PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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DARIO – SPETTACOLO PICASSO
DESNUDO
MILANO - SETTEMBRE 2012
schermo sinistro
schermo destro
(copertina 1 – copertina 2)
MUSICA
Scenografia: su due grandi schermi fondoscena
vengono proiettate le immagini dei dipinti che
illustrano le situazioni.
Entra in scena Dario Fo.
DARIO: Su internet, agli inizi di agosto, è apparsa la
notizia che a Milano nel prossimo mese di settembre
verrà allestita una mostra di Picasso proveniente dal
Musée National Picasso di Parigi. Non è passata una
settimana, e agli uffici del Palazzo Reale dove è in
programma l’allestimento sono giunte a valanga, la
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bellezza
di
centocinquantamila
prenotazioni
d’ingresso alla mostra.
È un fatto veramente eccezionale! Negli stessi giorni
mi è capitato un altro fatto imprevedibile – per
quanto mi riguarda: mi si è proposto, da parte
dell’Assessorato alla Cultura di Milano, leggi Stefano
Boeri, di presentare (imm. 1 imm. 2) le duecento e più
opere esposte alla mostra e commentare la storia e la
genialità di questo irripetibile personaggio che è
Picasso; abbiamo scritto il testo, abbiamo già provato
con il pubblico lo spettacolo, ma all’improvviso è
sorto un dubbio: con tutto che noi, come compagnia
teatrale si stia lavorando nell’ambito della mostra a
vantaggio dell’esposizione stessa; ecco che qualcuno
ha ricordato che l’agenzia che raccoglie i diritti di
autore per gli eredi di Picasso in situazioni analoghe
ha bloccato la produzione (in un caso addirittura un
film sull’artista già girato e prodotto) con la richiesta
che venissero pagati i diritti sulle opere riprodotte.
Notate bene, nel nostro caso noi mettiamo in scena
una vera e propria lezione-spettacolo, l’ingresso alla
rappresentazione è gratuito e non percepiamo alcun
vantaggio economico di sorta. E’ come se all’istante,
in un’Accademia o in una Università, in seguito a una
serie di lezioni su un artista di grande valore, pittore
architetto musicista... si presentassero gli incaricati
della società degli autori per riscuotere una congrua
mercè. E’ paradossale, infatti non esiste! Quindi, per
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non entrare in polemica, abbiamo avuto un’idea,
permetteteci, geniale. Non presenteremo opere
originali di Picasso ma soltanto riproduzioni
rielaborate, come dire dei falsi, falsi d’autore si
intende! Da noi eseguiti ad hoc e dichiarati falsi fin
dalla nascita!
Sono sicuro che nell’aldilà, in questo momento,
Picasso se la sta ridendo come un matto… Ma
torniamo alla Mostra e alla lezione su Picasso
Desnudo.
Non è certo un compito da poter svolgere a cuor
sottile: Picasso non è soltanto un artista eccezionale,
è una leggenda. Un personaggio fuori norma che in
novant’anni di vita è riuscito a inventarsi un numero
incredibile di vite diverse, come in un’enorme favola.
Un lavoro come questo bisogna però sperimentarlo...
e ho pensato proprio a voi, cittadini della mia Milano,
perchè mi aiutiate a verificare e capire dove questo
mio discorso risulti agile e piacevole e quanto rischi
di apparire un erudito bla bla bla.
Naturalmente vi aiuteremo proiettando un notevole
numero di dipinti, ritratti e autoritratti di Picasso, tutti
immancabilmente falsi! (imm. 1 ? - imm.40)
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Aiutateci con la vostra attenzione e con la vostra
fantasia... conosciuta e apprezzata in tutto il pianeta.
(scoppia in una risata)
Dunque andiamo senz’altro a cominciare...
E’ Picasso che prende la parola: “Sono stato
fortunato, la sorte mi ha regalato come primo
insegnante di pittura nientemeno che mio padre,
(ancora imm. RAGAZZINO IMM. 53 - imm.60) don
Josè, professore all’Accademia di Belle Arti in
Malaga. Ero ancora un ragazzino quando mio padre
rimase letteralmente sconvolto nello scoprire una mia
pittura - di cui lui stesso mi aveva dettato il tema - un
dipinto di fattura talmente straordinaria da mandarlo
in crisi. Nello stesso giorno mio padre decise di
regalarmi la sua tavolozza, le tele e i colori e da
allora non dipinse più.
Da subito ho imparato ad amare i grandi pittori
antichi, specie quelli del mio Paese. (imm.69 (imm.70): Velazquez, El Greco e Goya (imm.69 imm.71), quest’ultimo famoso per la Maja Vestida e
la Maja Desnuda. A proposito di questo stupendo
doppio ritratto di donna mi sono subito chiesto: ‘Ma
perché, dopo aver dipinto questa sua innamorata
dolcemente sdraiata su una chaise-longue, indossante
un abito così raffinato, Goya l’ha poi spogliata nuda
nello stesso atteggiamento mostrandola così a tutta la
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città? E’ semplice, Francisco amava questa donna più
d’ogni altra creatura al mondo, quindi l’ha mostrata
ignuda non perché volesse vendicarsi e punirla per
essere stato tradito e abbandonato, proprio come
pensano stupidamente certi eruditi commentatori, ma
per farle un grande dono: (imm.69 imm.72)
denudarla perché ognuno potesse rendersi conto per
intero di quanto fosse impossibile non perdere la testa
per lei’. (indicando la proiezione) Non capita tutti i
giorni di incontrare Venere in persona!
A proposito di opere sublimi Pablo soleva ripetere un
paradossale concetto: “La mediocrità di un pittore la
si misura osservando come faccia propria l’opera di
un grande artista. Quasi sempre il pittore in questione
dichiara di non copiare l’opera del grande maestro
ma di ispirarsi a lui. Ed è qui la stupida banalità,
infatti un pittore di grande qualità – e scusate se io mi
permetto di pensare di essere uno di quelli – non si
limita mai a tradurre l’emozione che gli procura un
grande maestro, ma si prende tutto intero il suo
dipinto: colori, forme, linguaggio, e si porta via anche
la cornice se scopre che è di valore.”
(fig. 50 - fig.50 )
Come frontespizio alla storia di Pablo Picasso
abbiamo pensato di collocare questa sua
dichiarazione: “Sono venuto al mondo nel 1881, in
ottobre, e devo dirlo ero un bimbo molto dotato nella
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pittura! Ho avuto difficoltà a farmi conoscere
all’inizio, come succede a ogni giovane che
intraprenda il cammino dell’arte. Poi, sempre con
fatica mi sono fatto apprezzare, ho studiato, imparato
tutte le tecniche: pittura, incisione, scultura; ho
frequentato pittori di grande talento, ho cercato di far
mio il loro linguaggio. Poi, alla fine, ho compiuto la
più importante delle mie azioni: ho inventato
Picasso.” (imm. 51 – imm. 50)
E’ noto che il suo primo periodo pittorico è detto blu
(imm. 80 – 80 bis), periodo durante il quale ritrasse
una popolazione ai margini della società: personaggi
del circo, giocolieri e attori di strada. ((imm. 80
TRIS) - imm.81) Bimbi che imparano dalle madri
l’arte dell’acrobazia e che si lanciano rotolando
nell’aria con leggerezza ed eleganza straordinarie
(imm. 82- imm.82).
Ecco che qui avremmo bisogno di qualcuno che
questo mondo lo conosca veramente a fondo,
avendolo vissuto fin dalla nascita, e questo qualcuno
è senz’altro Franca, figlia d’arte e depositaria
dell’antico Teatro all’italiana. Franca!
ENTRA FRANCA
FRANCA: Picasso amava molto lo spettacolo, in
particolare il teatro satirico, come quello proveniente
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dalla Commedia dell’Arte (imm.90 – imm. 90 bis).
Non a caso il personaggio che Pablo ha fatto
fisicamente e spiritualmente proprio, è Arlecchino.
(imm.91 - imm. 91)
Conosciamo decine, anzi centinaia di disegni e suoi
dipinti in cui Picasso si ritrae addobbato di questa
maschera di servo furbo, spietato e candido insieme
(imm.91 - imm. 92) una maschera di cui egli conosce
tutti i paradossi e i lazzi: le giullarate, gli sberleffi, lo
sghignazzo e soprattutto l’insulto al potere. (imm.93imm. 94).
Con Dario abbiamo voluto condurre una indagine, e
in biblioteche diverse, a cominciare da quelle della
Romagna dove ci trovavamo a provare, abbiamoo
scoperto che i dipinti, le statue, le incisioni sul tema
di Arlecchino eseguite da Picasso in 70 anni e più,
sorpassano il numero di 300: (imm. 95 – imm. 96)
un’enormità! Alcuni grandi suoi dipinti in particolare
illustrano canovacci dei comici italiani famosi, come
quello in cui Arlecchino recita la parte del sensale di
matrimoni. Una storia che con la mia compagnia di
famiglia, i Rame, abbiamo messo in scena più di una
volta.
La trama è semplice e giocosa. Pantalone, ricco
mercante veneziano, si è pazzamente innamorato di
Isabella, che da ragazza era proprio il mio
personaggio, giovane ospite di casa che a sua volta è
innamorata di Flavio, ‘bello figliolo’, primogenito di
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Pantalone. Costui quando scopre che Flavio gli sta
portando via la donna amata, impazzito di gelosia
scaccia di casa il giovane contendente (imm.97 –
imm. 97), suo figlio, obbligandolo a raggiungere
l’Università di Bologna, e così se lo toglie dai piedi.
Arlecchino, naturalmente, come tutti i servi della
tradizione sta dalla parte dei giovani innamorati e
riesce a far trangugiare immediatamente a Pantalone
una pozione magica. Una volta assunto
quell’intruglio il vecchio mercante si innamorerà
della prima femmina che transiterà davanti ai suoi
occhi e dimenticherà all’istante Isabella. Ma destino
vuole che davanti a sé appaia non una femmina ma lo
stesso incantatore: Arlecchino!, che accidentalmente
indossa un costume da donna. Pantalone sotto
incantesimo si getta affascinato verso Arlecchino
(imm.98 – imm.98),
DARIO: Bella donna che tu sè!
FRANCA: E così dicendo lo solleva fra le braccia
urlando
DARIO: “mia sei, adorata signora!”.
FRANCA: Lo zanni si divincola
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DARIO: “còsa ch’el fà siòr dotór, l’è mato!” “Bella
creadùra tè vòjo mastecàre tùta desnùda!”
FRANCA: L’oggetto del desiderio fugge inseguito,
inciampa,
rotola
travolto
dall’impeto
dell’appassionato Pantalone che ad ogni costo lo vuol
far suo. L’amato fuggente si arrampica su un albero
(imm.98 - imm. 99) dove viene raggiunto da
Brighella, il servo raziocinante che dice:
DARIO: Arlekìn, tranquilate! ‘Sta metamòrfosi che
t’è capitat de stciambiarte de omo in fèmena, l’è ‘na
gran fortùna. E Arlekìn de contra: “Ma che fortuna?!
Me cojòn! L’è fortuna forse farse sbusetàr le ciàpe
‘me ‘na putàna?” – ma Brighella non molla –
“Arlekìn, vardémose bèn in te i ògi. Chi sèt ti?
L’ùltemo dei desperàt! Un strasciùn malarbèto!
Sémper in ziérca de magnà! Afamà pì d’un càn
randàzzo. Catàt a pesciàdi d’ogne cùsinier! Biastemà
fin de l’ùltimo servidór. E all’improvìsa, incó, par
meravigióso incantamento, tèl chì, un Arlekìn amàt e
sbasücà, lècà e rilècà ‘me un sùrbèt de limòn. Ma te
se réndet cunto: sèm arivà adiritùra a un padrón
inamuràt à la folìa del so’ servidór! Ma quando mai
l’è capitàt al mund?! AHAH L’è ‘na maravégia!”
