzer / PicoGreen fluorimetro), la preparazione di emulsione per l’effettuazione della cosiddetta “emulsion PCR” (Qiagen TissueLyser), il conteggio delle particelle (Beckman Coulter Counter), oltre a pacchetti software completi per l'analisi dei dati e percorsi originali di analisi sviluppati per applicazioni virologiche. Il personale qualificato, l’infrastruttura di base, i sistemi software e hardware disponibili rappresentano un valore aggiunto per i ricercatori che intendano sfruttare le enormi potenzialità della NGS. In Italia non ci sono altri laboratori con attrezzature simili e competenze specifiche che riguardino gli agenti infettivi, e quindi la struttura può rappresentare un centro di riferimento unico per prestazioni di eccellenza e per consulenza scientifica nel campo degli agenti infettivi a disposizione di utilizzatori pubblici e privati. 3.1-Principali obiettivi e prospettive di ricerca La struttura installata presso l’NMI ha svolto un ruolo pioneristico nell’applicazione della NGS alla virologia, concentrandosi sulle varianti minoritarie nella quasispecie di HIV, sulle mutazioni della polimerasi di HBV associate alla resistenza, sulla ricostruzione dell’intero genoma virale e sullo sviluppo di strumenti di bioinformatica. I principali obiettivi basati sull’ high throughput sequencing sono i seguenti: a) Analisi qualiquantitativa delle quasispecie virali (HIV, HCV, HBV, virus dell'influenza), b) analisi del microbioma / viroma e scoperta di agenti patogeni umani mediante approccio metagenomico. I singoli obiettivi sono descritti in dettaglio nelle prossime sezioni. 3.1a- Caratterizzazione di quasispecie virali mediante “quantitative ultra-deep sequencing” Secondo l’approccio classico, l’analisi della quasispecie virale è stata basata sul sequenziamento di singoli genomi ottenuti attraverso PCR a diluizione limite o clonaggio in plasmidi. Tale analisi era limitata dal numero di cloni analizzabili in ogni singolo esperimento. L'avvento di NGS ha rivoluzionato l’analisi della quasispecie, permettendo di ottenere migliaia di sequenze clonali a partire da un singolo campione, consentendo costì di ottenere una profondità di analisi che è di parecchi ordini di grandezza superiore a quanto ottenibile con gli approcci classici. Tale analisi viene perciò definita ultra-deep, e permette di identificare e quantificare varianti presenti anche in quantità minimali nella quasispecie (varianti minoritarie, presenti con frequenza anche inferiore all’1%). Tale analisi è particolarmente utile per il monitoraggio della dinamica virale in corso di trattamento o lungo la storia naturale dell’infezione. L’approccio shogun invece consente la ricostruzione di interi genomi virali e l’apprezzamento della variabilità in tutte le regioni del genoma, a livello quantitativo. 3.1a-1- Applicazioni dei NGS all 'HIV La NGS rappresenta uno strumento innovativo per indagare alcuni aspetti, precedentemente inaccessibili, della dinamica di HIV-1, che possono avere rilevanza biologica e clinica, quali: esplorare il contributo alla replicazione virale di differenti reservoir cellulari nel corso della storia naturale dell'infezione, individuare l’utilizzo del corecettore in popolazioni virali minoritarie albergate da cespiti cellulari diversi, indagare le dinamiche di sviluppo di farmacoresistenza durante il trattamento antivirale, e, nel complesso, studiare a livello molecolare la patogenesi virale. I progetti in corso in questo campo di ricerca mirano a: 1. Definire le quasispecie di HIV-1 associate a diverse fasi dell'infezione, sia nel plasma che nei linfomonociti periferici (PBMC) e nei reservoir tissutali. 2. Determinare la provenienza della progenie virale presente nel plasma rispetto ai genomi archiviati come provirus in vari reservoir cellulari. 3. Analizzare le dinamiche del progressivo svuotamento di differenti reservoir cellulari (monociti, sottopopolazioni T, ecc) dopo l'inizio della terapia. 4. Stabilire l’origine della viremia residua nei pazienti trattati con terapia antiretrovirale potente (HAART), attraverso l'analisi delle relazioni genetiche tra le varianti plasmatiche e quelle associate a diversi reservoir cellulari in cui la replicazione virale può persistere nonostante una terapia HAART efficace. 5. Analizzare il tropismo delle componenti della quasispecie di HIV durante la storia naturale e nel contesto della terapia con antagonisti del corecettore. 6. Analizzare il significato clinico della variabilità di alcune proteine virali (ad esempio p17) nei meccanismi patogenetici alla base della soppressione immunitaria e dello sviluppo di neoplasie HIV-associate. 7. Analizzare le dinamiche di evoluzione virale nel contesto della immunità specifica verso le singole varianti. 8. Analizzare le dinamiche di sviluppo e fissazione delle mutazioni associate alla farmacoresistenza. 9. Ottenere la ricostruzione completa del genoma di ceppi virali coinvolti in casi con presentazione clinica atipica per identificare possibili determinanti virali di patogenesi aggressivo o mite. L'impatto dei risultati attesi si basa sulle informazioni patogenetiche che saranno ottenute oltre alle conoscenze già consolidate sulle relazioni tra l’eterogeneità e le dimensioni dei reservoir cellulari dell’infezione da una parte, e la progressione della malattia e l'efficacia del trattamento antivirale dall'altra. 3.1a-2-Applicazioni di NGS a HCV e HBV L'enorme potenzialità della NGS può essere sfruttato per analizzare l'evoluzione delle quasispecie virali di HCV e HBV durante il corso naturale delle infezioni o sotto la pressione selettiva di trattamenti antivirali o immunomodulanti, e per studiare l'origine del rebound virale nel decorso post-trapianto. I progetti in corso in questo campo di ricerca mirano a: 1. Estendere lo studio della variabilità di HBV, basata sull'approccio amplicon, in pazienti naive e pretrattati. L'attenzione sarà focalizzata principalmente sulle mutazioni di resistenza nel gene della polimerasi e nel gene sovrapposto dell’antigene di superficie. 2. Ottenere caratterizzazione approfondita dei ceppi di HBV coinvolti nella infezione primaria e trovare possibili caratteristiche genetiche virali di rilevanza patogenetica. 3. Caratterizzare, utilizzando l'approccio amplicon, la popolazione HCV nei pazienti che iniziano il trattamento con inibitori NS3 e monitorare le variazioni delle quasispecie virali durante il trattamento. Questo approccio sarà usato per studiare le mutazioni che conferiscono resistenza a composti antivirali di nuova generazione, sia in vitro che in vivo. 4. Ottenere la ricostruzione del genoma completo di ceppi virali presenti nei campioni clinici per identificare siti esterni alle regioni bersaglio del farmaco che possono collaborare con le mutazioni di farmaco-resistenza e favorire lo sviluppo di fenotipi resistenti. L'identificazione di simili regioni "accessorie" può essere di grande utilità nel selezionare quei pazienti che potrebbero beneficiare al massimo di un successivo trattamento antivirale. 5. Comprendere le dinamiche di ripopolamento dello spazio replicativo di HCV (ed eventualmente di HBV) che si rende disponibile dopo il trapianto epatico. L'impatto dei risultati attesi si basa su una migliore comprensione della composizione genetica e dell'evoluzione naturale della quasispecie di HCV e HBV che possono generare le varianti virali. Tali informazioni potrebbero essere rilevanti sul piano clinico fornendo informazioni importanti per la pianificazione del trattamento, oltre che fornendo elementi di comprensione dei meccanismi patogenetici. 