Studi,2004[1972], pp719.

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Titolo
Popper Karl R., Congetture e confutazioni,Lo sviluppo della conoscenza scientifica,( “Conjetures
and Refutation,London Routledge and Kegan Paul, 1969), Il Mulino, Collezione di Testi e
Studi,2004[1972], pp719.
Autore della recensione
Maria Antonietta Carrozza
Data della recensione
Agosto 2007
Abstract
"Conjectures and refutations" is a classic of the philosophy and it is a proof of Popper’s critical analysis and of its wide
range of application. From the arguments dealt in the book you can see the important role of the author in the culture
of the'900. We find indeed traditional philosophic arguments related to the theory of knowledge, questions concerning
the philosophy of science, questions about the social sciences and political philosophy all analyzed under an historical
view. The book is the basis for understanding the processes that led to the development of the logical neopositivism
epistemology.
"Congetture e confutazioni" costituisce un classico della filosofia ed è una prova dell’analisi critica di Popper e della sua
ampiezza, infatti essa si è rivolta in svariati campi. Dal libro è possibile evincere l’importante ruolo occupato dall’autore
nella cultura del '900 proprio dagli argomenti esposti; si trovano trattati, infatti, sia argomenti filosofici tradizionali
relativi alla teoria della conoscenza, sia questioni riguardanti la filosofia della scienza, sia rivisitazioni di alcuni concetti
appartenenti al campo specifico della scienze sociali e della filosofia politica condotte per mezzo dell'analisi storica. Il
libro costituisce la base di partenza per la comprensione dei processi che hanno condotto allo sviluppo
dell'epistemologia del neopositivismo logico.
Recensione
Lo sviluppo della conoscenza scientifica trattata da Popper nel libro “Congetture e Confutazioni”
Raccoglie saggi e soprattutto i testi di conferenze tenute a Cambridge nell'estate del 1953. Nel
libro Popper espone le sue concezioni sulla conoscenza scientifica e su come essa procede.
Nella prefazione l’autore presenta il focus del suo pensiero che parte da alcune sue vecchie
idee in particolare quelle relative al problema dell’induzione per arrivare alla tesi contraria che
nega al processo induttivo “ di stabilire la verità o anche solo la <<probabilità>> di una
generalizzazione o di una teoria”(VIII-Prefazione all’edizione Italiana, 2003). La verità di un
asserto non può essere affermata per induzione, infatti, dice l’autore noi “non conosciamo dove
sbagliamo e come possiamo sbagliare”(VIII-Prefazione all’edizione Italiana, 2003)dobbiamo
essere in ogni momento disposti a sottoporre a nuova verifica le nostre asserzioni pensando in
continuazione che l’asserto teorico che fino ad ora era corroborato da una notevole messe di
esperienze potrebbe diventare non vero. Il progresso scientifico è caratterizzato da tentativi di
soluzione a problemi che Popper definisce congetture (2003,pag 3) che sono vincolate alla
critica, cioè a prove di confutazione(2003,pag 3); è possibile che tali congetture superino ogni
prova di confutazione, ciononostante esse non possono essere considerate vere in assoluto e
nemmeno il calcolo della probabilità può assegnare a loro un margine di verità, per esse è
sempre valido il principio della temporaneità, la nostra congettura è la soluzione più avanzata
al problema posto e la confutazione di una teoria deve comunque essere intesa come un passo
avanti della conoscenza. “la nostra conoscenza si accresce nella misura in cui impariamo dagli
errori, anche se non possiamo mai conoscere, nel senso di conoscere con certezza” (2003,pag
4). Nella prefazione alla seconda edizione del testo Popper auto-corregge questa affermazione
quasi a volerla precisare ulteriormente e a voler evitare qualsiasi forma di fraintendimento:
“ogni nostra conoscenza progredisce soltanto attraverso la correzione degli errori”(2003,
pag.6), che riafferma in tutta la sua potenza la concezione della provvisorietà delle teorie e la
prassi della confutazione come atteggiamento proprio di chi fa scienza.
