RESTAURO DELLA CHIESA DI SAN GIUSEPPE La Chiesa di S.Giuseppe è ubicata nel centro storico di Maida nella provincia di Catanzaro. Analisi storico-artistica Una lapide posta sul portale d’ingresso documenta che l’edificio fu edificato da Pietro Antonio Farao nel 1639, “per la redenzione delle anime del Purgatorio”, dedicandolo a Santa Maria delle Grazie ed a S.Giuseppe. Nel 1640 Mons. Perrone, Vescovo di Nicastro, in visita apostolica a Maida il 6 ottobre, relaziona che l’edificio è ancora in costruzione. Lo stesso prelato in una sua seconda visita, nel 1651 constata che la chiesa è ultimata e dotata di cinque altari. Un documento del 1786, stilato da Mons. Mandarani asserisce che la chiesa non ha subito danni in seguito al terremoto del 1783. Dal patronato della famiglia Farao è passata,nella seconda metà dell’800, a quello della famiglia Ciriaco nella seconda metà dell’800 ed in tempi recentissimi è stata ceduta all’Ente Ecclesiastico Parrocchiale di S.Maria Cattolica. La Chiesa è ad un’unica navata con tetto timpanato a capanna. La facciata piana presenta un portale in pietra con cornice sull’architrave a debole aggetto, sulla quale è posta una lapide marmorea che con caratteri epigrafici documenta la proprietà, la fondazione e la motivazione della costruzione del sacro edificio. In alto una finestra rettangolare, con davanzale modanato e sporgente dal piano facciata, presenta un debole accenno di fasciatura perimetrale realizzata con intonaco, forse coprente una cornice lapidea. Tra il davanzale e la lapide è collocato lo stemma gentilizio dei Farao in marmo scolpito con sapiente effetto plastico chiaroscurale. Nel timpano due vani arcuati contengono le campane e tra di essi si ritrova un decoro a rilievo assai ammalorato e poco definibile nella foggia, poiché sembra assimilabile sia ad un capitello a foglie d’acanto e sia ad una corona, che, per l’altezza in cui è posto, non è stato possibile analizzare nelle sue componenti materiche. Sul culmine del prospetto un plinto sostiene un elegante elemento in ferro battuto costituito da una croce e da una vivace banderuola a vessillo con l’anagramma IHS traforato. All’edificio si accede da una scala a doppia rampa, con gradini e pianerottolo in pietra mantenuta in un parepetto in muratura rifinito da corrimano che conserva parte degli originari blocchi lapidei tra loro graffati con elementi in ferro. La facciata laterale si sviluppa linearmente su due piani sfalzati; quello terminale, rientrante, denuncia lo spazio presbiteriale. Una porticina d’ingresso secondaria e tre vani finestra strombati e con arco ribassato sono i soli elementi che interrompono il pieno murario. Le fasciature che corrono intorno ai suddetti vani,e nei cantonali sotto il cornicione riprese in facciata come sottolineature del timpano, realizzate con un appena percettibile inspessimento dell’intonaco, sono di tale debole effetto da non costituire un significativo disegno architettonico. Inoltre esse evidenziano una irregolarità compositiva poiché la fascia sottostante il cornicione va a sovrapporsi, con evidente disarmonia, a quella arcuata delle finestre corrispondenti. A questo “calo di magistero” si va ad aggiungere l’imperizia di estendere per tutta questa facciata (laterale sinistra) un cornicione modanato che va a concludersi “mozzato” all’angolo del prospetto principale dove è ripreso da una poco significativa fascia che disegna, debolissimamente, il timpano ed il cantonale. Questa soluzione di cornicione modanato e le descritte fasciature non sono presenti nel prospetto laterale destro che ricade in spazi privati ed è proprio in questo lato che rimane l’originaria compiutezza e coerenza stilistica seicentesca dell’edificio, documentata dal cornicione “a romanella” costituito da tre ordini di coppi aggettanti, da tracce d’intonaco e da vani finestra privi di cornici. Confrontando lo stato diverso dei due prospetti laterali è, pertanto, ragionevolmente ipotizzabile che in tempi più recenti per “migliorare” e “meglio rifinire” i prospetti su strada si sia su di questi intervenuti realizzando le suddette fasciature e sostituendo alle romanelle il cornicione modanato; un insieme di accorgimenti di per sé di poca qualità che, oltre a risultare tra loro mal composti, per come già descritto, sviliscono il carattere stilistico dall’edificio seicentesco. Un carattere connotato da un volume architettonico rigoroso,costituito dall’andamento piano delle pareti che, non disegnate d’alcun aggetto o inspessimento