“Eh sì – replica Arlekìn – maravégia d’un mato! A
l’è proprio ‘na folìa! Quel lì me vor far el servìssio,
cumpàgn de ‘na ziuvénca, giàmbe per aria e cùl al
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vento, muntà ‘me ‘na cavra!”. BEEEH BEEEEH VA
PIAN, TREMENDO!
“E ti dighe de no, ma dólzo! Impara a stopàrlo come
se fa coi cavrón in calór ‘sto sacripante! Daghe mièl e
sale in quantità... e ogni tanto un lecadìn! La vostra
matamorfosi, tì vedarà, se intorsicarà cumpàgn d’un
melùn riempiegnì de parsùto e la tua sarà ‘na vida
de fa’ negòtt con la panza sémper impiegnìda de vìn
e de salàm!”
FRANCA: Arlecchino si convince e si mette alla
prova. Danza con il suo padrone innamorato.
(imm.100) Accetta tenerezze e riceve regalie
preziose, manciate di denaro, anelli, collane e
bracciali da odalisca. Isabella e Flavio si ritrovano a
loro volta sconvolti: “Abbiamo sì – dice Isabella guadagnato la libertà di amarci, ma non possiamo
accettare questo connubio da incantamento triviale,
per non parlare di tutto il denaro di famiglia
sperperato. Bisogna intervenire facendo bere al
vecchio Pantalone una pozione d’antidoto. In che
consiste? Si tratta dello stesso liquido che lo ha
incantato: bevuto una seconda volta, farà tornare
Pantalone normale. Inquadratura su Franca “Sarebbe
a dire - esclama Isabella - che lo rivedremmo di
nuovo innamorato pazzo di me!?”
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DARIO: “No no no! Niente pagùra, - la fa tranquila
Brighela - ol retornarà in te la norma, ma castrà ‘me
un vitelón!”
FRANCA: Ma ecco che all’istante Arlecchino si
rifiuta.
DARIO: “No, ma niànca morto! No’ torno indré
nemanco se me cusiné ‘me ’n ’aròsto sul fògo dei
purscèi. Cosa ghe guadagni mì? Quando l’è
comensàda sta metamorfosi con incatamento, viàltri
dòi amorosi cigulàvi felìz ‘me dòi fringuèli e adès, de
bòto, vi fèit catàr de la bona moralità! Oh, che
strambo! L’è no par caso che gh’avé timór de
pèrdeghe l’entréga eredità del vègio incujunàt? E mi?
A l’estànte dovarìa returnà indrìo a la miseria de
sémper, ai pesciàdi in te le ciàpe, senza respècto de
sòrta de ognùn? No! Mi quel respècto che me sòn
guadagnàt m’el vòjo mantenìr san e tüto insèmbia a
l’amor e à la degnità. Sigùro, ho descovèrto che per
un omo, la degnità l’è tüto, sovratùto ‘ndel particolàr
mùment che scòvre de ves deventà ‘na fèmena!”.
FRANCA: La compagnia dei comici allontana di
forza Arlecchino che scalcia come un ciuco
impazzito. Intanto si preparano i bicchieri e li si
riempiono di spumante, tutti salvo che per il boccale
offerto a Pantalone che conterrà la solita bevanda con
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l’incantesimo. Il mercante innamorato sta per portare
il proprio bicchiere alle labbra ma ecco che
Arlecchino con gesto rapido afferra il boccale e
trangugia il beverone a gran velocità.
DARIO: “Nianca per idea! Pitòsto ‘sta malarbèta
pozión me la sgòrgolo tüta mi’, capita quel che
capita, no’ m’importa!”.
FRANCA: Beve e quindi immediatamente spalanca
gli occhi e urla:
DARIO: “Maledisiùn! No’ ghe végo più! Orbo son
deventà de entrambi i ögi!”.
FRANCA: Tutti i personaggi della commedia
sentendosi responsabili di quel disastro si fanno in là,
sul fondo. Arlecchino spalanca di nuovo gli occhi e
grida:
DARIO: “Ghe végo! I mè ögi i véghe de nòvo! Dio
che calór che me sento ‘gnir adòso!”.
FRANCA: In quel momento una deliziosa capretta
(imm.101) attraversa la scena e Arlecchino le va
incontro ed esclama:
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DARIO: “Maravegiósa criadùra, che te spónti
deréntro el méo sguardo. Inamorò col còre tüto in
tòchi, me sento devànti a tì!”
FRANCA: Si china verso la tenera capretta, la
solleva tenendola stretta fra le braccia (imm.102 –
inquadratura su Dario) La sbaciucchia con passione
mentre quella bela quasi cantando e Arlecchino,
annodandosela intorno al collo come uno scialle
prezioso esclama:
DARIO: “Ooh, che roba maravegiósa sentìrse
inamorò come un cavròn in calór!”. BUAAAAAH
(imm.103)
FRANCA: Picasso è informato anche del fatto che
Arlecchino, nelle sue infinite metamorfosi, non si
limita a recitare il pagliaccio sguaiato e bugiardo, ma
si trasforma nell’acrobata del medico volante (imm.
104), nell’avvocato arraffatutto, nel Tartufo di
Molière e nel Don Giovanni sciupafemmine
(imm.105 – imm.106 ?).
Egli è cosciente che se mette a confronto la sua
propria vita con quella di Arlecchino, si accorgerà
che la maggior parte delle sue storie con donne
(imm.107 - (imm.108) di cui è stato amante, sposo,
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innamorato per sempre o per una notte e via,
sembrano tratte di peso dalla Commedia dell’Arte.
Le ha amate tutte e a volte travestendole da
saltimbanchi, danzatrici, ninfe e divinità. (imm.109 –
imm.109)
Picasso si trova spesso come davanti alla porta
girevole di un Grand Hotel: entra solo, esce
accoppiato, rientra con un’altra femmina e sorte con
due nuove innamorate.
Eccole: la donna di Maiorca (imm.109 - imm.132),
stupenda, la donna nuda (imm.133 - imm.132) di cui
si tace il nome, Olga Koklova (imm.133 imm.134)
ritratta decine di volte in diversi atteggiamenti e
situazioni, madame Cañals (imm. 135 - imm.134),
moglie splendida di un notevole pittore di cui Picasso
si era pazzamente innamorato, innamorato della
moglie, non di lui!, e per finire la signora H.B.
(imm.136 – imm.136) ricchissima... soprattutto di
capelli, come potete vedere! Belle eh! Ma nessuno di
questi ritratti è l’originale, sono tutti rigorosamente
ricostruiti, cioè sono tutti dei falsi... sempre autentici!
Ma attenzione, quanti ritratti delle sue amanti ha
eseguito? Di alcune, come Françoise Gilot, ha dipinto
più di 400 ritratti. Della Koklova ne ha realizzati più
di 500... il che significa un grande amore!
Posso testimoniarlo io di persona. Ho un marito, la
cui vera professione è il pittore, con il quale ho
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vissuto una vita intera e in sessant’anni di vita mi ha
ritratta almeno 150 volte! Un amore appena tenero!
DARIO: Ma stiamo attenti a non crearci l’idea di un
personaggio esclusivamente preso per le femmine.
Picasso era anche quello che si dice un uomo
civilmente e socialmente impegnato.
“Raccontate uomini la vostra storia – ripeteva con
Savinio (imm.193 – imm.193) - siate testimoni
implacabili del vostro tempo, del diritto per ognuno
alla libertà, ed ogni ingiustizia denunciatela fino a
sgolarvi!”.
Naturalmente entrambi - Picasso e Savinio - nel loro
comportamento davanti ai grandi e spesso orrendi
momenti della storia, non si tirarono mai indietro.
Basti ricordare con che slancio furente e indignato
Picasso dipinse nel 1937 la grande tela dedicata alla
strage di Guernica. (imm.200 – imm-200)
FRANCA: Naturalmente il pittore ha evitato di
cadere nella retorica illustrativa del dramma: non ci
sono gli Stukas, i bombardieri tedeschi in picchiata,
né granate a grappoli né esplosioni, ma una parete di
casa che crolla, piedi di uomini e cavalli che si
muovono correndo, tremende grida di donne che
spalancano le braccia disperate, animali colpiti che
stramazzano, bambini uccisi fra le braccia della
madre, uomini rovesciati al suolo ormai senza vita e
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lo slancio di una donna che regge una lampada che
proietta luce fra le tenebre della morte.
Guernica è la pittura che Picasso riuscì a far diventare
memoria di tutte le violenze e i massacri del suo
tempo.
DARIO: Lo stesso discorso va fatto per la grande
tavola di compensato dipinta per la fucilazione di
innocenti avvenuta in Corea (imm.210 – imm.210)
negli anni Cinquanta per mano di un plotone di
esecuzione degli Stati Uniti, dove le vittime sono
rappresentate, donne e bambini ignudi, proprio come
l’innocenza. In questo caso l’idea compositiva si rifà
chiaramente al massacro, avvenuto all’inizio dell’800
dipinto da Francisco Goya (imm.210 - imm. 211) che
testimonia la strage della popolazione spagnola da
parte dell’esercito francese.
(imm.210 - imm.212) I fucili posti in primo piano da
Picasso nella sua narrazione sono macchine da guerra
da fantascienza e anche l’atteggiamento meccanico
dei militari americani allude ad un’ammucchiata di
robot, automi della morte, evidentemente privi di
ogni dimensione umana.
FRANCA: Va subito detto che qui si tratta di un altro
falso, assolutamente straordinario!
(imm.210 - imm.213) Queste due opere,
accompagnate dai conseguenti abbozzi preparatori,
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furono mostrate al Palazzo Reale di Milano nel 1953,
accolti da una straripante presenza di pubblico.
Naturalmente sul coinvolgimento umano e civile di
Picasso, in più di un’occasione e con coerenza totale
durante tutta la sua vita, si è tentato da parte dei soliti
pompieri culturali, di svicolare assicurando che
quelle opere del grande maestro dovevano essere lette
come una civile esortazione alla pace, solo alla pace
contro ogni sorta di conflitto.
DARIO: Quelle colombe (imm.220 – imm. 220
speculare) che Picasso ha dipinto sospese in un cielo
lugubre durante il periodo della cosiddetta guerra
fredda, secondo alcuni conformisti erano la
dimostrazione che Picasso tendeva a rimanere fuori
dai coinvolgimenti morali di parte. (imm.221 imm221) Insomma, qui i pompieri moderati ribadiscono
con foga che Pablo, come tutti i grandi artisti, deve
essere visto e catalogato come uomo di pace, estraneo
ad ogni coinvolgimento estremista della politica.
E’ la solita ballata ipocrita di un’arte che deve volare
alta (imm.222 – imm. 220) e fuori d’ogni impegno
diretto alla vita sociale e politica. Insomma,
procuriamoci tutti un bel cervello vuoto, privo d’ogni
contaminazione di parte. Il mondo delle idee è
pericoloso: crea fanatici del pensiero. Meglio starsene
fuori e vedere ogni dramma come pupazzi e
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spaventapasseri che si agitano sbattendo le braccia
mossi dal vento del nulla.
FRANCA: Siamo nel 1907, Pablo a Parigi, (IMM. ex
230- imm. 230 – Demoiselles D’Avignon) vive
un’esperienza di surrealismo espressionista. E’ quello
il tempo in cui conosce Duchamp, Villon, Braque,
Picabia e molti altri artisti compreso qualche italiano
coi quali, analizzando le composizioni pittoriche di
Cézanne (imm.233 – imm. 235) e soprattutto dell’arte
africana AGGIUNGERE OPERA sviluppa una
specie di frammentazione di volumi geometrici che
vanno componendosi in forme dinamiche.
