CINEMA SERENO Mercoledì 27/2/2013 ore 20,45 Giovedì 28/02/2013 ore 15,00 Alla proiezione di mercoledì 27/2 sarà presente il regista ALESSANDRO TESEI Biglietti interi 5 € - Tesserati SPI-CGIL, Soci COOP, Gruppi ambientalisti ed ecologisti 4€ - Videoamici 3 € Fukushame - Il Giappone perduto Un film di Alessandro Tesei. durata 65 min. Un reportage teso e incalzante dalla zona proibita del disastro nucleare Istantanee di un crimine umanitario. Sono quelle scattate dal videoreporter Alessandro Tesei nella "No-Go Zone": l'area fantasma di 20 chilometri creata dal governo giapponese all'indomani del terremoto dell'11 marzo 2011. Una tragedia della natura che ha scatenato una reazione a catena, con il successivo violentissimo tsunami. Uno degli effetti più devastanti ha responsabilità umane cucite addosso: il danneggiamento dell'impianto nucleare di Fukushima, con conseguente fuga di particelle radioattive che si sono disperse in tutto il Giappone a macchia di leopardo. Il reporter italiano mostra gli esiti di quell'incidente avventurandosi, sette mesi dopo, nella zona evacuata e interdetta dalle autorità, spingendosi sino a un chilometro dalla centrale. Al seguito di un gruppo di animalisti dell'associazione Animal Forest, Tesei riavvolge il nastro di una trama che non sarebbe stata scritta, se il governo nipponico avesse ammesso i rischi di una politica nucleare in un paese notoriamente sismico e se i dirigenti della Tepco avessero provveduto alla messa in sicurezza di un impianto obsoleto. Una "bomba a orologeria", come viene definita nel documentario, pronta a riesplodere con conseguenze simili a quelle di un'apocalisse nucleare su scala globale, se si verificasse un nuovo violento terremoto. Sappiamo, però, che la storia non si fa con i "se" e con i "ma", e allora non resta che documentare quanto accaduto per trarne insegnamenti sul futuro. È l'obiettivo che si propone il regista, coadiuvato dal videoartist Matteo Gagliardi, autore del montaggio, art-director e co-sceneggiatore. Obiettivo raggiunto con l'uso di riprese non autorizzate, confessioni rubate, appelli inascoltati e documenti giornalistici come gli estratti dell'intervista esclusiva di Pio D'Emilia per SkyTg24 all'ex premier nipponico Naoto Kan, dimessosi dopo la tragedia e oggi contrario al nucleare. A comporre il mosaico di un paese in frantumi anche le interviste a Katsunobu Sakurai, sindaco di Minamisoma, città evacuata a metà, e Seiichi Nakate, esponente del network Save the Children from Radiations, che usa il termine di "crimine umanitario". A queste si aggiungono le testimonianze di sfollati, ristoratori, volontari, funzionari pubblici e scienziati americani, che spiegano in maniera didascalica il meccanismo e gli effetti dell'esposizione radioattiva. Emerge, così, un quadro sanitario allarmante, le cui proporzioni effettive potranno essere comprese solo nei decenni a venire. Un disastro nascosto alla popolazione («c'è un momento per dire e uno per non dire», si giustifica l'ex primo ministro) e taciuto a livello mondiale. Il ritmo teso del reportage giornalistico realizzato da Tesei, che cresce all'aumentare dei beep del contatore geiger (dispositivo che misura il livello di radiazioni nell'atmosfera) e delle pulsazioni elettroniche che fanno da appropriata colonna sonora, è reso ancor più incalzante dal montaggio nervoso di Gagliardi. Quest'ultimo non disdegna l'uso della CGI, dando vita a soluzioni visive originali e di impatto, impreziosite dal contributo degli scatti firmati dal fotografo di fama internazionale Pierpaolo Mittica, che aveva già documentato il disastro nucleare di Chernobyl ed è stato uno dei primi a entrare nella "No-Go Zone" giapponese. Là dove la natura sembra ancora voler fiorire - come mostrano le immagini filtrate dal grandangolo di Tesei - e dove si aggirano come spettri gli animali abbandonati, quelli di cui la politica non ha inteso occuparsi. (MYMOVIES di Annalice Furfari) In sala il doc di Tesei e Gagliardi sul disastro giapponese. Quando la realtà impressiona più della fantascienza L'undici marzo del 2011 la centrale nucleare di Fukushima fu travolta da un violento terremoto seguito da uno tsunami, che distrusse chilometri di costa e pianura in Giappone. Sette mesi dopo il disastro, il fotoreporter italiano Alessandro Tesei, portandosi fino a 1000 metri dalla centrale, riuscì a entrare nella così detta “No-Go Zone”, una zona di restrizione di 20 chilometri di diametro, che venne