Giardina2_P5_cap28_28 16/03/11 12.23 Pagina 576 GUIDAALLOSTUDIO 1. Quali erano le funzioni del senato a Bisanzio? 2. A Costantinopoli si organizzavano distribuzioni alimentari? 3. A Costantinopoli si parlava solo greco? disordini in alcune aree dell’impero. Il più urgente era senza dubbio il contrasto tra nestoriani e monofisiti. I nestoriani – seguaci del patriarca di Costantinopoli Nestorio (428-431) – sostenevano la compresenza in Cristo di due nature distinte, quella umana e quella divina; di contro, i monofisiti (dal greco monè phỳsis, «una sola natura») attibuivano a Cristo un’unica persona e un’unica natura, quella divina. Giustiniano tentò di attenuare l’opposizione dei monofisiti, facendo loro concessioni sul piano dottrinale. A far pendere la bilancia dalla loro parte concorsero anche motivazioni di carattere strettamente politico: la fedeltà della Siria e dell’Egitto, culla del monofisismo, era indispensabile per la riconquista dell’Africa vandala; inoltre, la diffusione del nestorianesimo oltre le frontiere dell’impero bizantino, in particolare in Persia e India, rappresentava un forte elemento di debolezza per l’impero. Fu così che Giustiniano emanò, nel 544, l’editto dei Tre capitoli (così chiamato dal numero di capitoli che lo componevano), con il quale si condannava in parte la dottrina nestoriana. L’esito di questa iniziativa fu catastrofico perché non solo non accontentò i monofisiti, ma provocò una frattura all’interno della Chiesa cristiana. Di fronte al rifiuto di papa Vigilio di ratificare l’editto, Giustiniano non esitò, nel 546, a farlo arrestare e trasferire a Costantinopoli. Qui il papa cedette alle pressioni dell’imperatore, provocando la rivolta dei vescovi italiani, ostili oltretutto alle mire espansionistiche di Giustiniano verso Occidente. 5 La riconquista dell’Occidente Teoderico, re dei Goti, in un mosaico ravennate Sotto Teoderico la città di Ravenna, sede della corte regale, attraversò un periodo di splendore artistico. 576 Riconquista dell’Africa vandala Nel 533, Giustiniano sferrò il suo primo attacco sul fronte occidentale. Il generale Belisario sbarcò in Africa con un piccolo ma efficiente esercito di 18.000 uomini, e nel giro di appena un anno spazzò via il regno dei Vandali. Questa facile vittoria rappresenta una prova molto evidente della debolezza della compagine creata dai Vandali, in cui il processo di integrazione tra vinti e vincitori non aveva evidentemente fatto significativi passi avanti. I Vandali erano sempre rimasti una minoranza che deteneva il potere con la violenza e con il terrore [cfr. 27.6]: un semplice scossone, assestato dai Bizantini, fu sufficiente a far crollare il loro dominio. Sull’onda di questo travolgente successo, Giustiniano decise d’intraprendere la riconquista dell’Italia, che in quel momento si trovava sotto l’occupazione gotica. L’Italia gotica Dopo essersi insediata nella penisola balcanica, la gente germanica degli Ostrogoti (o Goti) aveva proceduto nel 488, per mandato dell’imperatore bizantino Zenone, all’occupazione dell’Italia, che si concluse nel 493 con la sconfitta e l’uccisione di Odoacre, il capo barbaro che aveva deposto nel 476 l’ultimo imperatore dell’Occidente. I Goti erano guidati da un sovrano di grande valore, Teoderico (493-526). Durante una lunga permanenza a Costantinopoli, dove era stato inviato come ostaggio, Teoderico aveva avuto modo di istruirsi e di conoscere la cultura romana. L’ammirazione per la cultura romana e il desiderio di trasmetterla al suo popolo sarebbero rimasti sempre il motivo ispiratore della sua politica. Per favorire la convivenza tra Goti e Romani ed evitare contraccolpi pericolosi, Teoderico procedette con cautela: stanziò le proprie truppe in alcune zone della penisola da dove era possibile un efficace controllo militare, cercando per il momento di tenerle il più possibile isolate dalla popolazione italica. Gli insediamenti goti riguardarono quindi soprattutto la Pianura Padana, la capitale