3.1a-3- Applicazioni del NGS al virus dell'influenza L’approccio shogun è stato utilizzato per rilevare la presenza, e ottenere la ricostruzione quasi completa, del genoma del virus (H1N1) pdm09 presente in campioni clinici, e per ottenere una valutazione quantitativa della variabilità della quasispecie virale nei vari segmenti del genoma virale . Tale analisi ha evidenziato che il gene che codifica per l’emagglutinina virale (HA) è quello che presenta la più elevata variabilità intrapaziente. Con l’approccio l’approccio ultra-deep pyrosequencing (UDPS) su amplicon è stata analizzata la regione di HA coinvolta nell’interazione con il recettore cellulare, ed è stata paragonata la quasispecie virale presente in pazienti con presentazione clinica grave con quella presente in pazienti con presentazione clinica lieve. I risultati indicano un più elevato grado di variabilità e la presenza di varianti specifiche nella posizione 222 nei casi gravi. I progetti in corso in questo campo di ricerca mirano a: 1. Approfondire tramite UDPS l’analisi della quasi specie virale nel gene HA e in altri segmenti del genoma virale (ad es. NS-1), per stabilire possibili correlazioni tra la presenza di varianti minoritarie e la gravità della presentazione clinica. 2. Ottenere il completo sequenziamento del genoma virale direttamente da campioni clinici, per apprezzare la variabilità intra-paziente di ceppi virali, e di identificare le possibili regioni del genoma soggette a forte pressione immunitaria. 3. Lo stesso approccio sarà utilizzato per realizzare una caratterizzazione genome-wide di possibili nuove varianti/isolati virali. L'impatto dei risultati attesi si basa su una migliore comprensione della patogenesi dell'influenza, sull'identificazione di possibili determinanti virali di accresciuta virulenza per gli esseri umani, sulla creazione di strumenti per la caratterizzazione completa di nuovi isolati, e sul miglioramento del disegno del vaccino basato sulla dettagliata conoscenza della plasticità del genoma e dell’adattamento alla pressione immunitaria. 3.2-Analisi del microbioma/viroma e scoperta di agenti patogeni umani utilizzando l'approccio metagenomico Il sequenziamento massivo casuale (shogun) applicato direttamente a campioni clinici è stato usato in differenti contesti di diagnostica, quali infezioni respiratorie, infezioni enteriche, infezioni da patogeni tropicali, focolai di norovirus, identificazione di un astrovirus come agente eziologico di encefalite in un ragazzo con agammaglobulinemia, identificazione di un nuovo filovirus associato a casi di febbre emorragica in Uganda (Bundiubugyo). Inoltre la NGS, con approccio shogun o amplicon, è utilizzata per caratterizzare la comunità microbica e/o virale presente in diversi contesti clinici. I progetti in corso in questo campo di ricerca mirano a: 1. Identificare nuovi microrganismi responsabili di malattie infettive o di tumori sviluppati in persone affette da immunodeficienza o sotto trattamento con farmaci biologici. 2. Ottenere la caratterizzazione completa del genoma di nuovi agenti, o di ceppi varianti di microrganismi noti. L'impatto dei risultati attesi si basa sulla identificazione e la caratterizzazione completa di nuove entità microbiche, e sulla identificazione dello spettro di infezioni che possono essere associati con la somministrazione di farmaci biologici e, più in generale, con la soppressione immunitaria. Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico 4-Strutture di sequenziamento Sanger La struttura di sequenziamento Sanger è stata istituita all’INMI nel 1999, presso il laboratorio di Virologia. L'obiettivo principale di questa risorsa è quello di effettuare la caratterizzazione molecolare dei genomi microbici, presenti in isolati da coltura pura o in campioni clinici ottenuti da pazienti affetti da malattie infettive che frequentano il Dipartimento Clinico dell’INMI o i centri che svolgono attività di ricerca in collaborazione con l’INMI. Il servizio fornisce l'attrezzatura e la competenza per coprire l'intero flusso di lavoro, dalla preparazione del campione all’analisi dei dati, e in particolare: Estrazione ed amplificazione del campione; sequenziamento di amplicon e plasmidi; correzione e allineamento delle sequenze; confronto della sequenze ottenute con sequenze dell’archivio locale o depositate nelle banche dati internazionali (tipo GenBank); analisi bioinformatica, comprendente calcolo della distanza genetica e della complessità a livello nucleotidici e aminoacidico, nonché analisi filogenetica basata su diversi modelli evolutivi. Questa struttura comprende tre analizzatori di sequenza a 16 capillari (ABI 3130xl) basati sul metodo Sanger con terminatori di catena fluorescenti, e tutti i dispositivi accessori per l'intero flusso di lavoro. La struttura è collegata con altre strutture di ricerca di base dell’INMI, con le quale collabora per la progettazione e la costruzione di costrutti plasmidici. A sua volta, la funzione di sequenziamento è strumentale all'attività di altre strutture, come ad es. l’UOC microbiologia, per la identificazione e caratterizzazione di patogeni batterici; l’intera gamma di attività della facility è disponibile anche per altre istituzioni a livello regionale o nazionale. 4.1-Principali obiettivi e prospettive di ricerca 4.1a-Caratterizzazione di isolati virali e batterici La caratterizzazione molecolare di microrganismi è basata sul sequenziamento parziale o totale dei loro genomi. In particolare, questo approccio è fondamentale per tutti i microrganismi difficili o incapaci di crescere in coltura. I dati di sequenza sono utilizzati per identificare ceppi specifici, capire le loro interrelazioni filogenetiche ed evolutive, descrivere la tendenza evolutiva e il flusso di circolazione di virus o batteri, tracciare eventi di trasmissione nosocomiale. Inoltre, sulla base delle informazioni ottenute da queste analisi è possibile disegnare modelli per descrivere il comportamento di popolazioni microbiche, in base ai quali prevedere l’andamento futuro di eventuali epidemie. In questo campo sono in corso e saranno ulteriormente sviluppate diverse applicazioni alla base di collaborazioni con gruppi di ricerca nazionali e internazionali, incentrate, fra l’altro, sulle infezioni sostenute da virus emergenti (come influenza, WNV, dengue, virus di gruppo di rischio 4, ecc.). 4.1b-Rilevamento di resistenza in genomi virali e batterici Il sequenziamento di regioni specifiche di uno o più geni permette di scoprire nuovi marcatori di resistenza e predire l'efficacia di un trattamento specifico. L'Istituto ha svolto un ruolo pioneristico nell’applicazione delle tecniche di sequenziamento allo studio della resistenza virale, disegnando il primo modello in Italia per la gestione integrata delle terapie antiretrovirali, che vede coinvolti microbiologi, virologi, epidemiologi e medici. Questo modello integrato è anche uno strumento per lo svolgimento di studi clinici di nuovi farmaci contro le malattie virali, micotiche, parassitarie o batteriche, e sarà ulteriormente supportato in futuro. 