Recensioni teatrali | Teatro.Persinsala.it
Alessandro
Alfieri
marzo 11, 2016
Al Teatro Vascello, fino al 13 marzo, è in scena Dionysus. Il
dio nato due volte, ovvero l’eterno e irrisolvibile conflitto
tra logos e pathos, tra ragione e irrazionalità.
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La grandezza dei classici greci è testimoniata dal loro, anche dopo
millenni, essere continuamente portati in scena, mantenendo intatto il loro
valore spirituale. I greci fondarono l’orizzonte culturale all’interno del
quale noi ancora oggi ci troviamo e la loro capacità – unica nella storia
dell’umanità – di indagare i più remoti e oscuri angoli dell’anima coincide
con la stessa capacità che i classici della letteratura rivendicano oggi di
esibire, manifestare, esprimere concetti quali libertà, violenza e amore.
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Ciò vale in modo particolare per la tragedia attica, che per Nietzsche
rappresentò il momento più alto della produzione artistica greca e
occidentale perché capace di strutturarsi sul giusto equilibrio di Apollo e
Dioniso con il primo, dio della forma e del logos, della bellezza e della luce,
opposto al secondo, divinità ctonia dell’ebbrezza proveniente dall’Oriente,
dio dell’informe e di ciò che si sottrae da ogni tentativo di messa in forma,
in altre parole del pathos.
«Per quante maschere Apollo tenti di dare a Dioniso, Dioniso sempre si
sottrae» diceva il filosofo tedesco, che interpretava il teatro di Eschilo
come l’apice dell’arte tragica e quello di Euripide come decadenza (dal
momento che il logos del dialogo venne a sostituire quasi completamente
il coro, figura dionisiaca per eccellenza). Strano però che proprio Euripide
sia stato autore di una delle tragedie più “dionisiache” di sempre, ovvero
Le Baccanti, il cui pathos torna a dominare attraverso l’eccesso di una
trama in cui il protagonista principale sono proprio quel Dioniso che, con i
suoi riti orgiastici, mette a soqquadro la città di Tebe, e quella violenza che
esplode in tutta la sua virulenza scardinando i principi della razionalità.
Si intuisce come, portare in scena oggi un’opera del genere, sia
un’impresa terribilmente complicata, perché la profondità delle questioni
(qui solo accennate) mantengono da tremila anni la loro pregnanza; di
questo è stato ben cosciente Daniele Salvo, regista di Dionysus. Il dio
nato due volte, in scena al Vascello, tratto proprio da Le Baccanti di
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Euripide.
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Salvo dimostra fin dal prologo di essere ben cosciente di come il fuoco
essenziale dell’opera non sia l’antichità, ma il presente. Le proiezioni video
di una grande metropoli moderna sembrano compiere la medesima
operazione che Pasolini intraprese col finale del suo Edipo, quando – con
un’ellissi temporale apparentemente fuori luogo – sottolineò vicende in
grado di attraversare tutta la storia dell’umanità perché appartenenti a
ciascuno di noi, dalla nascita alla morte, a prescindere da dove e quando si
è nati. Allo stesso modo accade per il problema del conflitto tra logos e
pathos, tra ragione e passione: i costumi confermano questa ambivalenza
tra passato e presente, ancora insistenendo su come il racconto non abbia
tempo.
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Ma il dibattito su cosa sia questo Dioniso, su come debba essere portato in
scena, coinvolge anche l’opera di Salvo, dopo aver toccato tra i tanti
Aristotele e Nietzsche. Nietzsche riteneva che Euripide segnasse «il sucidio
della tragedia», maLe Baccanti parlano di Dioniso, dunque di che Dioniso
si tratta? Il Dioniso di Euripide, come quello di Salvo, entra in scena, si
tramuta in essere visibile, diventa sinonimo di «euforia bacchica», di
“follia” e di spirito di vendetta, lasciando irrompere l’elemento morale
(assente in Eschilo e Sofocle) in Euripide, che proprio per questo veniva
definito da Nietzsche come l’alter ego di Socrate. Dioniso sconvolge le
istituzioni, distrugge le basi della convivenza civile, fino a farsi
responsabile della peggiore delle stragi, ovvero quella che vede Agave
(interpretata da una inossidabile Manuela Kustermann) dilaniare a mani
nude il corpo del figlio Penteo, re di Tebe.
Dioniso diventa follia omicida, aprendo la strada all’assunto aristotelico
per il quale la tragedia avrebbe dovuto avere il fine di educare, in questo
caso accusando moralmente la forza dionisiaca. Non a caso, proprio la
tragedia più truculenta della tradizione greca decide di tenere “fuori
campo” la scena dell’assassinio e del linciaggio di Penteo, per non
degenerare in quello che Aristotele definiva miaron, ovvero la perversa
attrazione per ciò che è repellente e disgustoso, perché Euripide controlla
dall’alto tutto lo svolgimento dell’opera, frenando Dioniso spesso
attraverso l’invettiva morale.
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Anche per questo il coro è in stato di trance permanente, come a voler
denunciare la barbarie dei riti esotici che minano il valore dei principi di
ordine e controllo tipici dell’ellade; Salvo è bravo a ricondurre il teatro alla
sua originarietà simbolica, quando esso non si distingueva dal rito
sciamanico e dall’infatuazione delle menadi, ma l’occhio moralizzatore di
Euripide è sempre presente.
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Per queste ragioni, Salvo coglie appieno l’essenza dell’opera di Euripide,
non la stravolge, ma è come se, durante la visione, l’opera fosse convinta
del contrario, ovvero che stia affermare qualcosa di diverso, a volte in
maniera ingenua, come nel mostrare il re di Tebe come un pazzo
sanguinario, determinando un cortocircuito nel senso complessivo
dell’allestimento, oppure in alcune immagini proiettate tendenti al kitsch.
Ciò che tanto Salvo che in Euripide risulta non è la presenza ovunque di
Dioniso, dentro e fuori di noi, qualcuno che ci guarda e ci possiede quando
meno ce l’aspettiamo, qualcosa che tutta la cultura occidentale fondata
sulla ragione non potrà mai escludere e obliare completamente. Quello
che risulta è che per il bene della stessa sopravvivenza dell’uomo, Dioniso
va cacciato respingendo le sue lusinghe, portato in scena per tradurlo in
presenza e immagine, dunque per ammansirlo.
Lo spettacolo continua:
Teatro Vascello
Via Giacinto Carini, 78 – Roma
fino a domenica 13 marzo
Venerdì e sabato ore 21.00, domenica ore 18.00
Centro di Produzione Teatrale La Fabbrica dell’Attore – Teatro
Vascello, Centro di Produzione Teatrale TIEFFE teatro – Teatro
Menotti, Teatrul de Stat Constanta (Romania) presentano
Dionysus. Il dio nato due volte
da Le baccanti di Euripide
regia Daniele Salvo
scene Michele Ciacciofera
costumi e maschere Daniele Gelsi
con Daniele Salvo, Manuela Kustermann, Paolo Bessegato, Paolo
Lorimer, Ivan Alovisio, Simone Ciampi, Melania Giglio
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