DARIO: Matisse, che non era tenero con i surrealisti,
osservando uno di questi dipinti eseguito da Braque
esclama con una certa ironia: “Bella questa specie di
cubettismo!”. (imm.236 – imm. 236)
FRANCA: Venutolo a sapere, Braque e Picasso
esclamano quasi all’unisono: “Grazie Matisse, con
questo tuo gioco a sfottò ci hai dato una grossa idea,
chiameremo questa nostra pittura Cubismo”.
E Duchamp ci mette un carico da undici: “Per
ringraziarti, caro Matisse ti faremo un ritratto tutto
cubetti, cubettini e cubacchi!” - e mantennero la
promessa, eccola! (imm.237 – imm. 237)
Naturalmente una riedizione un po’ arbitraria.
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DARIO: Ma a parte le frecciate e il sarcasmo, quel
movimento destò uno straordinario interesse, specie
presso alcuni importanti collezionisti. All’inizio però
i seguaci del naturalismo espressionista reagirono con
atteggiamenti di sdegno.
“Ma che è quella? Nient’altro che una provocazione
mercantile, tanto per stupire, épater le couille”...
Come dire, per incantare i coglioni!”
FRANCA: Gertrude Stein, (imm.240 – imm. 240
speculare) bellissima donna, una delle più colte fra
gli innovatori... si dice fosse l’amante di Picasso, e
c’è da crederci poiché il grande maestro non ha mai
scelto come amante una donna che non fosse almeno
affascinante... La Stein dichiarava che con il cubismo
(imm.242 – 243) l’incorniciatura della vita andava a
pezzi, e finalmente colori e composizioni potevano
muoversi liberi oltre la dimensione del quadro,
annotazione veramente intelligente! Bella testa!
Pur operando distanti l’uno dall’altro in diversi
atelier, Picasso e Braque riuscivano a realizzare opere
tanto simili che si sarebbero dette composte a quattro
mani dai due artisti. (imm.248 –imm. 248)
DARIO: Però c’era un inciampo cromatico e
Duchamp fu il primo ad accorgersene: quella pittura
viveva di un croma neutro, privo di una luce che
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proietti ombra e movimento. (imm.249 – imm. 249)
“Stiamo dipingendo corpi senza ragione e anima –
affermava - una pittura estremamente decorativa,
elegante, anche raffinata se volete, ma ogni quadro
sembra più un paradossale armadio con ante
sfasciate, illogiche e senza storia. L’uomo è uscito a
prendersi un caffé ma ha perso la strada e non torna
più.”.
(stacco su Franca)
FRANCA: Di lì a qualche anno arrivò la grande
guerra che spazzò via all’istante ogni estetismo
astratto e monocromo.
Poi finì la guerra, ci fu il fascismo e un’altra guerra,
anche quella mondiale. Picasso non si mosse da
Parigi e visse con difficoltà la situazione della
Francia occupata dai nazisti.
DARIO: Nel ’46, appena finito quell’ultimo conflitto,
molti giovani pittori partirono da Milano per Parigi,
per incontrare e conoscere il grande maestro
spagnolo.
A quel tempo avevo appena vent’anni e a mia volta,
con alcuni compagni d’Accademia, decidemmo di
andare da lui, in Francia, per sollecitarlo, perché
venisse a Milano.
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Eravamo decisi ed emozionati al tempo, non capita
tutti i giorni di andare a visitare un monumento
vivente.
In coro lo invitavamo a scendere da noi: “Ci fareste
un gran regalo Maestro e sarebbe per ognuno una
straordinaria iniezione di coraggio e fiducia!”.
Picasso si diceva lusingato e prometteva che appena
gli si fosse aperto uno spazio di tempo disponibile, ci
avrebbe accontentati.
Passavano le settimane, i mesi, ma della visita che ci
aspettavamo da Picasso nessuna notizia. Scrivemmo
più di una lettera ma ricevemmo solo laconiche
risposte dai suoi collaboratori: “Abbiate pazienza, fra
poco arriveremo.”. Ma noi pazienza non ne avevamo
più, anzi quando si sparse la voce che Roma, in
particolare Cinecittà, era riuscita a convincere Pablo
a raggiungerli di lì a qualche settimana, esplose una
vera e propria bagarre di rabbia indicibile.
Ci fu una riunione nell’Aula Magna di Brera,
(imm.255) mai vista una folla del genere, gente che
s’ammucchiava e sbaccagliava disperata. Morlotti era
fra di noi il più saggio e accorto e disse: “E’ inutile
tutta questa caciara. E’ evidente che Picasso ha
preferito Roma a noi. Forse nel ritorno può darsi che
si fermi a darci un saluto.”. Quella non era acqua
fresca, ma una tanica di benzina buttata sul fuoco,
tant’è che qualcuno fuori di testa propose: “E se lo
andassimo a rapire?” “Sì, il Picasso rapito! - sbottò
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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Peverelli – Che idea, io mi prenoto per fare il palo.”.
Tutti risero più per la stizza che per la battuta. Parzini
rispose seccato: “C’è poco da sfottere, la soluzione
c’è ed è questa lettera che abbiamo ricevuto dal suo
ufficio. Terremo buona solo la busta; per il contenuto
basta riscriverlo da capo, pressappoco così:
(imm.256) cari amici, saprete che sto per giungere a
Roma ma ho pensato che, transitando da Milano,
giacché verrò in treno, potrei fermarmi per
abbracciarvi e stare un poco con voi. Il giorno che mi
andrebbe a pennello, scusate ma un pittore si scopre
sempre, sarebbe l’ultimo fine settimana di questo
mese, fra quindici giorni circa. Un abbraccio, Pablo”.
Un gruppo fra i convenuti se ne andò a dir poco
schifato: “Ma sono pagliacciate, andiamo!”. Ma i
molti che restarono si diedero un gran da fare per
metter giù la lettera cercando di imitare la scrittura di
Pablo. Poi fotografammo la missiva e la facemmo
circolare fra le varie testate di giornali.
Qualche cronista fanatico dello scoop, fregandosene
di verificare, pubblicò la notizia: “Pablo Picasso
prossimamente a Milano per un vernissage della
mostra di sue incisioni (IMM. 258 NUOVA INSERIRE IMMAGINI) alla nuova Galleria
Manzoni”. La mostra si inaugurava davvero, ma è
chiaro che la notizia della sua venuta era
completamente falsa. Altri giornali hanno ripreso il
lancio dell’evento e, come se non bastasse, un
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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mercante mai identificato, aveva confermato,
assicurando la visita del Maestro.
A nostra volta abbiamo deciso di cavalcare la tigre
dell’immaginifico: “Lo faremo arrivare qui per
davvero! Picasso sarà a Milano in carne ed ossa!”
La nostra chiave di volta era Otello, (imm.262) un
anziano bidello dell’Accademia di Brera, un
brianzolo assistente al calco dell’atelier di Marini: era
il sosia di Pablo sputato. Un uomo sui cinquant’anni,
di bassa statura, ben piazzato con il cranio ornato di
pochi capelli bianchi e la faccia identica a quella del
maestro malagueño. Insomma, una fotocopia vivente!
È deciso: cerchiamo di convincere Otello a prestarsi
al gioco. Risposta: “Mì Picasso?! Ma sì matt?!”
FRANCA: Riuscì a convincerlo Olga, (IMM.262
BIS, IN REALIZZAZIONE) una stupenda allieva e
modella di Manzù: “Se accetti ballerò tutta la sera
con te!” “Affare fatto bella tùsa!”
DARIO: Per colmo di fortuna, Otello aveva lavorato
a Marsiglia per dieci anni da ragazzo e parlava un
francese quasi perfetto. Diamo la conferma a radio e
giornali: Picasso arriverà con il treno delle 11.30 in
Centrale, via Mentone. Lo faremo arrivare (imm.263)
abbigliato con il suo solito trench bianco e la sua
immancabile valigia, anche lei bianca.
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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Siamo alla stazione Garibaldi un’ora prima e
facciamo salire il sosia accompagnato da Alik
Cavaliere, Morlotti e Bobo Piccoli, sul treno che va a
Rho. I quattro scendono alla stazione stabilita e
attendono il rapido da Mentone che fermerà, come di
regola, a quello svincolo di quattro linee.
Alla stazione Centrale, binario dieci, c’è una folla
incredibile: giornalisti, fotografi, cineoperatori,
studenti, artisti, intellettuali… c’è perfino una
bandiera rossa, che sventola… per Picasso!
Ecco il treno, la folla va incontro all’artista.
“Sarà sui primi vagoni o più in fondo?”
Scendono i viaggiatori.
“Avete visto Picasso in qualche vagone?”
“Picasso?!”
Ci guardano come una massa di deficienti.
Sono quasi scesi tutti. Picasso non si vede.
“Eccolo!”
“Sì, è lui. (imm. 265) Si è sporto da un finestrino!” saluta e poi scompare. È sceso sull’altro marciapiedi.
“Che originale!”
La gente sale sui vagoni per poi ridiscendere dall’alta
parte. È sparito!
“Di sicuro si è infilato in un sottopassaggio!”
I fotografi e i giornalisti si danno a rincorrerlo. Una
voce di donna grida:
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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FRANCA: “Calma, non è fuggito! È che la folla gli
crea panico. Se lo volete incontrare tranquillo, venite
tutti questa sera al salone dei Filodrammatici, a
fianco della Scala. Ci sarà un rinfresco e una
tranquilla conferenza stampa.”
DARIO: Il salone dei Filodrammatici (imm.268) in
restauro era una specie di impianto scenico che
serviva da sala prove. Lo stavano ristrutturando
perciò era ingombro di tralicci e centine di sostegno e
mancava assolutamente del soffitto. Insomma, era
veramente un salone all’aperto. Ma quelle strutture a
colonnati funzionavano a meraviglia per sostenere un
decor scenografico davvero sconvolgente. Per
arricchirlo avevamo coinvolto gli allievi di
scenografia e decorazione e i tecnici del Piccolo
Teatro. Con un camion avevamo fatto portare in quel
salone scene di spettacoli fuori repertorio e dal
vecchio magazzino della Scala eravamo riusciti a
recuperare enormi statue in cartapesta e perfino un
leone e due cavalli rampanti. (imm.269) Il montaggio
è stato laborioso, ma eccitante. Si è brigato tutta una
notte.
Con un gruppo di attori e qualche sceneggiatore di
film si è poi abbozzata una scaletta delle situazioni da
rappresentare.
La sera, i primi ad arrivare sono stati i musicisti del
Santa Tecla (imm.270) e la Lambro Jazz Band. Si
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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sono sistemati su una specie di palco mentre ancora si
stavano approntando le luci. Tutti commentavano
dell’arrivo di Picasso alla stazione: erano in molti a
non immaginare si trattasse di una beffa!
Gli scenografi e i decoratori, fra di loro mi par di
ricordare ci fosse anche Enrico Baj, stavano intanto
pitturando i cavalli, il drago e le statue in oro e
argento. Fra gli altri eravamo riusciti a ingaggiare il
gruppo di clown del Circo Togni...
FRANCA: ...ed io che con la gente del circo ero di
casa, mi ero infilata nel gruppo addobbata da
domatrice di leoni, con tanto di frusta, sulla faccia
avevo una maschera leonina... TCHIAAA! ero
irriconoscibile...
DARIO: ...infatti è lì che l’ho incontrata per la prima
volta, ma non ci ho fatto nemmeno caso!