4.1c-Identificazione di marcatori genetici di patogenicità microbica L’individuazione di marcatori genetici di aumentata virulenza può essere importante nel contesto degli sforzi della sanità pubblica finalizzati al contenimento delle epidemie emergenti (ad esempio, una pandemia influenzale). La struttura è stata ampiamente utilizzata finora per analizzare la pandemia di influenza e le infezioni da virus Chikungunya, ed è attivamente coinvolta nello studio di altri virus emergenti, come HEV e WNV, che sono al centro di collaborazioni scientifiche a livello nazionale ed internazionale. 4.1d- Caratterizzazione filogenetica di epidemie nosocomiali e possibili applicazioni forensi La microbiologia forense è una nuova disciplina che combina microbiologia e medicina legale, volta a dedurre l'origine, la relazione, o la via di trasmissione di un determinato ceppo microbico. Il sequenziamento degli acidi nucleici e l’analisi filogenetica sono attualmente utilizzate presso i laboratori di Microbiologia e Virologia dell’INMI per esaminare possibili vie di trasmissione di infezioni iatrogene. Le applicazioni future comprendono anche la caratterizzazione dei ceppi HBV riscontrati nei riceventi di organi e tessuti. In tale ambito, infatti, la caratterizzazione molecolare degli isolati è indispensabile per chiarire l’origine del virus, in particolare per distinguere fra trasmissione da parte di donatori portatori di infezione occulta e riattivazione di infezioni “latenti” del ricevente, preesistenti al trapianto. 5- Proteomica Il laboratorio di Proteomica nasce presso l’INMI nel 2003 dallo sforzo congiunto dei laboratori di Biologia Cellulare ed Espressione Genica. L'obiettivo principale di questa risorsa è quello di fornire una dettagliata caratterizzazione della alterazioni proteiche dei campioni clinici raccolti presso il Dipartimento Clinico dell’INMI. Questa struttura comprende: a) una sezione dedicata alla preparazione e alla risoluzione dei campioni tramite elettroforesi su gel bidimensionale (2D-DIGE), o tramite cromatografia liquida multidimensionale (sistema nano-LC e dispensatore automatico di frazioni, Probot) per la separazione delle proteine; b) una sezione dedicata all’identificazione e alla caratterizzazione strutturale delle proteine tramite la spettrometria di massa MALDI-TOF/TOF. 5.1 Principali obiettivi e prospettive di ricerca Tramite l’utilizzo di nanotecnologie ad alta processività dedicate all’identificazione e alla quantificazione di proteine e metaboliti, questa Unità si propone di: 1) individuare nuovi biomarcatori per la diagnosi molecolare di malattie infettive e le alterazioni patologiche associate; 2) identificare marcatori prognostici dell'esito delle terapie antivirali e antibatteriche; 3) analizzare le concentrazioni plasmatiche di farmaci antivirali e antibatterici al fine di ottimizzare i trattamenti terapeutici a livello individuale; 4) studiare i meccanismi molecolari responsabili della creazione di infezioni persistenti e l'insorgenza di patologie associate. I principali progetti di ricerca basati su tecnologie di proteomica sono: a) Identificazione di marcatori predittivi della terapia interferonica in pazienti infetti con HCV; b) Identificazione di marcatori del danno mitocondriale in pazienti infetti con HIV in corso di terapia antiretrovirale c) Caratterizzazione del proteoma periplasmatico di Pseudomonas aeruginosa al fine di identificare nuovi bersagli per lo sviluppo di antibiotici; d) Caratterizzazione dell'interazione tra i virus HCV e HIV e il metabolismo lipidico del paziente, al fine di comprendere le cause del dismetabolismo lipidico associato a queste infezioni; e) Caratterizzazione del ruolo dell’accumulo di ferro nell’insorgenze delle patologie associate all’infezione da HCV; f) Caratterizzazione dei meccanismi molecolari alla base della fisiologia e del differenziamento epatico; g) Farmacocinetica di molecole antivirali e antibatteriche nel plasma di pazienti mediante spettrometria di massa. 5.1a- Identificazione di marcatori predittivi della terapia anti-HCV. I progetti in corso in questo campo di ricerca mirano a: 1) identificare marcatori predittivi nel siero dei pazienti HCV, al fine di effettuare test prognostici meno invasivi che sostituiscano la necessità di biopsie epatiche, 2) identificare marcatori prognostici per nuovi trattamenti anti-HCV che combinano la terapia interferonica standard con l'uso di inibitori della proteasi di HCV. 5.1b- Analisi proteomica del danno mitocondriale in pazienti affetti da HIV. Questa linea di ricerca si propone di individuare marcatori diagnostici precoci di patologie associate all'infezione da HIV e alla terapia HAART. In particolare, è attualmente in corso presso i laboratori dell’INMI l’analisi proteomica di PMBC di pazienti HIV con osteopenia e osteoporosi, che rappresentano co-morbidità frequenti in pazienti HIV in terapia. 5.1c- Caratterizzazione del proteoma periplasmatico di Pseudomonas aeruginosa. Il progetto in corso in questo campo di ricerca mira ad individuare nuovi fattori di virulenza di P. aeruginosa con localizzazione periplasmatica al fine di scoprire nuovi bersagli molecolari per lo sviluppo di farmaci antibatterici alternativi. A questo scopo, l’approccio sperimentale utilizzato precedentemente per mappare il proteoma periplasmatico di P. aeruginosa è ora applicato per identificare proteine espresse in condizioni di stress che mimano l’infezione nell’uomo. 5.1d- Caratterizzazione dell'interazione tra i virus HCV e HIV e il metabolismo lipidico del paziente, al fine di comprendere le cause del dismetabolismo lipidico associato a queste infezioni. I progetti in corso in questo campo di ricerca sono focalizzati alla comprensione dei meccanismi molecolari che regolano le interazioni tra HCV e il metabolismo delle lipoproteine. A questo scopo sono in corso analisi proteomiche volte ad identificare su larga scala le interazioni tra proteine virali e proteine dell’ospite coinvolte sia nel metabolismo delle lipoproteine che in altri processi cellulari necessari alla replicazione virale. Inoltre, si è avviato un nuovo studio volto a comprendere come HIV e la terapia antiretrovirale interferiscano con la biogenesi delle lipoproteine 5.1e- Caratterizzazione del ruolo dell’accumulo di ferro nell’insorgenze delle patologie associate all’infezione da HCV Questa linea di ricerca si propone di caratterizzare tramite approcci proteomici la relazione funzionale esistente tra il metabolismo del ferro intraepatico e l’infezione da HCV, valutando le alterazioni dei livelli di ferro e la rilevanza del sovraccarico di ferro epatico in patologie associate all’infezione da HCV. Questo approccio mira a comprendere se terapie farmacologiche in grado di limitare l’accumulo di ferro possano essere efficaci nel prevenire il danno epatico causato dall’infezione. 5.1f- Caratterizzazione dei meccanismi molecolari alla base della fisiologia e del differenziamento epatico. Il progetto in corso in questo campo di ricerca riguarda lo sviluppo di nuove metodologie sperimentali per l'isolamento e l'espansione di cellule staminali epatiche, da utilizzare in alternativa al trapianto di fegato. A questo scopo, sfruttando le linee cellulari epatiche MMH generate dal nostro laboratorio, sono in corso: i) uno screening per i marcatori di superficie selettivamente espressi dalle cellule staminali epatiche; ii) un’analisi del proteoma cellulare durante il differenziamento in epatociti di cellule staminali epatiche. 