Inchieste sulla storia vol. 2 Dall`impero romano alleta` carolingia

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GUIDAALLOSTUDIO
1. Quali erano le funzioni del senato
a Bisanzio? 2. A Costantinopoli si
organizzavano distribuzioni
alimentari? 3. A Costantinopoli si
parlava solo greco?
disordini in alcune aree dell’impero. Il più urgente era senza dubbio il contrasto tra nestoriani e monofisiti. I nestoriani – seguaci del patriarca di Costantinopoli Nestorio
(428-431) – sostenevano la compresenza in Cristo di due nature distinte, quella umana
e quella divina; di contro, i monofisiti (dal greco monè phỳsis, «una sola natura») attibuivano a Cristo un’unica persona e un’unica natura, quella divina. Giustiniano tentò di attenuare l’opposizione dei monofisiti, facendo loro concessioni sul piano dottrinale. A far
pendere la bilancia dalla loro parte concorsero anche motivazioni di carattere strettamente politico: la fedeltà della Siria e dell’Egitto, culla del monofisismo, era indispensabile per la riconquista dell’Africa vandala; inoltre, la diffusione del nestorianesimo oltre le frontiere dell’impero bizantino, in particolare in Persia e India, rappresentava un
forte elemento di debolezza per l’impero. Fu così che Giustiniano emanò, nel 544, l’editto dei Tre capitoli (così chiamato dal numero di capitoli che lo componevano), con
il quale si condannava in parte la dottrina nestoriana.
L’esito di questa iniziativa fu catastrofico perché non solo non accontentò i monofisiti, ma provocò una frattura all’interno della Chiesa cristiana. Di fronte al rifiuto di
papa Vigilio di ratificare l’editto, Giustiniano non esitò, nel 546, a farlo arrestare e trasferire a Costantinopoli. Qui il papa cedette alle pressioni dell’imperatore, provocando
la rivolta dei vescovi italiani, ostili oltretutto alle mire espansionistiche di Giustiniano
verso Occidente.
5 La riconquista dell’Occidente
Teoderico, re dei Goti,
in un mosaico ravennate
Sotto Teoderico la città
di Ravenna, sede della corte
regale, attraversò un periodo di
splendore artistico.
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Riconquista dell’Africa vandala Nel 533, Giustiniano sferrò il suo primo attacco sul
fronte occidentale. Il generale Belisario sbarcò in Africa con un piccolo ma efficiente
esercito di 18.000 uomini, e nel giro di appena un anno spazzò via il regno dei Vandali.
Questa facile vittoria rappresenta una prova molto evidente della debolezza della compagine creata dai Vandali, in cui il processo di integrazione tra vinti e vincitori non aveva
evidentemente fatto significativi passi avanti. I Vandali erano sempre rimasti una minoranza che deteneva il potere con la violenza e con il terrore [cfr. 27.6]: un semplice scossone, assestato dai Bizantini, fu sufficiente a far crollare il loro dominio. Sull’onda di questo travolgente successo, Giustiniano decise d’intraprendere la riconquista dell’Italia,
che in quel momento si trovava sotto l’occupazione gotica.
L’Italia gotica Dopo essersi insediata nella penisola balcanica, la gente germanica degli Ostrogoti (o Goti) aveva proceduto nel 488, per mandato dell’imperatore bizantino
Zenone, all’occupazione dell’Italia, che si concluse nel 493 con la sconfitta e l’uccisione
di Odoacre, il capo barbaro che aveva deposto nel 476 l’ultimo imperatore dell’Occidente. I Goti erano guidati da un sovrano di grande valore, Teoderico (493-526). Durante una lunga permanenza a Costantinopoli, dove era stato inviato come ostaggio,
Teoderico aveva avuto modo di istruirsi e di conoscere la cultura romana. L’ammirazione per la cultura romana e il desiderio di trasmetterla al suo popolo sarebbero rimasti
sempre il motivo ispiratore della sua politica.
Per favorire la convivenza tra Goti e Romani ed evitare contraccolpi pericolosi, Teoderico procedette con cautela: stanziò le proprie truppe in alcune zone della penisola
da dove era possibile un efficace controllo militare, cercando per il momento di tenerle
il più possibile isolate dalla popolazione italica. Gli insediamenti goti riguardarono quindi soprattutto la Pianura Padana, la capitale del regno Ravenna e il suo territorio, oltre
alle varie guarnigioni che punteggiavano l’Italia centrale e la Campania.