Quasi come se dovesse comporre la sua autobiografia nel capitolo 1, Popper svela il motivo
per cui chiamato a parlare nel corso organizzato dal British Council nel 1953 e relativo agli
sviluppi e le tendenze della filosofia britannica contemporanea, aveva deciso di presentare ai
partecipanti, tutti colleghi filosofi, una sintesi dei lavori condotti sulla filosofia della scienza a
partire dal 1919. Il problema che nella fase giovanile del suo pensiero si era posto era il
seguente: "esiste un criterio per determinare il carattere scientifico di una teoria?"(2003, pag.
61). L’esistenza di questo criterio comporterebbe il poter "stabilire una distinzione fra scienza e
pseudoscienza"(2003, pag.61).Pertanto, quello che l’autore pone in discussione è il “problema
della demarcazione”(2003, pag.71) e cioè come riconoscere una teoria scientifica da una teoria
non scientifica?
Nel periodo giovanile della strutturazione delle sue concezioni, alcune teorie emergenti
creavano grande fermento intellettuale, tutte vantavano carattere di scientificità. Le teorie
froidiane della psicoanalisi quelle del marxismo e quella formulata da Einstein tra il 1905 e il
1915 in ambito fisico: la teoria della relatività. Queste teorie avanzavano la pretesa di
scientificità e proprio su questa pretesa di scientificità si imposta la riflessione di Popper che
operando una differenza tra le tre teorie emergenti fa cogliere al lettore il senso della sua
argomentazione a sostegno della ricerca di una linea di demarcazione.
Una teoria scientifica opera predizioni relativamente al comportamento di alcuni fenomeni
naturali che, se confutate, invalidano totalmente o in parte la teoria medesima; ogni teoria
scientifica è perciò una “teoria a rischio" nel senso che “se l’osservazione mostra che l’effetto
previsto è del tutto assente, allora la teoria risulta semplicemente confutata. Essa è
incompatibile con certi possibili risultati dell’osservazione“( 2003, pag.66). La teoria della
relatività di Einstein, in quanto teoria scientifica, aveva previsto la misura della curvatura della
luce di una stella causata dalla gravitazione del Sole; nel corso dell'eclisse del 1919 Eddington
riuscì a misurare la curvatura della luce di una stella per effetto della gravitazione del Sole e i
dati si accordarono con le previsioni contenute nella teoria stessa. Se la misura avesse fornito
risultati non adeguati, la teoria di Einstein sarebbe stata rifiutata.
Le teorie psicoanalitiche e marxiste, al contrario, non adottano la previsione nella loro prassi;
non sono teorie "a rischio" nel senso che ogni comportamento umano o sociale da esse
studiato e contemplato dalle teorie era soggetto a interpretazione, la quale convalidava sempre
la teoria stessa. La caratteristica evidente era il loro “apparente potere esplicativo. Esse
sembravano in grado di spiegare praticamente tutto ciò che accadeva nei campi cui si
riferivano. Lo studio di una qualunque di esse sembrava avere l'effetto di una conversione o
rivelazione intellettuale, che consentiva di levare gli occhi su una nuova verità, preclusa ai non
iniziati. Una volta dischiusi in questo modo gli occhi, si scorgevano ovunque delle conferme: il
mondo pullulava di verifiche della teoria"( 2003, pag.63). Queste teorie presentavano uno
spiccato carattere di adeguatezza “e risultavano sempre confermate” ( 2003, pag.65); il fatto
che esse risultano sempre adeguate è “in realtà il loro elemento di debolezza” ( 2003, pag.65).
La conclusione a cui perviene l’autore è perciò che "il criterio dello stato scientifico di una
teoria è la sua falsificabilità, confutabilità, o controllabilità".
