Editoriale Vol. 98, N. 2, Febbraio 2007 Pagg. 90-96 Recenti acquisizioni sul ruolo delle chemochine e dei recettori delle chemochine nella patogenesi della fibrosi polmonare idiopatica Giuseppe Brunetti1, Patrizia Pignatti2 Riassunto. La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è una patologia ad eziopatogenesi sconosciuta che coinvolge l’interstizio polmonare e conduce ad un processo progressivo ed irreversibile di fibrosi e conseguente insufficienza respiratoria. Nei diversi meccanismi patogenetici della malattia, sembra essere coinvolto il sistema chemochine/ recettori di chemochine. Queste proteine a basso peso molecolare e ad azione chemotattica nei confronti della gran parte delle cellule del sistema immune potrebbero essere determinanti nel processo di sviluppo della IPF, nella fase di progressione della malattia e nei processi di neoangiogenesi caratterizzanti il rimodellamento vascolare del parenchima polmonare nella IPF. Gli importanti studi effettuati negli ultimi anni riguardanti le chemochine e i recettori delle chemochine, e volti al chiarimento dei processi di eziopatogenesi della IPF, hanno inoltre aperto la strada a nuove possibilità terapeutiche per i pazienti con IPF. Parole chiave. Chemochine, fibrosi polmonare idiopatica, recettori delle chemochine. Summary. Recent advances on the role of chemokines/chemokine receptors in the pathogenesis of idiopathic pulmonary fibrosis. Idiopathic pulmonary fibrosis (IPF) is a progressive and irreversible lung disease characterized by fibrosis in the lung parenchyma and collagen deposition leading to respiratory failure. Different etiopathogenetic hypothesis have been formulated during the last years and many studies recently published demonstrated that in most of processes suggested for the onset and the development of IPF, chemokines and chemokine receptors are involved. Dysregulated expression of chemokines and their receptors during inflammatory processes might also alter the equilibrium between angiostatic and angiogenic processes leading to neovascularization in the lung tissue. Studies on chemokines/chemokine receptors could shed light on the mechanisms involved in IPF and draw new therapeutic strategies to block the progression of the disease. Key words. Chemokines, chemokine receptors, idiopathic pulmonary fibrosis. Introduzione La fibrosi idiopatica è prevalente nella fascia di età di 50-60 anni, con un aumento dell’inciLa fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è stata dedenza negli ultimi 10-15 nei paesi industrializzafinita in una Consensus conference congiunta tra ti. L’evoluzione della malattia verso l’insufficienAmerican Thoracic Society (ATS) e European Reza respiratoria è progressiva e la mortalità a 5 spiratory Society (ERS), come una pneumopatia inanni è di circa 70%. terstiziale cronica fibrotiSul piano morfologico ca di origine sconosciuta, il pattern UIP è carattelimitata al polmone e asrizzato da: Benché le numerose ricerche negli ultimi 30 sociata ad un quadro istoa) rimodellamento fianni abbiano formulato ipotesi patogenetiche diverse sulla IPF, ancora oggi sia la palogico di polmonite interbrotico dell’architettura togenesi che la storia naturale della malatstiziale usuale (UIP), pepolmonare con formazioni tia non sono del tutto state chiarite. raltro non esclusivo della cistiche (favo d’alveare) a IPF1. disposizione subpleurica; 1Divisione di Pneumologia Riabilitativa, 2Servizio Autonomo di Allergologia e Immunologia Clinica, Fondazione Salvatore Maugeri , IRCCS Istituto Scientifico, Pavia. Pervenuto il 10 luglio 2006. G. Brunetti, P. Pignatti: Chemochine e recettori delle chemochine nella fibrosi polmonare idiopatica b) aggregati di fibroblasti e miofibroblasti in corrispondenza del fronte di avanzamento della fibrosi (foci fibroblastici); c) distribuzione disomogenea