Parallelamente, Teoderico intraprese un progetto ambizioso: avvicinare gradualmente la sua gente alla civiltà romana senza farle smarrire la propria identità. In questo progetto egli si avvalse della collaborazione di alcuni rappresentanti dell’aristocrazia romana, convinti come lui che la solidarietà tra i due popoli fosse un’esigenza vitale. Fu preParte 5 L’ETÀ TARDOANTICA
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Il palazzo di Teoderico
[part. dai mosaici di S. Apollinare
Nuovo, Ravenna]
Scavi condotti a Ravenna all’inizio
del XX secolo hanno rilevato che
alle spalle di Sant’Apollinare
Nuovo esisteva un monumentale
complesso residenziale, riccamente
decorato con mosaici, stesi sia sui
pavimenti sia sulle pareti, che
consentono di datare la
costruzione all’età di Teoderico.
Un’orazione di Cassiodoro,
funzionario di Teoderico, ne
magnifica la profusione di marmi,
gemme, mosaici, pitture, che lo
rendevano pari per splendore al
magnifico palazzo dell’imperatore
persiano Ciro.
ziosa, in tal senso, l’opera svolta dal coltissimo e abile Cassiodoro, che fu per molti anni
ministro di Teoderico e dei suoi successori. L’operazione era indubbiamente difficile, e
non mancarono momenti di crisi; particolarmente gravi furono gli avvenimenti che portarono nel 524 alla condanna a morte del filosofo Boezio: già consigliere del sovrano,
Boezio cadde in disgrazia perché sospettato di aver ordito un complotto.
Custodi della civiltà Teoderico divenne presto il più autorevole tra i sovrani germanici. Nella sua corrispondenza con gli altri re barbari che governavano l’Occidente già
romano, egli esprimeva chiaramente e con grande orgoglio le ragioni di questo maggiore
prestigio del regno gotico: unici tra i Germani, i Goti avevano avuto il privilegio di governare sull’Italia e sull’antica capitale del mondo romano. I Goti erano pertanto gli unici veri custodi della «civiltà».
Formalmente, Teoderico governava per delega dell’imperatore bizantino, come se fosse un suo rappresentante: non a caso si accontentò del titolo di re ed evitò accuratamente
di proclamarsi «imperatore». Ma di fatto il suo regno era assolutamente autonomo.
La capitale del regno gotico era Ravenna, già importante centro portuale dell’impero romano. Sotto il dominio gotico, questa città situata alla foce del Po si arricchì di
splendidi monumenti, qualitativamente non inferiori ai migliori edifici di Costantinopoli: anche in questo modo Teoderico intendeva manifestare l’alto livello culturale
del regno da lui governato. A Ravenna si trovavano la corte del re e gli uffici amministrativi centrali, che ripetevano l’organizzazione del tardo impero romano [cfr. 29.1].
Gli uffici civili erano affidati quasi tutti ai Romani, mentre ai Goti era riservato l’esercizio delle armi.
ON LINE
DOCUMENTI
Cassiodoro Custodi della civiltà
GUIDAALLOSTUDIO
1. Perché il generale Belisario
sconfisse facilmente i Vandali?
2. Chi furono Cassiodoro e Boezio?
3. Tra Romani e Goti si realizzò
l’integrazione? Quali ruoli politicosociali ricoprivano i due popoli?
4. Il governo del goto Teoderico in
Italia era autonomo?
6 L’Italia dai Goti ai Bizantini
Il progetto politico di Teoderico Il progetto di Teoderico era molto ambizioso e poteva essere attuato soltanto da un grande politico. Per realizzarlo, era necessario un sovrano colto, autorevole, capace di trattare tanto con la sofisticata aristocrazia romana
quanto con i diffidenti nobili goti, abile nel mantenere buoni rapporti con la lontana
ma minacciosa potenza bizantina pur conservando intatta la propria autonomia. Tutte
queste doti furono possedute da Teoderico, che può essere giustamente considerato
uno dei più grandi sovrani della sua epoca. Esse non si riprodussero tuttavia nei suoi
successori.
28 L’IMPERO BIZANTINO
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ON LINE
DOCUMENTI
Procopio Il prezzo della
«liberazione» dell’Italia
Mausoleo di Teoderico, 520 ca.