Popper afferma in queste pagine che sia i costrutti della psicoanalisi sia i costrutti del
marxismo non possono essere annoverati tra i costrutti scientifici; l’autore sottolinea, inoltre,
che privare questi campi del carattere di scientificità non significa privarli del carattere di utilità
o di validità, significa soltanto affermare che esse non adottano criteri scientifici nell’approccio
allo studio dei fenomeni nei loro campi di conoscenze; è possibile che in un futuro questi campi
si costituiscano come scienze, infatti ogni scienza nasce storicamente da un mito, sta di fatto
che il modo in cui esse ai tempi di Popper hanno organizzato la prassi di studio, ha condotto
l’autore a non riconoscere loro alcun carattere di scientificità.
Nell’esplicitare il suo problema e cioè quello di una linea di demarcazione tra scienza e
pseudoscienza Popper si oppone alle posizioni di Wittgenstein che nel tentativo di
caratterizzare la distinzione tra scienza e filosofia si concentra sulla struttura delle proposizioni
e sul loro significato, asserendo che le proposizioni dotate di significato sono asserzioni che
descrivono possibili stati di cose che potrebbero essere respinte o accettate dall’osservazione.
Perciò, ogni proposizione è dotata di senso se contiene asserzioni osservative che riconducono
a dati registrati da esperienze. Pertanto, sono scientifiche le proposizioni o i costrutti teorici
deducibili da fatti realmente osservati. La verifica attraverso asserzioni osservative secondo
Wittgenstein costituisce il carattere di scientificità ed è un “rozzo criterio di demarcazione
basato sulla verificabilità”(2003, pag.72) asserisce Popper che non condivide queste posizioni.
Popper si discosta dalla posizione di Wittgenstein secondo il quale una proposizione ha
significato e senso solo se fondata sull’ esperienza, e rigetta “il criterio del significato come
verificabilità” (2003, pag.73) che svolgesse “la funzione di criterio di demarcazione…..infatti il
criterio di demarcazione di Wittgenstein è troppo stetto e troppo largo: esso esclude dalla
scienza praticamente tutto ciò che è peculiare mentre non riesce, di fatto, ad escludere
l’astrologia. Nessuna teoria scientifica può mai essere dedotta da asserzioni osservative, o
venire descritta come funzione di verità di asserzioni osservative” (2003, pag.73). Nel testo
Popper rende evidente la sua opposizione a Wittgenstein riguardo l’impostazione della sua
analisi e cioè la convinzione che il significato di una proposizione muova dal suo rinvio
all’esperienza. Il criterio imposto dall’autore, la controllabilità di una congettura, fu di gran
lunga accettato non senza indurre confusione nei verificazionisti, confusione non voluta
dall’autore ma provvidenziale perché consentì poi una revisione delle posizioni che furono
infine comprese da tutti i componenti del circolo di Vienna in cui la disputa e gli attacchi alle
posizioni di Wittgenstein ebbero luogo.
Nel libro “Congetture e Confutazioni” Popper affronta il problema dell’induzione trovando una
connessione tra questo e il problema della demarcazione da cui la sua analisi era partita.
L’induzione viene affrontata da Popper per confronto con l’analisi che Hume ne fa.
La domanda che l’autore rende evidente al lettore è relativa al processo stesso e riguarda tutte
le scienze che dichiarano di avvalersi del processo induttivo per arrivare a generalizzazioni sui
fenomeni naturali partendo da un numero sebbene elevato di casi osservati in natura.
È corretto e scientificamente attendibile il procedere per induzione? È veramente scientifico il
presupposto “da molti casi particolari al generale”?. La domanda di fondo che Popper evidenzia
in realtà è il “come” si muove chi fa uso di questo procedimento. Ed è, a mio avviso,
l’attenzione al “come” si passa da una pluralità di casi osservati alla costruzione di una teoria
previsionale dei fenomeni naturali che consente a Popper di concludere che nessuna
osservazione è possibile senza essere guidata da un “che cosa” osservare e da un “come
procedere” nell’osservazione. Nessuna osservazione può essere condotta senza che sia stata
posta antecedentemente una regola dal soggetto che quindi la dirige. Per questa via Popper
arriva alla conclusione che “le teorie scientifiche, quindi, non erano sintesi di osservazioni,
bensì invenzioni, congetture audacemente avanzate per prova, da eliminarsi se contrastanti
con le osservazioni”(2003,pag.83). Le osservazioni “vengono intraprese con precisa intenzione
di controllare una teoria, ottenendo possibilmente una confutazione decisiva” (2003,pag.83).
