[SCIENZA] DI PIERO BIANUCCI GIORNALISTA SCIENTIFICO S i chiama Lhc, è la macchina che permetterà agli scienziati di riprodurre il Big Bang. Il 10 settembre l’hanno inaugurata al Cern di Ginevra davanti a 500 giornalisti e c’è stato un gran clamore, perché secondo uno sparuto gruppo di scienziati con la sua enorme energia avrebbe potuto creare minibuchi neri capaci di inghiottire la Terra. Sembrava che i fisici giocassero con la fine del mondo. Invece nove giorni dopo il battesimo, durante i lavori di messa a punto, la macchina del Big Bang si è inceppata: un cattivo contatto elettrico ha danneggiato il sistema di raffreddamento e da Lhc è uscito un piccolo torrente di elio liquido. Ci vorrà del tempo per la riparazione. Ma sono inconvenienti normali quando si lavora con tecnologie estreme. Perché Lhc, Large hadron collider, è davvero una macchina estrema. E anche paradossale: è lunga 27 chilometri, ma studierà le più piccole particelle subnucleari; e per accenderla si deve raffreddarla fino alla temperatura più bassa dell’universo. Le paure per la “fine del mondo” e l’incidente dell’elio liquido saranno presto dimenticati. La ricerca vera inizierà tra un anno, gli esperimenti dureranno alme- ALTRO CHE BUCO NERO Lhc, la macchina che permetterà agli scienziati di riprodurre il Big Bang e svelare i grandi enigmi dell’universo 28 NOVEMBRE 2008 CLUB3 CHE COS’È IL CERN DI GINEVRA 씰 Il Cern nasce da una convenzione firmata il 29 settembre 1954 da dodici Stati fondatori, tra i quali l’Italia. Edoardo Amaldi (foto sotto) fu tra i più forti sostenitori di questo laboratorio internazionale creato con obiettivi esclusivamente pacifici e di conoscenza fondamentale. Nel tempo si sono aggregati altri Paesi e oggi gli Stati membri sono venti. A Lhc collaborano più di 2.000 scienziati, espressione di una sessantina di istituzioni scientifiche e Paesi diversi. I laboratori del Cern si trovano a nord di Ginevra, a cavallo del confine tra Svizzera e Francia e sono in gran parte sotterranei. Tra i maggiori risultati ottenuti, la scoperta delle correnti neutre nel 1973 e dei bosoni W e Z nel 1983 (che nel 1984 valsero a Carlo Rubbia e Simon van der Meer il Nobel per la fisica). Nel 1992 il Nobel andò poi a Georges Charpack per l’invenzione di rivelatori di particelle, e in particolare la “camera proporzionale multifilo”, poi usata anche in medicina per apparecchiature diagnostiche. 5% la massa cosmica osservabile finora con gli strumenti di cui disponiamo oggi 70% dell’universo è formato da una “energia oscura” ancora più misteriosa Sotto: la sede del Cern a Ginevra; la maggior parte del laboratorio si sviluppa nel sottosuolo. Nella foto grande: il tunnel del Cern [SCIENZA] L’esperimento permetterà di risalire all’origine del tempo: un miliardesimo di secondo dopo il Big Bang 1.700 magneti allineati nel tunnel lungo 27 chilometri 800 milioni di collisioni al secondo nelle quattro postazioni sperimentali 200 laboratori sparsi in tutto il mondo impegnati nell’elaborazione dei dati In alto: Salvatore Tupputi, 28 anni, uno dei fisici italiani più giovani al Cern di Ginevra. Qui sopra: la sala di controllo. In alto, a destra: il montaggio dei magneti nel tunnel -271 ˚C temperatura dei magneti impegnati nel laboratorio del Cern 30 NOVEMBRE 2008 CLUB3 no fino al 2016. Ma benché Lhc sia costato 8 miliardi di euro e 12 anni di lavoro, non è detto che si trovi ciò che si cerca. «La natura», dice il Nobel Carlo Rubbia «è più intelligente dei fisici. Bisogna avere il coraggio di lasciare che vada dove vuole». Però gli scienziati un’idea ce l’hanno. Cercano la risposta ad alcune domande fondamentali. Vediamole. Sappiamo misurare la massa di oggetti vicini e lontani, piccoli e giganteschi, da uno spillo a una galassia: ma che cos’è la massa? Qual è la sua origine? Perché le varie particelle elementari hanno masse diverse? È la “particella di Higgs” a creare la massa? Negli ultimi anni si è scoperto che l’universo osservabile con i nostri strumenti è soltanto il 5 per cento della massa cosmica: il 25 per cento è “materia oscura” diversa da quella ordinaria che forma pianeti, stelle e nebulose. Il 70 per cento è una “energia oscura” ancora più misteriosa. Credevamo di sapere quasi tutto e invece siamo immersi nell’ignoto. Che cosa sono la materia e l’energia oscure? E perché l’universo è fatto di materia e non di antimateria, dato