d’intonaco, esaltano con la loro semplicità la preziosità del portale, costituito con materiale lapideo,ed il plasticismo chiaroscurale del cornicione a romanella, dei profondi vani finestra e dei vuoti arcuati che contengono le campane. Al rigore dei prospetti si accompagna il rigore dello spazio architettonico interno, ancora percettibile anche se “disturbato” da interventi recenti inadeguati. Esso si articola in un vano rettangolare di circa 16x6 ml dal quale, attraverso un Natale Proto Architetto arcone a tutto sesto e mediante tre scalini in pietra, si accede nel presbiterio di forma quadrata.Da tale vano si passa in un attiguo locale voltato che sembra di precedente edificazione rispetto alla chiesa, forse appartenuto ad un complesso conventuale distrutto dal terremoto del 1638. Lungo le pareti laterali della navata dei quattro altari seicenteschi si mantengono solo gli incavi murari che alloggiavano le mense e le pale lignee, di una delle quali resta parte di una cornice in legno intagliato. Del parato pittorico si coserva il dipinto dell’Assunta, ora in restauro, e quello del Crocifisso, forse copia più recente dell’originale. Come produzione artigiana ottocentesca che imitava con rilievi a stucco le pale lignee seicentesche è presente l’edicola dell’Assunta, mentre le mense in muratura, sostitutive delle originarie in legno, sono recenti opere dozzinali e d’ingombro. Il pavimento è in battuta di cemento e conserva due botole tombali lapidee, una con un accurato bassorilievo presenta l’ arma dei Farao tra cartigli e volute contenute in una elegante cornice sobriamente decorata. Nel fondale presbierale si erge, in elegantissima forma per proporzione e finiture di dettagli, l’ancona che contiene la spendida tela della Madonna delle Grazie con S.Giusepe e le Anime purganti, ora in restauro. Si tratta di un lavoro della prima metà del seicento realizzato da esperti intagliatori e doratori e da un valente pittore dell’area napoletana. A tale pregevole opera non si adegua la mensa in muratura, dozzinalmente eseguita,come quelle precedentemente descritte, in sostituzione dell’originaria in legno. Una controssoffittatura lignea cela il tetto a capriata, essa nel presbiterio presenta un disegno geometrico con rosette a rilievo, di bella composizione e di discreta fattura, mentre nella navata principale tale controssoffittatura è costituita da tela di sacco e carta bianca con semplici riquadrature dipinte. Il presbiterio si collega alla navata mediante un arcone a tutto sesto che presenta imposte conci lapidei modanati alle imposte ed a voluta in chiave d’arco. Sopra l’ingresso principale è stata realizzata, negli anni ’50, una cantoria su pilastrini e con balaustra in legno pannellato che per tipo di materiale utilizzato e per risultanza estetica è di assai mediocre fattura, come il confessionile-pulpito, che si ritrova addossato ad una parete. Stato delle componenti architettoniche e decorative L’edificio versa in un generale cattivo stato sia nelle sue componenti strutturali che in quelle decorative. In particolare l’infiltrazione d’acqua meteorica dalla copertura, che è penetrata nell’interno in questi ultimi anni d’abbandono dell’edificio non più aperto al culto, ha determinato un ammaloramento totale delle murature e della paviementazione per una forte e costante presenza d’umido. Si riscontra un diffuso rigonfiamento degli intonaci e in più zone il distacco degli stessi. Una pitturazione impropria per cromatismo ed assai sudicia riveste le parti dell’intero vano presbiterale e ricopre i conci lapidei dell’arco triumfalis. Lo stesso grado di sporco parietale si ritrova in tutta la navata. Di particlare “cattivo gusto” è la coloritura dell’edicola ottocentesca dove putti e raceni d’acanto sono dozzinalmente dipinti “al naturale”. Penoso è lo stato dell’arredo liturgico seicentesco: la splendida ancona dell’altare principale, la cornice della tela della Crocifissione è quanto rimane. La pavimentazione in battuta di cemento e le parti lapidee in essa incassate ( le due botole tombali ed i gradini del presbiterio) sono tanto ricoperti da muschi e licheni,da rendere il piano di calpestio scivoloso. La controsoffittatura è in pessimo stato: quella del presbiterio presenta i tavoloni disgiunti e il decoro a cornici e rosette fortemente degradato; quella della navata che è in tela di sacco e catra dipinta bianca è lacerata e distaccata dal supporto in più zone. Il tetto che è in tegole, privo di grondaie e discendenti, presenta in più parti