FRANCA: E nemmeno io l’ho preso in
considerazione: aveva un naso tondo, classico dei
clown, due occhi da pagliaccio che facevano scintille
e una bocca coi labbroni rosso carminio! Orendo!
DARIO: Finalmente comincia ad arrivare la gente.
Noi si metteva a posto le sedie in un ordine davvero
caotico. La Lambro Jazz Band apre con un pezzo
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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famoso, è un blues: “Tutti i figli di Dio hanno le
scarpe”. (canta a ritmo di blues)
In ritardo stanno entrano anche i camerieri per il
rinfresco.
“Ma chi paga tutta ‘sta roba?” chiedo io.
Mi fanno il nome di due grossi collezionisti.
“Hanno coinvolto anche l’ufficio pubblicitario della
Pirelli!”
Non ci credo... me lo giurano!
FRANCA: C’è più gente del previsto… belle signore
in gran pompa. In molti hanno disertato la prima del
Lirico. Ecco Ghiringhelli, il direttore della Scala,
Scala ridotta dai bombardamenti ad un rudere e
Schwarz, il principe dei mercanti d’arte con tutta la
sua corte.
DARIO: Il pubblico non ha ancora preso posto che,
sostenute dalle bande, hanno inizio le entrate
comiche (imm.273): lassù appeso ai tralicci un clown
truccato da imbianchino in tuta, grida: “Aiutooo, sto
cadendo!”. Si lascia scivolare giù per un cavo e
comincia ad oscillare in modo sconnesso. Precipita!
No, si è abbrancato ad una centina. Degli acrobati,
travestiti da pompiere, montano scale che vanno a
pezzi. TUM TUM TUM, uno spettacolo! I Vigili del
Fuoco si salvano aggrappandosi a funi che li fanno
danzare qua e là. Urla di signore spaventate.
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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Ora anche la band del Santa Tecla s’è unita alla
Lambro Jazz in un sound frenetico. Le giravolte, gli
scontri e le stcentrate creano scompiglio.
FRANCA: Qualcuno chiede a gran voce: “Scusate
ma quando arriva Picasso?” (imm.275)
DARIO: “Sarà qui a momenti. Intanto lei balli
signora!”
Suona una sirena e si spalanca un portale: dal fondo
entra un vigile in moto che impone silenzio. “Cos’è
‘sto bordello? Siamo pazzi? Avete il permesso per lo
spettacolo? E chi è il capocomico, l’impresario? Si
può sapere cosa ci fate qui?”
“Aspettiamo Pablo Picasso!”
“Pablo viene qua?!”. E il vigile motorizzato manda
un urlo e fa ruggire il motore ROAAAAR!, quindi si
lancia in un carosello a gran velocità ed esce con la
sirena accesa gridando: “Pablo! Pablo! Arriva
Pablo!” ROAAAAR!
FRANCA: L’orchestra sta andando su di giri. Intanto
entrano in scena cinque imbianchini che pretendono
di ultimare il loro lavoro. (imm.278)
DARIO: Anch’io, col mio nasone, faccio parte della
squadra di quei clown spennellatori. Andiamo
trascinando un enorme telone sotto il quale
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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costringiamo il pubblico ad infilarsi come si fa coi
mobili in caso di sbiancamento dei locali.
FRANCA: Due anziane signore chiedono a gran
voce: “Ma quando arriva Picasso?”
DARIO: “Arriva, arriva!”
Ora gli imbianchini si lanciano i secchi l’un l’altro,
UAH UAH s’annaffiano con sbroffate di pittura.
FRANCA: Spaventato dalle grida e dai tonfi, il
pubblico tira di qua e di là il gran telone finché,
strappo dopo strappo, non viene ridotto a brandelli.
Qualche coppia danza. (imm.279) E altri chiedono:
“Ma quando arriva Picasso?”.
DARIO: “Arriva, arriva!” Un altoparlante avverte:
“Attenzione, arriva Picasso!”
FRANCA: L’orchestra suona una marcia trionfale.
Petardi esplodono fra le gambe delle danzanti.
DARIO: Eccolo là! In mezzo al fumo appare la
sagoma di Otello, (imm.279 bis) sempre con il suo
trench bianco. Applausi. (batte le mani)
“Ma è proprio lui!”
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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Otello sta per parlare: “Mes amis, je suis ravì d’être
ici…”, ma si trova avvolto da uno sfumazzo denso e
puzzolente. Tossisce.
“Mon dieu, quelle bagarre!”. E quindi all’istante
inizia a parlare in dialetto lombardo stretto: “Ma se
po’ minga respirà in ‘sta fuméra e per el calür peu
che ven föra. Gh’é de stciopà!” Così dicendo si toglie
il trench e rimane seminudo ma con le mutande. imm.
281
FRANCA: “E’ lui, è proprio Picasso! L’ho visto
fotografato in quella mise un sacco di volte!”
Picasso riprende a parlare tenendo un microfono
vicino alla bocca:
DARIO: “Me piàse ‘sta Milan l’è proprio ‘na folìa de
stciopà! Sun cuntént de ves chi!”.
Scoppiano altri petardi e anche un fuoco d’artificio.
(imm. 280)
FRANCA: Un botto esplode proprio fra le gambe del
falso Picasso della Brianza
DARIO: “Eh no, cassoo! Me vorsì brusà i cujùni?!”
(imm.282)
Alcuni signori scattano a gran voce: “Ma per Dio, è
tutta una presa per il sedere, si son fatti gioco di noi!
Una beffa indegna.”
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
31
FRANCA: “Zitti, non si offende un ospite così
riguardevole!”
Una splendida signora inzuppata d’acqua colorata
esclama: “Stupendo! Una festa così me la ricorderò
finché campo!”
DARIO: E un vecchio signore esplode a tutta voce:
“Io non so se quello sia o no il vero Pablo, ma che sia
o non sia a me va bene anche così...
DARIO E FRANCA (in coro): viva Pabloooo!”
FRANCA: E un’ultima voce tonante grida: “Ma
quello è Picasso o no?”
DARIO: Tutto il coro dei clown (imm. 282 bis)
sbotta: “Sì, è lui, è l’unico Picasso al mondo...
DARIO E FRANCA (in coro): gli altri sono tutti
fasulli!” Che festa!
(copertina 1 – copertina 2)
__________________________________________
SECONDO TEMPO:
[Musica]
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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(copertina 1 – copertina 2)
DARIO: La beffa organizzata a Milano con la messa
in scena della partecipazione del falso Picasso ai
Filodrammatici, di fianco alla Scala, avveniva più di
tre anni prima che si realizzasse al Palazzo Reale la
grande retrospettiva del 1953, (imm 290 - TAV. 290)
cioè sessant’anni fa, e che proveniva dalla Galleria
Nazionale d’Arte Moderna in Roma, dove furono
presentati 137 dipinti più numerose sculture e opere
grafiche e ceramiche.
Per di più a Milano le opere esposte al Palazzo Reale
in quell’occasione erano più numerose in
conseguenza dell’intervento diretto di Picasso che
riuscì a far esporre anche la grande tela di Guernica
che venne spedita per via aerea da New York;
FRANCA: insieme a Guernica era anche presentato il
Massacro in Corea la grande tavola, come avevamo
già detto, nella quale era raccontata la fucilazione di
un gruppo di innocenti contadini; a Roma quest’opera
non fu presentata, pare per l’intervento di Giulio
Andreotti (TAV. 295 speculare- TAV. 295) che vietò
l’esposizione per non offendere l’alleato americano.
“Sì, abbiamo verificato, e siamo certi che sia stato
proprio lui, il Divo Giulio a mettere in atto quel veto
di alta piaggeria politica. Ma quell’Andreotti lo
troviamo dappertutto, in ogni tempo, proprio eterno e
puntuale come la morte!”
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
33
DARIO: Ancora a Milano, furono esposti altri quadri
che Picasso aveva fatto arrivare da musei di Mosca e
Barcellona.
Ma perchè? Come mai tanta generosità verso la
nostra città?
Di certo a Milano (TAV. 300 TAV. 300 speculare –
tavola nuova con il tram) rispetto a Roma, Picasso ne
era ben cosciente, si respirava tutt’altra aria, non era
ancora intossicata dallo smog, sia industriale che
politico.
FRANCA: Nel dopoguerra la nostra città godeva di
un fermento civile e culturale di straordinario peso e
Picasso ne era bene al corrente. Un giornale della
sera, mi pare si chiamasse Milano Notte, assicurava
inoltre che quando Pablo seppe della messa in scena
dei Filodrammatici (TAV. 305 - TAV. 305 speculare)
con bande, clown e la presenza di un sosia che lo
impersonava fra lo stupore e il divertimento di tutti i
presenti anche quando avevano scoperto della
finzione, aveva esclamato: (TAV. 310 TAV. 310)
“Ma è una messa in scena degna di un Pantagruel!
Che spasso! Bisogna proprio che mi decida ad
andarci in questa città, (TAV. 310 - TAV. 311 nuova)
e con una grande esposizione! Gente con tanto spirito
bisogna proprio premiarla!” (TAV. 312 speculare –
Tav 211)
DARIO: Di certo come osservavano cronisti presenti
all’esposizione, grazie alle molte opere aggiunte
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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rispetto all’edizione romana questa di Milano
appariva molto più impegnata, specie sul piano della
denuncia civile; insomma, come dichiarava più di un
visitatore: “E’ un’esposizione proprio di sinistra!”.
FRANCA: Guernica, (IMM. 313 - IMM. 313) in
particolare, aveva assunto per i giovani artisti del
Nord un assoluto valore emblematico, poiché a
Milano si era fatto di Picasso e di questo suo quadro
una vera e propria bandiera del loro impegno
d’avanguardia, in presa diretta con l’attualità storica e
sociale, non più verista e naturalista, e in opposizione
all’astrattismo formalista.
(RIPRESA SU DARIO)
DARIO: Ma non va dimenticato che Picasso aveva
creato con il linguaggio delle sue opere una forma di
realismo post-cubista inaccettabile per una certa
borghesia e che entrava in forte contrasto con la linea
ufficiale del PCI che si era allineata ai dettami del
realismo socialista sovietico dogmatizzato da
Zhdanov e ribadito anche da Togliatti. Questo
atteggiamento crea un forte conflitto fra gli
intellettuali italiani di sinistra che in gran numero
erano per la completa libertà d’espressione e di
pensiero.
FRANCA: Ma ecco che poco prima della mostra di
Picasso a Milano, nel marzo ‘53 si riunisce in Italia il
Comitato Centrale per una cultura libera, moderna,
nazionale che all’istante neutralizza tutte le
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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imposizioni dogmatiche provenienti dall’Unione
Sovietica e da qualche dirigente politico nostrano.
A ‘sto punto Picasso, applaudito da tutto il
movimento democratico di sinistra, viene eletto come
principale punto di riferimento per lo sviluppo di un
nuovo linguaggio dell’arte.
DARIO: Così si rende omaggio al più grande pittore
dei tempi nostri, il “compagno” Picasso che si era
iscritto al Partito Comunista Francese nel 1944.
In quel tempo stavo terminando l’Accademia, avevo
poco più di vent’anni e più volte mi era capitato di
partecipare a Brera ad eccezionali dibattiti, proprio
sulla questione dell’autonomia espressiva. Se ne
parlava anche in centri di cultura che nascevano uno
appresso all’altro nella città; non si affrontava solo il
tema delle arti figurative ma si coinvolgevano anche
il cinema, la musica e soprattutto il teatro che aveva
nel Piccolo e nella Scala i suoi centri d’azione.
Da tre anni esatti personalmente avevo cominciato ad
occuparmi anche di spettacolo, (TAV. 315 - TAV.