delle alterazioni polmonari con presenza di aree di fibrosi recente e di fibrosi inveterata e di aree di polmone normale (disomogeneità temporale); d) presenza di bronchiectasie da trazione (bronchiolizzazione). Crystal e coll.3 intorno agli anni ’70, basandosi sui dati provenienti dal lavaggio broncoalveolare, introdussero il termine di “alveolite” e generarono l’ipotesi che questo processo infiammatorio, di causa sconosciuta, fosse il primum movens della malattia, dando origine ad una concatenazione di eventi biologici che, attraverso meccanismi riparatori, sfociava nella fibrosi. La constatazione dell’inefficacia della terapia steroidea e immunosoppressiva, che fondava il proprio razionale sull’ipotesi infiammatoria e le evidenze anatomo-patologiche che documentavano l’esiguità della componente infiammatoria, anche in soggetti con una breve storia clinica, determinarono la crisi di queste teorie. All’inizio degli anni ’90, Selman e coll., basandosi sulle osservazioni in microscopia elettronica di Katzenstein e coll.4, gettarono le basi della nuova e ancora attuale ipotesi epiteliale-mesenchimale5. Questa ipotesi veniva supportata dall’osservazione di focolai di necrosi (più tardi identificata come apoptosi) dell’epitelio alveolare con “denudamento” della membrana basale nei pazienti con IPF. La necrosi epiteliale è confinata in focolai sparsi ove sono presenti aggregati di fibroblasti (foci fibroblastici), considerati come un elemento istologico caratterizzante il pattern UIP della fibrosi polmonare idiopatica. Viene così a 91 configurarsi una relazione consequenziale fra danno epiteliale e reazione mesenchimale (definita “cross-talk” dagli stessi autori), nella quale la cellula epiteliale costituisce la sorgente di segnali biochimici per l’attivazione ed il reclutamento dei fibroblasti ed i foci fibroblastici rappresentano la sede della deposizione di collagene neoformato e quindi l’indicatore della attività della malattia. PATOGENESI Allo stato attuale delle conoscenze, la patogenesi della IPF si presenta come un intricato mosaico nel quale intervengono fattori diversi (apoptosi epiteliale, cross-talk epiteliale mesenchimale, fattori di crescita fibroblastica, miofibroblasti, fattori della coagulazione, ossidanti, infiammazione e citochine Th2, angiogenesi) a determinare una ipotetica sequenza di eventi che origina da ripetute lesioni dell’epitelio alveolare e che porta – tramite l’iperplasia dei pneumociti di tipo 2, la produzione di fattori di crescita, la neoangiogenesi e la proliferazione di fibroblasti e miofibroblasti – alla deposizione di collagene e alla fibrosi6. Recenti studi hanno identificato nell’interazione recettore delle chemochine/chemochine un importante meccanismo di regolazione deputato alla attivazione alla mobilizzazione e alla compartimentalizzazione dei diversi elementi cellulari protagonisti del processo della fibrogenesi (vedi tabella 1). Tabella 1. - Recettori delle chemochine e relativi ligandi (nome comune/nomenclatura sistematica) implicati nella patogenesi della IPF. Recettore Ligando Attività Bibliografia CXCR2 IL-8/CXCL8, ENA-78/CXCL5, GRO-α/CXCL1, GRO-β/CXCL2, GRO-γ/CXCL3, GCP-2/CXCL6, NAP-2/CXCL7 Induzione della neoangiogenesi 6, 7, 10, 26, 27, 29, Chemiotassi-attivazione neutrofili 30, 31 CXCR3 MIG/CXCL9, IP-10/CXCL10 e ITAC/CXCL11 Inibizione del reclutamento dei fibroblasti Inibizione della fibrosi Inibizione della neoangiogenesi 6, 7, 10, 16, 17, 20, 21, 24, 30, 32, 33, 34, 38 CXCR4 CXCL12 Regolazione della migrazione di fibrociti 6, 7, 35 CCR2 MCP-1/CCL2, MCP-3/CCL7, MCP-2/CCL8 MCP-4/CCL13 Regolazione della migrazione ma- 7, 10, 22 crofagica e produzione di MMP2 e MMP-9. Reclutamento linfociti T e cellule dendritiche CCR3 RANTES/CCL5, MCP-3/CCL7, MCP-2/CCL8, Reclutamento linfociti Th2, EOTAXIN/CCL11, MCP-4/CCL13, HCC-1/CCL14, eosinofili