l’attecchimento di vegetazione e numerosi coppi sconnessi e lesionati. Un segno di forte degrado di tale struttura è la linea di colmo vistosamente ondulata per l’avvallamento della trave di sostegno. Gli infissi lignei delle finestre e delle porte sono in cattivo stato, l’impanto elettrico è totalmente fatiscente e non a norma. Elementi di degrado estetico sono le mense degli altari costituite da grossolani blocchi in muratura intonacata senza decoro alcuno,mentre quello dell’altare principale è rozzamente pitturato a effetto marmo. La purezza volumetrica dell’interno seicentesco viene declassata dalla presenza incombente della cantoria con la sua rozza scala d’accesso, elementi realizzati in tempi recenti con legno dozzinale “nobilitato” da pittura bianca o che mal imita venature marmoree, nei pilastri, e venature lignee nella balaustra. Elemento di forte ingombro fisico ed ottico è anche il confessionile-pulpito, ecclettica e pretenziosa soluzione d’arredo liturgico realizzata in contemporanea alla cantoria della quale ne mantiene ogni limite estetico. Tutti i prospetti presentano il degrado tipico dello stato d’abbandono: ammaloramento diffuso dell’intonaco, interventi di “sfregio” come l’attacco di un “pesante” organo illuminante, l’estensione di cavi elettrici e l’appoggio al parapetto della scala di un cassonetto di rifiuti. Comunque gli interventi impropri dell’uomo, l’incuria ed il logorio del tempo hanno ottenebrato, ma non sconvolto, i connotati di una significativa architettura seicentesca, sostanzialmente recuperabili. L’intervento L’intervento è finalizzato al pieno recupero delle specificità storico-artistiche dell’edificio per una sua godibilità estetica e culturale. Ad essa va ad aggiungersi, con l’operazione di risanamento ambientale, una piena fruibilità da parte della collettività, resa possibile dal fatto che recentemente l’edificio ha cessato d’essere una proprietà privata e che l’Ente Ecclesiastico, che attualmente lo detiene, non ritenendolo utile ed adeguato per un utilizzo liturgico continuo, lo intende destinare ad attività culturali, quali mostre temporanee e conferenze; attività ben compatibili con i caratteri morfologici dell’edificio che vanno interamente mantenuti. Il carattere dell’intervento, dettato dal primario riconoscimento del valore storicoartistico dell’edificio, contempla le seguenti categorie di lavori: restauro conservativo d’ogni elemento della configurazione architettonica che concorre a delineare la qualità ed il valore storico del bene; rimozione d’ogni elemento di degrado estetico e di contraffazione morfologica avvenuto con interventi di superfetazione e di manomissione dei caratteri originari, privi di qualità e “poveri” negli intendimenti. riqualificazione dello spazio e dei prospetti attraverso elementi e materiali di finitura, ripristinati o nuovi ma inerenti al carattere architettonico dell’immobile; consolidamento delle parti strutturali con inteventi di mantenimento delle tecnologie e delle lavorazioni tradizionali e con opportune opere d’adeguamento sismico, non “invadenti” la resa estetica originaria; risanamento ambientale con l’eliminazione delle cause del degrado dei materiali antichi. La progettazione, in specifico è guidata dalla determinazione che tale architettura, sebbene in stato di abbandono totale e per quanto sia stata interessata nel tempo da lavori non a carattere conservativo, ha mantenuto sostanzialmente integri i suoi caratteri fondativi. Pertanto con una semplice operazione “di revisione” è possibile recuperare in toto il linguaggio figurativo seicentesco che elegge questo edificio a significativo documento di una ben definita cultura architettonica. I lavori Copertura – Lo smantellamento del tetto, con la rimozione dei coppi ed il recupero di quelli in buono stato, insieme allo smontaggio dell’orditura secondaria e della controsoffittatura della navata consentiranno, a cantiere aperto, un’accurata indagine delle componenti lignee strutturali e, in conseguenza, l’attivazione di un oculato intervento di revisione con la sostituzione delle travi in cattivo stato ed il consolidamento di quelle recuperabili. Se la situazione dell’intera struttura non consentirà un valido intervento di revisione si provvederà alla ricostituzione delle capriate lignee, mantenendo l’originaria figurazione. Particolare attenzione si porrà allo stato della muratura d’appoggio del tetto ed all’incasso delle travi in essa.Se la compagine muraria non verrà ritenuta idonea alla verifica