5.1g- Farmacocinetica di molecole antivirali e antibatteriche nel plasma di pazienti mediante spettrometria di massa. Gli obiettivi dei progetti in corso in questo campo di ricerca sono: 1) determinare i livelli plasmatici di farmaci anti-TB in pazienti affetti da MDR-TB e XDR-TB per cromatografia liquida e spettrometria di massa (LC-MS/MS), per ottimizzare la terapia anti-TBC, 2) la costruzione di un database relazionale in grado di evidenziare l'effetto della terapia su MDR-TB e XDR-TB ed i profili di resistenza di M. tuberculosis. Inoltre, un nuovo progetto è focalizzato sull'uso della spettrometria di massa per la determinazione dei livelli sierici dei nuovi trattamenti anti-HCV per ottimizzare il loro regime di dosaggio. 6- Citofluorimetria a Flusso. La Core Facility di Citofluorimetria a flusso, fondata presso l’INMI nel 1999, è parte funzionale del Laboratorio di Immunologia Cellulare. L'obiettivo principale di questa risorsa è quello di fornire strumenti e competenze sperimentali volte ad ottenere dati funzionali su cellule del sistema immunitario in pazienti affetti da malattie infettive ricoverati presso il Dipartimento Clinico dell’Istituto. I protocolli di citofluorimetria a flusso permettono di ottenere la caratterizzazione multiparametrica della maturazione, attivazione e senescenza delle cellule immunitarie. Per mezzo di tecnologie ad alta efficienza questa Unità si propone di: 1) identificare nuovi biomarcatori che consentano l'identificazione precoce dei soggetti esposti a patogeni emergenti e ri-emergenti; 2) l'individuazione di nuovi marcatori immunologici correlati all'esito delle correnti terapie antivirali e antibatteriche; 3) studiare le strategie di evasione immune sfruttate da agenti patogeni, e nuove strategie di attivazione del sistema immunitario volti a indurre e consolidare una risposta immunitaria protettiva. La Core Facility dispone di cinque analizzatori (BD FACS-Canto (2), BD FACS-Calibur (1), Beckman Coulter-XL-MCL (1), Beckman Coulter-FC-500 (1 ),ed un sorter (BD FACSAria), oltre alla necessaria e strumentazione accessoria (preparatori robotici, cappe BSL-2, centrifughe). La struttura fornisce inoltre consulenza tecnica per l'attuazione di nuovi protocolli di citometria a flusso, la messa a punto di esperimenti di citometria a flusso, e l'analisi corretta dei dati di citometria a flusso. Gli obiettivi principali della struttura sono: a) individuazione di marcatori predittivi di esito della terapia anti-HCV; b) analisi funzionale di ricostituzione immunitaria in pazienti trattati con ART-HIV; c) l’analisi funzionale delle cellule immunitarie innate durante le infezioni virali; d) lo studio della emato-linfopoiesi da cellule staminali CD34 + in pazienti con infezione da HIV sottoposti a terapia ART; e) l’ identificazione di biomarcatori di decorso della malattia nei pazienti con infezione da M.tuberculosis. 6.1 Principali obiettivi e prospettive di ricerca. 6.1a-Identificazione di marcatori predittivi di esito della terapia anti-HCV. I progetti in corso in questo campo di ricerca sono: 1) identificare marcatori intraepatici predittivi di trattamento nei pazienti HCV, per l'identificazione precoce dei pazienti destinati ad un peggior risultato clinico; 2) analizzare nuovi marcatori per l'esito di nuovi trattamenti anti-HCV che combinino standard di terapia con IFN con inibitori della proteasi HCV. 6.1b-Analisi funzionale di ricostituzione immunitaria in pazienti trattati con ART-HIV. I protocolli correnti assumono il semplice numero di CD4 circolanti quale misura della ricostituzione immunitaria in pazienti trattati, non tenendo conto della effettiva capacità di queste cellule di realizzare una risposta immunitaria funzionalmente efficace. Inoltre, non è noto in quale misura una minore o maggiore esposizione ad una incontrollata replicazione di HIV possa indurre cambiamenti permanenti nell’omeostasi delle cellule immuni che non possano essere ripristinati dalla terapia ART. Una attenta valutazione dell’omeostasi linfocitaria pre-terapia potrebbe identificare in una fase molto precoce pazienti destinati ai diversi esiti di immunoricostituzione da ART, inducendo una migliore applicazione dei farmaci antiretrovirali su misura per le esigenze individuali, con una possibile riduzione dei costi di trattamento. I progetti in corso sono mirano allo studio dell’aderenza al trattamento ART quale fattore determinante l’esito dell’immunoricostituzione mediante una valutazione multiparametrica innovativa dell’attivazione, differenziamento e senescenza delle cellule CD4 e CD8. 6.1c-Le cellule innate del sistema immunitario giocano un ruolo decisivo nelle fasi iniziali dell’infezione. In questo ambito, il Laboratorio di Immunologia Cellulare studia da anni l’effetto delle infezioni virali croniche (HIV, HCV, HBV) sul numero e sulla funzione delle cellule immunitarie innate, allo scopo di identificare i meccanismi di evasione utilizzati dal patogeno e possibili strategie atte al recupero della funzionalità immunitaria. 6.1d-Analisi delle Cellule Staminali CD34 + in pazienti con infezione da HIV. Questa linea di ricerca mira ad individuare i danni indotti da HIV sulle cellule staminali CD34 + circolanti e midollari, così come l'effetto del trattamento ART. La ricerca può potenzialmente fornire una descrizione completa della capacità emato-linfopoietica dei pazienti a differenti stadi di malattia, nonché informazioni sull’effetto dei farmaci ART. Questo studio permetterà di meglio valutare le varie opzioni di trattamento ART per pazienti con infezione da HIV, allo scopo massimizzarne i benefici e limitarne al massimo gli effetti collaterali. 6.1e-Analisi delle cellule immunitarie innate tissutali in pazienti con infezione da M.tuberculosis ed in soggetti esposti al micobatterio, ma non infetti. Scopo del progetto è di valutare la funzionalità dei linfociti T innati polmonari in pazienti con varie fasi dell’infezione, e di verificare la loro capacità nell’indirizzare l’esito del contatto con M.tuberculosis. 7 Laboratori strategici di biosicurezza 7.1 Introduzione I Laboratori di biosicurezza sono un complesso di laboratori, siti all’interno dell’INMI, che consentono la manipolazione di agenti patogeni di classe 3 e 4 in condizioni di sicurezza sia per gli operatori che per l’ambiente e la popolazione circostante. Il loro sviluppo nell’Istituto, iniziato a seguito dell’epidemia di AIDS e della volontà di creare un ambiente idoneo per quelle attività diagnostiche e di ricerca che necessitavano la coltura di HIV, è continuato anche sull’onda delle emergenze infettivologiche che hanno caratterizzato gli ultimi anni, per combattere le quali l’INMI si è andato progressivamente attrezzando. Tra queste vanno citate: il pericolo di importazione in Italia di agenti delle febbri emorragiche virali (Ebola, Lassa, etc), l’emergenza bioterrorismo, l’epidemia mondiale di SARS, i virus influenzali a potenziale pandemico e/o causa di infezioni gravi ed altre infezioni ad elevato impatto sociale per cui l’INMI è stato chiamato in causa quale centro di riferimento del WHO. I laboratori sono strutture funzionalmente indipendenti dagli edifici in cui sono localizzati. Essi sono costituiti da zone filtro (spogliatoi), da ambienti di lavoro e da un complesso di vani tecnici, situati al di sopra e al di sotto delle stanze di lavoro, dove sono allocate le strumentazioni atte al loro funzionamento. Tra queste, in particolare, il sistema di smaltimento degli effluenti liquidi ed il sistema di trattamento dell’aria. Quest’ultimo é in grado di garantire la filtrazione dell’aria, il condizionamento degli ambienti e la creazione di un gradiente di pressione negativa, progressivamente