HCC-2/CCL15 Induzione della fibrosi 7, 10, 29 CCR4 TARC/CCL17, MDC/CCL22 Reclutamento linfociti Th2 Induzione della fibrosi 6, 7, 10, 18, 21, 24 CCR5 MIP-α/CCL3, MIP-β/CCL4, RANTES/CCL5, MCP-2/CCL8, EOTAXIN/CCL11, MCP-4/CCL13 HCC-1/CCL14 Reclutamento linfociti Th1 7, 10, 23 Stimolazione della sintesi di CCL7 in vitro 92 Recenti Progressi in Medicina, 98, 2, 2007 Le chemochine sono piccole proteine di 8-10 kd con una omologia di sequenza aminoacidica del 20-70%. Esse sono state suddivise in famiglie sulla base della posizione dei loro residui cisteinici; vi sono quattro famiglie. Tra esse, le chemochine CXC (α) – nelle quali un aminoacido separa i due residui cisteinici – e le chemochine CC (β) – in cui i due gruppi cisteinici sono adiacenti – sono le meglio caratterizzate. L’attività biologica delle chemochine è essenzialmente chemotattica e, in linea generale, la famiglia CXC regola la chemiotassi dei neutrofili mentre la famiglia CC attrae monociti, eosinofili, basofili e linfociti con selettività variabile 7. Le chemochine vengono identificate con un nome comune, che richiama il meccanismo d’azione; recentemente è stata introdotta una classificazione sistematica costituita dalla sigla CCL o CXCL (ove L significa ligand) e da un numero progressivo. Le chemochine si legano a specifici recettori di membrana cellulare e in questo modo attraggono le cellule nel sito dove le chemochine stesse sono state prodotte; i recettori delle chemochine vengono identificati con la sigla CCR o CXCR (ove R sta per receptor) seguita da un numero progressivo. Mentre l’espressione di alcuni recettori è ristretta ad un tipo cellulare specifico (es. CXCR1 sui neutrofili), altri possono essere espressi su tipi cellulari differenti, anche a seconda dello stato di attivazione. Benché un dato recettore possa legare più di una chemochina, un recettore CC si lega esclusivamente a CC chemochine e analogamente un CXC recettore lega solo CXC chemochine. Di recente, diversi gruppi di ricerca hanno dimostrato un ruolo importante di alcune di queste chemochine e dei loro recettori specifici nello sviluppo della fibrosi polmonare. Chemochine/recettori di chemochine, paradigma Th1/Th2 e fibrosi polmonare Relegata dalla evoluzione delle teorie patogenetiche da fattore determinante a evento collaterale, l’infiammazione ha riacquistato importanza con l’identificazione, nell’ambito delle popolazioni dei linfociti T helper (Th), di ulteriori differenziazioni fenotipiche: Th1 e Th2. Dal punto di vista funzionale, i linfociti Th1 producono le citochine IL-2 e Interferon γ (dette citochine Th1) e regolano l’immunità cellulare associata alle malattie autoimmuni e al rigetto acuto dei trapianti, mentre i linfociti Th2 producono le citochine Th2 IL-4, IL-5, IL-10 e IL-13 e sono deputati alla regolazione della immunità umorale nelle malattie allergiche e fibroproliferative8. Le due sottopopolazioni si differenziano anche per l’espressione di differenti recettori delle chemochine9, prevalentemente CCR1,CXCR3 e CCR5 nei Th1 e CCR3, CCR4 e CCR8 nei Th2, e l’interazione fra il recettore e la rispettiva chemochina ligando (vedi tabella 1) è fondamentale per il reclutamento e la compartimentalizzazione delle cellule effettrici a livello dei vari tessuti9. Gli effetti opposti delle citochine Th1 e Th2 nella fibrosi sono stati documentati da numerose ricerche sperimentali11 che hanno dimostrato come l’IL-4 sia un importante mediatore della chemotassi, attivazione e proliferazione dei fibroblasti e determini nelle colture di fibroblasti aumento della espressione di mRNA per le proteine della matrice extracellulare (ECM) e della produzione di procollagene tipo I e II e di fibronectina. Analoga attività è stata dimostrata per l’IL-13 che, inoltre, inibisce la produzione di matrix-metalloproteinasi 1 e 3 (MMP-1 e MMP-3) IL1-indotta