Queste proposizioni hanno, allora, un unico significato; ritornando al “come” si passa alla
costruzione di una teoria previsionale e perciò scientifica, occorre concludere che la costruzione
è possibile solo perché si procede attraverso la logica delle “osservazioni sotto ipotesi” e le
ipotesi sono le invenzioni, le immaginazioni, le congetture, le risposte che uno scienziato
fornisce a un problema di conoscenza che lo ha stimolato. Le ipotesi, attraverso il
procedimento scientifico saranno sottoposte a rigoroso controllo e sono il controllo e la
confutabilità non le osservazioni induttive che forniscono la linea di demarcazione tra scienza e
pseudoscienza.
La scienza inizia da osservazioni oggettive o da problemi? Popper risponde: “la credenza che
possiamo partire da delle osservazioni, senza niente di simile ad una teoria, è davvero
assurda”(2003, pag.83); e poi aggiunge: “è chiaro che il precetto<<osservate!>> è assurdo”
(2003, pag.84); ed ancora: “L’osservazione è sempre selettiva. Essa ha bisogno di un oggetto
ben determinato, di uno scopo preciso, di un punto di vista, di un problema. E la decisione che
ne segue presuppone un linguaggio descrittivo, con termini che designano proprietà” (2003,
pag.84). Con queste frasi Popper rende ragione delle sue concezioni relative al procedere della
conoscenza scientifica che muove da problemi e non da osservazioni oggettive e che di fronte a
problemi di conoscenza subentrano due atteggiamenti principali del soggetto, in primo luogo,
dotarsi di strategie che possono condurre alla soluzione del problema ed esse risiedono
nell’invenzione, nelle congetture, nelle procedure di confutabilità delle congetture stesse; in
secondo luogo dotarsi di strategie comunicative. Le prime strategie sono fortemente dipendenti
dai bisogni(nel caso degli animali) e dai punti di vista(nel caso degli uomini), “dal particolare
problema, dalle congetture, dalle teorie che egli accetta come presupposti” (2003, pag.85). Ma
allora, nella scienza nasce prima il problema o prima l’ipotesi? Nasce, dice Popper, “un
precedente tipo di ipotesi….che suscitavano il bisogno di una spiegazione e davano così origine
all’invenzione di un’ipotesi…..perchè non potevano essere spiegate all’interno della vecchia
struttura teorica, del vecchio orizzonte di aspettazioni” (2003, pag.85).
La teoria elaborata da un qualsiasi scienziato è una risposta creativa a problemi di conoscenza
della realtà, ma la teoria non discende direttamente dall’esperienza perché questa è filtrata dal
soggetto che se la rappresenta, per cui essa è necessariamente diversa dalle osservazioni
eseguite che in tal senso necessitano di diverse spiegazioni. È possibile, allora che il pensiero
umano possa fondarsi su idee innate? Popper confuta il fondamento delle idee innate: “la
teoria delle idee innate è assurda”(2003, pag.85), in favore di quello delle “reazioni innate o
risposte innate”(2003, pag.85), che si possono denominare, dice l’autore, “aspettazioni”
(2003, pag.85); innata ad esempio è l’attesa di regolarità nei confronti della natura ed essa “è
anteriore, logicamente a tutte le esperienze osservative”(2003, pag.86), ma “l’aspettazione
non è valida a priori”(2003, pag.86). Per concludere la sua argomentazione sull’induzione e
sulla confutazione delle idee innate, Popper offre al lettore la bella metafora della macchina
induttiva con cui logicamente il lettore stesso si convince dell’insensatezza del processo di
induzione come processo scientifico attendibile.
