Ringrazio tutti coloro che hanno letto lo studio sui suicidi legati alla crisi economica e che hanno
inviato numerose mail di complimenti a me e al mio gruppo di ricerca.
Mi occupo di ricerca sociale da più di un decennio, prima per conto di uno tra i più importanti
Istituti di ricerca socio-economica del Paese, ora per una prestigiosa Università non statale
legalmente riconosciuta dall'Ordinamento Universitario Italiano, la Link Campus University di Roma,
e gli apprezzamenti rafforzano la passione che alimenta i miei studi e le mie analisi sulla società.
Sono sempre stato un tenace sostenitore della ricerca della verità e per questo libera e
indipendente da qualsivoglia interferenza “esterna”, ciò nel rispetto del secolare dibattito sulla
neutralità della scienza. Al riguardo Max Weber ci ha lasciato un grande insegnamento, il concetto
intorno al quale si incentra la ricerca sociologica: la libertà dei valori, che esprime con il termine di
avalutatività. Weber, in altre parole, raccomandò che la sociologia, al pari delle altre scienze, deve
rimanere sgombra da valori personali.
Ciò mi è stato costantemente trasferito in tutto il percorso formativo universitario prima, in quello
lavorativo poi, e in modo particolare da uno dei miei maestri, il prof. Franco Ferrarotti. Da allora la
sociologia libera da valori ha rappresentato il punto fermo che ha contraddistinto le mie analisi e i
miei studi.
Tuttavia, la libertà e l'indipendenza pagano lo scotto elevato di mettere in luce alcune verità
scomode che molti vorrebbero sottaciute per interessi personali o, peggio, per motivazioni ancora
più subdole e strumentali alla politica.
Il mio report sui suicidi legati alla crisi economica denuncia una tragedia in corso nel nostro Paese e
con molta probabilità - a mia insaputa - ha toccato alcune corde sensibili di una parte della società
interessata a tenere nascoste alcune verità.
Quello sui suicidi è uno studio avviato 3 anni fa e che, quotidianamente, vede me e i miei ricercatori
impegnati con l'analisi della rassegna stampa dei principali quotidiani nazionali e locali, tg,
programmi di approfondimento, spacci di agenzie, verifiche telefoniche alle autorità locali e così via.
Tra le fonti utilizzate anche alcuni recenti libri che raccontano storie di vita reali di persone che si
son tolte la vita per motivazioni legate alla crisi economica.
Un lavoro certosino che va oltre la semplice rielaborazione statistica e matematica di un dato
fornito da fonti statistiche "ufficiali" (e non per questo aprioristicamente detentrici della verità) e
che ha dato vita ad una banca dati solida e sempre aggiornata.
Ricordo che tale metodologia di ricerca è la più adottata in tutte le ricerche sociali in assenza - come
avviene in questo caso - di rilevazioni statistiche a cura dell'Istat o degli uffici giudiziari a livello
nazionale e periferico.
Si pensi a tutti i lavori di ricerca realizzati da Istituti pubblici e privati e relativi ad esempio agli
omicidi domestici1, agli omicidi familiari, e così via. Anche in questi casi i dati non esistono a livello
1
Leggevo ad esempio di un ottimo report di ricerca sugli omicidi domestici curato dalla prof.ssa Marina Bacciconi,
professore aggregato Università degli Studi di Verona e dal Prof. Pierpaolo Martucci dell'Università degli Studi di Trieste.
Anche nel loro studio, a causa della mancanza di dati centrali, la metodologia adottata è quella della lettura sistematica
degli articoli di cronaca nera.
1
centrale (Istat) e si dovrà far riferimento necessariamente alla cronaca e/o, quando possibile, alle
autorità giudiziarie.
Questa metodologia della ricerca richiede pertanto che i dati vengano ricavati mediante la lettura
sistematica e analitica degli articoli di cronaca, individuati mediante una "griglia" di parole chiave.
Per esperienza personale mi sento di sostenere che questa tecnica di ricerca comporta il grande
vantaggio di costruire, nel tempo, una banca dati non soltanto strutturata ma sempre più ricca di
informazioni dettagliate come conseguenza del lavoro quotidiano del ricercatore. Ogni giorno
infatti, la lettura analitica delle centinaia di storie e di articoli affina la conoscenza del fenomeno e
stimola l'individuazione di elementi sempre nuovi che andranno ad arricchire la banca dati.
Un lavoro per alcuni aspetti molto più approfondito rispetto alla rielaborazione statistica di un dato
fornito da altre fonti e accettato aprioristicamente come portatore di verità e imparzialità.
Tra l'altro non condivido, anzi rinnego, le critiche dietrologiche che alcuni "contestatori di
professione" muovono nei confronti dei mass media e dei giornalisti, definiti portatori di false verità
su fatti di cronaca nera, per fini sensazionalistici o per accontentare i gusti di lettori o ascoltatori.
