“Last BLues” L’Evento “Last Blues” al Castello di Frontone parte da una considerazione e coltiva una speranza. La considerazione è un nostro presupposto: non si ha, in generale, un rapporto facile con “la poesia”. Non ci capita né spesso né spontaneamente di leggere poesie, e quando lo facciamo è quasi più per dovere che per piacere. Come quando, per esempio, dobbiamo controllare che un bambino di casa – un figlio, un nipotino – abbia imparato “L’Infinito” di Leopardi o il ben più impegnativo “Il cinque maggio” Di Manzoni. Ci preoccupiamo, in quei casi, che la bambina o il bambino sappia andare fino alla fine senza interruzioni, e poi ci preoccupiamo che abbia “capito”, e cioè che conosca il significato di tutte le parole (anche di qualcuna un po’ strana, che di solito nella poesia non manca) e delle frasi, nel loro insieme. Dobbiamo però ammettere che quando si parla di “poesia” non si tratta solo di “capire”, cioè utilizzare la nostra capacità razionale, ma si tratta di mettere in gioco anche la nostra capacità di emozionarci. Carmelo Bene esprimeva in modo forte questa necessità di andare oltre il razionale; diceva: “Poesia è risonar del dire oltre il concetto”. Il “risonar del dire”, cioè qualcosa che ha a che fare con il suono della voce e con “il suono tout court”, e quindi con la musica. Possiamo fare un’altra considerazione: che con la musica ci capita più spesso e più spontaneamente di emozionarci, forse che la musica sia in possesso di caratteristiche particolarmente efficaci in questo campo? E allora, perché non abbinare, in modi opportuni, poesia e musica? Perché non accostare più di frequente ritmi poetici e ritmi musicali, per provare a creare “risonanza” nell’ambito delle nostre emozioni? Se l’accostamento poesia-musica e il loro intreccio rientra in questa curiosità generale, c’è almeno un caso particolare di due nostri artisti – dei due ambiti, poetico e musicale – che esprimono fra i loro ritmi una sicura sintonia. Parliamo di Cesare Pavese e Luigi Tenco, distanti trent’anni esatti come anno di nascita, ma incredibilmente vicini per luogo di nascita, sensibilità e modo di vedere e sentire il mondo. Sono entrambi legati in modo indissolubile alla terra d’origine, il basso Piemonte. “Queste dure colline che han fatto il mio corpo e lo scuotono a tanti ricordi,…”, dice Pavese in “Lavorare stanca”; e Tenco: “La solita strada, bianca come il sale, il grano da crescere, i campi da arare,….”. Di Tenco conosciamo bene, peraltro, l’amore per le opere di Pavese: “era un fanatico di Pavese. Abbiamo litigato un sacco di volte su Pavese, io e lui”, dice Gino Paoli parlando di Luigi. Sulla “sintonia” fra Cesare Pavese e Luigi Tenco si è parlato addirittura all’Università. “Il corso si propone di analizzare le problematiche esistenziali, psicologiche e sociali nella produzione artistica dello scrittore Pavese e del cantautore Luigi Tenco, entrambi anticipatori della modernità, nella denuncia disincantata del perbenismo ipocrita, della crisi dei valori morali e delle ideologie”: è la descrizione del Corso della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Genova, tenuto dalla Professoressa Graziella Corsinovi. Ma anche qui, non si tratta di “solo razionale” perché c’è sotto il ritmo poetico dell’uno e il ritmo musicale dell’altro; la sintonia complessiva deve essere “sentita, sperimentata” (e non tanto “spiegata”) attraverso un’alternanza fra brani dell’uno e canzoni dell’altro. Quindi fra brani o poesie di Cesare Pavese e canzoni di Luigi Tenco: è quello che facciamo al Castello di Frontone. In conclusione, quindi, l’evento “Last Blues” al Castello di Frontone vuole essere un bel momento da vivere insieme, con la speranza che il condensato di bellezze (il promontorio di Frontone; la fortezza di Francesco di Giorgio Martini; la poesia di Cesare Pavese; la musica di Luigi Tenco) inneschi in ciascuno di noi un desiderio profondo di bellezza, nelle cose e nei rapporti umani.