Allora, se l’induzione, secondo Popper, non fa parte della tradizione scientifica che cosa
caratterizza la tradizione scientifica rispetto a quella non scientifica, quale proprietà la
distingue? Il problema della demarcazione è ricorrente in più punti, ed anche questo nuovo
problema riconduce al primo problema popperiano. La risposta alla nuova domanda arriva al
lettore attraverso il pregnante confronto che Popper fa tra l’atteggiamento dogmatico e quello
critico e l’equivalenza che egli stabilisce tra pensiero scientifico e pensiero critico e tra pensiero
dogmatico e pensiero pseudoscientifico. Per mezzo di una serie di affascinanti e convincenti
argomentazioni Popper, in modo naturale, conduce il lettore a sposare la sua tesi di fondo
quella che la linea di demarcazione tra scienza e pseudoscienza è da ricercarsi
nell’atteggiamento critico, atteggiamento che caratterizza il procedere scientifico; esso infatti
impone la libera discussione delle teorie formulate “al fine di scoprire i lati deboli, per poterle
migliorare……esso si avvale sia di argomenti verbali, sia dell’osservazione” (2003, pag.91).
Nell’adozione del pensiero critico il ruolo fondamentale è esercitato dal ragionamento logico
deduttivo perché per suo tramite è possibile scoprire le implicazioni delle asserzioni e
sottoporle efficacemente a critica. Sottoponendo le asserzioni al vaglio del ragionamento logico
deduttivo tipico del processo critico e quindi anche di quello scientifico(vista l’equivalenza
stabilita dall’autore), è possibile accettare le teorie scientifiche; ma, mette in guardia l’autore,
si tratta di una accettazione provvisoria. Il punto di vista popperiano è, quindi, che “tutte le
leggi, tutte le teorie restano essenzialmente provvisorie, congetturali, o ipotetiche, anche
quando non ci sentiamo più in grado di dubitare di esse. Non possiamo mai sapere in qual
modo debba essere modificata una teoria prima che sia stata confutata” (2003, pag.93).
Nelle pagine successive del libro Popper analizza tre differenti concezioni della conoscenza
umana e conduce l lettore verso la scoperta degli intrecci tra le concezioni della nuova fisica
fondata da Galileo e Newton fino alla fisica dei quanti nata in tempi più recenti e quelli di
filosofi come Hume, Kant, Cartesio e Bacone. In questo modo introduce il lettore nel dibattito
della conoscenza del mondo della natura discutendo le implicazioni dell’idea di una conoscenza
pura e della ricerca della verità che caratterizzò la “tradizione fondata da Galileo”(2003,
pag.172) e quella del concetto di teoria tipico della concezione strumentalista della
conoscenza, mostrando il netto contrasto tra le due: la tradizione di Galileo infatti si basa sulla
concezione che una teoria è soprattutto una descrizione del mondo, mentre non ha alcun
carattere simile per gli strumentalisti. L’essenza della controversia e l’intervento che in essa
giocarono figure religiose come il vescovo Berkeley e il cardinal Bellarmino viene resa evidente
da Popper, il quale rende manifesta anche la sua posizione di non condivisione della tesi
strumentalista della conoscenza. Puntando l’attenzione sulle componenti della civiltà
occidentale, l’autore individua nella tradizione razionalistica greca la sua componente
principale; questa tradizione, infatti, aveva per fondamento la discussione critica come ricerca
della verità e tutta la scienza greca è stata un prodotto di tale fondamento, è l’eredità di
questo fondamento che giunse a Galileo ed egli ne fondò “il rinascimento”(2003, pag. 176). In
conclusione le concezioni della conoscenza analizzate da Popper sono: la spiegazione ultima in
termini di essenze; le teorie come strumenti; congetture, verità e realtà; ma dove vuole
arrivare Popper per questa via? Vuole arrivare a riaffermare proprio la sua tesi iniziale, infatti
vi arriva partendo dalla terza concezione recuperando la “dottrina galileiana secondo cui lo
scienziato persegue una descrizione vera del mondo, o di alcuni suoi aspetti, ed una effettiva
spiegazione dei fatti osservabili; e combina inoltre questa dottrina con quella non galileiana,
secondo cui, benché tale resti lo scopo dello scienziato, egli non può sapere con certezza se
quanto ha trovato è vero anche se può talora stabilire con ragionevole certezza che una teoria
è falsa”(2003, pag.198). Con questo sancisce il ritorno alla sua concezioneiniziale: congetture
e confutazione, dunque, conducono a provvisorietà della conoscenza relativa ai fenomeni del
mondo, la confutazione invece fornisce ragionevole certezza della falsità di una teoria.