più elevato dalle zone filtro alle stanze di lavoro, in grado di evitare la fuoriuscita di quegli agenti patogeni che dovessero accidentalmente contaminare l’interno dei laboratori stessi. I laboratori, e le procedure di manipolazione dei microrganismi in essi eseguite, sono sottoposti alla vigilanza del Comitato Interno di Biosicurezza, nel quale, oltre al direttore dei laboratori stessi, sono presenti esperti di Sicurezza nei luoghi di lavoro, di Igiene ospedaliera ed Infettivologi del comitato interno per la prevenzione delle infezioni ospedaliere. L’accesso ai laboratori è consentito solo al personale autorizzato ed è monitorato prevalentemente con l’ausilio di sistemi computerizzati. Nelle aree più a rischio, è presente anche la videosorveglianza, funzionante h24. Il personale autorizzato è sottoposto a formazione continua ed è vincolato all’adozione di pratiche sia di medicina preventiva, che di sorveglianza sanitaria, in relazione ai microrganismi per la cui manipolazione siano stati autorizzati. Le specifiche procedure operative sono raccolte in un apposito manuale, la cui illustrazione, e la cui verifica dell’apprendimento, è particolarmente curata durante i corsi di formazione del personale. Il complesso dei laboratori ha recentemente avuto la certificazione del Sistema di Gestione della Qualità (norma UNI EN ISO 9001:2008) relativa sia alla gestione dei laboratori stessi che al training del personale. Anche le principali procedure di sorveglianza sanitaria, quali quelle specifiche per SARS-CoV ed influenza A H5N1, per le infezioni trasmesse con il sangue e per la tubercolosi, sono state appositamente redatte e sono oggetto di formazione specifica degli operatori. Parte delle procedure sono state tradotte anche in inglese e nell’ambito della infrastruttura di ricerca europea dei laboratori BSL4 (ERINHA) son state eseguiti corsi di addestramento anche per operatori europei. Gli operatori autorizzati all’uso dei Laboratori di Biosicurezza appartengono a varie U.O. dell’INMI o comunque ad enti esterni impegnati in attività svolte in collaborazione con l’INMI e da questo autorizzate. Nei suddetti laboratori vengono svolte sia attività di ricerca sia attività diagnostiche. In genere le prime sono predominanti, mentre le seconde diventano preponderanti nei periodi epidemici, come si è ad esempio verificato nel corso dell’emergenza dell’influenza pandemica H1N1. Va comunque segnalato il progressivo incremento dell’uso dei laboratori per la coltura del M. tuberculosis, specie per l’esecuzione dei test di sensibilità ai farmaci. Le principali U.O. dell’INMI che utilizzano i laboratori per attività di ricerca sono: Virologia, Immunologia, Biologia cellulare, Collegamento clinica-ricerca, Microbiologia. Tra le U.O. esterne va elencata quella dell’Istituto di Neurobiologia e Medicina Molecolare del CNR nella persona della Dr.ssa Mariani o dell’Istituto Zooprofilattico di Lazio e Toscana coordinata dal Prof G. Autorino. Tra i microrganismi oggetto di attività di ricerca all’interno dei laboratori di biosicurezza, vanno elencati: HIV, Bacillus anthracis, ceppi antibiotico resistenti di micobatteri tubercolari, SARS – e MERSCoV, West Nile Virus ed altri Flavivirus e virus di gruppo 4 tra cui CCHF e RVFV, Influenza H5N1. 7.2 Descrizione della struttura Al momento il complesso “Laboratori di biosicurezza” è costituito dai tre laboratori, di seguito descritti: 7.2a Laboratorio BSL3/4 Padiglione Del Vecchio (200 mq) Laboratorio idoneo alla manipolazione di agenti di classe 3 e 4, sito all’interno del Padiglione Del Vecchio. Oltre che dei relativi ambienti di servizio, è costituito da due locali con livello di biocontenimento 3 e da un terzo locale anch’esso con livello di biocontenimento 3 e dotato di una cappa BSC3 nella quale si possono manipolare agenti biologici di classe 4. È anche predisposta la capacità di operare in livello 4 con l’ausilio di tute a pressione positiva, che al momento non è attiva. Il laboratorio è in attività dall’inizio del 2002 e viene utilizzato per finalità diagnostiche e di ricerca dagli operatori autorizzati. 7.2b Laboratorio BSL 3 Padiglione Baglivi (200 mq) Il laboratorio consta, oltre che dei locali di servizio, di due ambienti dedicati alla coltura di agenti biologici di classe 3. È dotato di sofisticati sistemi di biocontenimento e di attrezzature ad elevato contenuto tecnologico. Affianca l’analogo laboratorio sito nel Padiglione Del Vecchio nelle attività di diagnosi e di ricerca comportanti la manipolazione di agenti biologici di classe 3. Viene utilizzato per finalità diagnostiche e di ricerca dagli operatori autorizzati. In tale laboratorio, si possono anche svolgere quegli esami routinari (es chimica clinica, ematologia, colture batteriche) che non determinino la moltiplicazione di agenti biologici di classe 4. 7.2c Laboratorio BSL3 annesso alla Banca Biologica (70 mq) Tale laboratorio è sito al piano terra del Padiglione Baglivi, all’interno dei locali della Banca Biologica. Il laboratorio, dotato di sofisticati sistemi di sicurezza e di attrezzature ad elevata tecnologia, è costituito da un ambiente di servizio e da un locale appositamente predisposto per la raccolta dei campioni biologici e la loro preparazione per la crioconservazione. 7.3 Progetti di ricerca che prevedono l’uso dei laboratori di biosicurezza Oltre ad ospitare le attività di ricerca di tutte le U. O. che lavorano con agenti di classe 3, e di attività svolte da ospiti provenienti da altre istituzioni che collaborano con l’INMI in attività di ricerca, i laboratori di biosicurezza sono impegnati in attività autonome. Tra queste, vanno citate quelle inserite nei network di cooperazione internazionale: European Network for P4 Laboratories (ENP4Lab, Quandhip, ERINHA); European Network for Imported Viral Diseases (ENIVD); Global Health Security Action Group-Laboratory Network (GHSAG-LN). Tali network sono finalizzati al potenziamento delle capacità diagnostiche dei laboratori europei, e di quelli delle nazioni del G7 + Messico, nei confronti degli agenti a potenziale uso bioterroristico e/o dei patogeni emergenti, specialmente di classe 3 e 4. Nell’ambito delle attività dei network, è compresa la partecipazione a controlli di qualità interlaboratorio, lo scambio di reattivi, di metodiche, di expertise e di personale. Tali attività sono in parte supportato da finanziamenti dedicati. A seguito dell’individuazione dell’INMI quale Ospedale di riferimento per le infezioni da SARS-CoV, da agenti virali a potenziale uso bioterrorisico di classe A (Vaiolo, virus delle febbri emorragiche) e da altri patogeni emergenti, i Laboratori di Biosicurezza sono stati potenziati ed il loro uso è stato finalizzato al accrescimento della risposta nazionale alle emergenze infettivologiche. In tale ambito il personale dei laboratori di biosicurezza ha partecipato a corsi di addestramento in laboratori esteri, quali i laboratori BL4 di Winnipeg (Canada) e di Porton Down (Inghilterra), e a diversi stage stage presso i CDC di Atlanta (Wet lab test) per la valutazione dei sistemi diagnostici per il Vaiolo. I Laboratori hanno inoltre partecipato a Controlli di Qualità internazionali per la diagnosi di infezione da Filovirus (Marburg), Arenavirus (Lassa), Orthopoxvirus (Monkeypox), SARS-CoV, ed altri virus di gruppo 3 organizzati dall’OMS, dal GHSAG-LN, dall’ENIVD, e dalle network europee dei laboratori BSL4 e dei centri di riferimento per i bateeri ad elevata pericolosità e potenziale uso bioterroristico afferenti al progetto europeo QUANDHIP. 