315) in particolare quello satirico e grottesco. Proprio
al Piccolo, con Parenti, Durano e Jacques Lecoq
avevamo formato un gruppo di commedianti con
l’intento di mettere in scena un teatro di azione totale
quindi legato alla pantomima, nella quale appunto
Jacques Lecoq era il nostro maestro. Il tema doveva
essere assolutamente quello dell’attualità, raccontato
con brevi scene, rapide e stilisticamente rigorose,
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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dove oltre alle parole, ridotte al minimo
indispensabile, venivano inseriti il mimo appunto, la
danza, il canto e, soprattutto, l’acrobazia. Con noi il
costume era unico, una specie di salopette nera che
veniva indossata anche dalle attrici (TAV. 320 TAV. 320 speculare) fra le quali in primo piano c’era
anche Franca.
FRANCA: Sì, proprio io. Gli argomenti che
portavamo in scena erano quelli del lavoro, dello
sfruttamento e degli incidenti nei cantieri, la cultura
dominante, la politica, l’input della chiesa in ogni
frangente della società, la questione femminile e la
sessualità nell’amore.
DARIO: Proprio nel tempo in cui si provava la messa
in scena, ci capitò con la compagnia al completo –
eravamo esattamente tredici più i tecnici e il
suggeritore - di visitare la mostra di Picasso al
Palazzo Reale e con tutto che personalmente
conoscevo le immagini studiate sulle foto dei testi
stampati, l’impatto con le tele originali fu
straordinario.
FRANCA: Dopo due ore che si era in visita ai saloni,
ci rendemmo conto che avevamo percorso solo un
quinto della mostra. Dovemmo tornare un’altra volta
e, in quell’occasione, ci accorgemmo che molti temi
del nostro spettacolo erano già raccontati sui dipinti
di Picasso e sulle incisioni e sui suoi disegni.
Decidemmo allora di studiare con più attenzione la
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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sintesi e lo svolgimento gestuale di quelle pitture per
trarne uno stile più incisivo e originale.
DARIO: E’ lì che a nostra volta scoprimmo il legame
che il maestro di Guernica aveva con la
rappresentazione
teatrale,
(TAVOLA
DA
COPERTINA “PUPAZZI” TAV. 325 e sull’altro
proiettore 326) sia nel modo con cui impostava le
composizioni, che per l’uso spregiudicato della
prospettiva e dello scorcio, per non parlare di quello
della luce. Di questo nostro intento di rifarci a
Picasso non ne parlammo con nessuno, ma per
meglio realizzarlo acquistammo tutte le riproduzioni
che trattavano di quella mostra e le immagini di
dipinti presenti in vari musei.
FRANCA: Il debutto del nostro spettacolo che aveva
per titolo Il dito nell’occhio avvenne alla fine di
maggio di quello stesso anno, proprio al Piccolo
Teatro. Strehler e Grassi, che ne erano i direttori, ci
avevano offerto di recitare su quel palcoscenico per
tutto il mese, ma lo spettacolo ebbe più successo di
quanto si sperasse. Dopo una settimana tutto il mese
di maggio risultava esaurito; quindi Grassi ci allungò
il periodo fino a tutto giugno. Ancora, dopo venti
giorni, ci rinnovarono il contratto fino a tutto agosto.
DARIO: Vennero a vederci da ogni angolo della
Lombardia, facemmo una breve pausa e recitammo in
altri due teatri di Milano, fra i quali il Carcano e il
Puccini. Poi cominciammo la tournèe, tutto andava
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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come a Milano, esauriti uno dietro l’altro... quanto la
nostra compagnia dovesse a Picasso e al clima che si
era formato nella città non saprei proprio dimostrarlo,
ma di certo noi in quel 1953 siamo partiti proprio con
il vento in poppa e con tante vele da sembrare un
bragozzo impazzito. (TAVOLA 328- TAVOLA 328
speculare)
Per festeggiare tanta fortuna Franca ed io abbiamo
deciso di sposarci e fare un figlio subito! Come si
dice... la fortuna bisogna coltivarla e applaudirla,
sempre!
FRANCA: Tornando a Picasso, l’abbiamo già detto,
il maestro aveva una certa attenzione particolare per
la sessualità. (imm. 330 - imm. 330 speculare) Tutte
le storie del teatro, della pittura e dei romanzi famosi
dove apparivano accoppiamenti appassionati e fuori
dal comune, lo coinvolgevano fino alla follia.
(imm. 335- imm. 335 speculare) Conosceva a
memoria la Celestina di Rojas, capolavoro teatrale
del ‘500, ridondante di prostitute, lenone, amplessi
paradossali comprati ed organizzati come in una
kermesse erotica. Queste vicende lo conducevano a
dipingere, disegnare, incidere giorno e notte. Perfino
i Tre Moschettieri (imm. 340)- imm. 340 speculare)
lo sollecitavano a mettere su carta e tela i famosi
spadaccini che duellano tenendo fra le braccia donne
ignude, sventolate come trofei.
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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DARIO: Egualmente era coinvolto dal Don
Chisciotte (imm. 345 - imm. 350) che scambia
prostitute con regine e che nella sua follia, rimane
infilzato dalle pale di un mulino a vento (imm.355 –
imm. 355 rovesciata) che lo fa roteare nell’aria
abbracciato alla sua sgualdrina incoronata.
I bordelli (imm. 360 – imm. 360 speculare)
l’abbiamo già detto, li rappresenta ad ogni occasione,
con prostitute d’ogni razza, forma ed età.
Un giorno scopre un dipinto di Ingres, (imm. 365 –
imm. 365 speculare con ritaglio) il famoso pittore
neoclassico della fine del Settecento che dedica un
quadro a Raffaello, appassionatamente abbracciato
alla sua modella, la Fornarina. All’istante Picasso si
entusiasma per questa inconsueta storia d’amore e
comincia a leggere cronache fantasiose che
raccontano dei due amanti; (imm. 370 metà – imm.
370metà)
FRANCA: sono veri e propri feuilleton [INIZIO
RIPRESA DARIO SU TUTTI E DUE GLI
SCHERMI] carichi di colpi di scena, tipo la bravata
di Benvenuto Cellini che spara un colpo di cannone
contro Carlo III di Borbone proprio nell’istante in cui
sta attraversando il Tevere sulla sua carrozza: PAM!,
lo becca con una palla di bronzo e lo ammazza pure!
O storie come quella di Giovanni da Gravedona un
personaggio un po’ pazzo e autolesionista che alla
maniera di Van Gogh si mozzò un orecchio per farne
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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dono alla sua amata “Ti piace cara? L’ho tagliato di
fresco per te. Puoi metterci un orecchino se vuoi!”
DARIO: (imm. 375 - imm.380) Ma ecco che a Pablo
capita fra le mani anche un altro testo su Raffaello,
completamente originale: le cronache di Giulio
Romano, il più importante fra i suoi aiuti; qualche
ricercatore assicura invece si tratti di Peplo
fiorentino, altro suo allievo e collaboratore; a parte la
discussa provenienza letteraria, Picasso all’istante si
trova
dinanzi
un
Raffaello
assolutamente
imprevedibile: prima di tutto un uomo di coraggio e
determinazione inconsueti, che attacca vescovi e
cardinali, principi e baroni accusandoli di ruberie e
intrallazzi ignobili... Che tempi di infame corruzione
erano quelli! Menomale che viviamo in un’altra
epoca, finalmente civile e democratica, con un Papa
vero pastore d’anime. Dicevo che, Raffaello, non
risparmia nemmeno la figura del Pontefice, che
pubblicamente denuncia per aver fatto sradicare le
pietre e i sampietrini della vie principali di Roma, per
servirsene nella costruzione di un proprio palazzo;
FRANCA: Raffaello ci appare quindi come un uomo
di grande correttezza e onestà, che però sorprende
ognuno per l’altra faccia della sua personalità: quella
di un erotismo sfrenato al limite dell’osceno.
Il Maestro di Urbino è uno che sa quanto vale e
pretende che tutti lo apprezzino, (imm. 385 imm.385 speculare) a cominciare proprio dalle
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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ragazze, dalle dame, dalle modelle, dalle prostitute,
che per lui vanno via tutte di testa.
DARIO: Il cronista che per evitare contestazioni
chiameremo l’anonimo infatti testimonia che quando
a Roma, a Carnevale, il carro sul quale stavano
vocianti le ragazze da marito transitava sotto le
finestre del palazzotto di Raffaello, tutte quelle donne
in coro eseguivano una serenata di sperticati elogi al
giovane pittore, un canto che diceva:
FRANCA: “Bello figliolo che tu se’, Raffaello,
come te mòvi appresso a lu Papa
quanno sorte a passeggiare,
tu se’ l’àgnolo Gabriele,
ìllo pare lo tòo camarière.
Dòlze creatura con ‘sto cuòrpo tuo che pare in danza,
(imm.390 – imm. 390 speculare)
comme me vorrìa rotolar co’ te
panza panza dentro lu vento,
appesa alle labbra toe da non staccàrme mai uno
momento:
Raffaello méttime dinta ‘na tua pittura
dove ce sta ‘no retràtto de te tutto intero
così de notte ce se potrebbe cerca’
e infrattàti nell’oscuro facce l’amore.
Si nun me voi amà, Raffaello dòlze, canzéllame da la
tua pittura,
méjo morì se non son tua.”
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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DARIO: Bella canzone! A ‘sto punto Picasso,
estasiato, (imm.395 speculare – imm. 395 ) comincia
ad incidere su una lastra la scena degli abbracci fra le
donne ammaliate e il meraviglioso pittore, che viveva
la sua vita con una voracità sconvolgente.
Quando morì Raffello aveva appena trentasette anni.
Si racconta che per il dolore a Roma anche i
sanpietrini si staccarono rotolando fuori dal selciato,
e mezza città urlando piangeva disperata.
FRANCA: Ancora il cronista testimonia che il
giovane di Urbino, oltre ad essere uno fra i più grandi
maestri del dipingere e costruttore di palazzi e
cattedrali, era un musico finissimo e componeva
ballate per le sue donne servendosi di una viola
tonda.(imm. 400 – imm. 400)
Sollecitato da quell’immagine, Picasso, in un altro
disegno ecco che trasforma la Fornarina in una viola
da gamba con Raffaello che la cinge fra le braccia e
ne trae suoni amorosi.
DARIO: Pablo legge la cronaca tutta d’un fiato e si
butta ad illustrare come in un grande fumetto le
avventure dei due amanti. L’artista crea immagini in
bianco e nero profondo, situazioni di una storia in cui
Raffaello e la sua donna litigano, (imm. 405 – 405
speculare) lanciando calci e rovesciandosi l’un
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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l’altro sul letto e per la stanza, mentre lui continua
nello stesso tempo a ritrarla. (imm. 410 – imm. 415)
Ma poi subentra il grottesco ed ecco che da dietro i
tendaggi (imm. 420 - imm. 420 speculare) spunta il
viso sconvolto di un Papa guardone con la sua
papalina in testa, tanto per non dare nell’occhio. Da
sotto il letto fa capolino la faccia di Chigi, il
banchiere suo mecenate: che si gode la scena
ululando come un bracco in amore.
FRANCA: Ma ecco che a ‘sto punto esplode il
dramma per Raffaello: Chigi, in un impeto di
possesso lo ha letteralmente sequestrato. Pretende
che, come da contratto, il maestro sia presente a
tempo pieno nell’esecuzione delle pitture del suo
palazzo, a cominciare dal Trionfo di Galatea. Ma non
aveva fatto i conti con la strabordante passione che
proprio in quel tempo aveva travolto Raffaello per la
Fornarina.