che nel Big Bang avrebbero dovuto formarsi in parti uguali? Dovendo risolvere tanti enigmi, non c’è da sorprendersi se Lhc è la macchina dei primati. La più grande del mondo: 8,5 km di diametro e 27 di lunghezza. La più invisibile: si trova sotto terra, a una profondità tra 50 e 150 metri. La più fredda: i suoi magneti sono alla temperatura di 1,9 Kelvin (-271 ˚C), mentre la temperatura del cosmo è di 2,7 Kelvin. La più potente: dentro Lhc i protoni si scontrano con l’energia di 14.000 miliardi di elettronvolt, cifra che gli scienziati abbreviano in 14 Tev (teraelettronvolt: il prefisso tera moltiplica per mille miliardi). Sentendo parlare di 8 miliardi di euro, qualcuno si sarà preoccupato. Tranquilli. Il nostro è solo uno dei venti Paesi che contribuiscono al Cern. Ma l’Italia ha riportato molto a casa sotto forma di commesse a proprie industrie: per esempio, i magneti di Lhc li ha costruiti l’Ansaldo di Genova. Inoltre la ricerca pura ha molte ricadute pratiche: il Web è un frutto del Cern, i rivelatori a fili che Charpack ha ideato per individuare le particelle subnucleari sono applicati in apparecchi per diagnosi mediche, la risonanza magnetica e la Pet, tomografia a emissione di positroni, si avvalgono di tecnologie di uso abituale al Cern. L’anello di magneti serve a tenere in pista due fasci di protoni più sottili di un capello che viaggiano in direzioni opposte dentro un tubetto nel quale si mantiene un vuoto pari a quello che c’è sulla Luna. Suddivisi in “pacchetti” e lanciati a una velocità che sfiora quella della luce (300.000 km al secondo), i protoni si intersecano in quattro punti lungo l’anello. Lì i fisici stanno a osservare soddisfatti i rottami che escono dalle collisioni. Che cosa sperano di vedere? La preda più ambita è il bosone di Higgs, una particella prevista dalla teoria ma finora mai osservata. Con il suo “campo”, il bosone di Higgs dovrebbe conferire una massa alle particelle già note. In pratica, dato che l’intero universo visibile e noi stessi siamo costituiti da particelle dotate di massa (elettroni e i quark up e down), è al bosone di Higgs che dobbiamo la nostra esistenza e quella del cosmo. Ecco perché il fisico premio Nobel Leon Lederman l’ha definita “la particella di Dio”. Ammesso che esista davvero, vederla non sarà facile: i fisici dovranno individuarla in una spaventosa confusione di altre particelle, perché nelle quattro postazioni sperimentali avverranno 800 milioni di collisioni al secondo. La quantità di dati che usciranno da Lhc sarà pari al 10 per cento di tutti i dati elaborati nel mondo in tutte le altre attività umane. Nessun computer avrebbe potuto analizzare una tale mole di dati. Così al Cern, dopo il Web, sviluppato dai fisici per scambiare documenti e in- formazioni, hanno inventato Grid, una “griglia” che collega computer sparsi in oltre 200 laboratori di tutto il mondo. A generare i protoni sono due piccoli acceleratori da 50 MeV (50 milioni di elettronvolt). Questi iniettano i due fasci di protoni in un primo anello di accelerazione. Di qui passano in un secondo anello più grande, lungo sette chilometri, Sps, superprotosincrotrone da 26 GeV (miliardi di elettronvolt), che a sua volta li inietta nell’acceleratore di 27 km suddivisi in 2.800 pacchetti che fanno un giro completo in 90 milionesimi di secondo. Avendo carica positiva, i protoni tendono a respingersi disperdendosi; inoltre occorre curvare la loro traiettoria per chiudere il cerchio. È questo il compito dei 1.700 magneti allineati nel tunnel. Lhc farà scontrare protoni per undici mesi all’anno. Nell’altro mese a scontrarsi saranno nuclei di atomi pesanti ionizzati, e precisamente nuclei di piombo. In queste collisioni l’energia in gioco sarà di 1.150 TeV (5,5 TeV per nucleone). Una quantità folle, se si pensa che è confinata in uno spazio poco più grande di un nucleo atomico. L’obiettivo è rompere protoni e neutroni nelle loro particelle fondamentali: quark e gluoni. Questo plasma è in sostanza ciò che era l’universo un miliardesimo di secondo dopo il Big Bang. Lhc vuol diventare la macchina che risale all’origine del tempo. 왎 La quantità di dati che usciranno da Lhc sarà pari al 10 per cento di tutti i dati elaborati nel mondo in tutte le altre attività umane 14 mila miliardi di elettronvolt l’enorme energia con cui si scontrano i protoni all’interno dell’Lhc CLUB3 31 NOVEMBRE 2008