immediatamente evacuata divenendo territorio off-limits per chiunque. Fukushame (gioco di parole che significativamente accosta il nome della città disastrata con la parola vergogna) è il titolo del documentario che raccoglie le immagini di questo viaggio nel terrore dove le uniche forme di vita che si incontrano sono gli animali sopravvissuti allo stato di abbandono e l'unica verità in mezzo a un mare di menzogne è scandita dai beep del contatore geiger. Grazie al montaggio di Matteo Gagliardi (co-sceneggiatore), agli scatti di Pierpaolo Mittica (fotografo tra i primi ad entrare nella zona proibita), alle interviste inedite al sindaco di Minamisoma Katsunobu Sakurai e all'ex premier nipponico Naoto Kan, all'aiuto delle associazioni animaliste (Animal Forest) che hanno dato il permesso provvisorio di entrare nella zona proibita, alle immagini della grande manifestazione contro il nucleare tenutasi a Tokyo il 19 settembre e alle testimonianze dei tanti abitanti evacuati da Fukushima, il regista compie e ci porta in un inquietante viaggio, filmando con il fish eye (che deforma) la città fantasma (realtà deformata), e denuncia un'emergenza non ancora finita, i cui effetti reali si vedranno tra anni. Un viaggio tra la vita e la morte, tra la bellezza di un'area rurale immersa nel verde e il pericolo della radiazione nucleare, tra la verità e la menzogna, netta contrapposizione che mette in luce le contraddizioni di un mondo che - come scrisse il giornalista Tiziano Terzani - “è cambiato”, e che probabilmente come citano nel doc, “dobbiamo cambiare noi. Innanzitutto non facendo più finta che tutto è come prima, che possiamo continuare a vivere vigliaccamente una vita normale. Con quel che sta succedendo nel mondo la nostra vita non può, non deve, essere normale. Di questa normalità dovremmo avere vergogna”. Shame (vergogna) che questo documentario ci fa provare: per il cane abbandonato che ci fissa con occhi spauriti e indifesi, per l'anziana giapponese che non può tornare nel suo paese, per la terra non più coltivabile, per le maschere e le tute che si devono indossare perchè l'aria è nociva. Insomma, non serve un film catastrofista o di fantascienza per avere paura di un'imminente fine del mondo, purtroppo ci pensa già la realtà. Serve solo guardarla. E di sicuro Fukushame la guarda molto bene. (IL CINEMATOGRAFO di Giulia Lucchini) Una minaccia invisibile e permanente Nel suo viaggio dentro e intorno alla zona proibita, Tesei vuole documentare l'impatto dell'incidente sulla vita delle popolazioni locali, ai diversi livelli a cui accennavamo: le interviste realizzate mostrano non solo la paura della contaminazione, che continua a serpeggiare e a compromettere finanche le più banali azioni quotidiane (come bere un bicchier d'acqua); ma anche lo sfaldamento del tessuto sociale, la disgregazione forzosa dei nuclei familiari, il violento spezzarsi dei legami solidaristici primari, a seguito della forzata evacuazione delle aree contaminate e della difficoltosa riallocazione delle famiglie sul territorio. L'alternarsi di testimonianze, interviste, immagini televisive e riprese "sul campo" è reso con uno stile nervoso e un'estetica del tutto peculiare: l'uso continuo del grandangolo deforma i paesaggi, dando al documentario un look iperrealistico, quasi onirico, e saldandosi bene col col commento sonoro di stampo elettronico. La valenza politica dell'operazione, la nettezza del punto di vista che porta avanti, e il suo valore divulgativo, risultano evidenti: questo Fukushame: il Giappone perduto ha innanzitutto lo scopo di squarciare un velo di silenzio, di mettere a nudo il fatto che nulla, in quel pezzo di territorio abbandonato, è stato in realtà risolto, e che le conseguenze del disastro andranno valutate progressivamente nel corso dei decenni. Viene un brivido nell'ascoltare la testimonianza del premier "pentito" Naoto Kan, che ammette di aver nascosto l'entità della tragedia alla popolazione ("c'è un momento per dire e uno per non dire", dice l'ex primo ministro); mentre la subalternità della politica agli interessi dei potentati economici (gli stessi che non hanno voluto dismettere un impianto vecchio e senza manutenzione, in una zona ad alto rischio sismico) fanno vibrare di indignazione. E il rifiuto dei responsabili della Tepco, azienda proprietaria della centrale, a rilasciare interviste per il film, vale in questo senso più di qualsiasi testimonianza. MOVIEPLAYER di Marco Minniti