Di certo i due innamorati erano entrati in una crisi
disperata.
La ragazza aveva urlato: “Basta, per te sono ormai
diventata solo una modella, (imm.425 – imm. 425)
che a tempo debito si può sbattere sul letto tanto per
rilassarsi un po’ fra una pennellata e l’altra. Io voglio
un amore normale, magari fra l’erba di un prato...
anche di notte con il trillar dei grilli”.
DARIO: Ormai Picasso è diventato parte del testo.
Fra una pagina e l’altra disegna una sequenza
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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surreale, (imm.427 – imm. 427 speculare) dove la
Fornarina va dondolandosi come un’acrobata su
un’altalena appesa fra gli alberi, e lui la insegue
abbrancato a un rampicante.
FRANCA: Cambio di scena e la Fornarina, sempre
nuda, che minaccia il suo amante: “Sai cosa ti dico:
(imm.428 - imm.429) piuttosto che continuare a fare
la bambola a tutto servizio torno a fare la putt…
pardon... la mondana volante... e mi faccio pagare!
Un giorno con uno, un giorno con l’altro e con te e
con i tuoi colori, pennelli, cartoni e tele ho chiuso!!!”.
E così dicendo esce sbattendo la porta. Ma subito
rientra... s’era dimenticata d’essere completamente
nuda.
Ripresa
DARIO: Raffaello rimasto solo è abbattuto, perdipiù
ora è prigioniero del suo mecenate e spera che
l’arrampicarsi sui ponteggi e stendere colore lo
distragga dal suo dramma, ma quella terapia non
funziona. Se ne accorge anche il Chigi, suo mecenate,
che si rende conto che dopo la lite con la Fornarina,
Raffaello sta dipingendo sì, ma di malavoglia,
silenzioso e ingrugnito. Il banchiere indaga... anzi
ordina a una scaltra domestica tuttofare di indagare.
Costei, ricevuto l’ordine, si avvicina a Raffaello e gli
dice:
FRANCA: “Màistro, io vaga in la città, e transéto per
lu marcato granne. Se avesse abbesogno de qualche
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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còsa nu fate complimento... Ve lo truovo tempo ‘na
jurnata!
Raffaello si illumina all’istante: “Avrei una lettera da
consegnare. Qui c’è l’indirizzo, tenete, non parlatene
con nessuno.”.
E la domestica: “Sarò ‘nu sarcofego de silenzio,
robba da brivvidi!”
DARIO: Appena la domestica torna, il banchiere la
tira dentro una stanza: “Dimmi, come è andata?” E
quella:
FRANCA: U màistro m’aveva affidato una lettera da
apportare a ‘na signora, bella fèmmena... ‘na
sciasciona tutta burro...
DARIO: E il banchiere incalza: “Si tratta della
Fornarina, immagino…”.
FRANCA: “Sì, chilla, c’avete azzeccato!”.
DARIO: “E non mi dirai che ti sei permessa di aprire
la missiva e di leggertela?!”.
FRANCA: “Segnòre, io aggio appreso tutte le bòna
manère da vuje. Eccerto che l’aggio averta e c’ho
dato ‘na guardata pure!”.
DARIO: “Brava! Così si fa fra gente dabbene. Che
diceva la lettera?”.
FRANCA: “Beh, u màistro se dicceva desperato:
‘Ammore mio, tu sì lu meu respiro, se tu me manche
me sento soffocà, sanza lo viso tojo, lo cuorpo tojo, le
mè mane vote zercheno lo to’ ventre e le zinne
toje…’”.
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DARIO: Ma che l’hai imparata a memoria?
FRANCA: No, la conoscevo già, è ‘na serenata c’ho
imparato quanno facevo la vita!
DARIO: Che vita?!
FRANCA: Nello burdello! Ve lo pur raccontato,
facevo la pottana”. Sì, e poi lu finale è bello assaj. ‘Io
no saccio capì se sto vivenno in uno sogno o derentro
‘na vita verasce...’.
DARIO: Basta! Basta! Lascia correre... Dimmi
piuttosto... lei come ha reagito? Eri lì quando l’ha
letta?
FRANCA: No proprio addosso, stav nu poco
scostata, ma con l’uorecchi ben in tiro! Però poco ne
zonzea delle so’ parole, troppo chiagneva e
singhiozzava pure. Però ha scritt ‘na lettera...
DARIO: Un’altra lettera? Per te?
FRANCA: No da fare ‘na consegna allu Maistro!
L’ha incullata derentro ‘na busta e c’ha spiccigato
pure un sigillo cun la lacca!
DARIO: Ma che è, una lettera papale? Quindi non
hai potuto aprirla?
FRANCA: E pecchè no? Me abbastato pacciugarla
derentro l’acqua enfocata... la lacca se ammorbedisce
subbetto, sbirci che dice la lettera e appresso la
rencolli!
DARIO: Brava, sei proprio ‘na figlia ‘ndrocchia, sì!
E che dice lo scritto?
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FRANCA: Disce ‘Si tu non tuorna io m’accido, Me
gitto de la finestra e schiatto!’
DARIO: Esagerata: la solita sceneggiata!
FRANCA: Non penzo che facisse la cummedia...
ell’era smorta en faccia come non l’avea viduta
gimmai!
DARIO: Ho capito: fai preparare la carrozza e con
molto tatto vai da lei e portamela qua. Possibilmente
vestita… Se si è già buttata dalla finestra… non
portarla.
Detto fatto, non passa manco un’ora che la Fornarina
arriva a palazzo. Entra per il retro, dove sta la
scuderia.
Il banchiere prima sistema la figliola poi va nella
stanza del Trionfo di Galatea, Raffaello è lassù sul
ponteggio alto.
Sale fino a lui e gli dice: “Ascolta, amico mio, hai
una faccia che non mi piace. Prenditi una pausa…
forse la camera che ti ho procurato non è la più
adatta, soprattutto con lo stato d’animo che ti ritrovi.
Vieni… c’è una camera che ho fatto preparare per te
che dà sul pergolato, adornata di fiori appena colti, e
con un letto dove ci si potrebbe far capriole, tanto è
morbido e grande!”.
Prendendolo sotto braccio lo accompagna alla stanza.
Davanti alla porta se ne va e lo lascia solo.
FRANCA: Raffaello spalanca le ante e di fronte a lui
nuda in piedi sul letto c’è Margherita, la Fornarina.
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(imm.433 – imm 434) Entrambi all’unisono mandano
un grido di gioia. Aaaahhhh!!! Si lanciano uno nelle
braccia dell’altra, (imm.435 metà – imm. 435 metà)
si rotolano fino a cadere dal letto…
DARIO: Il resto ce lo racconta ancora Picasso con i
suoi disegni, li vedete qui, (imm.437) (imm.438)
tratti dagli originali che ha dedicato a questo incontro
durato due giorni e due notti, salvo le pause pranzo
sotto il pergolato; sono scene sconvolgenti: un’intera
suite pittorica con centinaia di immagini in un
crescendo d’erotismo a dir poco senza limiti.
Picasso s’è lasciato andare a raccontare amplessi
erotici esasperati, da follia… roba da denuncia
immediata!
Quindi mi spiace ma i prossimi non ve li possiamo
mostrare... sono eccessivi, soprattutto le nostre copie
false. Ci sono anche dei ragazzini... Beh, solo
qualcuna ma così… un po’ veloce… Sono proibiti i
gemiti! (imm.439 - (imm.340)) Chiudete gli occhi!
E’peccato... Niente commenti per favore! Genitori,
fatevi spiegare i momenti più interessanti dai vostri
ragazzini che sanno tutto!
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(stacco su immagine Franca intera + primo piano
Franca sull’altro schermo)
FRANCA: Ci siamo dimenticati di ricordare come
Picasso, durante l’ultima guerra, si ritrovò a vivere
situazioni difficili e pericolose a Parigi. I nazisti che
avevano occupato la Francia controllavano ogni sua
azione: bloccarono anche una sua mostra e
perseguitarono i suoi amici fraterni, sospettati di far
parte della resistenza.
DARIO: Dalla Spagna alcuni federali franchisti
(TAV 500speculare – TAV. 500) insistevano
nell’invitare il Maestro a tornare in patria, come del
resto erano riusciti a convincere altri noti pittori e
artisti andalusi, della Galizia e catalani, come per
esempio Salvador Dalì, (TAV. 505 - TAV. 505) che
accettò le offerte del regime e ottenne protezione e
grandi onori da Franco in persona; Picasso nemmeno
rispose a quelle sollecitazioni, ripeteva ad ognuno
che sarebbe tornato al suo Paese solo dopo la fine
della dittatura e la caduta di Francisco che egli
chiamava il boia di Spagna. (ancora immagine
Franco TAV. 507speculare – TAV. 500)
(PRIMO PIANO – E INQUADRATURA INTERA)
FRANCA: Terminato il conflitto la fama di Picasso
invase tutto il pianeta, a cominciare dagli Stati Uniti.
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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Indubbiamente Pablo era diventato l’icona di se
stesso. Sulla sua vita e le sue opere furono scritti e
stampati migliaia di testi in tutte le lingue del mondo.
Si girarono addirittura dei film con lui che recitava il
proprio personaggio.
Ma fra i numerosi elogi di critici entusiasti della sua
genialità, cominciarono a spuntare anche alcuni
detrattori, ricercatori eruditi che con spietata ferocia
lo descrissero come un satrapo egoista ed erotomane
fino alla follia e soprattutto un egocentrico travolto
dal suo smisurato successo. Quei soloni facevano
inoltre pesanti ironie sul suo essere un personaggio
pago della propria ricchezza e sul denaro che nelle
aste i collezionisti offrivano per una sua opera: a New
York furono pagati 94 milioni di dollari per una sua
tela con una suonatrice di mandòla (TAV. 510 TAV. 510) che accompagna una danzatrice
DARIO: Ma dove sia finita in realtà questa sua opera
non abbiamo documentazione, quindi ci siamo
permessi di ricostruire il dipinto basandoci su qualche
bozzetto originale, sia chiaro ne è sortito sempre un
bel falso, ma d’autore!
FRANCA: Nessuno ha mischiato tecniche e
ingredienti (TAV.520 – TAV 520) come è riuscito a
Picasso, il quale ha dipinto usando ogni mezzo sia
cromatico che plastico: cartoni spezzati, pezzi di
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metallo, chiodi, lamiere traforate, vernici, smalti,
colori per vetro, incisioni, sbruciacchiature, getti di
fuoco, stracci di tessuto, dalla seta alla canapa, cocci
di terracotta. Si può ben dire che è riuscito ad
anticipare l’uso nell’arte figurativa di tutto ciò che
abbiamo visto usare nell’ultimo secolo
DARIO: Ha reinventato perfino l’encausto, cioè una
antica tecnica pompeiana che si realizza con un forno
infuocato dietro una parete appena affrescata.
FRANCA: Al tempo in cui venne presentata la
mostra a Milano, il cronista di un giornale
conservatore sorprese Picasso in un grande negozio
di elettrodomestici intento ad acquistare oggetti di
grande dimensione: un’enorme graticola, due
grattugie, un colabrodo, una pentola a pressione, uno
sparachiodi, due tritacarne, un potente frullatore, un
frammentore meccanico e una gigantesca pattumiera.
“Servono per una cucina aziendale, immagino?” lo
provoca il giornalista reazionario che l’aveva seguito.