8- Struttura di sala settoria di biosicurezza livello 3 Una sala settoria costruita secondo i requisiti dei laboratori di livello 3 di biosicurezza (BL3) è stata progettata e costruita presso l’INMI nel 2004, allo scopo di fornire soluzioni tecniche ed impiantistiche per il contenimento del rischio biologico nell’esecuzione di autopsie su soggetti infetti da agenti patogeni od appartenenti a categorie di popolazione a rischio potenziale e in particolare in caso di malattia di Creutzfeldt –Jakob (CJ), varianti e sindromi ad essa correlate, AIDS, febbri emorragiche virali o in caso di agenti che rappresentano emergenze infettivologiche per la salute pubblica causando malattie gravi o potenzialmente letali. Per impedire la diffusione di agenti infettivi nell’ambiente, la struttura di sicurezza e’ stata progettata con tecniche impiantistiche per il controllo della filtrazione assoluta dell’aria, della ventilazione, della direzione dei flussi d’aria, della pressione differenziale tra i locali e il controllo dei rifiuti e reflui. La sala autoptica comprende 5 sezion, rappresentate da una zona contaminata, una zona semicontaminata, due zone filtro (tra area mortuaria ed area semicontaminata e tra area semicontaminata ed area pulita). I locali sono mantenuti costantemente in un gradiente di pressione negativa. Le condizioni termoigrometriche devono mantenersi entro i 18°C, UR 60% +/- 10 con almeno 20 ricambi all’ora . La malattia di Creutzfeldt –Jakob (CJD) e le sindromi ad essa correlate sono assimilate a malattie infettive e diffusive che comportano l’adozione di misure di sanità pubblica e sono soggette a segnalazioni e flusso informativo raccolti dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità; L’UOC di Anatomia Patologica dell’Istituto Lazzaro Spallanzani e’ stata individuata come centro di riferimento per l’esecuzione di autopsie con sospetta malattia di Creutzeldt Jakob, variante e sindromi correlate perchè in possesso dei Dispositivi di Protezione Individuale e di soluzioni specifiche ai fini di attuare barriere individuali e collettive allo scopo di limitare possibili contaminazioni da parte di microrganismi e nello specifico da Proteine prioniche durante le operazioni autoptiche. Il Ministero della Salute, riguardo le linee guida e le norme di sicurezza da osservare in pazienti deceduti con sospetto clinico di CJD o sindrome correlate, ritiene il riscontro autoptico di fondamentale importanza sia per una definizione diagnostica sia per una corretta valutazione epidemiologica di queste patologie nell’ambito nazionale (vd. GU serie generale n. 8 del 10/01/2002). Dal 2004 al 2012 sono state eseguite 63 autopsie di sospetta CJ e varianti, con dimostrazione tramite Western Blotting della proteina patologica (PrP) in 59 casi definiti come forma classica di Creutzfeldt Jakob. Gli altri casi sono stati classificati come dementia fronto temporale, sottotipo II/III sec. il protocollo descritto da McKeith et al nel 2005 e caratterizzati da stato spongioso, microvacuolizzazione dei neuropili e perdita neuronale nella corteccia cerebrale dei lobi temporale e frontale. Inoltre, un completo esame autoptico rappresenta un'opportunità per collezionare e preservare campioni di tessuto congelato nella locale Banca Biologica con classificazione dei tessuti normali e patologici per eventuali studi ancillari prospettici e retrospettivi. 8.1-Principali obiettivi e prospettive di ricerca L'obiettivo principale di questa risorsa è quello di fornire le competenze e le attrezzature per effettuare, in condizioni adeguate e di contenimento biologico, autopsie di pazienti "ad alto rischio". La struttura viene regolarmente utilizzata per stabilire le cause del decesso, rispondere a domande cliniche, rivelare informazioni non previamente identificate, caratterizzare nuovi processi patologici, determinare gli effetti del trattamento terapeutico, prevenire la diffusione di malattie emergenziali, determinare un controllo di salute pubblica in caso di malattie altamente contagiose. L’ unicità di questa struttura fornisce all’INMI un forte vantaggio competitivo. I dati macroscopici, microscopici, immunoistochimici così come i reperti molecolari e ultrastrutturali risultanti dall'analisi di organi e tessuti prelevati, costituiscono una preziosa risorsa per la comprensione degli eventi patogeni e della patogenesi di malattie infettive letali. Il futuro della patologia richiede un aumento dei livelli di quantificazione, integrando le tecniche e le applicazioni, con un approccio multidisciplinare, e la generazione di dati di biomarker multicanale per lo studio e la classificazione di fenotipi diversi, con studio delle variabili anche a livello di localizzazione subcellulare di tessuti bioptici. Sequenziamento di prossima generazione, patologia digitale e altre tecnologie innovative stanno rapidamente trasformando il campo dell’analisi dei tessuti. Nuovi metodi promettono alcune soluzioni interessanti. Presso l’INMI si attueranno soluzioni e casi di studio per varie applicazioni di analisi dei tessuti. L’INMI rappresenta il luogo ideale per questo livello di biosicurezza 3 grazie alla possibilità di una attività integrata con tutti i laboratori diagnostici avanzati già presenti nell'Istituto. 9-Struttura di monitoraggio dei farmaci a scopo terapeutico Il raggiungimento di adeguati livelli ematici di farmaco è il presupposto per il raggiungimento dell’effetto terapeutico desiderato ovvero il suo mantenimento nel tempo, soprattutto nel caso di malattie a decorso prolungato o cronico. Infatti, nel caso di tali patologie un inadeguato trattamento può determinare la comparsa di effetti tossici o portare ad mancato mantenimento dell’efficacia terapeutica. In tale contesto, appare particolarmente complessa la gestione terapeutica di pazienti sottoposti a trapiantato di fegato o di rene, o candidati al trapianto, che necessitano di trattamenti farmacologici propedeutici al trapianto in quanto possono verificarsi fenomeni di accumulo e di tossicità da farmaci non solo nel caso di sovradosaggio, ma anche con dosaggi terapeutici standard, ovvero un mancato effetto terapeutico a seguito di una ridotta somministrazione di farmaci per evitare gli indesiderati effetti da accumulo. Poiché diversi fattori possono influenzare i livelli plasmatici dei farmaci, il monitoraggio dei farmaci a scopo terapeutico permette di ottimizzare il dosaggio del farmaco che deve essere assunto dal singolo paziente. Ciò permette di determinare la dose massima tollerata senza che si manifestino effetti tossici ovvero la dose minima necessaria affinché si abbia il desiderato l’effetto terapeutico. Ciò assume particolare rilevanza nei soggetti affetti da grave insufficienza d’organo (rene e/o fegato). Inoltre, il monitoraggio dei farmaci a scopo terapeutico permette di correlare il dosaggio del farmaco e la risposta individuale nonché di ottenere informazioni, ancorché indirette, circa l’interazione fra farmaci ovvero la loro bio-disponibilità. In tale contesto, si fa sempre più strada il concetto di terapia farmacologica personalizzata in relazione al quadro genetico e biochimico del paziente. Infatti, la maggior parte dei farmaci viene metabolizzata per via epatica mediante l’azione del citocromo P450. Tale sistema proteico comprende un insieme di isoenzimi, espressi in diverso grado su base genetica individuale, deputati alla