Altri punti notevoli del testo riguardano la trattazione relativa a Kant e alla logica
dell’esperienza; la critica che Popper rivolge a Carnap relativa alla demarcazione fra scienza e
metafisica che Carnap vede nella distinzione tra senso e non senso, posizione non condivisa da
Popper. L’ultima parte del testo si discosta, a mio avviso dai temi strettamente relativi alla
conoscenza scientifica e a come essa procede, e si rivolgono alla presentazione della critica
sferrata da Popper in altri campi a partire da quello delle scienze sociali. L’attacco in questo
campo è rivolto alla dottrina che Popper stesso definisce storicismo di cui critica i suoi dogmi
partendo dal marxismo e dal suo metodo storico, si dirama all’analisi dei principi liberali per
svelarci la natura di alcuni miti su cui essi poggiano, e si conclude col discorso sull’esame del
rapporto fra utopia e violenza e il ruolo che la sua concezione di razionalismo riveste il questo
rapporto. In tutte queste dissertazioni e in quelle relative agli ultimi capitoli ciò che si nota è
l’uso costante del processo di confutazione che Popper utilizza per sferrare attacchi non
violenti, ma stimolanti in quasi tutti i campi del mondo di conoscenze necessariamente
“provvisorie” che abbiamo tra le mani.
Indice
Prefazione all'edizione italiana
Prefazione
Introduzione: Le fonti della conoscenza e dell'ignoranza
PARTE PRIMA: CONGETTURE
1. La scienza: congetture e confutazioni
2. La natura dei problemi filosofici e le loro radici nella scienza
3. Tre differenti concezioni della conoscenza umana
4. Per una teoria razionale della tradizione
5. Ritorno ai presocratici
- Appendice: Congetture storiche e osservazioni su Eraclito e il problema del mutamento
6. Nota su Berkeley quale precursore di Mach e Einstein
7. La critica kantiana e la cosmologia
8. Lo status della scienza e della metafisica
9. Perché i calcoli della logica e della aritmetica sono applicabili alla realtà?
10. Verità, razionalità e accrescersi della conoscenza scientifica
PARTE SECONDA: CONFUTAZIONI
11. La demarcazione fra scienza e metafisica
12. Il linguaggio e il problema dei rapporti corpo-mente
13. Nota sul problema dei rapporti corpo-mente
14. Autoriferimento e significato nel linguaggio ordinario
15. Che cos'è la dialettica?
16. Previsione e profezia nelle scienze sociali
17. L'opinione pubblica e i principi liberali
18. Utopia e violenza
19. La stona del nostro tempo: visione di un ottimista
20. Umanesimo e ragione
Addenda: Alcune note tecniche
Indice analitico
Indice dei nomi
Autore
Karl Popper nacque a Vienna il 28 luglio 1902, la sua formazione intellettuale fu segnata da
molte esperienze vissute in svariati campi che toccarono le scienze, la musica e la politica.
Molto giovane lavorò presso la clinica di consulenza per l'infanzia di Alfred Adler. Nel 1928
conseguì la laurea in filosofia con lo psicologo Karl Bühler. Dal l930 al l936 insegnò matematica
e fisica nelle scuole medie. Pur non essendo membro del circolo di Vienna ebbe stretti rapporti
con importanti esponenti del circolo quali Hans Hahn, Rudolf Carnap, e Herbert Feigl, con Otto
Neurath con Kurt Gödel e Alfred Tarsi, con i quali intraprese vivaci discussioni e critiche ma in
seguito se ne distanziò. Un evento storico che segnò la sua vita fu l’occupazione nazista
dell’Austria, in seguito a questo e viste le sue origini ebraiche, prese la decisione di emigrare in
Nuova Zelanda dove, negli anni che vanno dal l937 al l945, svolse l’attività di insegnante al
Canterbury University College di Christchurch. Finita la guerra, nel 1946 fece ritorno in Europa
poiché gli fu offerta la cattedra di logica e in seguito quella di metodologia presso la London
School of Economics; nel l949 presso la stessa sede diventò professore ordinario e
successivamente capo del Dipartimento di Filosofia. Abbandonò l'insegnamento nel 1969 ma
prima fu maestro di alcuni tra i più importanti filosofi tra cui ricordiamo Feyerabend e Lakatos.