e stimola la produzione dell’inibitore tessutale delle metalloproteinasi-112 da parte dei fibroblasti. Una spiccata azione antifibrogenetica è stata invece dimostrata per l’interferon γ, la principale citochina Th1 che, antagonizzando gli effetti del TGF β, il principale mediatore della fibrosi, inibisce la produzione in vitro di collagene da parte di fibroblasti e condrociti e la espressione di mRNA per il procollagene I e III13. La conferma clinica di queste osservazioni sperimentali viene da studi su campioni di tessuto polmonare o sul BAL di pazienti con IPF14,15. Utilizzando tecniche di ibridazione in situ o di RTPCR è stato dimostrata una prevalente espressione di citochine Th2 (IL-4, IL-5, IL-10) e una ridotta produzione di IFN-γ. I livelli di IFN-γ sono risultati inversamente correlati a quelli di procollagene III, sopratutto nei pazienti con maggiore deterioramento funzionale15. Uno studio recente di Jiang e coll.16 ha portato nuovi e importanti spunti per la ricerca nella IPF. Gli autori hanno dimostrato, in un modello sperimentale murino di fibrosi polmonare, una più alta mortalità dovuta a fibrosi polmonare progressiva da bleomicina, nei topi privi del recettore CXCR3 (CXCR3 -/-) rispetto ai topi Wild Type (WT) di controllo; i topi CXCR3 -/- presentavano anche un ridotto reclutamento polmonare di linfociti citotossici CD8+ e Natural Killer e una produzione ridotta di IFN-γ e di IP-10/CXCL10 (una delle chemochine che legano il CXCR3). Inoltre, è stato dimostrato che la somministrazione di IFN-γ esogeno e il trasferimento passivo di cellule mononucleate CXCR3+ nei topi CXCR3 -/-, prima della esposizione a bleomicina, determina una attenuazione dei fenomeni fibrotici. Al contrario, la somministrazione di anticorpi anti IFN-γ nei topi WT prima della esposizione causa un aumento della fibrosi. I risultati di questo studio dimostrano ancora una volta che la produzione di IFN-γ è strettamente correlata alla presenza sulla membrana cellulare del CXCR3 e che il microambiente Th1 orientato favorisce la risoluzione delle lesioni piuttosto che la progressione in fibrosi. G. Brunetti, P. Pignatti: Chemochine e recettori delle chemochine nella fibrosi polmonare idiopatica Uno studio di Tager e coll.17 pubblicato nello stesso anno conferma i risultati del lavoro di Jiang, dimostrando che topi privi della chemochina CXCL10 vanno incontro a fibrosi polmonare più accentuata dopo esposizione a bleomicina e che la stessa chemochina inibisce in vitro il reclutamento dei fibroblasti da parte del fluido BAL dei ratti esposti a bleomicina. Per contro, l’importanza dei recettori Th2 nel favorire lo sviluppo della fibrosi polmonare da bleomicina è stata documentata dallo studio di Belperio e coll.18, i quali hanno dimostrato che l’espressione delle chemochine TARC/CCL17 e MDC/CCL22 ligandi del recettore CCR4 (espresso principalmente sui Th2) aumenta con lo sviluppo della fibrosi e che l’inibizione del CCL17, ma non del CCL22, ne attenua l’intensità. Analogamente, Huaux e coll.19 hanno dimostrato una accentuata espressione del recettore CCR3 e del ligando Eotaxina/CCL11 (espressioni di un microambiente di tipo Th2) associata alla fibrosi polmonare, e una minore risposta fibrotica nei topi precedentemente trattati con anticorpi neutralizzanti il CCR3. La possibilità di identificare i linfociti Th1 e Th2 dalla espressione dei recettori delle chemochine ha permesso la caratterizzazione della risposta immunitaria locale nell’asma, nella broncopneumopatia cronica ostruttiva, nella sarcoidosi10, nella polmonite da ipersensibilità20 e nella polmonite interstiziale associata alla sindrome di Sjögren21. In quest’ultimo studio di Shimizu e coll, viene confrontata l’espressione dei recettori CXCR3 e CCR4 nelle biopsie polmonari di pazienti con interstiziopatia polmonare correlata a sindrome di