del regno Ravenna e il suo territorio, oltre alle varie guarnigioni che punteggiavano l’Italia centrale e la Campania. Parallelamente, Teoderico intraprese un progetto ambizioso: avvicinare gradualmente la sua gente alla civiltà romana senza farle smarrire la propria identità. In questo progetto egli si avvalse della collaborazione di alcuni rappresentanti dell’aristocrazia romana, convinti come lui che la solidarietà tra i due popoli fosse un’esigenza vitale. Fu preParte 5 L’ETÀ TARDOANTICA Giardina2_P5_cap28_28 16/03/11 12.23 Pagina 577 Il palazzo di Teoderico [part. dai mosaici di S. Apollinare Nuovo, Ravenna] Scavi condotti a Ravenna all’inizio del XX secolo hanno rilevato che alle spalle di Sant’Apollinare Nuovo esisteva un monumentale complesso residenziale, riccamente decorato con mosaici, stesi sia sui pavimenti sia sulle pareti, che consentono di datare la costruzione all’età di Teoderico. Un’orazione di Cassiodoro, funzionario di Teoderico, ne magnifica la profusione di marmi, gemme, mosaici, pitture, che lo rendevano pari per splendore al magnifico palazzo dell’imperatore persiano Ciro. ziosa, in tal senso, l’opera svolta dal coltissimo e abile Cassiodoro, che fu per molti anni ministro di Teoderico e dei suoi successori. L’operazione era indubbiamente difficile, e non mancarono momenti di crisi; particolarmente gravi furono gli avvenimenti che portarono nel 524 alla condanna a morte del filosofo Boezio: già consigliere del sovrano, Boezio cadde in disgrazia perché sospettato di aver ordito un complotto. Custodi della civiltà Teoderico divenne presto il più autorevole tra i sovrani germanici. Nella sua corrispondenza con gli altri re barbari che governavano l’Occidente già romano, egli esprimeva chiaramente e con grande orgoglio le ragioni di questo maggiore prestigio del regno gotico: unici tra i Germani, i Goti avevano avuto il privilegio di governare sull’Italia e sull’antica capitale del mondo romano. I Goti erano pertanto gli unici veri custodi della «civiltà». Formalmente, Teoderico governava per delega dell’imperatore bizantino, come se fosse un suo rappresentante: non a caso si accontentò del titolo di re ed evitò accuratamente di proclamarsi «imperatore». Ma di fatto il suo regno era assolutamente autonomo. La capitale del regno gotico era Ravenna, già importante centro portuale dell’impero romano. Sotto il dominio gotico, questa città situata alla foce del Po si arricchì di splendidi monumenti, qualitativamente non inferiori ai migliori edifici di Costantinopoli: anche in questo modo Teoderico intendeva manifestare l’alto livello culturale del regno da lui governato. A Ravenna si trovavano la corte del re e gli uffici amministrativi centrali, che ripetevano l’organizzazione del tardo impero romano [cfr. 29.1]. Gli uffici civili erano affidati quasi tutti ai Romani, mentre ai Goti era riservato l’esercizio delle armi. ON LINE DOCUMENTI Cassiodoro Custodi della civiltà GUIDAALLOSTUDIO 1. Perché il generale Belisario sconfisse facilmente i Vandali? 2. Chi furono Cassiodoro e Boezio? 3. Tra Romani e Goti si realizzò l’integrazione? Quali ruoli politicosociali ricoprivano i due popoli? 4. Il governo del goto Teoderico in Italia era autonomo? 6 L’Italia dai Goti ai Bizantini Il progetto politico di Teoderico Il progetto di Teoderico era molto ambizioso e poteva essere attuato soltanto da un grande politico. Per realizzarlo, era necessario un sovrano colto, autorevole, capace di trattare tanto con la sofisticata aristocrazia romana quanto con i diffidenti nobili goti, abile nel mantenere buoni rapporti con la lontana ma minacciosa potenza bizantina pur conservando intatta la propria autonomia. Tutte queste doti furono possedute da Teoderico, che può essere giustamente considerato uno dei più grandi sovrani della sua epoca. Esse non si riprodussero tuttavia nei suoi successori. 