“No, per un’opera d’arte da esporre al Palazzo Reale
di Milano! Se viene a visitarla domani la trova già
montata”. (TAV. 525? – tav.525 senza didascalia)
DARIO: La sera stessa Picasso si era messo
all’opera. Cominciò con il montaggio a incastro dei
vari pezzi, con un saldatore elettrico li fissò uno
all’altro in una progressione monumentale, alla
maniera di un palazzo futurista, quindi alla base
dell’opera scrisse: Allegoria drammatica di una
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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struttura bancaria al servizio dei risparmiatori.
Cittadini, cascateci prego! La grande truffa è aperta.
Vi mangeremo anche la casa! (risata AHAHAH)
(TAV. 526 –TAV. 526)
FRANCA: Ma torniamo a parlare di donne.
Dopo la guerra, con tutte le relazioni che
ricominciavano a vivere, Picasso riprese a tessere
avventure amorose a dir poco multiple: prendeva,
lasciava, ricuciva, disfava finché non gli capitò di
imbattersi (TAV 530 – TAV. 530 speculare) in una
giovane attrice di molto talento, Ametille Frasseneux,
che recitava il comico e il tragico con la stessa
facilità, incantando tutti.
Si innamorò di Pablo ma ad un certo punto scoprì che
quel inarrivabile genio capace di struggenti dolcezze,
sapeva all’improvviso trasformarsi in una specie di
Caterpillar delle passioni con irresponsabilità a suo
dire criminale.
Al colmo delle umiliazioni Ametille, l’attrice, lo
lasciò su due piedi e si trovò senza mezzi, (ANCORA
TAV. 530 - TAV. 535) sola con un bimbo di pochi
anni avuto da Pablo, senza lavoro in quanto rimasta
fuori completamente dal giro del teatro. (RIPRESA)
Ma non si lasciò abbattere: decise di reagire
scrivendo la cronaca degli amori di Picasso e delle
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sue donne in dieci puntate, da pubblicare su un
giornale di notevole tiratura a mezzo fra lo
scandalistico e il satirico.
DARIO: Riuscì ad ottenere un ottimo contratto con
gli editori del feuilleton. Il compenso era notevole.
Nel contratto l’autrice si impegnava a mai fare i nomi
reali dei protagonisti, compreso il suo, salvo quello di
Picasso; ma si doveva indovinare facilmente che i
fatti e le situazioni messi in scena erano del tutto
autentici.
Eccovi una delle prime puntate:
FRANCA: ‘C’è un vecchio detto che minaccia chi
troppo facilmente gioca con le storie d’amore:
Attento a te, che spudoratamente spesso manipoli
inventando false passioni, soprattutto amori con
figliole, e con troppa leggerezza le metti in scena. Ti
può capitare di vivere un inatteso rovesciamento e da
gabbatore bugiardo ti ritroverai gabbato e sfottuto a
tua volta.
Picasso di certo non conosceva questa massima
spietata. Quando si mise in testa di sedurre Geltrude,
(TAV. 540 – TAV 540 speculare) la ragazzina
dell’Accademia di Pittura che per caso incontrò a
Montmartre e la invitò nel suo studio; fra l’altro
Pablo ne utilizzava ben tre di atelier solo a Parigi
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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(TAV. 545 - TAV. 545 ) nei quali invitava a
spogliarsi modelle di professione e occasionali.
Inoltre, proprio in quel tempo, l’artista si trovava a
vivere una relazione molto seria con Ametille,
(TAV. 550 - SULL’ALTRO ancora tav due facce
TAV. 555) attrice e pittrice di talento che gli aveva
dato da poco un figlio, eccovela riprodotta, il cane
che vedete non era suo!
DARIO: Picasso, proprio come nelle pochade
all’italiana, (TAV. 560 – TAV. 560) aveva scelto un
appartamento esattamente situato di fronte alla casa
che divideva da anni con Ametille, l’attrice, così gli
bastava uscire dal suo letto, scendere le scale,
attraversare la strada e risalire per un’altra rampa... ed
eccolo entrare in un altro appartamento per gettarsi su
un nuovo letto fra le braccia di una nuova amante già
calda e appassionata. (RIPRESA SU DARIO)
Ma ahimé entra in scena il solito impiccione... come
si dice, un amico fidato, il quale parlando con
l’attrice da poco madre le spiffera quello che sa della
nuova tresca con la ragazzina dell’Accademia. Non
solo ma le confida anche che la nuova musa che non
ha ancora diciassette anni molto probabilmente è già
rimasta a sua volta incinta.
FRANCA: L’attrice fulminata da cotanta notizia su
sollecitazione del chiacchierone sbircia dalla finestra,
tenendosi nascosta dietro una tenda e, puntando
l’attenzione sull’appartamento di fronte, scorge una
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giovane donna che attraversando le varie stanze si
incontra - con chi? - ma con Pablo Picasso in
persona!, che l’abbraccia e se la sbaciucchia.
Ametille sviene franando al suolo come fulminata.
(TAV. 565 – TAV. 565)
DARIO: Nello stesso istante squilla il telefono,
l’impiccione afferra il ricevitore e risponde:
“Pronto, chi è? - quindi ponendosi discosto a bassa
voce – Pablo! Oh Pablo, è successo un disastro qui!
Qui a casa tua! Vieni subito! Sei nudo?! Ma vestiti e
vieni! Subito, pianta lì la ragazza! E chi se ne frega se
si dispera!”.
FRANCA: L’attrice come nei drammi sconvolgenti
ritorna in sé (TAV. 570 – TAV. 570 speculare) e
quasi immediatamente si lancia verso la finestra, per
fortuna già spalancata, con slancio da saltatrice
acrobatica con l’intento di gettarsi nel vuoto
DARIO: Ma è bloccata dall’impiccione che nello
scontro si becca una ginocchiata tremenda nel basso
ventre, ululato ed esplosione in lacrime; solo ora
l’infame chiacchierone si rende conto del disastro che
ha combinato e dopo essersi affacciato alla finestra
all’istante cambia versione: “Ma che gaffe che ho
combinato! Ma no... adesso che guardo meglio
(TAV. 573 – TAV. 573 speculare) non è una sua
amante quella ma è la figlia!
FRANCA: “La figlia di chi?”
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DARIO: “Di Pablo! La conosco da un sacco di
tempo... come ho potuto confondermi, disgraziato!
Quella figliola che ha sbaciucchiato non è un’amante
ma è Geltrude, nata da una sua relazione con MarieThérèse sedici anni fa. Per di più, mi viene in mente
adesso che quella casa in cui si sono pocanzi
incontrati, fra l’altro, non è di Picasso ma del suo
gallerista che gliel’ha prestata solo per oggi!”
FRANCA: L’attrice afferra per le spalle il fabulone e
lo scuote: “Tu mi stai mentendo per salvare il tuo
amico puttaniere! Ma perchè - chiede - Pablo e la
fanciulla si incontrano di nascosto, in una casa
prestata dal gallerista?”
DARIO: “Per il semplice fatto – gli risponde
l’impiccione con l’aria più sincera di questo mondo –
che la madre di lei non vuole assolutamente che il
padre, Pablo, la incontri e nello stesso tempo lei, la
figlia, si è innamorata follemente del padre... un
amore figliale... e non può fare a meno di
frequentarlo”.
FRANCA: Scena seconda: ecco che in quel momento
entra in casa il grande pittore (TAV. 575 – Tav. 575
speculare) che ancora non sa nulla di cosa è avvenuto
nella scena precedente e l’attrice lo accoglie
piangendo e ripetendo fra i singhiozzi: “Non dovevi
farmi una cosa simile, perchè mi hai tenuto nascosto
il fatto di tua figlia?!”
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DARIO: “Di che?! - dice Picasso sorpreso – Mia
figlia?!”
FRANCA: “Non mentire, ti prego, so già tutto!”
DARIO: “Ma di cosa sai tutto?”
FRANCA: Ed ecco che prende la parola
l’impiccione:
DARIO: “Pablo, è inutile che tentiamo di
nasconderlo, stiamo parlando di tua figlia Geltrude!”
“Figlia Geltrude?!” - chiede stupido Pablo.
“Ma sì, scusami ma ho dovuto dire la verità ad
Ametille, ti ha visto che la sbaciucchiavi da questa
finestra, là di fronte, nell’appartamento al terzo
piano!”
FRANCA: Picasso balbetta impacciato ma cerca di
stare al gioco e subito, a sua volta, improvvisa:
DARIO: “Sì, hai ragione, non volevo che tu venissi a
sapere di quest’altra mia figlia, anche perchè è una
cosa che mi sconvolge ogni volta...”
FRANCA: “Perché ti sconvolge?!”
DARIO: “Perchè la poverina è sorda...”
FRANCA: “Sorda?!”
DARIO: “Sì sorda e muta. Ed è così penoso il
comunicare a gesti con lei davanti ad estranei!”
FRANCA: “Ah io sarei un’estranea?!”
DARIO: “Sì insomma... non sei sua parente stretta,
non sapresti cosa dire... dal momento che non ti può
sentire!”.
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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FRANCA: “E tu scusa come fai a comunicare con
lei?”.
DARIO: “Ma io ho imparato l’alfabeto dei gesti, il
linguaggio dei segni insomma...”
FRANCA: “Oh, davvero?! E da quando conosci
questo linguaggio?”.
DARIO: “Da sempre, io avevo un fratello sordomuto
dalla nascita...”.
FRANCA: “Oh che guaio!”.
DARIO: “...quindi in casa si parlava tutti a gesti e
articolando la bocca senza far sortir parola...”.
FRANCA: “Non lo sapevo... non me ne avevi mai
parlato!”.
DARIO: “Le cose tristi di una famiglia è meglio non
metterle in giro!”
FRANCA: Proprio nel momento in cui si sente dalla
stanza appresso giungere il vagito di un bimbo,
(TAV. 580 speculare – TAV. 580 ) Ametille esclama:
“Oh mio dio, il mio piccolo, mi ero dimenticata della
poppata!” e rapida se ne va dal bambino. (583 da
rifare)
DARIO: Si spalanca la porta d’ingresso e fa la sua
apparizione un personaggio inatteso, è il gallerista di
Picasso.
“Pablo, cosa sta succedendo?”
“Niente, perché?”
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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“Sono stato nell’appartamento qui di fronte che ti
avevo prestato, e ho trovato una ragazzina seminuda
in lacrime, disperata che gridava: ‘Pablo mi ha
lasciata qui da sola, senza neanche darmi una
spiegazione!”
“Disperata?!” chiede Pablo.
L’impiccione a ‘sto punto entra di nuovo in gioco,
afferra le mani di Jacques Benièrs il gallerista,
spostando a lato Picasso e sibilandogli: “Lascia
parlare me!”
Quindi riprende: “Caro Jacques, ti devo dare una
notizia molto seria, Pablo ne ha combinata una delle
sue, bisogna salvarlo: ha messo incinta una
minorenne!”
“E’ quella che io ho incontrato poco fa
nell’appartamento?!”
“Sì, è lei!”
“Mio dio! – esclama davvero preoccupato il gallerista
– Cosa succede adesso? Cosa si può fare?”
“Devi stare al gioco... quella figliola per tutti deve
essere la figlia di Pablo”
“La figlia? Avuta con chi?”
“Con la sua prima donna, Marie-Thérèse, sedici anni
fa”
“Ma lei, la ragazzina, sa di dover recitare la parte
della figlia?”
“No, non ancora, oltretutto è difficile comunicare con
lei, dal momento che è sordomuta”
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“Davvero?! Non mi sembrava che lo fosse. Quando
l’ho incontrata gridava, parlava con una tale
aggressività...”
“Sì, ogni tanto torna in sè, ma dura poco”
FRANCA: In quel momento rientra nella stanza
Ametille, (TAV. 585 – TAV. 585 speculare)
l’attrice, che tiene il bimbo in braccio e lo allatta.