detossificazione dei farmaci. Molti farmaci possono indurre o inibire l’attività di una o più isoforme di citocromo P450, e ciò spesso comporta, effetti inattesi ed indesiderati a spese dell’azione dei farmaci derivanti dall’assunzione contemporanea di differenti principi attivi interferenti. La capacità anche di un singolo isoenzima del citocromo P450 di metabolizzare molteplici farmaci può essere responsabile delle interazioni fra farmaci a livello metabolico che si riscontrano nella pratica clinica. Ciò riflette la possibilità che più principi attivi possano attivare o inibire un determinato isoenzima alterando la biotrasformazione dei substrati. L’inibizione degli enzimi che esplicano azioni di tipo catabolico causa un aumento dei livelli plasmatici dei farmaci e quindi un incremento della loro concentrazione ed un prolungamento della loro azione. Pertanto, se il farmaco il cui metabolismo è inibito ha un ristretto margine terapeutico si possono avere conseguenze clinicamente rilevanti. Oltre che dal margine terapeutico e dalla dose del farmaco ad azione inibente, l’entità degli effetti tossici dipende dalla via metabolica coinvolta. Le conseguenze possono essere particolarmente gravi se l’enzima inibito è il solo o il principale responsabile della biotrasformazione del farmaco. L’inibizione del metabolismo di un farmaco può anche comportare il fallimento terapeutico se la sua efficacia risiede in uno o più metaboliti. Peraltro, le manifestazioni cliniche più frequenti sono riconducibili all’aumentata tossicità del farmaco il cui metabolismo è inibito. La competizione per un isoenzima da parte di due o più farmaci può essere sfruttata a scopo terapeutico per aumentare l’emivita di un farmaco allo scopo di aumentarne e prolungarne l’efficacia. Emblematica è l’associazione Lopinavir-Ritonavir (Kaletra), infatti il Ritonavir competendo con il farmaco associato per lo stesso isoenzima del citocromo P450 ed avendo un’affinità maggiore determina un effetto ‘booster’ aumentando l’emivita plasmatica del Lopinavir. Ampio interesse suscita infine lo studio delle interazioni fra farmaci e proteine in relazione alla competizione di più farmaci per il medesimo sito di legame, alla modulazione del legame di terzi componenti endogeni ed esogeni, alla biodisponibilità del farmaco legato ed alla distribuzione del farmaco nell’organismo e all’interno delle cellule. Alla luce di quanto sopra esposto risulta fondamentale per l’INMI ‘Lazzaro Spallanzani’ l’allestimento di una sezione finalizzata al monitoraggio dei farmaci a scopo terapeutico che permetta di sostituire la terapia standard con la terapia personalizzata. Ciò trova fondamento nel: - monitoraggio terapeutico dei farmaci in pazienti che non rispondono come atteso dalla pratica clinica alle terapie standard; - monitoraggio terapeutico dei farmaci in pazienti candidati al trapianto di rene o di fegato - monitoraggio terapeutico dei farmaci in pazienti che hanno subito il trapianto di rene o di fegato sia per quanto riguarda gli immunosoppressori che i farmaci utilizzati in terapie contestuali (antivirali ed antibiotici); - follow-up di pazienti inseriti in trial terapeutici; - sviluppo di metodi originali per il dosaggio di nuovi farmaci introdotti in terapia; - studio di aspetti di farmacocinetica di singoli farmaci e loro cocktail; - studio delle alterazioni metaboliche indotte dai farmaci; - studio delle interazioni fra farmaci, fra farmaci e proteine plasmatiche e localizzazione nei globuli rossi; - studio delle mutazioni puntiformi di geni che sono deputati al metabolismo dei farmaci; - studio delle concentrazioni intracellulari quale risultato dell’attività dei farmaci stessi sulle pompe di membrana. La sezione è stata istituita nel 2004, presso il Laboratorio di Biochimica Clinica e Farmacologia, inizialmente in collaborazione con l'Università di Roma III, con l'obiettivo iniziale di sviluppare protocolli innovativi per misurare le concentrazioni plasmatiche dei farmaci antiretrovirali, quale supporto per la sperimentazione clinica, per gli studi di farmacocinetica e la ricerca di base in pazienti con infezione da HIV. Nel 2007, a causa della necessità di sostenere la nuova costituzione del "Dipartimento interaziendale Trapianti" (POIT), il TDM è stato ampliato per il dosaggio di farmaci immunosoppressori. Successivamente il menù è stato esteso agli antibiotici e agli antitubercolari. La struttura comprende apparecchiature ad alta tecnologia tra cui HPLVUV, MALDI-TOF/TOF, prossimamente un HPLC-MS/MS e personale dedicato, ad alta specializzazione, che copre l'intero flusso di lavoro dalla preparazione del campione per l'analisi dei dati alla consegna del referto finale per i clinici. I metodi usati includono la cromatografia liquida ad alta pressione (HPLC) e la spettrometria di massa. Nonostante i numerosi ospedali che si occupano di pazienti con ID, nel Centro-Sud Italia non ci sono centri per il monitoraggio terapeutico dei farmaci utilizzati nel corso di ID. Pertanto l’INMI può essere un punto di riferimento per il monitoraggio terapeutico dei farmaci, le interazioni e collaborazioni di supporto nella ricerca e nel trattamento di pazienti con ID anche mettendo il servizio a disposizione di altre strutture sanitarie. 9.1-Principali obiettivi e prospettive di ricerca Il TDM rappresenta uno strumento avanzato di diagnosi e un campo di indagine in rapida espansione in materia di ID, dal momento che i nuovi farmaci e le nuove impostazioni terapeutiche sono continuamente in evoluzione. Con il campo parallelo della farmacogenomica il TDM rappresenta una risorsa preziosa per migliorare la cura dei pazienti in base all’idea del "trattamento personalizzato". Per l’aspetto traslazionale il TDM può comportare vantaggi nei seguenti aspetti clinici: - migliorare la gestione terapeutica dei pazienti; - valutare la compliance, ridurre gli effetti tossici dei farmaci e dare un’interpretazione agli effetti collaterali; - ridurre i giorni di ricovero del paziente. Gli obiettivi principali della sezione per il TDM in termini di ricerca sono: a) applicazione di metodi standardizzati del commercio per il dosaggio dei farmaci immunosoppressori e antibiotici (tacrolimus, ciclosporina, vancomicina); b) sviluppo e applicazione di metodi innovativi per la terapia delle infezioni virali da HIV e HCV; c) monitoraggio avanzato della terapia con ribavirina in pazienti HCV positivi con insufficienza renale; d) farmaco genetica. 