I 100 anni del quotidiano La Provincia Pavese sono un’occasione privilegiata per riguardare con spirito critico all’evoluzione dell’economia locale in una prospettiva storica ma anche un momento per immaginare i possibili sviluppi futuri. Adottando una prospettiva storica non si può fare a meno di rilevare come l’economia locale abbia seguito un percorso che, con alcune peculiarità, ricalca le tappe che anche molte altre regioni industriali italiane hanno realizzato. Infatti, la nostra provincia, che a inizio secolo si caratterizzava per una struttura quasi esclusivamente agricola, si è trasformata dal punto di vista economico fino a giungere, negli anni ’60, ad assumere un carattere prevalentemente industriale con la presenza di importanti imprese come la Necchi e la Snia Viscosa. Tuttavia, a partire dalla crisi degli anni ’70, si è osservato nel territorio pavese un processo di de-industrializzazione dell’economia comune, non solo a tutto il paese, ma all’intero mondo delle economie occidentali. E’ in questa fase che sono emerse in modo significativo le peculiarità dell’economia locale. La crisi degli anni’70 ha lasciato l’economia pavese pressochè priva di grandi imprese industriali e, contrariamente a quanto avvenuto in altre aree del nord Italia, non ha indotto qui un processo di selezione eliminando dal mercato le imprese meno competitive e rafforzando e facendo crescere al contempo le imprese che stavano sul mercato. Di fatto la crisi industriale ha segnato la scomparsa della grande impresa manifatturiera dalla nostra provincia senza che il vuoto lasciato dalla grande imprese manifatturiere fosse compensato dall’emergere di grandi operatori nel settore dei servizi. Ad esempio, Pavia non è più sede di alcuna banca di rilievo regionale o nazionale nè di altre imprese private di cospicue dimensioni in settori innovativi quali l’informatica, i servizi alle imprese o le biotecnologie. In assenza di grande imprese del terziario il vuoto è stato colmato da un mix di attività agricole, di piccole e medie imprese industriali e, soprattutto nel capoluogo di provincia, dalle attività di formazione in campo universitario e dalle istituzioni nel campo sanitario. I dati Istat infatti mostrano come in provincia il peso del settore agricolo sia superiore a quello della media italiana. Le imprese agricole sono circa il 20% del totale delle imprese con una percentuale significativamente superiore al dato regionale regionale pari al 7,5%. Al contempo nel comparto industriale la provincia presenta un alto livello di specializzazione nel settore alimentare e in quello della meccanica e in particolare nel settore delle macchine per l'industria delle pelli. Nel settore dei servizi, invece è nel comparto degli ospedali e delle case di cura specializzate, in quello del commercio e in quello della formazione universitaria che la provincia presenta i più alti tassi di specializzazione. Questa peculiare composizione dell’economia ha reso questo territorio un’area con un reddito disponibile decisamente superiore alla media italiana sebbene in media con il dato lombardo, con una dotazione infrastrutturale in linea con il valore medio nazionale. Vi sono tuttavia alcuni elementi che, in prospettiva futura rappresentano delle criticità. Ne sono un esempio l’alto livello di sofferenze bancarie o il deterioramento negli ultimi anni del divario tra il valore aggiunto pro-capite locale e il corrispondente valore regionale. In particolare quest’ultimo indicatore suggerisce come la riccheza del territorio sia, in misura crescente, prodotta al di fuori dei confini provinciali. Il rischio è che la provincia diventi un’area dedicata prevalentemente a fini residenziali e di consumo lasciando le funzioni produttive all’area milanese e aggravando in questo modo il fenomeno del pendolarismo. Questi dati inducono a interrogarsi su quale sarà il futuro economico della regione. Se si allarga lo sguardo alle aree del mondo in cui più alti sono gli standard di vita, i tassi di crescita e le condizioni economiche la nostra Provincia sembra avere tutte le caratteristiche per mantenere e anzi migliorare la propria posizione economica. Regioni come quelle di San Diego o Boston negli Stati Uniti; Dublino, Stoccolma o Basilea in Europa, il trentino o il canavese in Italia presentano infatti tutte un mix di caratteristiche che, in scala, si trovano anche nella nostra provincia: un’elevata presenza di centri di ricerca pubblici e privati, un reticolo di piccole e medie imprese, un’elevata qualità della vita, buoni standard ambientali e un forte legame con il territorio. Ognuna di queste aree tuttavia, contrariamente a quanto avviene nella nostra provincia, ha fatto da tempo una scelta di specializzazione in cui tutti gli attori del territorio si sono riconosciuti. Ci pare infatti che, volendo identificare la principale debolezza della nostra provincia, questa sia data soprattutto dalla mancanza di una visione condivisa del futuro da parte di tutti gli attori presenti sul territorio: istituzioni, imprese ed enti pubblici. Il processo di lento declino economico della provincia può essere invertito solo se oggi si prendono decisioni e si fanno scelte i cui effetti si potranno dispiegare in maniera definitiva solo nel corso degli anni. Oggi sul territorio convivono progetti diversi che sono tra loro poco compatibili come quello di fare dell’area un’importante centro della logistica, soprattutto su gomma, o quello di fare di Pavia una città dei saperi in cui i punti di forza: università, rete di ospedali qualità dell’ambiente si integrino con il sistema imprenditoriale e territoriale. Credo che questa seconda visione sia quella che offre le maggiori speranze di una vigorosa crescita economica ma anche di un costante miglioramento della qualità della vita. Gli esempi di successo citati infatti hanno proprio seguito percorsi di sviluppo di questo genere. Tuttavia, affinchè questa visione si affermi è evidente che tutti gli attori dovranno fare la loro parte. Agli enti locali spetta il compito di promuovere un progetto di sviluppo condiviso; all’università e agli ospedali il compito di aprire a livello internazionale le loro strutture e quindi la città attirando ricercatori, studenti e anche pazienti non solo dall’Italia ma dall’Europa e dal mondo. Al sistema imprenditoriale spetto il compito di trasformare queste risorse umane e ambientali in progetti che generino richezza per gli imprenditori che li promuovono ma anche per il territorio. La speranza è che quando tra un secolo si festeggeranno i 200 anni dalla prima pubblicazione di questo quotidiano la storia da raccontare possa essere più di oggi una storia di successi e di brillanti realizzazioni economiche.