Subito si rivolge a Jacques Benièrs: “Ma tu, Jacques,
lo sapevi che Pablo ha una figlia di diciassette anni?”
DARIO: “Come no?!” (Lui indugia un poco)
Pablo entra in battuta e esclama: “Ma certo che lo sa,
le ha fatto anche da padrino al battesimo!”
FRANCA: “E sai anche che è sordomuta?”
DARIO: “Certo che lo sa!”
FRANCA: “Lascia parlare lui per favore!”
DARIO: “Sì, sì, lo so, so tutto della sordomuta...”
FRANCA: “E sai anche che è incinta?”
DARIO: “E’ incinta?! No, questo non lo sapevo, non
me l’ha detto... sai, col fatto che parla a gesti...”
“Come non lo sapevi?! - lo blocca l’impiccione – ti
ho pur detto che aveva una relazione con un suo
amichetto...”.
“L’amichetto l’ha messa incinta?!”.
“Eh sì!”
“E chi è?!”
“E chi deve essere?! Un sordomuto come lei...”.
PICASSO DESNUDO – TEATRO DAL VERME – 17 - 19 SETTEMBRE 2012
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“Ah no, questa no! Questa poi è troppo!” esclama il
gallerista.
FRANCA: UEH UEH! Il bambino piange di nuovo e
la madre dondolandolo: “Sì, sì, sì, scusami piccolo
caro... aspetta che ti do l’altro seno... prendi, prendi.
Aspettatemi un attimo, devo cambiarlo, torno
subito!”
DARIO: Esce l’attrice madre e dalla porta principale
entra la ragazzina, sempre seminuda, che si copre a
malapena con uno scialle. (RIPRESA SU DARIO?)
Picasso la blocca e dice tutto teso: “Perchè sei qui?!
Ti ho detto che non dovevi mai salire in questa casa!”
FRANCA: “Mi dispiace ma io voglio che tutto sia
messo in chiaro! Voglio parlare con Ametille”
DARIO: “Non puoi!” esclama l’impiccione.
FRANCA: “Perchè non posso?”
DARIO: “Perchè sei sordomuta!”
FRANCA: “Io sordomuta?!”
DARIO: “Sì, devi star zitta, a meno che non accetti di
parlare con gesti e facendoti intendere muovendo la
bocca senza proferir parola. E ricordati che tu non sei
l’amica di Pablo, ma sua figlia!”
FRANCA: “Io sono sua figlia?! Ma dico siete tutti
impazziti?!”
L’attrice sta per rientrare in scena.
DARIO: Pablo blocca la giovane Geltrude. “State
tutti al gioco per carità!”
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FRANCA: Ametille scorge la ragazza coperta solo
dallo scialle, le si avvicina esclamando: “Sei la figlia
di Pablo! (TAV. 590– SULL’ALTRO 593) Oh che
piacere conoscerti! Peccato che non mi riesca di
comunicare con te!”
DARIO: (TAV. 590 – Tav. 595) E tutti quanti
all’unisono cominciano a muovere le mani,
gesticolando e mimando espressioni incomprensibili;
Fine del dramma.
FRANCA: Siamo sotto finale ed è tempo senz’altro
di far entrare in scena Jacqueline, l’ultima delle sue
mogli. (imm 655 – imm. 656)
DARIO: Si erano sposati in segreto e un suo amico
pittore racconta che mentre Jacqueline e Pablo
stavano provando un passo di flamenco nello studio
della loro villa in Provenza (imm. 658 – imm. 658
speculare) la radio diede la notizia del loro
matrimonio segreto. Picasso si levò urlando e
ridendo: “Oddio! Ci hanno scoperti! (ride) Che si fa
ora?!”
FRANCA: “Si festeggia! Champagne prego!”.
DARIO: E così Picasso corre a spalancare un
frigorifero, ne cava una bottiglia e a gran velocità la
stappa con l’uscita fragorosa del tappo che raggiunge
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il soffitto schizzando qua e là come in un gioco di
ping-pong.
FRANCA: Jacqueline ha già procurato i bicchieri...
DARIO: ...e Picasso versa lo spumante annaffiando
tutti gli amici che accorrevano per quel fracasso!
FRANCA: “Evviva gli sposi!” - esclama una signora.
Jacqueline si toglie velocemente l’abito (imm.660 –
imm. 660 speculare) e rimane coperta solo della sua
lunga sottoveste bianca, molto trasparente, proprio da
novella sposa!
DARIO: “Evviva la regina!” – si grida in coro. Ora,
bisogna ricordare che, in quei giorni, il maestro aveva
appena superato i settant’anni e di colpo si scopriva
completamente legato a questa donna come un
acrobata retto per i piedi dalle sole mani di Jacqueline
che teneva in quel momento in gioco tutta la sua vita.
FRANCA: Picasso non aveva mai provato una
sensazione simile. (imm. 662 – imm. 662 speculare)
Riusciva a rimanere per ore seduto o sdraiato accanto
a lei a parlare e farsi coccole.
La forza di Jacqueline, oltre che nella bellezza, stava
nell’essere una donna di altissima cultura e che
buttava subito in grottesco ogni situazione seriosa e
magniloquente.
DARIO: Può sembrare una facile retorica amorosa
ma “con Jacqueline – confidava Pablo Picasso – mi
ritrovo sempre privo di spazi e tempi vuoti. Ho perso
perfino l’interesse a corteggiare altre femmine e
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soprattutto mi capita di non provare più la solita
passione incontenibile nel dipingere tutto quello che
mi passa per la testa... e vi assicuro che il mio cranio
assomiglia sempre più alla Gare du Nord all’ora di
punta!”. (RIPRESA)
“Quel pomeriggio ero stato a trovare Matisse nel suo
atelier, sulla costa in Provenza, e l’avevo sorpreso
intento a montare alcune grandi foto di pesci
multicolori distribuendole su un’ampia tavola. Erano
state eseguite da un famoso documentarista
subacqueo. Matisse, ritagliando e incollando, ne
aveva tratto una composizione di pesci veramente
magica. ‘Ne farò un enorme dipinto! - commenta
Matisse – ma mi ci vorranno almeno due giorni di
lavoro.’
“Tornai a casa - racconta Picasso - a Vauvenargues,
con quelle immagini che galleggiavano nel mio
cervello.
Al mattino mi sono svegliato che era da poco
spuntato il sole. Jacqueline era andata a trovare sua
sorella ad Avignone. Sarebbe tornata la sera, forse.
Entro in cucina e sul grande tavolo di pietra bianca,
presso il forno, vedo gettati alla rinfusa grappoli di
pesci straordinari, (imm. 665 – imm. 665) era
sicuramente la spesa del cuoco per il grande pranzo
del venerdì. C’era uno zattarone color arancio (è una
specie di branzino delle profondità), pesci azzurri di
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grande dimensione che sbattevano ancora la coda
tentando di respirare e un mazzo di anguille, anche
loro ancor vive.
Per la miseria! – esclamo – Questo è un dono
stupendo della fortuna! Se mi do da fare riesco a
dipingere quella composizione di pesci prima che ci
riesca Matisse!
Poi mi guardo intorno e urlo: “Per dio! Ma non c’è
nessuno qua? Si lascia il pesce fresco ai quattro venti
senza ghiaccio?!” ma nessuno mi risponde.
Vado nello studio al piano di sopra. Afferro lo
scatolone dei colori e dei pennelli, mi guardo intorno
alla ricerca di una tela grande ma non la trovo. C’era
qualche tavola ma non mi interessava, volevo una
tela di almeno un metro e mezzo per novanta. Scendo
nell’atrio del salone, vedo appeso alla parete centrale
il grande ritratto di Jacqueline, (imm. 655 – imm.
655) eseguito la settimana prima, finalmente una
tela!, la stacco e con quella raggiungo di nuovo la
cucina. Stendo sul tavolone colori e pennelli, quindi
appoggio di sguincio il quadro con la stupenda faccia
di Jacqueline che pare mi guardi piena di terrore.
Stendo alcuni colori direttamente sulla tela, quindi
comincio a dipingere coprendo qua e là il viso della
mia donna. (imm. 666 NUOVA TAVOLA DA FARE
PARTENDO DA 655 )- sull’altro imm.666) Il pesce
arancio gli nasconde gli occhi, gli altri pesci le
cancellano capelli, collo e mani. (imm. 665)
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Spuntano pesci dipinti per tutta la tela e il fondo della
tavola bianca ora si è trasformato in un fondo marino.
Mi stacco di qualche metro per osservarlo meglio,
torno, capovolgo il quadro, lo aggiusto.
AHAH – rido – voglio vedere la faccia di Matisse
quando scoprirà che gli ho fregato l’idea!
In quell’istante sento la voce di Jacqueline che entra
per il gran portone e ride con delle sue amiche.
All’istante abbandono il quadro sul gran tavolo e
scendo incontro alla mia donna. Jacqueline sta nel
salone con le sue ospiti e dice ad alta voce:
FRANCA: “Eppure era qui, sono sicura... chi ha
spostato il mio ritratto?!”( imm.667 speculare – imm.
667)
DARIO: Io entro e mi blocco all’istante. (imm. 669)
“Non saprei” – dico sottotono.
E Jacqueline:
FRANCA: “Volevo farlo vedere alle mie amiche. Chi
l’ha spostato?”
DARIO: “Io – dichiaro deciso – me ne sono servito
per una natura morta splendida, vedrai, ma non
preoccuparti oggi stesso io ti rifarò il ritratto, ma
avevo proprio bisogno immediato di una tela così
grande...” (imm.672 speculare – imm. 672)
FRANCA: “Cosa?! Hai dipinto sulla mia faccia?! Me
l’hai cancellata?!”
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DARIO: “Ma non ti preoccupare – ripeto come un
ragazzino colto in fallo – mezz’ora e il tuo ritratto
sarà qui di nuovo, identico!”
FRANCA: “Noooooo, non dovevi! – Jacqueline
scoppia in lacrime - Non si può fare una cosa del
genere! Quelli erano i più begli occhi che ho avuto, e
anche il sorriso... è l’unica volta che l’ho visto
riprodotto così somigliante, nessuno mi aveva né
fotografata né dipinta con un’espressione così
felice!” Ed esplode in un grido terrificante, come la
stessero per squarciare.
DARIO: “Calma! – urlo a mia volta – si risolve
subito, vieni con me in cucina!” - e quindi dico al
cuoco che finalmente s’è fatto vivo: “Nel mio studio
c’è una grande bottiglia con dell’acquaragia, portala
quaggiù!” Dopo un attimo con un grande pennello
stendo acquaragia leggera mista ad olio sul quadro
dipinto di fresco con i pesci che come per incanto si
sciolgono e colano sul tavolo grande. Tutto il colore
della natura morta si sta dissolvendo e sotto si vede
apparire come su una lastra fotografica l’immagine di
Jacqueline che cresce di tono e presenza e che, come
tornasse al mondo, ride.
Come un prestigiatore alla fine dell’esercizio sollevo
il ritratto dal quale schizzano le ultime gocce di
acquaragia: “Et le voilà, les jeux sont faits!”
(imm.675 – imm. 675 speculare)
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FRANCA: Jacqueline afferra il dipinto e scoppia in
lacrime con grida di gioia.
DARIO: Entrambi ci abbracciamo. “Dio! – esclamo
spaventato – che rischio ho corso! Sono sicuro che
per la mia follia ho rischiato di essere non ucciso, ma
abbandonato come un cane lungo la superstrada
d’estate!”
FRANCA: E, cosa mai vista al mondo, mentre mi
abbraccia Pablo scoppia in lacrime senza sapersi
trattenere.
MUSICA
(copertina 1 – copertina 2)
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