Virginia Greco, 30 anni, in un hangar di assemblaggio delle parti elettroniche. Sotto, Massimo Lamanna, 43; segue un progetto informatico, che rappresenta il futuro di Internet. R icorderemo per sempre l’11 settembre. Ma adesso, anche il giorno prima. Dal 10 settembre scorso infatti, l’universo è rinato tra le montagne del Jura, tra Svizzera e Francia. Non basterà a fermare la grande avventura scientifica dell’Lhc, al Cern di Ginevra, il guasto avvenuto due settimane fa. Un cortocircuito tra due magneti che ha provocato un’esplosione, l’uscita di elio liquido, il crollo d’un pavimento, il che costringerà a uno stop inatteso degli esperimenti, fino a primavera del 2009. Poi, tutto riprenderà all’interno del più grande acceleratore di particelle mai costruito: cento metri sotto la crosta terrestre, miliardi di protoni lanciati alla velocità della luce si scontrano senza sosta. Nelle zone d’urto ricreano le stesse condizioni verificatesi un milionesimo di secondo dopo il Big Bang, che 3 milionesimi di secondo più tardi spaD 116 rirono per non tornare mai più. Come dire, senza iperboli: l’istante della Creazione - chiunque sia stato a deciderla, quattordici miliardi di anni fa - riprodotto all’infinito, e senza riposo del settimo giorno, per la prima volta nella storia dell’umanità, alla ricerca della particella fondamentale da cui tutto fu e della cosiddetta materia oscura la cui scoperta farebbe d’un tratto balzare la nostra comprensione del cosmo dall’attuale cinque per cento al trenta. Oppure, come qualcuno ha preferito dire, alla ricerca della risposta alla domanda che assilla l’uomo da quando è in grado di pensare: da dove veniamo, e perché. In poche parole, un esperimento che quando avrà dato i suoi frutti, tra anni o decenni, ci costringerà a riscrivere i testi fondamentali della fisica e forse anche quelli di filosofia, dato che potremmo scoprire un universo parallelo di cui nessuno sospettava l’esistenza. Lhc (tradotto liberamente dall’inglese Large Hadron Collider, l’acronimo sta per: grande collisore di particelle) è un trionfo della scienza e della tecnologia paragonabile alle piramidi di Giza, immaginando però che gli Egizi le avessero erette in Antartide. Nella cittadella del Cern di Ginevra, l’uomo ha costruito la macchina più complessa della storia: in parole imprecise (quelle precise richiederebbero un libro) un immane condotto circolare lungo 27 chilometri, composto da 1.232 sezioni di tubi o magneti pesanti 32 tonnellate ciascuna, che hanno dovuto essere calate cento metri sotto terra e assemblate con una precisione di allineamento inferiore al decimo di millimetro. In aggiunta, lungo quei 27 chilometri di metropolitana dove i protoni schizzeranno come treni impazziti, sono state disposte tre unità rilevatrici (Atlas, Alice e Cms) il cui compito è fotografare e registrare le collisioni di particelle al rit- «ALL’INIZIO MI SENTIVO ONNISCIENTE E ONNIPOTENTE. MA ERO SOLO ARROGANTE. POI HO IMPARATO L’ENORMITÀ DELL’IGNORANZA UMANA» 4 OTTOBRE 2008