Negli anni Cinquanta Popper ebbe numerosissimi riconoscimenti per la sua attività di ricerca:
come la nomina a membro onorario della Royal Society o quella a membro dell'International
Academy for Philosophy of Science, a membro della London School of Economics and Political
Science. Nel 1965 fu investito del titolo di baronetto mentre nel 1985 si trasferì nei pressi di
Londra, precisamente a Kenley dove morì nel l994.
Bibliografia essenziale dell’ autore
Logica della scoperta scientifica [1934], Einaudi, Torino, 1970.
Congetture e confutazioni [1969], Il Mulino, Bologna, 1972
Miseria dello storicismo, [1944-45], Editrice l'Industria, Milano, 1954
La società aperta e i suoi nemici [1945], 2 voll., Armando, Roma, 1973-74
"Sulla logica delle scienze sociali", in AA.VV. [1962], Dialettica e positivismo in sociologia,
Einaudi, Torino, 1972, pagg. 105-123
Conoscenza oggettiva. Un punto di vista evoluzionistico [1972], Armando, Roma, 1975
"La razionalità delle rivoluzioni scientifiche" [1973], in R. Harré (a cura di), Rivoluzioni
scientifiche e rivoluzioni ideologiche, Armando, Roma, 1977
La ricerca non ha fine. Autobiografia intellettuale [1974], Armando, Roma, 1974
Popper-Eccles, L'io e il suo cervello [1977], Armando, Roma, 1981
L'edizione italiana si compone di 3 volumi: il primo riporta i contributi di Popper, il secondo
riporta i contributi di Eccles, il terzo volume riporta 12 dialoghi tra i due autori.
I due problemi fondamentali della teoria della conoscenza [1979], Il Saggiatore, Milano, 1987
Il mito della cornice, Il Mulino, Bologna, 1995
Poscritto alla logica della scoperta scientifica [1981], Il Saggiatore, Milano, 1984, 3 volumi: Il
realismo e lo scopo della scienza, L'universo aperto, La teoria dei quanti e lo scisma in fisica
Tre saggi sulla mente umana [1987], Armando, Roma, 1994
"Meccanismi contro invenzione creativa: brevi considerazioni su un problema aperto", in G.
Giorello - P. Strata (a cura di), L'automa spirituale. Menti, cervelli e computer, Laterza, Roma-
Bari, 1991
Alla ricerca di un mondo migliore [1987], Armando, Roma, 2002
La conoscenza e il problema corpo-mente [1994], Il Mulino, bologna, 1996
In quest'opera l'autore espone la sua concezione sulla conoscenza, affrontando il problema
mente-corpo, ossia la questione del rapporto tra stati mentali e stati fisici del cervello. La
proposta di Popper è nettamente antimaterialista e si basa sulla "teoria dei tre mondi".