Sjogren rispetto a quelle di soggetti affetti da IPF, evidenziando nei primi una polarizzazione in senso Th1 (CXCR3 prevalente su CCR4) ed un più alto rapporto CXCR3/CCR4 a livello delle aree fibrotiche rispetto a IPF. Uno studio di Choi e coll. del 200422 ha dimostrato una elevata espressione del gene per la chemochina profibrotica MCP-3/CCL7 (Monocyte Chemoattractant Protein-3), ligando del recettore CCR2, nelle biopsie e nelle colture di fibroblasti di pazienti con UIP rispetto ad altre interstiziopatie. La sintesi in vitro di CCL7 risultava significativamente incrementata in presenza della chemochina RANTES/CCL5, ligando dei recettori CCR3 e CCR5. Una ridotta espressione del recettore Th1 CCR5 nel BAL di pazienti con IPF rispetto alla popolazione di controllo, è stata riportata da Capelli e coll.23. In un nostro recente studio24 pubblicato all’inizio del 2006, è stata valutata l’espressione dei recettori CXCR3 e CCR4 sui linfociti T helper (CD4) e citotossici (CD8) del sangue periferico e del BAL di pazienti affetti da IPF, Pneumopatie interstiziali non IPF, Sarcoidosi e controlli. È stata anche studiata la concentrazione nel BAL delle chemokine correlate a questi recettori: IP-10/CXCL10, ITAC/CXCL11 e TARC/CCL17. 93 I pazienti dei primi due gruppi sono stati rivalutati da un punto di vista funzionale dopo 6-12 mesi. I risultati di questo studio hanno evidenziato: a) rispetto agli altri gruppi, i soggetti con IPF hanno una espressione bassa di CXCR3 e alta di CCR4 sui linfociti CD4 del BAL ed una minore concentrazione di CXCL10 nel surnatante del BAL, suggerendo un difetto di reclutamento dei CD4 CXCR3 positivi nel polmone, b) Tra i pazienti con IPF, quelli in trattamento steroideo al momento del BAL mostrano espressione del CXCR3 più alta rispetto ai non trattati, c) Nei pazienti con IPF l’espressione di CCR4 nei linfociti CD4 del BAL è significativamente più alta rispetto a quella del sangue, mentre per i pazienti non IPF e sarcoidotici è il CXCR3 ad essere più elevato nel BAL rispetto al periferico, d) Nella casistica totale l’espressione del CXCR3 è direttamente correlata alla percentuale di linfociti e alla concentrazione della chemochina ligando IP10/CXCL10 nel BAL mentre, nei soggetti con IPF e non IPF rivalutati dopo 6-12 mesi dal basale, correla in modo positivo anche con le variazioni di capacità vitale, capacità polmonare totale e gradiente alveolo arterioso dell’ossigeno, quindi i pazienti con CXCR3 più basso sono quelli che vanno in contro più rapidamente a progressione della malattia, e) L’espressione del CCR4 sui CD4 del BAL è correlata in modo positivo alla percentuale di neutrofili ed eosinofili nel BAL e in modo negativo con la concentrazione di CXCL10 nel BAL e con la capacità di diffusione polmonare in basale. È La conclusione del nostro studio è stata che, a differenza di altre pneumopatie interstiziali, la IPF è caratterizzata da un prevalente reclutamento alveolare di linfociti Th2 (CCR4+) rispetto ai Th1 (CXCR3+) con minore produzione di CXCL10 e che questa polarizzazione è correlata alla severità del danno funzionale alla diagnosi e ad un maggiore deterioramento funzionale nel follow up. Se l’espressione diversa di questi recettori di chemochine rispecchi solo il microambiente Th2 orientato presente a livello polmonare nei pazienti con IPF o se queste molecole possano avere un reale ruolo patogenetico nello sviluppo della IPF resta tuttavia ancora da chiarire. Chemochine/recettori di chemochine, neoangiogenesi e fibrosi polmonare Uno degli aspetti patogenetici più nuovi e dalle promettenti implicazioni terapeutiche è rappresentato dal meccanismo della neoangiogenesi. Un aberrante rimodellamento vascolare nelle aree di parenchima polmonare fibrotico in pazienti con IPF era stato già descritto da Turner-Warwick nel 196325, sotto forma di neoanastomosi fra il microcircolo capillare sistemico e quello polmonare. 