Ancora più scandaloso quando apprendo che i contestatori del mio studio diffidano degli articoli di
cronaca come fonte perché ipotizzano addirittura pressioni sulla stampa da parte delle autorità!
Io personalmente ho rispetto assoluto per tutte le migliaia di giornalisti che svolgono il loro lavoro
con la massima professionalità e con il solo scopo e unico obiettivo di fare informazione pubblica
certificata e attendibile. Trovo solo assurdo che si possa pensare alla manipolazione
sensazionalistica nei confronti di un suicidio di un imprenditore o di un disoccupato!
E comunque ricordo ancora una volta che il risultato della ricerca è frutto di una attenta analisi
ricavata dalla raccolta di articoli di cronaca lanciati sulle agenzie, raccontati nei tg, pubblicati su tutti
i principali quotidiani nazionali a prescindere dall'orientamento politico e dalla linea editoriale.
Questo significa che eventuali accuse su ipotetiche scelte editoriali volte a enfatizzare o offuscare
un fenomeno cadano a monte.
Laddove è stato possibile i dati diffusi dalla stampa sono stati incrociati con quelli delle autorità
giudiziarie.
Nel caso specifico inoltre, i dati relativi ai suicidi, si badi bene, sarebbero stati probabilmente più
elevati rispetto a quelli comunicati se ogni SINGOLO caso non fosse stato trattato con il massimo
rispetto e la scrupolosa verifica della dinamica del triste epilogo. Infatti, io e il gruppo dei miei
collaboratori, non ci siamo fatti mai influenzare da frettolose interpretazioni mediatiche che
associavano un suicidio ad una probabile difficoltà economica. Con la precisazione che ogni caso è
stato scrupolosamente verificato da più fonti documentali. Inoltre non abbiamo considerato
l'elevato numero di suicidi la cui motivazione è coperta dalla comprensibile riservatezza dei
familiari. Il dato insomma sarebbe stato molto, ma molto più alto.
Un lavoro condotto nella totale indipendenza e ispirato soltanto dalla responsabilità etica e
professionale che ispira il sociologo e il ricercatore sociale.
Osservare, interrogare e leggere rappresentano le tre azioni che sono alla base delle tecniche di
ricerca qualitativa nelle scienze sociali. Nel caso dello studio sui suicidi per crisi economica la lettura
della documentazione rappresenta la base di partenza dell'impianto metodologico. E come tutti i
più importanti manuali di metodologia della ricerca sociale ci insegnano, in mancanza di statistiche
ufficiali, è opportuno, ai fini dello studio di un fenomeno, ricorrere alle tecniche della ricerca
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qualitativa. Fra queste trova posto l'analisi dei documenti. Con questo termine i manuali intendono
quel "materiale informativo su un determinato fenomeno sociale che esiste indipendentemente
dall'azione del ricercatore. I documenti così intesi possono essere del tipo più diverso: lettere, articoli
di giornale, diari, autobiografie, organigrammi di società, atti parlamentari, bilanci, ecc.". Il fatto
che questi documenti vengano prodotti indipendentemente dall'azione del ricercatore comporta il
vantaggio, rispetto alle tecniche di ricerca quantitativa, che si tratta di informazioni non reattive, nel
senso che non risentono dell'interazione tra studiante-studiato e dei suoi possibili effetti
distorcenti. E questo è un aspetto decisamente positivo ai fini della fotografia oggettiva di un
fenomeno. Si pensi ancora all'analisi del contenuto, una vera e propria branca della ricerca sociale,
che utilizza procedure di scomposizione dei testi o degli articoli di giornale, al fine di codificarli in
una matrice dei dati da sottoporre poi all'analisi statistica.
Come Schwartz e Jacobs ci hanno insegnato, l'autentico scopo delle scienze sociali è comprendere il
comportamento. E quindi se lo scopo è la comprensione del comportamento, allora anche lo studio
di singoli casi può gettare luce sulla realtà che intendiamo studiare.
Spero, attraverso questo studio sui suicidi, di aver contribuito a far comprendere ciò che sta
accadendo nel nostro Paese. Vorrei, da sociologo e ricercatore sociale, aver dato il mio contributo
oggettivo alla società e alle Istituzioni, a prescindere da tutte le dietrologie che ne possano
scaturire. E per questo motivo continuerò quotidianamente con il mio gruppo di collaboratori a
studiare il fenomeno con la segreta speranza di poter comunicare, nel prossimo futuro,
l'azzeramento dei suicidi. Utopia? Non lo so. Ad oggi, so soltanto che il numero dei suicidi per crisi
economica avvenuti nei primi 3 mesi dell'anno 2015 desta ancora tanta preoccupazione.
(pubblicato il 28 aprile 2015 sul blog ScenariEconomici.it)
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