sismica si provvederà ad un consolidamento estendendo al colmo d’essa un cordolo armato ad incaso ed a scomparsa, capace di fungere da solido coronamento e da valido elemento di distribuzione uniforme del carico della copertura. Sulle capriate verrà ancorato un tavolato di supporto della guaina, dei pannelli di polistirolo coibentanti e manto di coppi, costituito con elementi nuovi (sottocoppi) e di recupero. Tale tavolato resterà a vista nella navata centrale, mentre nel presbiterio si manterrà l’attuale controsoffittatura, restaurandone i tavoloni, le cornici e le rosette. Al terminale delle falde del tetto si costituirà un canale d’accoglimento delle acque meteoriche mantenuto nella muratura al quale si inesteranno i discendenti in rame. Con tale operazione si eviterà il posizionamento della canaletta a vista che correndo a ridosso del cornicione ne altera i connotati estetici. Muratura – la compagine muraria sia all’esterno che all’interno non presenta pericolose situazioni di dissesto statico; pertanto l’intervento di consolidamento si attuerà con operazioni di scuci e cuci, circoscritte nelle zone che presentano, a stonacatura avvenuta, piertrame poco coeso e malta lacunosa o poco compatta. Il vistoso ammaloramento per l’umidità di risalita, riscontrabile lungo tutto il basamento perimetrale, verrà risolto ponendo, su una fascia di muratura stonacata, malta da rinzaffo, antisale e consolidante, a base di calce naturale idraulica, additivata con seccativi che conferiscono idrorepellenza e resistenza minima alla diffusione del vapore. Gli intonaci – l’intonacatura esterna ed interna che presenta rigonfiamenti, decoesione e vari stati d’ammaloramento, sarà rimossa per essere ricostituita con malte ottenute da materiali naturali. La pavimentazione – l’attuale battuta di cemento verà totalmente scomposta e rimossa per consentire la costituzione, nell’intero spazio interno dell’edificio,di una platea con sottostante vespaio; intervento necessario per eliminare il diffuso e costante stato d’umidità esteso per tutto il piano di calpestio, attualmente a diretto contatto con il terreno. Gli elementi lapidei – i gradini e le due botole tombali, rimossi e restaurati, verranno riposizionati in sito, inseriti in una pavimentazione in cotto lavorato a mano della natura e dimensione ricorrente nella tradizionale architettura locale. Gli elementi lignei – confessionile-pulpito e cantoria, precedentemente analizzati e ritenuti incongruenti e di disturbo estetico veranno rimossi consentendo così una ottimale percezione dello spazio interno ricostituito nella sua originaria configurazione. Gli elementi in muratura che formano le grossolane mense degli altari, già descritte, verranno demoliti per ottenere una riqualificaione della figurazione spaziale e per eliminando superfetazioni d’inutile ingombro e di disturbo estetico. L’edicola in muratura e stucchi, costituita da elementi architettonici in rilievo e decorata con putti e volute, verrà sottoposta a restauro, per eliminanare l’attuale grossolana ripitturazione “al naturale” e per ricostituire l’originaria gamma cromatica sottostante. Gli infissi – gli infissi delle finestre, risultando in pessimo stato e non di recente costituzione, verranno rimossi per essere ricostituiti in lengo di castagno. Il portone principale e la porta secondaria, irrecuperabili per l’elevato degrado, verranno ricostituiti anch’essi in legno di castagno. Tali infissi verranno riproposti con un disegno consueto nell’architettura seicentesca. I Prospetti – il prospetto laterale destro che mantiene tutti i connotati fondativi verrà sottoposto a restauro conservativo per divenire “modello” del recupero estetico originario che si attuerà sugli altri prospetti. Nella facciata principale verranno sottoposti a restauro gli elementi lapidei, stemma gentilizio, lapide e portale, ripulendone le superfici da incrostazioni e consolidandone il materiale. La scala d’accesso verrà revisionata nelle componenti murarie strutturali e le lastre in pietra che costituiscono il pianerottolo, i gradini ed il corrimano verranno ripulite, consolidate negli assetti e stilate nei giunti. Si provvederà alla totale rimozione dei vari cavi elettrici che corrono lungo i prospetti ed all’eliminazione dell’organo illuminante a mensola, ancorato nel prospetto laterale. Con la riapertura di un vano porta della sacrestia si va a recuperare un piccolo locale ripostiglio, ricavato nello spazio che separa un muro di contenimento dalla parete dell’edificio.