94 Recenti Progressi in Medicina, 98, 2, 2007 In fasi successive, Keane e coll. hanno documentato un’aumentata espressione delle chemochine IL8/CXCL826 e ENA-78/CXCL527 nel tessuto polmonare di pazienti affetti da IPF rispetto ai controlli. Gli omogenati polmonari mostravano una attività angiogenica in vitro, che veniva inibita in presenza di anticorpi neutralizzanti le medesime chemochine. Lo studio di immunolocalizzazione individuava nei fibroblasti e nei pneumociti di tipo 2 l’origine di IL8/CXCL8 e ENA-78/CXCL5 rispettivamente. Oltre all’aumentata espressione di IL-8/CXCL8, Keane e coll hanno anche documentato una ridotta espressione della chemochina IP-10/CXCL1026. I livelli di chemochine pro-angiogeniche negli omogenati polmonari di ratti esposti a bleomicina sono risultati inoltre correlati al contenuto di idrossiprolina, quale marcatore della produzione di collagene28. I risultati ottenuti in questi studi suggeriscono che l’angiogenesi nella IPF è regolata da un equilibrio fra chemochine con attività pro-angiogenica (IL-8/CXCCL8 e ENA-78/CXCL5) e attività antiangiogenica (IP-10/CXCL10). Livelli più elevati di IL-8/CXCL8 e di ENA78/CXCL5 sono stati dimostrati anche nel BAL di pazienti con IPF rispetto ai controlli e ad altri tipi di pneumopatie interstiziali diverse dalla UIP29. Studi successivi hanno portato ad una più precisa definizione dei meccanismi del rimodellamento vascolare nella fibrosi polmonare; in particolare è stata focalizzata l’importanza delle CXC chemochine con attività angiogenica, che contengono in corrispondenza del segmento NH2 terminale un residuo aminoacidico composto da acido glutammico-leucina-arginina (ELR), (CXC ELR+) e delle chemochine che non contengono tale residuo (CXC ELR-) ad attività angiostatica30. La famiglia delle CXC ELR+ comprende: IL-8/CXCL8, ENA-78/CXCL5, GRO-α/CXCL1, GRO-β/CXCL2, GRO-γ/CXCL3, GCP-2/CXCL6, NAP-2/CXCL7. Oltre a esercitare una attività angiogenica, le CXC ELR+ possono mediare indirettamente, attraverso la produzione di MMP-2 e MMP-9, la migrazione delle cellule endoteliali nella matrice extracellulare. Il recettore comune di queste chemokine è il CXCR2, la cui espressione è stata dimostrata in colture di cellule endoteliali del microcircolo di derivazione umana sia come RNA messaggero che come proteina31. La famiglia delle CXC ELR- comprende: le chemochine MIG/CXCL9, IP-10/CXCL10 e ITAC/CXCL11, la cui attività antiangiogenica è stata testata in modelli sperimentali di fibrosi polmonare32,33. La produzione di queste chemochine è stimolata da IFNα, IFNβ e IFNγ ed anche indirettamente da IL-12 e IL-18 attraverso l’induzione di IFNγ. La loro attività antiangiogenica è mediata da un recettore comune sulle cellule endoteliali rappresentato dal CXCR3 o, come recentemente dimostrato, da una sua variante (CXCR3 B)34. Nel delicato equilibrio dell’angiogenesi intervengono, oltre alle chemochine, altri fattori regolatori positivi (bFGF, VEGF, EGF, Endotelina) e negativi (Angiostatina, Endostatina, Trombospondina-1, TIMPs)6. Chemochine/recettori di chemochine e precursori dei fibroblasti nella patogenesi della fibrosi polmonare I fibroblasti /miofibroblasti sono tradizionalmente considerati una popolazione cellulare residente a livello di vari organi, che viene attivata e prolifera, producendo matrice extracellulare, in seguito ad un evento lesivo. Una recente teoria ipotizza che cellule progenitrici dei fibroblasti, i fibrociti, di origine midollare, possano migrare attraverso il torrente circolatorio al polmone, dove comportandosi come cellule mesenchimali proliferano contribuendo alla fibrosi35. I fibrociti circolanti esprimono sulla superficie il recettore CXCR4, il cui ligando è rappresentato dalla chemochina SDF-1/CXCL12, importante mediatore della chemotassi