Eretto nel luogo della necropoli
dei Goti, il mausoleo di Ravenna
è la più celebre costruzione
funeraria ostrogota. Al suo interno
è collocata una vasca di porfido
dove erano custodite le spoglie di
Teoderico. Una leggenda
racconta che il re avrebbe fatto
costruire l’edificio come rifugio
durante i temporali per sfuggire
ad una profezia, secondo la quale
sarebbe morto a causa di
un fulmine.
Teoderico morì nel 526, lasciando sul trono un bambino di appena dieci anni, il nipote Atalarico (526-534), in nome del quale esercitò il potere la madre Amalasunta. La
posizione di quest’ultima era quanto mai precaria a causa dell’opposizione dell’aristocrazia gotica, che mal tollerava il comando di una donna alla quale si rimproverava per
giunta un orientamento eccessivamente filoromano. La stessa educazione del giovanissimo re era oggetto di aspri contrasti: i nobili goti pretendevano che egli non fosse educato – come voleva la madre – alla cultura romana, ma secondo le tradizioni del loro popolo. Preoccupata per questa tensione che si aggravava di giorno in giorno, Amalasunta
avviò contatti segreti con Giustiniano, cercandone la protezione.
Ma nel 534 il piccolo Atalarico morì e la vicenda di Amalasunta prese una piega tragica. La donna giocò d’anticipo: assunse immediatamente il titolo di regina e associò al
regno, sposandolo, il cugino Teodato (534-536), un nobile goto profondamente romanizzato. Teodato operò tuttavia un’imprevedibile metamorfosi: si pose alla guida dell’opposizione gotica, depose la regina e la esiliò in un isolotto sul lago di Bolsena. Qui nel
535 Amalasunta fu uccisa da un sicario.
La guerra greco-gotica Giustiniano non perse tempo: protestò per l’uccisione di
una regina amica e inviò in Italia un esercito affidato al suo generale Belisario, reduce
dai grandi successi riportati sui Vandali. La prima fase della campagna, iniziata nel
535, fu nettamente favorevole ai Bizantini: Palermo, Napoli, l’intera Italia meridionale caddero rapidamente nelle loro mani. Di fronte alla gravità della situazione, i
Goti deposero Teodato, rivelatosi imbelle e incapace, ed elessero al suo posto un abile
generale, Vitige (536-540). Il nuovo sovrano riuscì a rallentare l’avanzata bizantina,
ma non a fermarla: Belisario s’impadronì di Roma e di Ravenna. Vitige fu catturato
e deportato a Costantinopoli.
Il nuovo sovrano dei Goti, Totila (541-552), organizzò la resistenza con grande abilità: per trovare consenso presso la popolazione italica, liberò gli schiavi e
donò le terre ai contadini, cercando di contrapporli all’aristocrazia latina, favorevole ai Bizantini. Intanto riorganizzò l’esercito e impegnò gli invasori in una lotta durissima. La campagna d’Italia si concluse soltanto nel
552, quando il valente generale bizantino Narsete, chiamato a sostituire Belisario, sconfisse e uccise il re dei Goti nella battaglia di Gualdo Tadino. Le ultime resistenze
dei Goti si spensero tre anni dopo. Al termine delle operazioni il regno gotico era stato annientato, ma l’Italia,
dopo decenni di guerre e di devastazioni, era un paese
impoverito e stremato.
La Prammatica sanzione Nel 554, Giustiniano
emanò la Prammatica sanzione, un editto mediante il
quale l’imperatore si proponeva di restaurare gli antichi
rapporti sociali e di dare al territorio italiano appena riconquistato un nuovo assetto amministrativo. Il decreto
prevedeva la restituzione del patrimonio fondiario (terre,
greggi e schiavi) agli antichi padroni; la restituzione delle
terre confiscate alla Chiesa cattolica; la divisione dell’Italia in distretti affidati a un iudex (giudice), per l’amministrazione civile, e a un dux (generale), per quella militare;
la riforma dell’apparato fiscale, che prevedeva il recupero
delle tasse arretrate e drastici tagli alla spesa pubblica.
Questi provvedimenti, finalizzati al recupero di risorse
per finanziare la politica espansionistica imperiale, sorti-
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Parte 5 L’ETÀ TARDOANTICA