28 L’IMPERO BIZANTINO 577 Giardina2_P5_cap28_28 16/03/11 12.23 Pagina 578 ON LINE DOCUMENTI Procopio Il prezzo della «liberazione» dell’Italia Mausoleo di Teoderico, 520 ca. Eretto nel luogo della necropoli dei Goti, il mausoleo di Ravenna è la più celebre costruzione funeraria ostrogota. Al suo interno è collocata una vasca di porfido dove erano custodite le spoglie di Teoderico. Una leggenda racconta che il re avrebbe fatto costruire l’edificio come rifugio durante i temporali per sfuggire ad una profezia, secondo la quale sarebbe morto a causa di un fulmine. Teoderico morì nel 526, lasciando sul trono un bambino di appena dieci anni, il nipote Atalarico (526-534), in nome del quale esercitò il potere la madre Amalasunta. La posizione di quest’ultima era quanto mai precaria a causa dell’opposizione dell’aristocrazia gotica, che mal tollerava il comando di una donna alla quale si rimproverava per giunta un orientamento eccessivamente filoromano. La stessa educazione del giovanissimo re era oggetto di aspri contrasti: i nobili goti pretendevano che egli non fosse educato – come voleva la madre – alla cultura romana, ma secondo le tradizioni del loro popolo. Preoccupata per questa tensione che si aggravava di giorno in giorno, Amalasunta avviò contatti segreti con Giustiniano, cercandone la protezione. Ma nel 534 il piccolo Atalarico morì e la vicenda di Amalasunta prese una piega tragica. La donna giocò d’anticipo: assunse immediatamente il titolo di regina e associò al regno, sposandolo, il cugino Teodato (534-536), un nobile goto profondamente romanizzato. Teodato operò tuttavia un’imprevedibile metamorfosi: si pose alla guida dell’opposizione gotica, depose la regina e la esiliò in un isolotto sul lago di Bolsena. Qui nel 535 Amalasunta fu uccisa da un sicario. La guerra greco-gotica Giustiniano non perse tempo: protestò per l’uccisione di una regina amica e inviò in Italia un esercito affidato al suo generale Belisario, reduce dai grandi successi riportati sui Vandali. La prima fase della campagna, iniziata nel 535, fu nettamente favorevole ai Bizantini: Palermo, Napoli, l’intera Italia meridionale caddero rapidamente nelle loro mani. Di fronte alla gravità della situazione, i Goti deposero Teodato, rivelatosi imbelle e incapace, ed elessero al suo posto un abile generale, Vitige (536-540). Il nuovo sovrano riuscì a rallentare l’avanzata bizantina, ma non a fermarla: Belisario s’impadronì di Roma e di Ravenna. Vitige fu catturato e deportato a Costantinopoli. Il nuovo sovrano dei Goti, Totila (541-552), organizzò la resistenza con grande abilità: per trovare consenso presso la popolazione italica, liberò gli schiavi e donò le terre ai contadini, cercando di contrapporli all’aristocrazia latina, favorevole ai Bizantini. Intanto riorganizzò l’esercito e impegnò gli invasori in una lotta durissima. La campagna d’Italia si concluse soltanto nel 552, quando il valente generale bizantino Narsete, chiamato a sostituire Belisario, sconfisse e uccise il re dei Goti nella battaglia di Gualdo Tadino. Le ultime resistenze dei Goti si spensero tre anni dopo. Al termine delle operazioni il regno gotico era stato annientato, ma l’Italia, dopo decenni di guerre e di devastazioni, era un paese impoverito e stremato. La Prammatica sanzione Nel 554, Giustiniano emanò la Prammatica sanzione, un editto mediante il quale l’imperatore si proponeva di restaurare gli antichi rapporti sociali e di dare al territorio italiano appena riconquistato un nuovo assetto amministrativo. Il decreto prevedeva la restituzione del patrimonio fondiario (terre, greggi e schiavi) agli antichi padroni; la restituzione delle terre confiscate alla Chiesa cattolica; la divisione dell’Italia in distretti affidati a un iudex (giudice), per l’amministrazione civile, e a un dux (generale), per quella militare; la riforma dell’apparato fiscale, che prevedeva il recupero delle tasse arretrate e drastici tagli alla spesa pubblica. Questi provvedimenti, finalizzati al recupero di risorse per finanziare la politica espansionistica imperiale, sorti- 578 Parte 5 L’ETÀ TARDOANTICA