nella riparazione delle ferite. Inoltre il fibrocita esprime il marcatore dei miofibroblasti α-SMA (α smooth muscle actin) , l’anticorpo CD45 e il collagene I (CD45+ col1+ CXCR4+). Nel modello sperimentale murino di fibrosi indotta da bleomicina, i fibrociti, in risposta al CXCL12, si localizzano nel polmone dopo l’esposizione e il massimo reclutamento polmonare corrisponde all’aumento di deposizione di collagene. L’inibizione del CXCL12 mediante anticorpi bloccanti determina una significativa riduzione della fibrosi indotta da bleomicina. Tali risultati suggeriscono che l’afflusso polmonare di fibrociti circolanti mediato da CXCR4/CXCL12 sia un fattore importante nello sviluppo della fibrosi. Implicazioni terapeutiche Le evidenze sperimentali e cliniche dell’attività regolatoria dei recettori delle chemochine e dei rispettivi ligandi nella patogenesi della IPF hanno permesso di individuare nuovi target molecolari per interventi terapeutici. L’ipotesi di modificare l’alterazione del rapporto delle citochine Th1/Th2 nella IPF è stato il razionale terapeutico che ha portato a sperimentare l’effetto della somministrazione esogena di IFN-γ 1b ricombinante nella terapia dell’IPF. Il primo studio randomizzato compiuto da Ziesche e coll. nel 199936, su una casistica di 18 pazienti affetti da IPF, non responsivi al trattamento steroideo e immunosoppressivo, dimostrò un miglioramento della sopravvivenza e dei volumi polmonari nei pazienti trattati con IFN-γ ricombinante rispetto a quelli trattati solo con steroidi. Una successiva ricerca multicentrica su 300 pazienti con IPF, trattati con IFN-γ 1b ricombinante, dimostrò un significativo vantaggio in termini di sopravvivenza e di funzionalità respiratoria, solo in un sottogruppo di soggetti con migliore funzionalità respiratoria (FVC>55% e DLCO>35% del teorico)37. G. Brunetti, P. Pignatti: Chemochine e recettori delle chemochine nella fibrosi polmonare idiopatica Uno studio parallelo per valutare l’espressione di specifici biomarkers dopo terapia con IFN-γ 1b ricombinante38 ha dimostrato che, al contrario di precedenti studi, anche nella IPF sono presenti livelli misurabili di IFN-γ e che, nei pazienti trattati, si verifica un aumento significativo di una soltanto delle tre chemochine che legano il CXCR3, ITAC/CXCL11, caratterizzata da attività antiangiogenica. Si osservava anche una tendenziale riduzione di markers della fibrosi e un aumento di molecole associate alle difese antimicrobiche a all’antiangiogenesi, suggerendo che il difetto principale non sia direttamente correlato a una scarsa attività IFN-γ, ma alla incapacità di produrre una risposta CXCR3/CXCR3 ligando mediata, in risposta all’evento lesivo. L’attività terapeutica dell’IFN-γ 1b ricombinante sembra inoltre esplicarsi su diverse vie patogenetiche. Conclusioni e prospettive Lo sviluppo di farmaci ad azione antiangiogenica è in fase avanzata soprattutto in ambito oncologico39; la neoangiogenesi è un momento patogenetico comune alle neoplasie e alla fibrosi polmonare idiopatica e le numerose dimostrazioni sperimentali di attenuazione della fibrosi attraverso l’inibizione di recettori e di chemochine correlate alla angiogenesi, CXCR2, IL-8/CXCL8, ENA78/CXCL526,27,31 o mediante somministrazione di chemochine antiangiogenetiche, IP-10/CXCL10 e I-TAC/CXCL1132-33, aprono la strada a nuove possibilità terapeutiche per la fibrosi polmonare idiopatica. Bibliografia 1. American Thoracic Society/European Respiratory Society international multidisciplinary consensus classification of the idiopathic interstitial pneumonias. Am J Respir Crit Care Med 2002; 165: 277-304. 2. Noble PW, Homer RJ: Back to the future: historical perspective on the pathogenesis of idiopathic pulmonary fibrosis. Am J Respir Cell Mol Biol 2005 33: 113-20. 3. 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