9.1.a- applicazione di metodi standardizzati del commercio per il dosaggio di farmaci immunosppressori L’apertura delle sale operatorie e della Chirurgia POIT per l’esecuzione di trapianti d’organo solido richiede il monitoraggio costante dei livelli ematici dei farmaci immunosoppressori. Il dosaggio di tali farmaci è legato all’accuratezza analitica, soprattutto per concentrazioni ai limiti della quantificazione o per concentrazioni elevate che potrebbero indurre il rigetto o la tossicità, rispettivamente. In particolare l’acquisizione della spettrometria di massa caratterizzata da altissima sensibilità ed accuratezza potrà permettere di studiare le concentrazioni degli immunosoppressori a livello cellulare, in quel compartimento cioè, dove la concentrazione del farmaco deve essere efficace e dove le interazioni del farmaco con i sistemi di detossificazione sono maggiormente coinvolti 9.1.b- Sviluppo e applicazione di metodi innovativi per il TDM Protocolli HPLV-UV-, MALDI-TOF/TOF e HPLC-MS/MS sono già stati sviluppati per determinare i livelli plasmatici di ribavirina, anti-HIV delle diverse classi e antitubercolari. L'elenco dei farmaci inclusi in protocolli TDM segue l'introduzione in tempo reale dei nuovi farmaci nella pratica clinica. I metodi già sviluppati, così come quelli che saranno sviluppati in futuro, sono sottoposti a costante verifica della qualità analitica attraverso l’applicazione di stringenti regole e l’utilizzo di sieri di controllo certificati a livello europeo. Possibili applicazioni sono: monitoraggio terapeutico in pazienti che non rispondono come previsto alle terapie standard nella pratica clinica; monitoraggio terapeutico dei pazienti affetti da HIV trattati con nuove combinazioni antivirali; monitoraggio dei farmaci immunosoppressivi, antivirali e antibiotici, nei pazienti sottoposti a trapianto di rene o di fegato; gravidanza; lettura dei risultati terapeutici alla luce dei risultati di TDM come un nuovo indicatore di esito; monitoraggio terapeutico nei pazienti con insufficienza d'organo; follow-up dei pazienti inclusi negli studi terapeutici; studio di farmacocinetica di singoli farmaci e dei loro cocktail; estensione di studi di farmacocinetica di fluidi corporei diversi (ad esempio liquido cerebrospinale, sperma, latte materno); creazione di interazioni molecolari, comprese quelle tra farmaci e proteine plasmatiche, e tra farmaci e globuli rossi. 9.1c- monitoraggio della terapia con ribavirina in pazienti HCV positivi con insufficienza renale La percentuale di eliminazione della ribavirina in pazienti con compromissione della funzionalità renale è ridotta e solo una piccola frazione del farmaco viene eliminato durante la dialisi. La ridotta funzione renale ed il conseguente aumento delle concentrazioni plasmatiche aumenta il rischio di gravi effetti collaterali, tra cui l’anemia emolitica. Pertanto la somministrazione di ribavirina è controindicata in pazienti HCV positivi con ridotta funzionalità renale. D'altra parte una risposta virologica dopo terapia antivirale in pazienti HCV dializzati che sono candidati per il trapianto di rene è associata a una ridotta incidenza di diabete mellito HCV correlato post-trapianto. In questo contesto, l’ esperienza ha dimostrato che la regolazione accurata dei dosaggi di farmaci può diminuire il rischio di effetti tossici in questi pazienti che beneficiano di terapia con ribavirina + interferone. Il programma in corso prevede l'ulteriore espansione del monitoraggio della ribavirina per l’infezione da HCV in pazienti con insufficienza renale, in dialisi e candidati al trapianto. Il beneficio previsto da tale progetto comprende: migliore gestione terapeutica dei pazienti, riduzione delle complicanze relative all'uso di ribavirina e riduzione dell'utilizzo di eritropoietina; valutazione della compliance e riduzione degli effetti avversi; valutazione dell’efficacia terapeutica in base ai risultati del monitoraggio dei livelli plasmatici di farmaci nel periodo pre-chirurgico in pazienti affetti da insufficienza epatica e/o insufficienza renale che sono candidati per il trapianto; monitoraggio dei livelli plasmatici di farmaci nelle fasi di post-trapianto, se con somministrazione di IFN + ribavirina. 9.1d- farmaco genetica La farmacogenetica, ricercando la correlazione tra variazioni del DNA e suscettibilità individuale alle terapie farmacologiche, assume un ruolo sempre più importante sia nello studio della variabilità interindividuale di risposta alle terapie che nella prevenzione delle reazioni avverse ai farmaci . Polimorfismi CYP-450: Poiché la superfamiglia enzimatica del citocromo P450 (CYP450) rappresenta un meccanismo di difesa da sostanze chimiche tossiche, è stato ipotizzato un notevole impatto dei polimorfismi nelle regioni geniche umane codificanti per il CYP450 sulla risposta individuale all’azione dei farmaci che utilizzano isoforme CYP450 nel proprio metabolismo. Un aspetto fondamentale e innovativo, nell’ottimizzazione dei regimi terapeutici includenti farmaci che utilizzano isoforme CYP3A come via metabolica, potrebbe pertanto essere rappresentato da una migliore caratterizzazione dei polimorfismi (SNPs) nei geni CYP3A4 e CYP3A5, mediante metodi di analisi di sequenze full-lenght (sequenziamento diretto), atte al rilevamento di SNPs potenzialmente in grado di modularne l’espressione genica e l’attività enzimatica. In questo contesto, gli studi di farmacogenetica che stiamo conducendo nell’ambito di un progetto di Ricerca Finalizzata (finanziamento RF-2009-1547039) potrebbero contribuire ad ampliare le conoscenze riguardo l’effetto della variabilità genica interindividuale sulla risposta terapeutica agli inibitori della proteasi (PI), con la potenzialità di utilizzare i dati prodotti anche nell’ottimizzazione di altri regimi terapeutici. Una maggiore caratterizzazione dei polimorfismi genetici del CYP3A potrebbe avere un’importante ricaduta assistenziale anche nell’ottimizzazione individuale del dosaggio e della risposta farmacologica della terapia con altri farmaci quali ciclosporina e tacrolimus, utilizzati nei trapianti d’organo. HLAB*5701: L’Abacavir è un farmaco utilizzato nella cura dell’HIV. Nel 7-8% dei pazienti esposti al farmaco, si manifesta una sindrome clinica multiorgano caratterizzata da febbre, rash cutaneo, cefalea e disturbi gastrointestinali. I sintomi si risolvono con l’interruzione del farmaco, ma nel caso di una ulteriore esposizione ad Abacavir e nel caso in cui si fosse trattato di una reale reazione di ipersensibilità al farmaco, esiste il rischio di manifestazioni sistemiche severe che possono causare anche la morte del soggetto. Sulle basi di questi risultati le linee guida internazionali vietano la somministrazione di Abacavir senza aver prima eseguito la ricerca dell’allele HLA-B*5701. Dal 2012 è stato pertanto introdotto il test di screening per tale allele, mediante metodiche di biologia molecolare. I dati generati dall’elevato numero dei campioni processati potrebbero anche essere utili agli studi di associazione tra antigeni HLA e infezione da HIV (l’allele HLA-B57 è stato infatti identificato come “protezione” contro l'HIV-1). IL28b: La terapia combinata INF pegilato (PEG-IFN) e ribavirina (RBV) è la terapia attuale standard, ma il suo esito è influenzato da una serie di fattori tra cui il genotipo virale e l’assetto genetico del paziente. In particolare, il polimorfismo rs12979860 dell’ospite nel promotore del gene umano Interleuchina-28B (IL28B), è fortemente associato alla SVR (Risposta Virale Sostenuta). Tale gene codifica per la proteina IFN-λ3, implicata nella risposta immunitaria contro HCV. Si è evidenziato che i pazienti che possiedono il genotipo C/C (genotipo associato alla risposta favorevole alla terapia standard) hanno un tasso di SVR maggiore di due/tre volte rispetto a quello dei pazienti con genotipo C/T e T/T (con genotipo associato a risposta meno favorevole). Dal 2012 è stato pertanto introdotto il test di screening per l’analisi del polimorfismo rs12979860 nel gene dell’interleuchina-28B in pazienti affetti da infezione cronica da HCV mediante metodiche di biologia molecolareIl genotipo C/C inoltre è associato al raggiungimento della clearance virale spontanea da parte dell’ospite con epatite acuta e pertanto i polimorfismi del gene IL28B potrebbero anche essere utilizzati per la predizione della progressione dell’infezione da HCV e/o come indici di clearance spontanea dell’infezione virale.