Tutta la vita è un risolvere problemi. Scritti sulla conoscenza, la storia e la politica, Rusconi,
Milano, 1996
La mia filosofia. Dizionario filosofico, Armando, Roma, 1997
"Tolleranza e responsabilità intellettuale", in Susan Mendus - David Edwards (a cura di), Saggi
sulla tolleranza, Il Saggiatore, Milano, 1990, pagg. 25-47
Contro Marx, Armando, Roma, 2000
La libertà è più importante della eguaglianza, Armando, Roma, 2000
Diritto di errore. Ventiquattro interviste (1970-1994), Armando, Roma, 2002
Karl Popper - Konrad Lorenz - Franz Kruezer, Il futuro è aperto, Bompiani, Milano, 2002
Un universo di propensioni [1990], Armando, Roma, 1994
Link
http://plato.stanford.edu/entries/popper/
http://www.eeng.dcu.ie/~tkpw/
http://www.friesian.com/popper.htm
http://www.stephenjaygould.org/ctrl/gardner_popper.html
http://www.ildiogene.it/EncyPages/Ency=Popper.html
http://www.emsf.rai.it/biografie/anagrafico.asp?d=61
http://www.filosofico.net/popper.htm
http://www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=78
http://www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=117
http://www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=293
http://www.blupete.com/Literature/Biographies/Philosophy/Popper.htm
http://www.unav.es/gep/Logetic.html
http://www.ditext.com/popper/lbp.html
commenti
Il primo sentimento nell’affrontare le 719 pagine del libro “Congetture e Confutazioni” di
Popper è di dover intraprendere una lettura doverosa e faticosa, sentimento che svanisce a
mano a mano che si leggono i primi capitoli del libro, i temi affrontati coinvolgono molto
soprattutto persone che si sono formate alla luce di una tradizione scientifica che dà
importanza più ai risultati della scienza che ai modi in cui essi vengono raggiunti. I processi
scientifici attraverso cui si ottengono le teorie alla luce delle quali vengono raggiunti i risultati
scientifici vengono analizzati con minuziosa chiarezza e nella pur innegabile prolissa lettura,
nella mente di chi legge, si strutturano, in uno schema sempre più chiaro, via via sia i problemi
che l’autore affronta sia le soluzioni che egli trova usando proprio quel procedimento che egli
attribuisce alla scienza: congettura e confutazione. I problemi relativi ai processi della
conoscenza scientifica che Popper esamina nel testo sono cinque, il primo relativo all’esistenza
di un criterio di distinzione tra la scientificità e la non scientificità di una teoria, è il problema
che Popper definisce della demarcazione. Il secondo problema posto e risolto da Popper può
essere evidenziato dalle domande: le teorie possono essere ridotte a deduzioni di fatti
osservati? Il carattere della scienza è quello della verificabilità? Il terzo problema riguarda il
processo induttivo di cui molte scienze pensano di servirsi. Il problema è evidenziato da questa
domanda: può una teoria essere elaborata a partire dall’induzione?
È fortemente coinvolgente la lettura della modalità con cui Popper risolve i primi tre problemi e
l’uso che egli fa di procedimenti logici che lo portano a concludere che il criterio di
demarcazione esiste ed è individuabile nella falsificazione e non nella verificabilità di un
costrutto teorico, che il processo induttivo non può portare a costrutti teorici perché alla base
del processo vi è una operazione attiva del soggetto che dirige l’osservazione e che questa
operazione attiva è l’invenzione, la congettura, mentre è la confutazione della congettura che
conduce a costrutti teorici. Il quarto problema affrontato da Popper è sintetizzato da questa
domanda: poiché l’induzione non conduce alla formulazione di costrutti teorici, mentre la
formulazione di congetture conduce all’elaborazione di teorie, esiste una fonte originaria da cui
le congetture possono muovere, e in tal caso dove risiede questa fonte?
L’ultimo problema riguarda la possibilità che il processo induttivo possa rivelarci una
conoscenza che abbia alta probabilità di essere scientificamente indubitabile. La via di
risoluzione che Popper trova a questo problema è il risultato di ampie e minuziose
argomentazioni, la conclusione è invece estremamente chiara e immediata: ogni teoria
scientifica non ha mai carattere di probabile validità, ogni costrutto teorico che risultasse
essere altamente probabile sarebbe scientificamente privo di interesse; ciò che distingue le
teorie scientifiche è, difatti, un carattere di elevata improbabilità. Come potrebbe, allora, un
uomo o una donna di scienza ignorare l’analisi popperiana? Come potrebbero fare a meno degli
spunti che egli fornisce al dibattito sui modi di costruzione della scienza?
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